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Adamo Bencivenga
La signora con il cappello
di papaveri
Photo Chao Pavit
...
.Ecco, lei ha dei papaveri sul
cappello, è una donna elegante, anzi troppo elegante per questa
serata d’Arte contemporanea. Per la verità quei quadri non la
incuriosiscono minimamente, troppo audaci, troppo scarni, troppo
trasgressivi per la sua indole. Perché in realtà lei è una donna
sobria dai gusti leggeri, dai toni morbidi e i sentimenti
misurati.
Oh sì è sposata, ma stasera è sola, ed è proprio
lì che incontra quell’uomo, affascinante, bello come il sole,
pazzo come un francese, disinibito come un pittore. Lei è
perplessa, le piace la sua compagnia, sorride, sta al gioco,
tutto qui, ma lui, tra un quadro e l’altro le strappa qualche
confidenza, e allora la invita a casa o meglio nella sua
mansarda, per un drink ovviamente, per farle ammirare altri suoi
quadri non esposti, e lei acconsente. Forse per cortesia, per
curiosità o forse perché i complimenti la disarmano, e quello
lei lo sa, ed è sempre stato un suo lato debole.
Eccola, la
vedi? Alice è di una disarmante ingenuità. Guarda ora il suo
candore, guarda la sua naturale scioltezza, guarda come cammina,
lei non sta andando in quella casa per mettere in discussione
alcunché, o per svelare l’orco della favola, o per farci
l’amore, o per non farcelo. È una serata stravagante e allora
va, semplicemente va, incoscientemente va, va a ritirare un
quadro che lui poco prima le ha promesso, va a prendere un
caffè, un drink, la vedi? Sale quelle scale, lentamente, cadenza
il respiro, segue lui, ma non indugia, non ha motivo per farlo.
Lei è una donna appagata, con suo marito vive una vita
sessuale regolare, una volta a settimana e alle volte
addirittura due nei periodi di festa o in vacanza. L’intesa è
davvero ottima. Il segnale è lui che prende un goccio di
anisette, il segnale è lei che indossa la camicia da notte
trasparente in stile pompeiano. Il segnale è la mano di lui,
seduti sul divano, è il film che perde di interesse con lo
scorrere dei minuti, è lei che adagia il libro sul cuscino del
divano. Ma poi di minuti ne passano davvero pochi e sono già in
camera da letto, al buio, in silenzio. Suo marito è un tipo
dolce, generoso ed altruista, non ha esigenze particolari, non
ha fantasie che la trasportino in chissà quale approdo e lei non
ha nulla da rimproverargli e sinceramente non chiede altro.
L’amore è quello, punto e basta. E quello è il suo sesso, quello
il suo mondo ed oltre quei confini c’è una landa sconosciuta. Il
suo sesso sono coccole, e se non sono coccole sono baci
protettivi sulla fronte, è lei che si rannicchia e si addormenta
sulla spalla di lui, come del resto succede spesso sul divano
davanti alla tv. Certo lui è stanco e lei distratta…
*****
Ecco ora entrano. La casa è piccola, ma
accogliente. La stanza che fa anche da ingresso, è impregnata di
un forte odore di vernici e colori. L’arredamento è essenziale
con una poltrona, un divano, una piccola libreria a muro, una
cucina a giorno e un’ampia finestra che guarda sui tetti di
Roma.
Lei ha appoggiato sul divano il suo cappello di
papaveri. Ora è seduta, la luce artificiale che entra le lascia
un alone d’ombra e di sensi. Guardala, il viso è in completa
penombra come i suoi piedi, come i quadri di quel genio
ammiccante di un demone francese. E lui lo sa, quello è il posto
dove le sue modelle si mettono in posa, quello è il posto d’ogni
sua preda, lui lo sa che superata quella prova la donna si
spoglia, per voglia o per arte, per induzione od istinto,
comunque si spoglia. Non ci sono alternative.
