“So!”
Disse lui.
Insolitamente la tv era
spenta e fuori c’era un tempo da lupi.
“So!”
Disse ancora, come un tuono prima dell’acquazzone.
“So”, prima persona singolare del verbo sapere.
“So”, senza aggiungere altro. Come se prima
ignorasse e ora appunto sapesse, un mistero svelato,
un fatto inquietante, un segreto intimo che trafigge
anima e cuore. Appunto “so”, un suono pesante che
riempie la bocca, detto con la stessa intensità di
uno squarcio di luce.
“So!” Disse di nuovo, dopo
la cena con gli ospiti. Seduto sul divano si stava
versando un dito di whisky nel calice di vino, nel
bicchiere non adatto. E quel misero verbo rimbombò
tra le pareti e i mobili della bella sala da pranzo
in stile veneziano. “Lo so, Rose!” Disse ancora
guardando sua moglie in viso, come se tutto
l’intorno non avesse più senso, come se ora lui
sapesse quello che evidentemente lei già sapeva.
Ovvio quello che lei, la bella signora vestita in
lungo nero, già sapeva o doveva sapere.
Gli
amici erano andati via ormai da un’ora, la cena per
il compleanno della signora era stata un incanto,
tutto perfetto come i regali che aveva ricevuto, le
candele al profumo di vaniglia, la musica anni
ottanta e quello Shiraz rosso d’annata. Quarant’anni
lei e non li dimostrava, splendida, elegante e
sensuale con il suo décolleté profondo e il suo
rossetto d’un tono più vivo. Era lì davanti a suo
marito, bella e statuaria, con i suoi fianchi
perfetti che facevano del suo vestito un’opera
d’arte e con i suoi capelli bicolori tagliati corti
per l’occasione. Quarant’anni appunto, dieci dei
quali vissuti con suo marito, il quale ora come un
estraneo ripeteva a cadenze regolari il suo “so”.
Lei aveva impartito le ultime istruzioni alla
cameriera ed ora appoggiata al bracciolo della
grande poltrona ascoltava quel “so” e impietrita
strizzava gli occhi come per capire, ovviamente non
sapeva cosa sapesse suo marito o per meglio dire
quanto sapesse.
Provò a ridere poi ad essere
seria, poi assunse un’aria riflessiva tenendo la
mano sotto il mento. Aspettò ancora qualche secondo,
ansiosa che suo marito pronunciasse almeno l’oggetto
del suo sapere, non perché lei non sapesse, ma
almeno per essere sollevata da quell’imbarazzo
evidente. Aspettò ancora poi, lasciando che le sue
braccia cadessero lungo i fianchi, disse
spazientita: “Cosa sai, Paul?” Accompagnando la
frase con un prolungato sospiro in modo che suo
marito intercettasse la lieve spossatezza.
Paul aveva compiuto da poco sessantadue anni. Quasi
ventidue anni di differenza rispetto a sua moglie,
troppi, tanti, da pesare enormemente nel loro
rapporto. Lui era in seconde nozze e dal precedente
matrimonio aveva avuto due figli, ormai grandi. La
figlia Amanda addirittura aveva la stessa età di
Rose, Larry invece era di poco più giovane ed era
presidente di una multinazionale con sede a
Vancouver.
Lei ora lo stava guardando, il suo
era uno sguardo pieno di apprensione, quasi materno
e come al solito avrebbe voluto proteggerlo,
evitargli quello strazio. Ultimamente era stato poco
bene e la sua ex moglie aveva preferito tenerlo
all’oscuro della malattia di Larry. Purtroppo il
responso medico non era stato lusinghiero, avrebbe
dovuto fare altri accertamenti, ma il sospetto di un
male incurabile non era scongiurato del tutto.
L’ex moglie si era raccomandata e Rose, per via del
cuore di Paul, aveva tenuto il segreto. Ora non gli
staccava gli occhi di dosso. Era decisamente un uomo
di bell’aspetto, le mani curate, i modi eleganti, ma
in quel momento lo vedeva come un bambino indifeso,
bisognoso di affetto e conforto come del resto
appaiono tutti gli uomini ai quali si nasconde la
verità.
