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Adamo Bencivenga
Rosa d’Egitto
“Buonasera Luisa.” “Buonasera Maurizio.”
Ogni giorno lo incontro quando rincaso la sera, mi saluta cortese dal
giardino di fronte, oltre la rete mi ci fermo a parlare, mentre lui
annaffia i suoi fiori preziosi. Lo so che non è un incontro casuale, che è
lì e m’aspetta per il solo piacere di dirmi alle volte che ha incontrato
mio figlio, che è un bambino educato che saluta e sorride, e dopo la
scuola si mette a giocare, con l’amichetta del cuore vicino al portone.
Lui è un uomo piacente, barba bianca ed occhi celesti,
cinquant’anni passati dedicati a una donna persa nel tempo, al suo cane
pastore rimasto fedele, a quei fiori che cura come fossero figli. Mi fa
piacere parlarci per qualche secondo, dire del tempo, del traffico e Roma,
che ormai è invivibile e specialmente la notte, ci si rintana di sera per
stanchezza e paura, dentro case minuscole lontane dal mondo, dentro cuori
appassiti che si lasciano andare alla pigrizia indolente di ogni giorno
che passa.
Ogni volta mi chiede se mi fa piacere ammirare, le sue
rose africane e i suoi ciclamini, le petunie d’Irlanda, i tulipani
fiamminghi che alla luce al tramonto sono d’oro e d’argento, e magari di
sera sono ancora più belli, se solo accettassi una cena di fretta, quattro
salti in padella sorseggiando buon vino. Lo vedo sorride: “Mi scusi se
oso”, ma io m’imbarazzo e cortese rifiuto, perché non vorrei che
nascessero storie, voci di dubbi di chiunque ci guardi. A volte rimango a
fissarlo e per qualche secondo ostento lo sguardo, e lo vedo e mi fa
tenerezza e se per caso accettassi soltanto un momento, senza la rete e la
siepe più fitta, i suoi occhi celesti colpirebbero dove, il desiderio di
anni fa vapore e condensa, e la voglia di vedova è più forte e gremita, di
sogni che a notte diventano veri.
Lui sorride e mi dice che ieri
sera mi ha vista, in penombra in finestra con la luce soffusa, il mio
fiato a quel punto s’ingrossa, paralizzata lo guardo ed aspetto che parli
e mi dica i dettagli, o quanto meno un ghigno per decifrare i pensieri,
mentre mi volto e di scatto controllo, cosa si possa vedere da quella
finestra, quanto la testa, quanto le forme. Lui sorride di nuovo ma mi
tranquillizzo perché seduta al computer in penombra ed al buio, da qui si
può spiare soltanto il soffitto, ed in piedi i capelli e forse la faccia,
ma il resto è un segreto che trattengo gelosa, e soltanto chi voglio ha il
permesso di farlo. Ma arrossisco lo stesso e non tengo il suo sguardo,
che ficcante s’infila nelle mie incertezze, allora dico che è tardi che
mio figlio m’aspetta, come al solito la cena ed il letto da fare.
Lo vedo che vorrebbe ancora parlarmi, che indugia e mi chiede ma poi ci
ripensa, che sono tre anni che vive da solo, che vorrebbe reagire per una
vita diversa, se avesse un’amica, se avesse una donna. Lo guardo è un
bell’uomo e mi sembra sincero, una sera di queste potrei pure pensarci,
senza farmi vedere dai vicini e mio figlio, invece di stare a casa di
notte, seduta nel buio che chatto e mi sfogo, con gente improbabile che si
inventa di tutto ed io che aspetto un incontro importante, uno di quelli
che mi cambi la vita.
*****
Ormai sono mesi che passo il
mio tempo a parlare col mondo dei danni del cuore, e fra i tanti uno solo
il “giardiniere notturno”, a cui non gli consento di vedermi la faccia, mi
riempie d’amore con parole gentili. Fra i tanti uno solo e gli permetto da
giorni, di vedermi le labbra e guardarti più oltre, dove il mento diventa
poi spalle e fianchi, dove il cuore che batte rifiata e poi gonfia, i miei
seni in penombra lasciati alla voglia.
Lui mi dice che mai ha visto
più bella, una donna che a sera si veste e si trucca, come se fosse
invitata ad un ballo di gala, e si mette le calze e si lima le unghie,
perché alle volte accavalli leggermente le gambe, e la mano risalga tra la
trama di seta, fin sotto la gonna che s’alza di incanto, e non resta che
pelle che s’apre e che chiede, e lui di rimando mi incita a farlo, a
credermi bella, regina del sogno.