Sparsi
ovunque fanno rumore i dipinti di diverse dimensioni, alcuni
adagiati sul pavimento, altri alla buona sulle pareti, ma senza
cornice. Come quelli che aveva ammirato prima al vernissage
hanno tutti con lo stesso soggetto: sesso di donna in
bell’evidenza e niente volto. A volte sono dipinte le gambe
mozzate al ginocchio, altre una punta di seno, ma
sostanzialmente cambia solo la scena, lo sfondo nero, a volte un
drappo rosso, un capitello vittoriano, una scala di legno, un
marmo venato, un pavimento piastrellato bianco e grigio.
Alice pensa. Lui invece fa battute e si comporta in modo
naturale, come se fosse normale essere l’autore di quelle
oscenità. Alice riflette, ora il dito indice della mano destra
preme il suo mento, ora arrotola sullo stesso dito una ciocca di
capelli, ora fa per parlare, ora tormenta il suo cappello di
papaveri, ora recita un’eloquente scena muta.
Sarà
l’odore dei colori, sarà la sua erre moscia, il modo con il
quale la guarda, la sta guardando. Lei lo avverte, avverte il
momento. Che fare? Sorseggia quel drink e parla del più e del
meno. Alice adora gli impressionisti francesi, e in particolare
Édouard Manet e in particolare Le déjeuner sur l'herbe. Lui
invece l’espressionismo di Egon Schiele e Otto Dix. E lo
racconta e lo infiocchetta in maniera così accattivante che quei
quadri diventano dei capolavori d’arte, che l’osceno è qualcosa
di sublime, il volgare accettabile, fino a sperticarsi
nell’analisi che il rifiuto della visione del sesso è più
scandaloso del sesso stesso. E poi ancora con la visione
anatomica del dolore, crudele, esasperante, irritante con
l’artista che lotta contro i fantasmi della propria mente, delle
proprie devianze e getta in faccia al pubblico la sua perdizione
e la sua impotenza d’amare. Ma è solo un passaggio perché la
meta assoluta è il punto nel quale si incontrano piacere e
dolore, il concetto più alto di sofferenza ed amore dalla cui
fusione nasce magicamente l’Arte.
Alice sta barcollando,
si rende conto che il punto di vista artistico del suo amico è a
distanza chilometrica dal suo, ma in un certo senso ne è
attratta, come se quella del suo interlocutore non fosse
un’opinione, ma un vero e proprio posto fisico. Un posto simile
ad un’anima dove tutto è vissuto attraverso i sensi, gli incubi
e la follia. Un posto comunque distante anni luce dai suoi
luoghi nei quali si ritira, nei quali si abbandona con le pareti
di velluto, i soffitti di seta e le scale di organza.
Lei
barcolla e lui apre altre porte, ed ogni volta lei è su una
soglia diversa, ogni volta indugia, resiste e poi
inevitabilmente curiosa entra.
E lui di nuovo insiste: “Il
sesso è nelle cose, è l’energia primordiale, nei fiori e negli
animali, tutto si muove attraverso il sesso. Non possiamo far
finta che sia solo uno strumento di piacere o che non esista… Il
sesso è vita, è energia, come la passione, come il sentimento,
come ora, in questo momento…”
Senti come allude? La porta,
la culla, la trascina nella sua visione del mondo. Il concetto è
forte, la parvenza dell’arte una carta velina stracciata da un
soffio, ma è ancora più singolare la disinvoltura con la quale
il francese impone i suoi concetti. Lui sa che la provocazione
smuove pancia ed anima, sa che ad ogni impatto traumatico
corrisponde una reazione umana. È nella logica delle cose, è nel
preludio d’ogni temporale, nel principio d’ogni terapia.
Alice ne è colpita, François se ne accorge, ed allora si
alza, prende una sua tela, l’avvicina al viso di lei, lui è in
piedi e lei seduta, sa che la postura è importante, nel
linguaggio delle cose ora lui è il maestro e lei la sua allieva.
E allora commenta la tela, indica il sesso, il dettaglio, il
tratto ed il colore, i modi sono autoritari, enfatizzati e
convincenti, Alice si ritrae, le dà fastidio quel modo troppo
diretto di argomentare, quasi si chiude a riccio come se quel
dito di lui che indica il dettaglio sulla tela stesse toccando
le sue intimità, il suo disagio, o quanto meno stesse scostando
i suoi slip mettendo a nudo la sua essenza e creando una
frattura quasi patologica, ma non è un gesto d’amante, e nemmeno
quello professionale di un ginecologo, ma qualcosa di più, come
fosse un demone, il suo doppio, per questo ne ha timore, per
questo non lo contraddice.