“So, Rose!” Lui disse ancora
stringendo con la mano sinistra il bicchiere non
adatto. A Rose in quel momento apparvero tutti i
fotogrammi della loro vita insieme. Dieci anni
appunto, ma tra loro purtroppo non era mai scoccata
la scintilla della passione. Ne avevano parlato più
volte, avevano fatto lunghi viaggi, ma le parole e i
posti esotici non avevano mai aiutato la loro
intesa. Forse solo nei primi anni prima di sposarsi,
ma poi la cosa era scemata e nessuno dei due si era
sentito in dovere di riprovare tanto che ora
convivevano ignorando le pulsioni e l’appetito
dell’altro.
“So, Rose!” Disse ancora Paul
con un filo di voce, accompagnando questa volta il
nome di lei con un sospiro di vapore dentro il
bicchiere non adatto. Lei scosse la testa e non si
spiegava come mai suo marito si stesse cacciando in
quel misterioso e teatrale ginepraio. Passò ancora
qualche secondo. Lui si accese il suo mezzo sigaro
toscano.
“Ti fa male Paul non dovresti fumare, lo
sai vero?”
Ma lui non badò a quelle parole e
riprese.
“Mi hai sentito?” Disse ancora. “Non hai
nulla da dire?”
Beh chi tace acconsente, pensò a
quel punto la bella signora accavallando le gambe, e
lei, di certo, non voleva essere così crudele da non
dare spiegazioni. Lui non se lo meritava per cui
parlò.
“Cosa sai, Paul?” Questa volta lo disse
con un tono più alto e netto, come fosse l’anteprima
della tragedia quando gli attori si rischiarano la
voce.
Ma era sempre un modo di attendere, anche
se quel “so” era comunque una presa d’atto, quasi un
regolamento di conti. In effetti era possibile che
suo marito barasse, che avesse solo un sospetto,
quindi la domanda era lecita. Del resto non era lei
a dover scoprire per prima le carte. Ma Paul fece
finta di non sentire, oppure i suoi pensieri erano
troppo profondi per tornare in superficie ed
ascoltare sua moglie. Alla fine replicò il suo
mantra: “So!” E questa volta aveva usato lo stesso
timbro di voce di sua moglie, un “so” netto, senza
ombre e senza bluff.
Eh già suo marito sapeva
e lei non era in grado di sapere quanto, anche se il
problema in quel momento non era l’ordine di
grandezza, ma il fatto stesso che lui sapesse.
Davanti a quel “so” netto, tagliente come una lama,
la tensione in quella casa iniziò a salire e in quei
casi o non si ha nulla da nascondere oppure si cerca
di limitare i danni.
Quel “so” era troppo netto
per non essere un’accusa, oppure una sentenza di
condanna ed evidentemente Rose aveva qualcosa da
nascondere per cui decise di andare oltre per
evitare la crudeltà del racconto, per evitare che
lui raccontasse o peggio che lei fosse costretta a
raccontare. Allora si mise seduta sullo stesso
divano, alla sinistra di Paul. Assunse una postura
meno da donna fatale e più materna. Addirittura le
sfiorò il viso come fosse una carezza e riprese.
“Anzi, facciamo così, non voglio sapere quello che
sai, è evidente che tu credi che io sappia quello
che hai saputo, ma vorrei sapere come lo hai saputo
e da chi!”
Gelo. In quel silenzio si sentì
chiaramente il miagolio di un gattino in lontananza.
Davanti a quella frase Paul rimase interdetto.
Strinse il bicchiere di whisky non adatto ed ebbe un
attimo di sbandamento. Forse si aspettava altro, che
lei negasse o trasalisse chiedendo cosa sapesse
oppure semplicemente lo rassicurasse. Ma questo non
avvenne e quella frase aveva il sapore acre di
un’ammissione di colpa. Entrambi ora sapevano, o
meglio lui sapeva e lei era a conoscenza che suo
marito sapesse.
Allora Paul sospirò di nuovo,
questa volta appoggiando la testa sullo schienale
del divano, guardando il soffitto e inondando la
stanza di quel fumo denso. Pensò. Forse lei gli
stava dando una scappatoia evitandogli la pena dei
dettagli, di spiegare l’oggetto del suo sapere e di
pronunciare una sentenza, ma non ne era persuaso del
tutto. Oppure lo considerava un dato di fatto ed il
fatto che lui sapesse non cambiava le cose.
