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INTERVISTA
IMPOSSIBILE
Susan Hayward
L’attrice strappalacrime
Attrice statunitense, nota per aver
interpretato figure femminili forti ed indipendenti ma destinate
ad esistenze infelici, vinse il premio Oscar alla miglior attrice
protagonista nel 1959 per il suo ruolo in Non voglio morire
(New York, 30 giugno 1917 – Hollywood, 14 marzo 1975)
. Madame le sue origini? Il mio nome
vero è Edythe Marrenner e sono nata a Brooklyn. Ero la
più giovane dei tre figli di Ellen Pearson e Walter
Marrenner di origine svedese. Mio padre era un ambulante
di Coney Island poi passato a fare il sorvegliante nella
metropolitana di New York. Mia nonna paterna Kate
Harrigan aveva fatto l’attrice nella contea di Cork in
Irlanda
Proveniva da una famiglia molto umile…
Direi estremamente povera! A cinque anni dopo che un
pirata della strada mi aveva investita sotto casa rimasi
semiparalizzata, per fortuna mi ripresi senza
conseguenze.
La sua adolescenza? Dopo aver
frequentato le scuole pubbliche ed aver conseguito il
diploma in un istituto tecnico commerciale riuscii ad
evadere da quell’ambiente familiare lavorando sin da
giovanissima come modella per un fotografo di New York.
Poi? Come modella mi feci un nome e fui chiamata
a recitare piccole parti in alcuni spettacoli teatrali
di Broadway. Ero abbastanza bravina e mi feci notare per
il temperamento che sapevo infondere ai miei personaggi.
Poi venne la chiamata del grande regista George
Cukor… Cukor mi chiamò ad Hollywood dopo avermi
notata sulla copertina del Saturday Evening Post e mi
diede l'occasione di entrare nella storia del cinema,
sottoponendomi a un provino per la parte di Rossella
O'Hara in Via col vento.
Il provino non andò bene
visto che la parte fu poi affidata alla giovane attrice
inglese Vivien Leigh. Comunque rimasi ad Hollywood e
ottenni un contratto di sei mesi con la Warner Bros e
poi uno, permanente, con la Paramount.
Lavorò
duramente in quel periodo… Mi affidarono ruoli
importanti, ma secondari in Beau Geste del 1939, film
sulla Legione Straniera interpretato accanto a Gary
Cooper e Ray Milland. Poi nel 1942 partecipai a due film
di successo, Vento selvaggio di Cecil B. De Mille,
accanto a John Wayne e Ho sposato una strega, diretto
dal regista francese René Clair, ma era ovvio che
aspirassi a ruoli da protagonista.
Per quel
motivo ruppe il contratto con la Paramount? Stanca di
essere sempre la rivale della protagonista femminile,
stracciai il mio contratto con la Paramount e passai
alla Fox.
La descrivevano come una donna
simpatica e professionale oltre a possedere una innata e
seducente bellezza. Il pubblico mi adorava per i miei
folti capelli rossi e il mio viso dai lineamenti
delicati, ma soprattutto perché il mio temperamento era
adatto a ruoli di donne volitive, indipendenti e mai
dome seppur spesso destinate ad esistenze infelici.
L’occasione importante venne con il film Una donna
distrusse del 1947… Interpretavo il ruolo di una
donna alcolista, moglie abbandonata da un cantante di
successo, che cercava con coraggio di uscire dalla
schiavitù della bottiglia. La trama era ispirata alla
vita di Dixie Lee, moglie dell'attore e cantante Bing
Crosby. Quel film mi fruttò la mia prima candidatura
all'Oscar.
Al medesimo tema era ispirato il più
celebre Piangerò domani del 1955 di Daniel Mann.
Anche lì interpretavo di una donna alcolizzata, la
cantante Lillian Roth. Ed anche in quella occasione
ricevetti la nomination all'Oscar e fui premiata come
miglior attrice al festival di Cannes.
Intanto si
era sposata con l’attore Jess Barker… Direi un
aspirante attore… Lo avevo sposato nel 1944 e nonostante
un rapporto a dir poco turbolento misi al mondo due
splendide creature: i gemelli Timothy e Gregory. Lui
faceva uso di alcol e si rivelò un tipo violento. Ci
separammo dieci anni dopo e lì iniziò il più brutto
periodo della mia vita privata. Non volevo perdere i
miei figli e la battaglia per la loro custodia fu per me
un colpo durissimo che mi spinse a tentare il suicidio
ingerendo dei sonniferi. A salvarmi fu mia madre che
fece in tempo a chiamare i soccorsi.
