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Adamo Bencivenga
Il nuovo erede
Quella sera a cena Pedro
rivolse la parola a sua moglie Susan. Ormai
erano più di due anni che non le rivolgeva la
parola, ma era diventata urgente la questione
dell’erede. Pedro ci aveva provato in tutti i
modi, ma nonostante il suo medico personale,
Dottor Ramos de la Vida, lo avesse dichiarato
idoneo a procreare, i bimbi non erano venuti.
Per l’occasione Pedro aveva indossato un
elegante vestito scuro e il cravattino nero da
torero. Il rubino, grande come una noce al
mignolo sinistro rifletteva la luce calda del
candelabro antico. Anche Susan, già pronta per
il solito dopo cena, aveva optato per un nero
aderente che le fasciava d’incanto i fianchi
sinuosi. A tavola, prima di far servire la
cena, Pedro fece una lunga premessa raccontando
nei dettagli le vicissitudini della sua famiglia
e come era diventato un uomo ricco e
rispettabile. Benché Susan conoscesse a memoria
quella storia lo ascoltò pazientemente. Poi il
discorso si spostò sulle sterminate piantagioni
di tabacco e canne da zucchero, sui futuri
investimenti e sul grande progetto di annettere
altri sterminati ettari di terra per un elevato
numero di cicli produttivi.
Paragonò le
anime della produzione all’anima della donna.
Certo sì, l’aveva presa un po’ alla larga, ma il
senso venne a galla quando Pedro accennò
all’erede, ai loro tentativi falliti durati
sette anni, all’audacia di Francisco, un giovane
bracciante che qualche giorno prima, durante la
pausa di lavoro, incontrando sua moglie, aveva
osato, togliendosi il cappello, salutare Susan
con un gesto plateale. Ovvio che in circostante
normali sarebbe stato un affronto e meritevole
di un provvedimento disciplinare, ma in quel
caso Pedro aveva chiuso un occhio.
La
bella e malinconica Susan rimase muta per tutto
il tempo, alle volte annuì e sorridendo comprese
le ragioni di Pedro, ma non capì altro. Pedro,
ponendo immancabilmente l’accento sulla
riservatezza di tutta la questione, più
esplicitamente insistette sulla necessità
dell’erede e i loro tentativi vani di averlo.
Pronunciò per tre volte la parola Tesoro e per
due Amore, ma il suo argomentare caldo e
persuasivo girò intorno alle parole
compatibilità e riproduzione. Velatamente
accennò alla possibilità di adottare, ritenuta
soluzione improbabile per via della sua età
avanzata, oppure di concepire un figlio con
un’altra donna, preferibilmente una prostituta,
semmai ci fosse riuscito. Ma anche questa
soluzione venne scartata in quanto sarebbe stato
evidente ai più che Susan non fosse la madre del
piccolo bastardo per cui avrebbe risolto il
problema dell’erede, ma non quello delle
dicerie. Il silenzio successivo fu molto
esplicativo.
Alla fine Susan realizzò
quello che suo marito aveva detto senza dire e
intuì immediatamente che quella scollatura
abbondante e quel vestito nero aderente quella
sera non sarebbero serviti. I suoi occhi
s’illuminarono squarciando a cielo azzurro quel
velo di mesi e dei miseri tentativi di fare
l’amore. A Pedro fu sufficiente quel segnale.
Offrì dell’altro vino alla bella moglie. Quando
fu evidente che Susan avesse compreso senza
equivoci, Pedro s’informò quanto
l’intraprendenza del giovane Francisco fosse
stata gradita. Susan per delicatezza non
rispose, ma Pedro notò un impercettibile
movimento del suo seno. Quella fu la conferma e
allora si lasciò andare a considerazioni sulla
natura, sulla fertilità e il ciclo femminile.