A sua
moglie interessava sapere semplicemente come lo
avesse saputo e da chi. E tutto il resto? La pena,
l’angoscia, il dolore? Nulla di nulla, come se fosse
normale tutto questo e non fosse altrettanto normale
che lui sapesse. O no, non doveva cadere in questa
trappola.
E allora riprese: “So, Rose, so!”
Ecco ne aggiunse un altro alla fine, come per non
andare oltre, come se l’ammissione di sua moglie non
avesse alcuna importanza, perché importante ora era
solo il fatto che lui, non importava da chi, non
importava come, lo sapesse.
Poteva benissimo
dire di averlo intuito, di averla sentita parlare al
telefono, ma cosa sarebbe cambiato rispetto al fatto
che lui sapesse? Terminò la coda dei suoi pensieri a
voce alta: “… Perché senza sapere si può anche
conviverci, quindi il punto è che io so!”
Rose
non si fece scappare l’occasione: “Quindi non è
importante che io abbia un segreto, ma il fatto che
tu lo sappia.” Rispose lei, con un punto a suo
favore.
Ora la percezione di Paul era al
massimo della potenza.
“Quale segreto Rose?”
“Mio caro… mi stai ripetendo da più di mezz’ora che
sai e detto in quel modo non può che riguardare la
nostra vita di coppia.”
“Cosa te lo fa credere?”
“Se fosse stato altro, avresti continuato a parlare
invece vuoi solo alzare un muro tra noi due.”
“Forse quel muro lo hai alzato tu!”
“Paul per me
non cambia nulla.”
“Rose è evidente che per me
cambia, forse per te non cambia nulla a parte il
fatto che io sappia.”
A questo punto era ovvio
che non fosse lo stesso sapere, come era ancor più
evidente che sua moglie avesse qualcosa da
nascondere. Che stupido! Non ci aveva mai pensato,
ma ora la tragedia stava degenerando in farsa, per
cui decise di rimanere nel gioco.
Rimasero di
nuovo in silenzio e in quel silenzio vibrò il
cellulare di Rose.
“E’ lui?” Disse
provocatoriamente Paul.
“Ovvio, chi vuoi che sia
a quest’ora? Scrive che la cena è stata ottima e mi
augura la buonanotte!”
“Rose mi stai confermando
che hai una relazione?”
“Paul sei tu che mi hai
detto che sai. Tu mi hai costretta! E ora sarebbe
penoso negare.”
“Ma, accidenti, è diverso
ammettere che io sappia rispetto al fatto che
candidamente lo ammetti senza per altro avanzare una
scusa.”
“Io non ti sto confermando nulla, ho solo
risposto ad una tua domanda.”
Lui si agitò, ora
la situazione era molto più chiara e il segreto di
sua moglie si era materializzato in quella
fastidiosa vibrazione del telefono.
“Rose io
non voglio perderti.” Ora la stava guardando dritta
negli occhi come per rafforzare il suo concetto.
“Non mi stai perdendo Paul, se fosse stato così
sarei stata io a volere questo chiarimento.”
In
effetti Rose non aveva mai pensato a questa
eventualità. Le dispiaceva per Paul e per le sue
condizioni di salute e per quelle di suo figlio.
Avrebbe voluto non parlare, rimandare, però dal
canto suo stava vivendo un momento felice della sua
vita personale e non voleva assolutamente che le
cose cambiassero. Per anni aveva cercato un amante,
e dopo vari fallimenti, si era accorta quanto la
felicità fosse molto, ma molto più vicina. Ovvero il
socio in affari di suo marito. Ovvero la persona con
relativa consorte con i quali si incontravano a cena
almeno due sabati al mese.
Silenzio.
“Vi
ho visti stasera mentre parlavate.” Paul rimase nel
gioco, scoprendo una carta qualunque.
“Già sapevi
Paul?”
“Sì.”
“Se me lo avessi detto prima,
avremmo evitato tanti accorgimenti inutili e
penosi.”
“Lo avresti fatto alla luce del giorno?”
“Paul non mi far dire cose che non ho detto.”
“Cosa vi stavate dicendo?”
“Banalità che si
dicono tra due amanti.”
“A me Rose non ci pensi?”
“Certo che ci penso e non credere che non abbia i
miei buoni sensi di colpa.”
“Forse quei sensi non
sono propriamente di colpa, ma di altra natura.”
“Smettila Paul!”
Lei alzò leggermente la voce e
dal suo bel trucco iniziarono a scendere lacrime di
rabbia.”
