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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
E’ ora di andare



 


  Photo  Gaël photography
 


Solito posto, solita ora, a metà strada tra le nostre città, un motel con l’insegna arancione, due pini che coprono il tetto, tu sei già lì che m’aspetti, solita stanza, la numero sette. La luce filtra a stento nell’ombra, le persiane accostate, la porta socchiusa. E tu in silenzio m’aspetti, dentro l’essenziale mi aspetti. Uno specchio, un armadio, una poltrona, un letto per farci l’amore.

Seduta sulla poltrona mi aspetti, nella penombra ti confondi, i tuoi capelli sono lunghi, i tuoi baci sono piccoli, rapidi e tanti, il mio solo uno, interminabile e lungo. Hai tante cose da dirmi, lo so, giorni interi per un solo momento, ma questo segreto è troppo grande per contenerle tutte. Poi ti alzi, in punta di piedi mi abbracci, senza aspettare mi stringi, difficile ricambiare la tua gioia, e mi porgi le labbra, e mi porgi il tuo piccolo seno, ad occhi chiusi mi baci, ad occhi chiusi mi guardi.

Dentro questo alone sei calda, culla accogliente, bosco di betulle, sai di nettare e miele, di pulito in attesa, di shampoo e sapone, di reggiseno slacciato, sai di vestiti adagiati sulla sedia di fronte. Mi chiedi se mi piace la tua gonna, se il profumo che hai messo è troppo dolciastro per i miei gusti. Oddio quanto sei cara e quanto bimba per le mie attese. Mi domando come sia possibile tutto questo, cosa mai abbia fatto per ricevere questo regalo, perché io invece odoro di freddo e di fuori, di famiglia e di figli. So di giacca e lavoro, di strade e tornanti, e sorpassi azzardati, e fiocchi di neve.

Mi aiuti a togliere i vestiti, ma l’odore rimane, non cambia. So di giorni passati a rimandare l’incontro, a mandarti messaggi, non so se poi vengo, a dirti va bene, alle tre al solito posto. Tu mi dici grazie, mi dici che m’ami, mi dici che nulla potrà mai dividerci, ed io come al solito mi chiedo, cosa mai ci possa essere dietro quel grazie, cosa mai dentro la tua sicurezza! Ora le lenzuola bianche ci avvolgono, la luce si sfibra e facciamo l’amore. Dio quanto sei bella! Rimango a guardarti, ma il tempo è poco, il tempo è tardi, e rimane poco da dire, a parte il traffico sotto Natale, a parte il rossetto, di un tono più scuro.

Raccogli i capelli, sono giovani e soffici come le onde di primo mattino, come i tuoi seni, mele acerbe per la mia bocca. Ti guardi nello specchio di fronte, hai vent’anni ed io quasi il triplo, ma qui non c’è differenza. Dentro questo bacio non ci sono resti, non ci sono avanzi, mi trascini e mi ami. Perché poi tutto viene e tutto rimane, come il tuo amore breve, piccolo e intenso, intermittente come i tuoi baci, dura un fiato stretto tra i denti, un fremito caldo, una scossa, un secondo.

Distesa ora fumi e guardi il soffitto, e parli, lentamente mi parli, ma non dici cosa accadrà domani. Allora parli del tuo prossimo esame, di tuo padre che non sa di noi, ma chiede di me, perché ci ha visto una volta insieme, seduti in quel bar vicino casa tua, perché sono il suo socio, di anni in affari. Mi chiedi che faccia farebbe se lo sapesse, poi ridi, Dio quanto sei bella!

Adoro tutto di te, i baci spaiati, le carezze sospese, così diverse dopo l’amore. Adoro tutto di te, questa risata di cuore, i congiuntivi perfetti, le pause e i punti, questo pizzico di veneto, che ti è rimasto incollato. Adoro tutto di te, il nero degli occhi, il bianco del seno, questo rossetto sbiadito dall’amore, o quando mi dici, che sei stata bene, o quando ti mordi le labbra per vezzo, e gelosa mi chiedi di lei, da quanti mesi, da quanti giorni, da quante ore non ci faccio l’amore.

Ora sei scalza, ti alzi, per te è un giorno particolare, per te è una vigilia importante, ma hai voluto lo stesso vedermi. Sono contento che anche tu abbia da fare. Non ti chiedo a che ora, perché tanto domani non ci sarò e tu non vuoi che io venga. Intanto fuori la notte a velo s’adagia, sopra il parcheggio ormai vuoto, sopra il casello dell’autostrada, che in lontananza si vede e ci dividerà come sempre io, direzione Nord, tu dalla parte opposta.

Ma tu ora sei ancora qui, distolgo lo sguardo, cammini per la stanza e d’istinto copri il seno. Adoro tutto di te, il tuo pudore, sa di istinto e protezione, sa di ombrello quando piove. L’asciugamano è sulla poltrona. Entri in bagno e ti seguo. Entri nella doccia e ti guardo, tra il vetro appannato, tra il vapore e le gocce. Adoro tutto di te. Vorrei dirti che ti amo, ma non viene, non ci riesco, forse non ti amo, forse amo la tua freschezza, oppure, semplicemente, a questa età non ci è concesso, non si può più amare, legare, ricattare. Perché è così, perché l’amore è eterno, e il sesso solo un attimo.

Ma mi accorgo di non avere più parole, forse perché sono inutili, sanno di detto e ridetto, sanno di lacca che appiccica, di stanchezza che trattiene, mentre io vorrei lasciarti andare, oppure mi illudo soltanto, perché so che non è vero, perché sei il mio regalo, come fosse ogni giorno Natale, perché adoro tutto di te, e questo momento, amo il tuo entusiasmo, sapere che hai vent’anni, vedere il tuo futuro, come fosse il mio presente. Perché è così, perché domani ti sposi, ma anche questo farà parte di noi, poi l’acqua lava tutto, ed è ora di andare.



 






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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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