Il quel
periodo stava girando Soldier of Fortune con Clark
Gable… Era un film ambientato ad Hong Kong, ma io
girai le scene nei set di Hollywood. Le scene in esterno
insieme a Clark furono realizzate nel montaggio grazie a
particolari accorgimenti scenici.
Da quella
brutta esperienza seppe comunque risollevarsi… Grazie
al matrimonio con l'avvocato Floyd Eaton Chalkley,
celebrato il 9 febbraio 1957. Di famiglia benestante era
un uomo pieno di premure. Lo definivo “Il gigante dal
cuore d’oro”! Purtroppo anche quella unione fu
sfortunata poiché, dopo solo nove anni di serenità, mio
marito morì prematuramente di epatite, a causa di una
trasfusione di sangue infetto.
Tornando alla sua
carriera, finora aveva ottenuto due nomination, ma
l’Oscar? Veramente le candidature all’Oscar erano
state in tutto cinque. Oltre alle due menzionate
ricevetti la nomination per Questo mio folle cuore del
1949 di Mark Robson, La dominatrice del destino del 1952
di Walter Lang. L’ambita statuetta arrivò nel 1958 per
l'interpretazione della storia vera di Barbara Graham,
una donna condannata a morte per omicidio, nel film Non
voglio morire di Robert Wise. Fu proprio in virtù di
questi ruoli che la stampa specializzata dell'epoca mi
definì come l'interprete ideale di figure femminili
forti e volitive, attribuendomi talvolta la fama di
attrice melodrammatica e strappalacrime.
Ma fu
molto brava anche in parti meno drammatiche… Beh sì,
il pubblico mi acclamò per parti più leggere tipo quella
della moglie innocentemente provocatoria di un divo del
rodeo che intrattiene una relazione con un campione in
declino interpretato da Robert Mitchum nel film Il
temerario di Nicholas Ray, o quella nel ruolo di Rachel
Donelson, moglie del presidente statunitense Andrew
Jackson, interpretato da Charlton Heston in Schiava e
signora del 1953.
Alla fine degli anni sessanta
divenne produttrice di se stessa. Tentai la strada
dell’imprenditoria producendo film che ebbero sempre più
consensi tra il pubblico, ma molto meno tra i critici
che mi rimproveravano una certa ripetitività nei ruoli
ricoperti e nelle trame, ritenute quasi sempre eccessive
e scontate.
Facciamo un passo indietro, nel 1955
aveva partecipato al film Il conquistatore… Lo
girammo nel deserto dello Utah al confine con il Nevada,
in una località radioattiva teatro di esperimenti
atomici. La troupe era formata complessivamente da 220
persone e restammo in quella zona desertica per un paio
di mesi, attendata sulla sabbia. Nel 1972 mi ammalai di
tumore al cervello e si ritenne molto probabile una
correlazione tra la location del film e la mia malattia
visto che insieme a me si ammalarono di cancro anche il
regista Dick Powell e i coprotagonisti John Wayne, Pedro
Armendáriz e Agnes Moorehead, oltre a numerosi membri
della troupe.
Grazie al suo carattere temprato
dalle sofferenze, non volle però arrendersi del tutto
alle avversità. Lottai contro il male per tre anni,
nel corso dei quali non rinunciai mai al mio pubblico,
partecipando a diverse cerimonie e tributi. Fu proprio
per una di queste occasioni che nel 1974 fui colta da
malore e dovetti essere ricoverata d'urgenza.
Susan Hayward, dopo una lunga agonia, morì qualche mese
dopo a Hollywood, il 14 marzo 1975, all'età di 57 anni.
Per il suo contributo all’industria cinematografica la
sua stella brilla lungo la Walk of Fame al 6251 della
Hollywood Boulevard.
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INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FONTI:
https://it.wikipedia.org/wiki/Susan_Hayward
http://trovacinema.repubblica.it/attori-registi/susan-hayward/182068/
http://www.ciakhollywood.com/biografie/shayward/
https://gaetanosaglimbeni.jimdo.com/hollywood-a-taormina/susan-hayward/
https://en.wikipedia.org/wiki/Susan_Hayward
FOTO GOOGLE IMAGE
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