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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
Mia dolcissima Amapola
 


 
 


 
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Amapola, mia dolcissima Amapola, la chiamo in questo modo perché altro non mi è concesso, perché altro nome non conosco, ma so che ogni sera lei ascolta questa canzone, forse perché delusa, o forse disingannata da quell’uomo biondo in alta uniforme, che ogni sera bussava alla sua porta e ora si è perso per il mondo. Non conosco la ragione, non conosco il sentimento, ma mi creda mi è dispiaciuto tanto, perché immagino quanto lei abbia pianto e conosco quel supplizio, e so che ogni sera ancora lei si strugge, ed è per lui che forse piange, forse è questa la ragione, ma se potessi, se avessi il suo consenso, se solo io potessi veramente, andrei a cercarlo in ogni dove, perfino sui campi di battaglia purché lei sia felice, e sperando che sia vivo, lo riporterei a lei, solo per la contentezza di vederla poi gioire.

Amapola mia bellissima Amapola, la desidero anima mia, come il fiore ama la luce, come il mare il suo orizzonte e vorrei che lei non fosse ingrata, mi perdoni se mi permetto, e anche se so che non mi può vedere, le chiedo almeno per una volta, prima di rientrare in casa, di sollevare il suo bel volto e guardare attraverso le corde della sua anima la finestra al primo piano. Perché è da lì che io la bramo ed è da lì che io l’ammiro, quando a sua madre sottobraccio esce per la messa o accompagnata da suo padre passeggia lungo i viali.

Amapola mia lindissima Amapola, anima della mia anima, io sono solo al mondo, e se muoio io nessuno potrà più tenermi compagnia, ma non mi sento solo, perché la solitudine si sente quando qualcuno ti ha lasciato, e lei ora non può farlo, ma le giuro, il mio cuore non ha fondo, ricordo che quando morì mia madre, mio padre non si tolse mai più quei vestiti neri, li portava notte e giorno, portava il suo lutto anche dentro il letto. Mi creda dolcissimo mio fiore, io gli assomiglio come una goccia d’acqua e nessuna mai, se per caso non volesse, o non le fosse consentito, potrà sostituirla nel mio cuore.

Amapola mia dolcissima Amapola, non mi sono mai permesso di seguirla, anche perché le mie gambe non potrebbero mai farlo, ma conosco a memoria ogni suo impegno, quando varca la sua soglia o quando poi rientra e dal tempo che passa fuori immagino dove sia stata. La prego, mi creda, anche se lei non può vedere, la mia pelle rabbrividisce pensando che qualche bel giovane si posi sul suo fiore, e possa notare le sua bellezza e le sue fattezze rosa, quel cappellino bianco o il un vestito a fiori lilla che le dona. So che lei non può fare altrettanto, che non le è concesso ricambiare, uno sguardo malizioso o il profumo di un’intesa, ma immagino quanto sia importante il giudizio di sua madre e quanto lei si possa fidare.

Amapola mia bellissima Amapola, so che la natura non le ha dato tutto, ma mi creda la sua bellezza la ripagherebbe d’ogni dolore, d’ogni cosa certo che non può vedere, ma di certo può capire, quanto sia libera ad associare, una forma ad un profumo, un colore ad un bemolle, mentre a noi non è permesso, perché legati all’apparenza, di dire giallo ed abbinarlo ad un limone, di dire rosa come le carezze dell’amore, di dire viola e sentire un Fa Maggiore.

Amapola mia lindissima Amapola, le sto scrivendo solo ora e perdoni il mio ardire, ma ho passato una notte insonne, e proprio in quelle ore mi sono reso conto, che mantenere un segreto è come farle un po’ del male, per cui con l’anima turbata le scrivo per confessare, le scrivo per non tacere. Ebbene sì mio dolcissimo fiore, proprio ieri ho fermato per strada il suo amato padre, incerto e tremante sulla mia sedia l’ho seguito, e dopo averlo salutato, senza giri di parole, ho chiesto senza indugio la sua mano. Lui mi ha guardato di traverso, come si guarda un povero infermo, poi mi ha affrontato in malo modo, dicendomi insolente, sfrontato e irriverente, ma forse è giusto così, del resto non ho tenute e rendite da offrire, non ho gambe buone da donare e suo padre per lei ha grandi sogni, come quell’alto ufficiale che bussava alla sua porta o chiunque possa farla vivere agiatamente dentro una reggia.

