|
HOME
CERCA NEL SITO
CONTATTI
COOKIE POLICY
RACCONTI
Adamo Bencivenga
Il delitto della Dama in Rosso
"Mi chiamo Nefertiti,
la dea Egizia, anche se il mio nome vero è
un altro. Sono la Dama della Mole, la Signora
in Rosso, la reincarnazione della luna, eccomi
allora, io sono un caso irrisolto, un
mistero mai svelato tra le ombre scolorite
di una Torino perduta nella nebbia."
Lì proprio lì dove i miei tacchi esagerati facevano rumore ed io camminavo
sotto quei portici, qualcuno mi diceva bella, altri donna irraggiungibile,
di una bellezza essenziale, insomma ero la Regina della notte che passando
tra la gente distribuivo sogni ed esaudivo desideri.
Ora, anche se
vi sto raccontando la mia storia, non sono più viva, io sono morta,
tragicamente assassinata un giorno di settembre del secolo scorso. Chi
sono? Appartengo all'alta società Torinese, figlia di un dirigente Fiat e
moglie di un semplice ragioniere. Quindi sposata e ricca di famiglia. Il
mio corpo senza vita è stato ritrovato in una discarica sulla strada che
porta a Moncalieri, una domenica di fine estate. Mi ha ritrovata una
pattuglia della polizia, dopo una segnalazione, ero riversa senza vita
vicino al rifugio di un barbone. Chissà, forse ero ancora bella, chissà se
il poliziotto vedendomi lo ha pensato! Ero bella sì, perché indossavo un
vestito rosso ed elegante, le calze di seta e il tacco sensuale, e sulla
fronte portavo una fascia dello stesso colore fermata da una spilla di
strass. Il poliziotto quando mi ha visto al primo impatto tra i tanti
cartoni ammassati ha creduto si trattasse di un manichino, per il vestito
e per la mia carnagione bianca o forse perché ero di una bellezza irreale!
Poi però si è avvicinato e guardandomi meglio si è accorto che ero un
corpo senza vita, una donna abbandonata proprio ai lati della tangenziale.
Il medico legale ha stabilito che la causa della mia morte era stata per
asfissia polmonare dovuta a strangolamento. Non avevo documenti con me e
per quasi un giorno intero sono rimasta senza nome, finché nel pomeriggio
del giorno dopo sono stata riconosciuta da mio marito, il quale per ovvie
deduzioni, che vi racconterò in seguito, è diventato subito il primo
indagato.
Chi sono? Al tempo avevo quarantotto anni, un cognome
ingombrante, una vita di eccessi, vivevo di amicizie occasionali, adoravo
soprattutto gli slavi e i diseredati. Vi prego non chiedetemi il motivo,
so solo che ostentavo la mia felicità, la mia ricchezza e la misura con i
quali la misuravo. Adoravo la chiromanzia, la magia, il mistero. Ero una
donna esibizionista, socievole e mi districavo con disinvoltura sia nei
piani alti della Torino bene che in quelli bassi. Amavo stupire e creare
scompiglio nelle case e nelle menti di chi mi invitava. Ero, come si dice,
una donna sulla bocca di tutti e mi piaceva esserlo. Ripetevo: “Parlate
pure male di me, purché ne parliate!” Sì appunto una donna che faceva
della stravaganza la sua filosofia di vita.
Uscivo di sera perché
nel buio ritrovavo il coraggio di essere me stessa! Lasciavo a casa mio
marito e mi perdevo nei bar, nei locali notturni, nelle discoteche alla
moda, ma anche nei posti più infimi perché come ora sapete ero la Regina
della Notte, la Dama in Rosso che si faceva vedere in giro con le
prostitute, i vagabondi, gli zingari e gli slavi. Insomma con gli avanzi
di quel mondo inviso dagli squallidi e dagli ipocriti, insomma niente che
ti aspetti dalla figlia di uno dei più grandi dirigenti della Fiat! So
cosa state pensando, la mia non era solo apparenza e innocua esibizione,
io amavo stupire e non erano solo passeggiate sotto i portici con persone
poco raccomandabili. Frequentavo alberghi a ore, facevo sesso a pagamento,
ma mi innamoravo anche, e allora erano amanti, alberghi di lusso
dilapidando l’intero patrimonio per quelli più esosi. Insomma ricevevo
fiumi di denaro e allo stesso tempo lo donavo perché dentro di me si
annidava la trasgressione della notte e sfidavo i pericoli senza nessun
timore, perché io ero magica e immortale, la reincarnazione di Nefertiti,
la dea Egizia!
Tornando a quella sera ricordo solo che prima di
trovarmi sulla tangenziale avevo cenato in compagnia di tre slavi
conosciuti poco prima. Per la mia morte il primo sospettato e stato
quell’uomo mite e tranquillo di mio marito. Ma lui non ha colpe se non
quella di avermi pregato ogni santo giorno di farmi tornare ad una vita
più sobria. Lui era costretto ad una convivenza difficile, era esasperato
dal mio comportamento, umiliato dai miei modi di fare. Lo maltrattavo sì,
gli rinfacciavo di non avere polso e in pubblico lo beffeggiavo
apertamente additandolo come uno stupido menomato. E lui non reagiva, mi
dava fastidio anche per questo. Diceva di amarmi, ma io ero sua moglie
solo per la legge! Lui era semplicemente succube di un amore che lo aveva
travolto. Succube di me e anche della mia morte.