Convenne che la pratica a cui si sarebbe
sottoposta Susan sarebbe stata unica e non
ripetibile e finalizzata al solo proposito. Ed
inoltre condivisero la necessità di non
ritornare più sull’argomento e di porre fine ai
loro vani e penosi incontri serali iniziando da
quella sera stessa. Ed in effetti la cena non
ebbe un seguito. Tutti e due si ritirarono nelle
rispettive camere. Lui a leggere il suo libro,
“Le Gesta d’Orlando e Angelica”, lei a
riflettere su quell’opportunità. Erano ormai
settimane che dormivano separati. Susan passava
le sue notti nella camera degli ospiti. A suo
parere quella stanza le dava un sapore di
precarietà, di viaggi e valigie aperte.
Ma quella sera, quando si coricò nel suo letto,
non fece altro che riflettere su quella
opportunità. Forse l’essere madre non era il
massimo delle sue aspirazioni ma, nonostante
tutto, il destino le stava offrendo, anche se in
subordine, un viaggio per una nuova meta.
Decise di accettare e in cuor suo ringraziò suo
marito. Del resto Pedro avrebbe potuto scegliere
per lei un uomo anziano o di aspetto non
gradevole, invece le aveva dato carta bianca
chiedendo addirittura il suo parere. Tra tutti i
braccianti Francisco era più di quanto si
potesse aspettare, forse era troppo giovane, ma
sicuramente non segnato dalla fatica dei campi.
Passarono nella sua mente le forme definite dei
muscoli e la carnagione scura, gli occhi neri,
le mani grandi e un nonsoché di familiare.
Adorava quella sfrontatezza quel ghigno di
strafottenza tipico dei giovani e a quel punto
non perse tempo.
Consultò il calendario
e contò i giorni. Era esattamente a metà del
ciclo! Con immenso piacere si chiese se il
giovane fosse stato d’accordo, ma non vedendo
alcun ostacolo scrisse immediatamente un
brevissimo biglietto a Francisco con le
indicazioni di come e quando si sarebbero visti.
Come luogo dell’incontro pensò immediatamente a
quella casetta di legno distante circa un
chilometro dalla loro casa e lontana da
qualsiasi sguardo indiscreto. Di nascosto dai
suoi compagni, già la mattina seguente doveva
percorrere il recinto fino alla grande quercia,
da lì svoltare e prendere il viale alberato
lasciando alla sua sinistra la fontana delle
rane. “Acqua in bocca!” Scrisse per tre volte.
Sull’altra metà del foglio disegnò alla buona
una specie di mappa con l’indicazione della casa
di legno. Ovviamente quell’invito sarebbe stato
unico e non aveva bisogno di alcuna risposta da
parte del giovane per cui Susan lo avrebbe
atteso nella casa.
Naturalmente per
salvare la faccia di suo marito si guardò bene
di rivelare che il tutto si sarebbe svolto con
la benedizione di Pedro. Inoltre suo marito, per
evidenti motivi di gelosia si era raccomandato
che per nessuna ragione doveva essere messo a
conoscenza dell’ora e del luogo dell’incontro e
cosa ancora più importante, in caso di assenza
ingiustificata da parte del giovane, non avrebbe
preso alcun provvedimento disciplinare nei suoi
confronti.
Il giorno dopo Francisco,
appena arrivato alla fattoria, si ritrovò come
per incanto quel foglio di carta in tasca. La
sua prima reazione fu di completo stupore
seguita poi da un velo di paura, si guardò
intorno credendo ad uno scherzo dei suoi
compagni, ma alla fine trionfò l’orgoglio e la
vanità maschile. Per timore che lo
sconsigliassero non disse nulla ai suoi colleghi
e dopo circa un mezz’ora dal suono della
campanella di inizio lavoro non gli rimase che
fingere un malessere, allontanarsi dalla
piantagione e, con il biglietto ben stretto
nella mano, seguire passo dopo passo il recinto
fino alla grande quercia.
Durante il
camino sudava freddo e si ripeteva con stupore:
“Proprio a me questa fortuna! Dio ti ringrazio!
La bella Susan! La moglie del padrone!” E così
via pronunciando frasi senza senso e sentendo il
sangue ribollire nelle vene. La sorte poi
volle che, proprio in quel momento, affacciato
alla finestra della sua casa, Pedro inquadrò con
il suo binocolo di radica gialla la sagoma del
ragazzo. Immediatamente lo riconobbe, ma non si
scompose più di tanto, a parte
quell’impercettibile ghigno che gli mosse
leggermente il baffo destro.