Paul rimase immobile. Lei si asciugò
il pianto con i polpastrelli della mano destra.
“Come lo hai saputo, Paul?”
“Mi hai costretto a
seguirti. So dove vi incontrate.”
“Beh è una
banale casa al mare.”
“Lo so Rose, risparmiami i
dettagli.”
“Ma non sono dettagli è solo una casa
al mare che tu tra l’altro conosci.”
“Ci fai
l’amore?”
“Oh Paul, ma non eri tu a non voler
sentire i dettagli?”
“Questo non è un dettaglio!
Ci fai l’amore?”
Lei strinse le labbra, sarebbe
stato troppo penoso rispondere. E disse: “Sono anni
che non mi guardi, che dormiamo insieme come
fratello e sorella.”
“Non la prendere alla larga
Rose.”
“Senti Paul, saperlo o non saperlo non
cambia assolutamente nulla, il nocciolo della
questione è il nostro rapporto, il resto sono
normali e fisiologici appetiti di una donna.”
“Rose, vuoi far apparire normale quello che non è!”
“Paul, non è normale avere desideri?”
“Rose, non
è normale la casa al mare, il mio socio in affari.
Credo anche sua moglie stasera abbia capito…”
“Non credo, me lo avrebbe scritto, se lei sapesse
sarebbe un finimondo…”
“Mentre il fatto che io
sappia è del tutto normale vero?”
“E’ normale
considerando la nostra vita di coppia.”
“Mentre
la loro immagino vada a gonfie vele…”
“Credo di
sì, per non creare sospetti è costretto a onorare la
tavola…”
“Quindi secondo te lei non sa e non
immagina…”
“Credo di no Paul.”
“Secondo me ti
sbagli…”
“Paul, ma cosa c’entra il loro rapporto
con il nostro?”
“Nella misura in cui siete
amanti!”
“Ma tra noi Paul non c’è mai stata
sintonia…”
“In amore si è sempre in due Rose! E
poi ultimamente io ho cercato di recuperarti,
ricordi il viaggio a San Pietroburgo?”
“Si
ricordo, mi è sembrato strano, ma era ed è tardi,
ora non voglio.”
“Perché?”
“Lui non vuole.”
Silenzio.
Rose ora si stava mordendo le
labbra, era decisamente pentita, non avrebbe mai
voluto dirlo… Sapeva quanto quell’ammissione potesse
fare male. E allora poggiò la sua testa sulla spalla
di Paul e riprese, cercando di ammorbidire la
situazione e di riportare suo marito alla ragione.
“Tesoro, certo in amore occorre essere in due,
ma ti rendi conto o no che il sesso è un aspetto che
non riguarda la nostra vita di coppia? E sa Dio
quanto avrei voluto e quanto sia stato penoso
cercare altre braccia prima di incontrare lui.”
“Mi stai dicendo che ci sono stati altri uomini,
prima?”
“Vedi Paul che era meglio non parlare?
Che il sapere è sempre limitato e non ti dà il
diritto di sapere altro.”
“Tanti?”
“Alcuni.”
Silenzio. Lui affogava le labbra nel suo
bicchiere non adatto. Lei sbirciava il nuovo
messaggio sul cellulare.
“C’è sempre un
momento per ricominciare…”
“Vuoi propormi un
viaggio Paul?”
“Vorrei che tu non lo vedessi
più.”
“Paul, questo non è possibile, non sei tu a
dover decidere di interrompere una storia, questo
divieto avrebbe l’effetto della benzina sul fuoco.”
Poi riprese.
“Tu hai diritto a interrompere la
nostra relazione.” Lo disse con voce profonda e
solenne.
“Tu vorresti?”
“Ma scherzi?”
“Dimmelo e ti prego di essere sincera.”
“O no
Paul non vorrei.”
Rose stava pensando al suo
amante. Sarebbe stato penoso per lui avere per
amante una donna non sposata o peggio separata.
Conosceva la vita e sapeva che tra single e sposato
a lungo andare non avrebbe potuto funzionare. In
queste occasioni sarebbe stato sufficiente muovere
una carta perché tutto il castello crollasse. No,
no! Del resto la loro relazione si basava
principalmente sulla complicità, sull’attesa, sul
segreto di un rapporto clandestino. In quel momento
non solo sperava che suo marito non prendesse
decisioni avventate, ma che il suo amante non
venisse a conoscenza che Paul sapesse. Ovvio che
queste elucubrazioni stridevano, ma lei aveva
bisogno di quel rapporto, di quelle divagazioni che
le davano l’energia necessaria per affrontare anche
la situazione di suo marito e della sua famiglia.