Un brivido di freddo e si
ritrae ancora, ma lui non si ferma, spiega il significato delle
linee più scure, l’evanescenza di quelle più chiare, il motivo
di quello sfondo, la scelta della tinta. Rosso amaranto per
l’anima inquieta, pazza d’amore, rosa antico per una velatura di
cuore. Anche se lì non c’è cuore. Ma lui insiste:
“Anche se
avessi dipinto un volto il cuore non si sarebbe visto.” E poi:
“Il cuore è intimo, nascosto, più intimo del sesso.” Vedi?
Precede le obiezioni di lei, i tentennamenti intellettuali e
logici, come se avvertisse i suoi dubbi.
Guardalo, ora è di
nuovo seduto sul divano, la guarda, la fissa, i suoi occhi sono
penetranti, vorrebbe farle un ritratto, chiaramente a modo suo,
secondo il suo stile. Involontariamente le sfiora la spalla,
forse è una mossa studiata, per vedere quanto margine gli sia
ancora concesso o forse per vedere la reazione di Alice. E lei
esita, non risponde. Vorrebbe respingere sdegnata la richiesta,
ma non ha la forza di deluderlo, arrossisce, poi chissà perché
accetta, s’informa più o meno su quante sedute.
Lui prepara
i pennelli, ha già in mente la posa, lo sfondo, ma lei non è
ancora pronta, dice di rimandare a domani la prima seduta. Lui
accetta, non cambia nulla, la ha in pugno, come se ora con la
sua mano stesse stringendo il suo sesso. Metaforicamente lo
stringe e mentre stringe la fissa negli occhi, lei cala le
palpebre, sta cedendo… Almeno lui pensa, almeno lui crede.
Ecco, ora si guardano muti, forse pensano, forse non hanno
più nulla da dire. Ascoltano il rumore di una lavatrice in
centrifuga che arriva da chissà quale appartamento, le gomme di
un auto che stridono sull’asfalto, una sirena che passa lontano.
Sono rumori di silenzio e Alice riflette sull’errore che sta
compiendo. Troppo disponibile, troppo audace ad accettare.
Avrebbe voluto mordersi le labbra quando ha accettato di fargli
da modella, quando ha detto “domani”. No, non ci sarà domani. Sa
che dietro quello sfogo sull’arte c’è altro, intuisce, ma non sa
bene cosa. Ha comunque letto nei pensieri di lui, lo ha sentito.
Ha sentito la stretta.
Forse l’arte non è solo una
scusa. Forse per un artista arte e sesso vanno di pari passo,
non c’è confine, non c’è distinzione, non ci sono etichette
morali… Ecco, è in gabbia, nella rete di quel fascino
irresistibile, di quel modo di sorridere, di parlare, di
strizzare gli occhi. Non sa niente di lui, oltre che è un
pittore sui generis, oltre che è francese, non sa nulla del
passato, nulla di quel presente che ora le sembra anonimo e
distante.
Lui ha indosso una sciarpa lilla. Dio quanto è
bello! Lei si sforza di vederci l’arte scultorea o la
definizione delle pennellate, perché s’illude che l’arte sia
sopra ogni cosa e con un quadro non si possa fare l’amore.
Le viene in mente suo figlio mentre gioca in giardino, ecco
sì, vivono decisamente su due mondi paralleli, lei ha altre
priorità. Allora si alza di colpo, così, senza pensarci due
volte, si alza e lo saluta in fretta, e in fretta mette il
soprabito, fa qualche passo verso la porta, poi si ferma, si
volta, lui è rimasto fermo, immobile. Certo è un segno, la sua
postura è una richiesta esplicita. È sicuro di sé, sa che se non
oggi sarà domani, se non domani, domani l’altro.