Francisco,
in preda ad un affanno che quasi gli
immobilizzava le gambe, passò lungo il recinto
fino alla grande quercia, poi svoltò e prese il
viale alberato lasciando alla sua sinistra la
fontana delle rane. Nonostante la strada fosse
in pianura sentiva nelle sue gambe la ripidità
di un’enorme salita scoscesa. Proseguì a fatica
per un centinaio di metri finché non scorse da
lontano il grande cancello di ferro. Di lì
percorse il viottolo di terra e rovi sulla sua
sinistra fino a quando una casetta di legno
colpì la sua attenzione. Si fermò un attimo. Il
timore di un tranello e i fantasmi del
licenziamento avvamparono la sua mente. La porta
era socchiusa, sarebbe bastato sospingerla con
un soffio di fiato, ma nei suoi occhi si
materializzò la figura austera del padrone.
Esitò ancora. Tornò indietro fece qualche passo,
non era possibile che proprio a lui fosse
capitata quella fortuna sfacciata. Lui aveva
sempre venerato quella donna, fantasticato sul
suo corpo ritenendolo inavvicinabile anni luce
al pari della galassia più distante dalla terra.
Poi si fermò di nuovo, respirò profondamente, si
raccomandò a Sant’Isidoro di Siviglia, poi a
Gesù e Maria, si fece il segno della croce ed
alla fine sospinse il cancello.
Fece
ancora qualche passo verso la casa e finalmente
arrivò. Nella piccola casetta nessuna ombra del
padrone, nessun tranello oscuro, ma solo l’ombra
sensuale di un meraviglioso profilo di donna
ovvero la seducente Susan in attesa e coperta
solo in parte da un lenzuolo bianco. Francisco
si rese conto che, a parte quello sporadico
saluto non si erano mai parlati, del resto ora
lui non sarebbe stato in grado di pronunciare la
benché minima parola, ma del resto non c’era
tempo né per i saluti e men che meno per le
parole. Lei era già distesa sul piccolo lettino
coperta da quel lenzuolo nuziale, un drappo di
seta bianco che secondo la tradizione avrebbe
dovuto essere di buon auspicio, ma che
inutilmente aveva accompagnato i falliti
tentativi di Pedro.
Francisco non
credeva ai suoi occhi. A piccoli passi raggiunse
quel talamo improvvisato. Susan non si sentì in
dovere di dare spiegazioni, in fin dei conti era
sempre la moglie del suo padrone. In un evidente
stato di oblio, sussurrando, lo invitò soltanto
a non perdere tempo pregandolo di passare
immediatamente ai dati di fatto. Del resto
pensava, solo in quel modo ed attenendosi alle
istruzioni di suo marito, non avrebbe commesso
peccato e di conseguenza non avrebbe tradito
Pedro. Quindi sollecitò il giovane ancora
imbambolato e incredulo ad esplorare le parti
del suo corpo che ancora nascoste chiedevano
d'essere riportate all’antico splendore dopo
anni di astinenza. Ovviamente non lo disse in
questo modo, anche se questo triangolo mentale
le avrebbe procurato una peccaminosa
eccitazione. Per ora lo osservava eccitandosi
con le sensazioni di quell’attesa, completamente
perse nel talamo coniugale. Vide chiaramente i
calli sulle grandi mani del giovane dove si
districava netta la linea dell’amore, seguì con
le dita i segni della fatica e le rughe del
piacere. Francisco, davanti a quello spettacolo,
si liberò ben presto delle catene della
diffidenza e con uno mossa da vero maschio si
tolse la maglia da lavoro gettandola senza
vedere sulla legna accatastata. Susan sentì
chiaramente l’odore forte dell’uomo,
dell’eccitazione, dei muscoli e del sudore.
Francisco non aveva perso tempo ed era già sopra
di lei, Susan chiuse gli occhi e intraprese
mentalmente quel viaggio d’albe e tramonti, di
notti insonni in preda alle più passionali
fantasie attraverso il desiderio di scoprire
nuovi posti subendone inevitabilmente quel
fascino che suo marito caparbiamente aveva
interrotto per anni.
