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Adamo Bencivenga
Quando facciamo l’amore
"Ti prego non chiedermi nulla, perché il passato improvviso a volte ritorna, e mi prende ogni volta quando dici che m’ami, quando il tuo fiato sul collo m’arriccia i capelli."



 
Photo Julien Rico

Ti prego non chiedermi nulla, perché il passato improvviso a volte ritorna, e mi prende ogni volta quando dici che m’ami, quando il tuo fiato sul collo m’arriccia i capelli. Aspetto la notte per non fare più ombra, alle tante ragioni che mi vorrebbero ora, su una strada qualunque in un budello di luna, oltre questa terrazza dove mi prendi e ti sazi, di quest’incanto d’amore che t’offro che dici, che è pelle di cuore ed il resto non conta. Respiro la notte e ingoio gli odori, per sentirmi padrona su un viale di Roma, di nuovo regina dei gatti di strada, dei pali di luce che scorrono storti, al vento che tira e m'alza la gonna, e soffia e poi fischia come un branco volgare. Sa di mare e d'invidia d’incoscienza e piacere, di quando a vent’anni m’era tutto concesso, di trucco che cola come anima munta, di piscio che scola sotto le suole.

Lo sento quel vento che m’asciuga le pieghe, d’un sesso stanotte che nessuno ha disfatto, perché tu t’affanni e ti giuro non serve, se non mostro il mio seno e non sa di mignotta, inutile ai fari che passano in fretta, sterile e vano come lacrime fiacche, d’una donna che piange sotto la pioggia. Mi slaccio il cappotto e chiudo l’ombrello, faccio due passi per mettermi in vista, perché non ci siano dubbi di quello che voglio, che faccio stasera dentro un cono di luce, sopra un lembo d’asfalto che s’abbina al colore, di queste mutande che m’ingombrano il sesso. “Se qualcuno dovesse chiedermi quanto?” Chissà quale prezzo può valere una bocca, quanta saliva ne serve per sentirmi padrona, per sentirmi regina ed essere brava. Ma stasera vorrei che andassero oltre, che mi cercassero dove s’aggruma l’istinto, tra queste gambe che scopro e calo la gonna, e resto in balia del primo che passa.

Ecco ora sono nuda! Nascondo i vestiti dietro una siepe, m’allontano e li guardo per essere certa, che la mia dignità giace accanto ai rifiuti, ai bisogni di cani che ci fanno di giorno. Cammino verso la strada ed ho quasi l’affanno, chissà se il mio sesso ha un aspetto decente, se vale più di quando lo copro di seta, di quando di giorno mi dicono bella, al solo vedermi che accavallo le gambe, e uno spicchio di calza nutre la voglia, che sotto che dietro c’è una femmina calda, che in fondo che in parte c’è una preda che scappa. Ma stasera è diverso e non mi serve un uomo, non cerco un cavaliere d’altri tempi, due occhi due mani che mi fanno la corte, voglio il primo che passa e si ferma e mi prende, in un gesto d’istinto senza pensarci, come un biglietto al casello quando s’alza la sbarra, o un giornale gratuito sotto la metro. Lo voglio muto senza respiro, che si senta in dovere di stapparmi la voglia, di cercarmi nel fondo dove sono me stessa, e sturarmi l’ingorgo che sento e m’intasa, come un portiere solerte che ripulisce un tombino, da foglie e cartacce portate dal vento.

Di colpo mi desto e ti sento eccitato, sopra questa terrazza mentre facciamo l’amore, mi ripeti che m’ami che sono più bella, che sono un incanto di rossore e purezza, e al mondo mi giuri non esiste davvero, una donna che trema e s’abbandona all’amore, come ora mi senti e ti pare e lo credo, d’essere tua mentre dici che m’ami. Chissà quante parole ho perso stasera? Chissà se per caso durante l’assenza, mi hai letto negli occhi dov’ero stasera. Ti prego non chiedermi nulla, perché il passato a volte ritorna, e mi prende nel sogno quando facciamo l’amore, quando esco da sola e mi sfilo la gonna, ed aspetto la notte perché tu non t’accorga, di quello che sento e non potresti capire. Ti prego non chiedermi nulla, chi è quella donna, perché mi somiglia, non domandarmi se provo piacere, quando mi penetri e quanto sei bravo, se l’amore che ora sento buca la pelle del cuore. Se m’ami davvero taci ti prego, lascia che i miei occhi si serrino entrambi, per sentire il lamento d’un’anima impura, per sentirla più nuda della carne che offro, proprio dietro la siepe dove pisciano i cani, dove lascio i vestiti e m’immagino altri, che non hanno il tuo odore, il tuo viso perfetto, ma avanzi di mondo che riconosco dal tatto.

Ti prego non chiedermi dove vado di notte, dove vado ogni volta quando facciamo l’amore.






 













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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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