Guarda il
ghigno sul suo viso, la disinvoltura della sua gamba
accavallata, come se quel gesto di lei fosse fuori posto,
intempestivo, o peggio inutile. Sa che più Alice si allontana
più l’elastico tira, ma lei è determinata, prende il suo
cappello di papaveri, ora sta uscendo, decisamente esce, a
malincuore lo saluta, ma deve farlo, lui risponde con un
enigmatico mugugno, come se la mattinata non fosse ancora
conclusa, come se si aspettasse altro e lei non ha alcuna
possibilità di interromperla.
Alice chiude la porta dietro
le sue spalle. Si appoggia al muro, le mani dietro la schiena,
gli occhi fissi al soffitto. Un lungo respiro, è salva, non
sente più quella stretta!
Ma il diavolo fa le pentole e
si dimentica spesso i coperchi e il suo coperchio è l’ombrello,
uno stupido e inutile ombrello che ha dimenticato in quella
casa. Vedi il caso? Nonostante la splendida giornata lei aveva
portato il suo ombrello giallo. Eccola, è sul pianerottolo,
guardala! Ora il suo sguardo è fisso sulla tromba delle scale.
Si sporge, ha un attimo di sbandamento e quel dislivello di
saliscendi diventa una conchiglia grigia, bianca e nera. Sembra
un dipinto di Escher. In apparenza tutto perfettamente in
ordine, ma tutto sconclusionato come ora i suoi pensieri.
Lei non è abituata, pensa ai disegni geometrici delle sue
aiuole, pensa ai suoi libri rigorosamente in ordine alfabetico,
pensa agli orologi perfettamente allineanti sulla parete bianca
della sua sala da pranzo e tutti che segnano la stessa ora! Ma
quella tromba di scale scende e contemporaneamente sale. Come è
possibile? Sembra in ordine, ma non lo è.
È una
similitudine. Infatti ci pensa ed ora non può più ignorare cosa
possa covare sotto quella linearità. Sa che se rientrasse
sarebbe costretta a prendere una decisione. Si o no, non ci
sarebbero più mezze misure, niente sfumature di grigio, né
cinquanta, né mille, solo bianco e nero. Ci pensa ancora, fa due
passi, due gradini in discesa, ma poi si ferma, ci ripensa, ma
poi bussa, comunque bussa. Senti il rumore? È delicato, come se
contenesse contemporaneamente pentimento e sicurezza, come se
volesse comunicare che dietro quella richiesta non c’è alcun
secondo fine, ma semplicemente un banalissimo ombrello
dimenticato. Comunque è andata, ormai è fatta.
*****
Ecco, ferma l’immagine. Fai attenzione! Lei
bussa. Lui apre immediatamente, sono passati solo due, tre
secondi, evidentemente era dietro la porta, come se lo avesse
saputo, come se lo sperasse, ma forse ha solo seguito il destino
e, come è ovvio, non è possibile far aspettare il destino, per
questo si è alzato dal divano, per questo è lì in piedi ad
aspettare. Eccolo, guardalo! E guarda lei! Si sente come se
avesse ceduto ad un comando superiore, come se gli avesse
obbedito.
Ma qui le parole sono finite. Nessuna parola
potrebbe riempire quell’attimo. Lui l’afferra, l’agguanta,
l’avvicina e la stringe, le bacia prima il collo, poi sale, poi
scende, poi la bocca, è un bacio intenso, succhia ed aspira, le
fa quasi male. Guarda che impeto, che forza, è un ossesso,
sembra animato da una forza oscura, sembra lui il diavolo che si
è dimenticato scientemente dei coperchi. Qui non ci sono
sorrisi, non c’è cortesia, non c’è permesso e né consenso. Al
diavolo l’arte, al diavolo il pittore e il vernissage, al
diavolo i coperchi e tutte le finzioni per arrivare a quel
punto.
Guardali! Sono movimenti scomposti e pensieri in
disordine, non c’è forza che possa resistere, non c’è resistenza
che abbia più forza, perché non è umana, ma è l’energia
dirompente della sorte, del fato. E guarda lei, non è sorpresa,
non ha alcuna reazione di difesa, non ha alcuna intenzione di
sottrarsi, anzi non ha alcuna intenzione come se l’assenza fosse
anch’essa un’intenzione. Per questo lo aiuta, per questo lo
facilita.