Viaggiò per lune e
giorni, percorse gli itinerari bui del piacere,
quartieri malfamati e viali alberati, ricordò
nitidamente tutti i nomi degli uomini che aveva
avuto prima di conoscere suo marito, li
pronunciò ad alta voce, li contò ad uno ad uno,
li distinse nitidamente dalle labbra e dal
colore della pelle. Sentì l’odore caldo dei
letti disfatti e il sapore dei baci rimasto
indelebile sul suo seno accogliente. Ricordò
anche Pedro, ricordò quella notte dell’unica
volta insieme quando fecero l’amore, ormai persa
nei meandri grigi della memoria.
L’istinto di sentirsi donna sotto quei muscoli
giovani poi prese il sopravvento e quei nomi
divennero gemiti ed i gemiti parole, e le parole
cadenze e incitamenti. Afferrò le mani
dell’amante accarezzandosi prima il seno e poi
scivolando nel piacere più intenso. Strinse le
gambe, poi le spalancò al piacere e lui capì.
Allora le mani di lui divennero autonome,
maschie e tenaglie e morse di ferro. Ad ogni
carezza più esperte, ad ogni stretta più
convinte del proprio potere. S’infilavano e si
muovevano, poi s’arrestavano nei pertugi di
carne, nelle crepe del desiderio per poi
ricominciare come soldati durante un saccheggio,
come predoni nelle razzie.
La bella
Susan assaporava i momenti magici dell’antica
trasgressione e con gli occhi sbarrati tentava
di fissare quella scena e quella pelle nella sua
memoria, desiderando che tutto ciò fosse stato
per sempre o al limite un ricordo netto da
sfruttare nelle notti insonni e d'astinenza.
Stordita da quel vigore si lasciò andare
completamente e nel suo desiderio infinito
sopraggiunsero altri uomini, altri soldati,
barbari e zingari, braccianti e contadini, i
quali, obbedienti a quei seni, s’accalcarono su
quel letto reclamando un dito, la bocca,
un'unghia, un bacio. Erano lupi affamati che
facevano incetta di carne, branchi di uomini
assetati di linfa d’ogni albero, di nettare
d’ogni fiore, e lei concime d’ogni campo sfamava
la sua brama nutrendo il mondo intero. E come in
un rosario continuava a urlare quei nomi, a
chiamarli, ad invitarli nel suo paradiso, a
farsi lotteria, ambo e terno, premio e bottino
finché l’urlo di Francisco non la fece planare
di nuovo su quel letto.
Gli gridò di non
cedere, in quella circostanza ogni secondo
valeva un’eternità, rabbrividì all’idea che
fosse l’unica e la sola volta e si avvinghiò a
lui per farlo resistere e le parve di essere in
mezzo al mare, ma non una barca, non una vela ma
addirittura un’onda, un flutto sbattuto in un
crescendo impetuoso. E lei divenne un oceano che
si rotolava come acqua densa oleosa, che si
squarciava alla forza, si schiudeva alla natura.
Lui sprofondò in quegli abissi
immergendosi in quell’ignoto senza più fondo. Si
rese conto che mai avrebbe potuto colmare
un’esistenza, il vuoto di lunghi anni, l’intimo
desiderio generato dalla sua sorte. Si chiese
immancabilmente come mai una donna fosse così
calda, così ostinata a ricercare e prolungare
quel piacere e obbediente resisteva e faceva il
suo dovere, quella donna sapeva di fresco e di
pulito, e mai e poi mai gli sarebbe capitata
un’altra occasione, un’altra donna che non fosse
una sua simile, come le tante contadine che
sapevano di terra e sudore prese tra le canne da
zucchero. E quindi resisteva e quindi affondava
in quel mare placido la sua forza che nonostante
avesse già raggiunto l’apice non aveva ancora
dato alcun cenno di cedimento.