Ed io mi accarezzo seguendo
parole, che scorrono in fretta e sanno d’amore, con i suoi modi cortesi
che colano miele, e le promesse convinte di incontrarmi una sera, una cena
in penombra, una luce velata, il mio vestito di Gucci e la sua cravatta
d’Armani. Se fosse per me già avrei deciso, se fosse per me avrei
accettato l’invito, ma è lui che desidera aspettare del tempo, perché dice
che siamo due anime simili, sballottate nel mondo agitate dall’aria, di un
vento benevolo che le ha fatte incontrare, che le ha fatte gemelle, affini
nel cuore, ma nella testa rimangono dubbi e paure, perché se non fossimo
fatti l’uno per l’altra, butteremmo alle ortiche quest’amore stupendo,
queste notti bollenti e la speranza mai doma, d’aver incontrato finalmente
l’amore.
Sono mesi che ci sentiamo dopo cena, ma io non l’ho ancora
mai visto, non so che viso abbia, di quale colore brillino i suoi occhi, e
mi accontento e mi sazio di quello che scrive, parole di carne ficcanti e
precise, parole bagnate intinte nel mare, che colpiscono il segno e vanno
a buon fine, perché subito dopo mi arrendo e m’abbandono alle mani che
credo siano sue, e per ora mi bastano perché dopo nel letto, m’addormento
tranquilla senza sogni malsani.
Mi faccio chiamare Rosa d’Egitto,
perché unica e rara colori la notte, e come un fiore che spunta in pieno
deserto, mi preparo al suo sguardo curioso ed attendo e mi vesto di petali
d’organza e di seta. Lui mi guarda m’adora e sorpreso si chiede, come
diavolo sia possibile che nel buio più fitto, possa nascere un fiore così
variopinto, spuntare dal nulla e mostrare d’incanto, il candore dei seni,
il colore degli occhi, una favola bella per mille e una notte. Davvero non
crede che sia vera e reale, davvero non crede che quelle parole possano
fare poesia ed appagarmi del tutto e che il gusto del bello del contrasto
di notte, possa fargli esclamare meraviglia e sorpresa, come una rosa
d’Egitto in pieno deserto.
*****
Sono pensieri che vanno da
soli, a quest’ora di sera mentre Maurizio sta annaffiando i suoi fiori,
indugio ancora un momento chissà perché poi, vorrei forse dirgli che
quello che cerco è un sogno per sempre, e che non mi giudichi male se per
caso mi ha visto una sera, da quella finestra mentre chatto e poi volo,
perché si tratta soltanto di cuore e di mente, ed il sesso è un dono che
offro soltanto, ad uomo che a sera mi dà mille attenzioni e mi fa sentire
importante, l’unica donna dei suoi desideri. E sapesse quest’uomo che
altro non chiedo, e non s’illuda se davvero m’abbia visto, e che il mio
seno non appartiene a nulla, neanche ad un gioco più o meno perverso,
perché non basta una cena e le sue rose africane, non basta una notte per
separarla dal giorno.
E’ una prolunga perché venga domani, il
desiderio infinito di ritrovare qualcuno, che la sera m’ascolti senza
vedere il suo volto, di raccontargli le noie che ho avuto di giorno, che
con mio marito era tutto diverso, ed ora ho un figlio che studia e che
cresce, ed io una donna che ha paura di tutto. Perché il mondo di fuori è
davvero cattivo, ed io sono un cucciolo che ha bisogno di ventre, del
calore materno della mia stanza in penombra, e nessuno lì dentro potrà
farmi mai male.
Oddio se ci penso, se m’ha vista davvero, mi
giudicherebbe in altra maniera, magari una donna che le piace l’amore,
quando il cuore è lontano e non rimane che carne! Come faccio a spiegargli
che tutto ciò non è vero, che si sbaglia di grosso, ma poi cosa dico, se
non sono sicura che m’abbia vista davvero, anche se ora mi guarda e mi
dice, che la sera da anni non riesce a dormire, che guarda le stelle come
se fossero tette, e la luna più bianca un grembo di donna, che accoglie i
sospiri di uomini soli. Forse è un segnale ma lo faccio cadere, è tardi, i
letti, la casa, mio figlio che ha fame.
“Buonasera
Maurizio!” Gli dico per andare. “Buonanotte Luisa.” Mi
dice fissandomi gli occhi. “Allora mi rassegno sarà per la
prossima volta? Per un tè a quest’ora o una cena la sera.” “Ah già
quattro salti il padella!” Sorrido, sorride. “Allora io vado.”
Lui mi trattiene un secondo abbassando la voce. “Sì… l’aspetto di
sera, stanotte se vuole, quando nel mio giardino spunterà la più bella,
una Rosa d’Egitto che coltivo e che curo, unico fiore che sboccia
nell’ombra ed ha bisogno d’amore soltanto di notte.”
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Photo
Alexander Makhlay
Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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