Amapola mia bellissima Amapola, ebbene sì che avevo previsto quella reazione, anzi forse mi aspettavo più arroganza, e forse pochi uomini a questo mondo avrebbero osato tanto, ma l’ho fatto perché l’amo più della mia vita, l’adoro più di un santo che mi possa far camminare, e lo rifarei subito, lo rifarei tutti i giorni, anche quattro volte al giorno se avessi un solo pretesto per riprovare e anche se non lo avessi non cambierebbe poi nulla. Mia Amapola lo rifarei ad ogni costo, anche se lei con aria decisa, mi dicesse che è ancora innamorata, e che forse lo sarà sempre ed io saprei di chi, e so che anche solo per vana curiosità, un giorno lo andrà a cercare, almeno per sapere se sia ancora vivo oppure per sapere cosa diavolo sia l’amore, anche se già sappiamo entrambi, che è unico ed assoluto, e io so probabilmente che starete ancora assieme, e per lei sarà un giorno bello tutto da godere.

Amapola mia dolcissima Amapola, anche se so tutte queste cose, l’aspetterei qui su questa finestra e saprei dal suo volto come sia andata, ma mi creda non è questo il punto, perché lei sarebbe libera di incontrarlo anche se fosse mia sposa, anche nella nostra casa, anche da soli nel nostro letto. Comunque sia, anche se sapessi che è ancora innamorata, io la sposerei ugualmente, anche se so benissimo che sarà solo sofferenza, ma le giuro non ho alternative, perché ovunque vada, ovunque fugga, mi seguirebbe il suo odore, o meglio mi farei inseguire, perché non c’è posto a questo mondo per uno come me se non provasse questo amore, non c’è posto in cui non sarei innamorato di lei ed anche se per qualche strano incantesimo ci fosse, non so, in qualche mondo remoto, non so nella galassia più lontana da questa terra, io di certo lo eviterei e non ci andrei mai.

Amapola mia bellissima Amapola, mi piace così, essere perdutamente innamorato di lei, perché sento che solo questo è linfa per il mio cuore, l’essenza d’ogni vita, l’unica cosa che da quando sono nato mi abbia fatto sentire improvvisamente vivo, l’unica davvero, che lei lo voglia o no, che lei lo sappia o meno. Sicuramente suo padre non le dirà nulla, o forse che un infermo lo ha importunato per la strada, come del resto non mi ha concesso di conoscere il suo nome, ma va bene anche così, del resto anche un amore a prima vista non conosce il nome, e allora la chiamo Amapola, mia lindissima Amapola, mia dolcissima Amapola, ascolto insieme a lei questa canzone, anche se lei forse non saprà mai, quale nota nell’anima stia muovendo, forse quel Fa maggiore, forse quel bemolle.

Amapola mia lindissima Amapola, forse non ascolterà mai questa lettera, perché mai nessuno la leggerà per lei, ma l’importante è che io l’abbia scritta, perché sento come un’ode nelle viscere il dolore, perché mi creda mia dolcissima Amapola, l’amore che provo va oltre il suo consenso, oltre qualsiasi legge o regola di censo, che mi impedisce di dichiararlo direttamente in sua presenza, ma la prego, sarebbe ingiusto se lei non sapesse, che anche un suo rifiuto non calmerebbe il mio strazio, che anche una sua rinuncia rinvigorirebbe la mia brama, perché io l’amerei lo stesso, io l’amerei per sempre, e se suo padre la desse in sposa ad un altro pretendente, se tornasse l’alto ufficiale in uniforme, io l’aspetterei, perché non c’è morte se batte il cuore, non c’è mai fine se si ama, perché non c’è gioia oltre questo tormento.



Amapola, lindisima amapola,
Será siempre mi alma tuya sola.
Yo te quiero, amada niña mia,
Iqual que ama la flor la luz del día.
Amapola, lindisima amapola,
No seas tan ingrate y ámame.
Amapola, amapola
Cómo puedes tú vivir tan sola...

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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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Photo © Catalin Chitucea














 
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