Lei aperta
come un fiore al sole lo invitò di nuovo
pregandolo di nuovo di cercarla nei meandri
della propria essenza, nei profondità del suo
essere femmina e chissà perché in quei momenti
le vennero in mente alcuni passi alla rinfusa
dell’amante di Lady Chatterley: “L’uomo la
prese nelle braccia e di colpo lei si fece
piccina e cominciò a sciogliersi provando
un’incredibile sensazione di pace. E mentre si
scioglieva divenne infinitamente desiderabile…
Poi la prese e per un momento rimase fermo
dentro di lei, turgido e palpitante, poi quando
prese a muoversi si destarono in lei strani
fremiti nuovi che la percorrevano come
un’increspatura sull’acqua… Gli si avvinghiò
appassionatamente e sentì il suo germoglio
palpitare in lei e sempre più veemente gonfiarsi
finché non colmò la sua coscienza e poi riprese
il movimento che in realtà erano veri e propri
vortici, via via più profondi, di sensazioni che
turbinavano sempre più a fondo in tutti i suoi
tessuti… e ondulavano, ondulavano come lingue
sovrapposte di fiamme leggere raggiungendo apici
di splendore. Sentì il suo pene ergersi con muta
stupefacente forza e autorevolezza e gli si
abbandonò. Cedette con un brivido che somigliava
alla morte. Gli si offerse tutta, lei urlò e
l’uomo la udì sotto di sé con una sorta di
terrore mentre il suo seme vitale sprizzò dentro
di lei come metallo fuso.”
Non durò
molto, forse qualche minuto, ma a Susan parve un
tempo infinito, in cuor suo avrebbe scommesso
almeno un’ora. Ovviamente non aveva preso alcuna
precauzione, ma tacque la circostanza. Trattenne
quel piacere alzando le gambe e coricandosi
sulla parte destra in modo da decidere il sesso.
Poi contò i giorni per tre volte fino ad avere
di nuovo la certezza che quella sera sarebbe
stata effettivamente luna nera. Così fu.
Poi si vestirono, lei lo invitò a fare in
fretta. Quando lui accennò ad un bacio di saluto
lei si voltò di scatto. Lui comprese che non ci
sarebbero state altre volte e custodì nel suo
cuore ogni dettaglio di quella donna, di quella
casa, di quel segreto inenarrabile. Si rese
conto infatti che nessuno mai avrebbe potuto
credere ad una storia simile. Poi si lasciò la
porta alle spalle senza salutare.
Fuori
la luce intensa abbagliava la campagna intorno.
Susan accennò due passi poi si fermò aspettando
che il suo bell’amante scomparisse alla sua
vista e alla sua vita. Per la prima volta dopo
tanti anni si sentì libera e leggera. Il
giorno dopo tornò da sola nella casa del
giardiniere e, come da tradizione della sua
gente, bruciò le lenzuola e i suoi vestiti. Ne
fece un gran falò. Ora non le rimaneva che
aspettare nove mesi.
Ed i nove mesi
passarono come un lampo. Pedro ora sta guardando
l’ora all’ombra dell’ibisco rosso fiorito. I
braccianti erano tutti nei campi compreso
Francisco ignaro dell’evento. Al primo piano la
levatrice e il Dottor Ramos de la Vida
assistevano al parto. Pedro dopo alcuni
secondi sentì chiaramente i primi vagiti. Il
Dottor Ramos si affacciò alla finestra e benché
non ce ne fosse stato bisogno, gli confermò il
lieto evento e il sesso del neonato. Era nato un
bel maschio di quattro chili e mezzo! Pedro
perse il suo sguardo nel vuoto. La piazza
assolata era deserta, il vento caldo del Sud
asciugava il suo sudore, ora davvero poteva
rilassarsi. Masticò una foglia di tabacco,
poi ringraziò il Cielo. Il destino era stato
davvero benevolo. Nessuno mai avrebbe potuto
rivendicare bizzarre paternità. Da
quell'istante poteva considerarsi padre e quelle
sterminate piantagioni avevano finalmente il
nuovo erede: Bernardo-Pedro Saviola Duarte,
figlio di Pedro, sangue del suo sangue!
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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