Ed è il boato prima del terremoto, è la gobba
della luna, la curva dell’arcobaleno, l’ora muta delle fate, la
parabola divina, il tornante a picco in quel mare di desiderio.
E in effetti lei è il mare di quel fiume, il molo della barca,
la darsena e l’approdo.
Guarda come si baciano, si
mordono, sì, guardali! Guarda le labbra, guarda i denti come
affondano nelle carni, guarda come si attraggono, sono quasi
fusi, guarda la figura, non ci sono forme, non c’è lui e non c’è
lei, è un blocco unico, un gruppo marmoreo nelle mani di un
artista, il punto preciso dove la luce e l’ombra non sono più
luce ed ombra, ma altro. L’essenza della fusione, la fusione
delle essenze. Lui la solleva, lei si fa sollevare, in questo
momento ha la capacità di perdere peso, è una piuma, guardala
nell’aria, ora danza, ora scende oscillando, ora salta, salta
sui suoi fianchi.
Guardala, con le gambe divaricate, come
nei quadri di lui, aperta e accogliente, luce ed ombra, un
chiaroscuro netto senza sfumature. Lei la conchiglia e lui la
sua perla. La sbatte contro la parete. Senti i colpi? Sono tonfi
sordi, tuoni di notte, cadute e ruzzoloni. Una striscia d’eco
che si propaga, un effetto domino. E lui l’appiattisce su quel
muro come fosse un suo quadro, in preda all’estro della sua
arte, avido la disegna, affamato la colora.
Ora sono sul
tappeto, ora sul divano. Lei si offre e lui ne è attratto, come
calamita sta entrando, come risacca torna al suo mare. Eccolo il
momento! Non perdertelo! È quello esatto del tradimento, quello
ufficiale di un notaio, è l’evento, la storia, l’Apollo 11,
l’Undici settembre, il crollo del Muro, il sigillo e la bolla,
la fine dei sogni e l’inizio dei pensieri, quelli interiori che
danno disagio, che nascono e vegetano nelle pieghe dell’anima.
Ferma di nuovo l’immagine. Guarda la crepa, la frattura
patologica di prima. Si sta allargando vedi? È l’inizio di un
diluvio, il colpo di coda di un ciclone, scoperchierà il tetto e
loro ne sono coscienti. Guarda! Maestoso lui s’innalza, sembra
un vessillo e lei la terra conquistata, la luna sulla quale
sventola la bandiera americana, lui sembra un faro e lei il suo
mare. Lui è l’avventuriero e lei la prateria. Perfettamente
uniti, in simbiosi, un meccanismo di un orologio, perfettamente
un incastro come se la natura li avesse modellati pensando a
questo incontro.
Ora sono nudi, non sappiamo come
abbiano fatto, ma non hanno più nulla indosso, se non le loro
pelli calde e sudate… Guarda lui abbronzato, guarda lei bianca
come il latte, eterea come il riflesso della luna quando si
specchia nel suo lago. Senti cosa si dicono? Si promettono
amore, vita, l’eternità, ma sono parole adatte al momento, si sa
che in questi casi ci stanno bene, si sa che domani è un altro
giorno, o tra un’ora un’altra ora. Comunque lui la chiama, a
cadenza la chiama, grida il suo nome. Alice! Aliceee. Allunga le
“e” come uno strascico da sposa in riva al mare, come un
mantello soffiato dal vento e contro quel vento lei ricomincia a
danzare, come quella piuma oscilla, come quella penna volteggia.
È amore? Assolutamente no! Che senso avrebbe in questo
momento. Si sono incontrati in modo fortuito, lui non la stava
cercando e lei era lì per ammirare i suoi quadri, convinta nella
sua incoscienza che vita facesse rima con noia. Se non fosse
stato per quell’invito, chissà come capitato nelle sue mani… se
non fosse stato per l’ombrello…
Guardali su quel tappeto,
ora ridono, ora si abbracciano. Guarda come tremano le loro
mani, guarda lui che accarezza i profili di luce e scende
sfiorando il naso, la bocca, il seno, il suo sesso ancora
voglioso. È un artista ricordi? E da artista si comporta.
Stop!
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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