Mise la retromarcia ai suoi pensieri e disse:
“Paul io ti amo!”
“Ma non farmi ridere Rose.”
Poi riprese stringendole la mano.
“Tu mia cara,
ami solo te stessa, non rinunceresti mai alla bella
vita ed ora che io so sarà ancora più comoda.”
“Dici Paul? Ho forti dubbi che sia così.”
“Dico.”
“Allora non mi lascerai vero? Non farai pazzie
vendicandoti su di lui, vero?”
“Rose ti concedo
lo stesso diritto di un condannato a morte, ovvero
l’ultima sigaretta.”
“Sai che non fumo!”
“Ti
sto dicendo che ti concedo il tempo necessario per
affrancarti da lui.”
“Quanto tempo?”
“Il tempo
che riterrai necessario.”
“Allora Paul non mi dai
limiti.”
“Lo hai detto tu che sarebbe benzina sul
fuoco.”
“…. E non dirai nulla al tuo socio?”
“Ti preme vero?”
“Lui ha salvato il nostro
matrimonio, non so se ce l’avrei fatta altrimenti.”
“Quindi non mi prometti nulla, vero Rose?”
“Non
sarei in grado di farlo ora, però ti prometto che
non ti lascerò mai.”
“Come fai a dirlo. Rose?”
“L’uno non esclude l’altro!”
Silenzio, un altro
messaggio.
“Paul davvero ci hai seguiti?”
“No Rose, ho una mia dignità, lo sai che non lo
avrei mai fatto.”
“E come sai della casa al
mare?”
“Me lo hai detto tu Rose.”
“Ma ci hai
visto parlare stasera, quindi già dubitavi di
noi...”
“Non sarebbe scandaloso se la padrona di
casa intrattenesse un ospite.”
“E allora chi te
l’ha detto?”
“Tu Rose.”
Rose si irrigidì
all’istante. Urlò sottovoce.
“Paul ti prego,
perché mi ripetevi insistentemente “Io so!”?
“So
di Larry, Rose, e so che la mia ex moglie ti ha
chiamata due giorni fa e tu d’allora stavi cercando
il momento giusto per dirmelo. Stasera volevo solo
evitarti la pena di dirmelo e dirti appunto che
sapevo.”
“Per questo, Paul, lo ripetevi
insistentemente?”
“Solo per questo Rose.”
“E
perché allora non hai continuato a parlare?”
“Credevo che tra noi, Rose, non ci fossero altri
segreti.”
“Mi spiace tanto Paul. Volevo evitarti
il contraccolpo della brutta notizia ed ora ho fatto
peggio!”
“Già.”
“E adesso?”
“Adesso niente,
non cambia nulla! Il tradimento sta nelle cose, ma
anche l’amore che mi hai dimostrato sopportando il
peso e tenendomi segreta la malattia di mio figlio.”
“Paul non dare per scontato quello che non è, domani
deve fare altri accertamenti, vedrai andrà tutto
bene.”
“Speriamo, Rose.”
Paul deglutì
velocemente poi riprese.
“Stasera ho saputo due
orribili cose … ma forse entrambe sono la
dimostrazione che mi ami veramente…”
“Che stupida
che sono!” Lei non si dava pace, scuoteva la testa e
batteva le sue belle unghie smaltate di rosso sul
piccolo tavolino di onice e marmo rosso.
“No
Rose, non fare così, forse in cuor tuo non vedevi
l’ora di svelarmi la tua relazione ed aspettavi
l’occasione.”
“Ma no, mai avrei voluto farti del
male Paul!”
“Rose, la colpa è solo mia, sono io
che ti ho ingannata e quando ho capito non ho saputo
resistere alla tentazione di rimanere nel gioco.”
“Paul l’inganno è solo il mio e stasera mi hai
permesso di lavarmi la coscienza. Avresti potuto
fermarti prima e farmi distruggere dal senso di
colpa, ma hai cercato l’equivoco per liberarmi.”
“Succede Rose, l’equivoco stesso fa parte del senso
della colpa.”
“Grazie amore mio.”
“Di nulla.”