Oh sì ho avuto
tanti amanti, alle volte li portavo anche in casa e loro mi amavano
davanti a lui, mi baciavano, mi alzavano i vestiti ed io godevo per il
solo fatto di essere presa davanti a mio marito, il quale ovviamente
doveva stare alla larga, in caso appunto guardarmi, anche nuda, ma mai
toccarmi, perché nella mia lucida follia io non ero sua, ma solo di chi
per condizione mi adulava, mi venerava. O forse sì ero sua nella misura in
cui non lo ero!
Giuro però di averci provato ad accontentarlo
frequentando solo gente dell’alta società, almeno per un periodo, ma poi
tornavo nel mio mondo, sbattuta su quei margini dove mi sentivo appunto la
Regina della Notte. E mio marito ricominciava, mi voleva a casa, a fare
chissà cosa, ma non saremmo mai potuti andare d’accordo perché lui era il
giorno piovoso ed io la notte magica piena di mistero e passione, in
questa città piena di rette e spigoli dove solo col buio trovi le sensuali
curve della trasgressione!
Insomma durante le indagini mio marito
si è comportato da perfetto innocente dichiarando ingenuamente alla
polizia: “Se avessi dovuto ammazzarla, lo avrei fatto quattordici anni
fa..." Quindi per la polizia non poteva non avere rancori, del resto in
vita non gli avevo mai perdonato di essere un piccolo ragioniere. Alle
volte con i conoscenti fingevo che fosse ingegnere. Quindi il poveraccio è
stato anche indagato e ha dovuto fornire addirittura un alibi! Ha detto
che la notte del delitto era in casa a vedere la tv (Eccome ti sbagli!).
Quindi nessun alibi e per la polizia avrebbe avuto tutto il tempo di
uscire, venirmi a cercare ed uccidermi! Quella sera, poi, prima di uscire
avevamo fatto l’ennesima litigata alzando così la voce che alcuni vicini
avevano sentito chiaramente le nostre urla. Lui mi aveva urlato contro:
“Ti faccio interdire!” Ed io gli avevo urlato: “Bastardo, io esco quando
voglio e con chi voglio!”
E quindi sono uscita. Era un sabato sera.
Verso le undici qualcuno mi ha visto in compagnia di tre slavi a bordo di
una Golf nera GT. Era vero, uno dei tre era un ragazzo dolcissimo e
minorenne. Qualcun altro prima dell’una in un locale in Piazza San Carlo.
Comunque era un notte dal clima mite, Torino dormiva, i senzatetto
aspettavano il mattino, cercando riparo dentro cartoni alla buona per
riposare ubriachi sotto i tetti dei portici o delle tangenziali. Poco dopo
ha squillato il telefono del Commissariato: “C’è un corpo vicino al mio
rifugio di cartoni, ma io non c’entro nulla, quella è una signora
elegante!” Quella signora ero io! Le indagini sono proseguite imboccando
piste miseramente vuote, nessun indizio sulla scena del crimine, nessuna
prova per questo delitto senza assassino.
E allora ve lo dico io
chi mi ha uccisa, non è stato mio marito, non è stato lo slavo o lo
zingaro di turno, non è stata la prostituta alla quale facevo concorrenza
su quel tratto di strada e neanche un amante geloso stanco dei miei
tradimenti! Ad uccidermi è stata solo l’invidia della gente per il mio
stile di vita, il loro imbarazzo verso una donna del loro stesso livello,
la vergogna di una donna sposata, ma libera da ogni vincolo il cui unico
fine era il divertimento. Ecco chi è il vero colpevole della mia morte.
Perché la più grande trasgressione, il più grande affronto che puoi fare
ai torinesi bene è fare amicizia con gli immigrati, i diseredati, gli
avanzi che minacciano il loro perbenismo. Ed io li frequentavo! Perché io
ero Nefertiti la dea Egizia, la reincarnazione della luna, l’eccesso in
tutte le sue forme, per questo uscivo di notte, per questo i miei vestiti
erano la provocazione innata, per questo mi dicevano che ero ribelle e
pazza da legare.
. .. |
QUESTO RACCONTO E’ LIBERAMENTE
TRATTO DALLA VICENDA DI FRANCA DEMICHELA
FONTI https://www.altriconfini.it/2
http://www.iltorinese.it/
http://ricerca.repubblica.it/
https://www.altriconfini.it/
http://www.stampacritica.it/
© All rights
reserved
TUTTI I
RACCONTI DI ADAMO BENCIVENGA
© Adamo Bencivenga - Tutti i diritti riservati
Il presente racconto è tutelato dai diritti d'autore.
L'utilizzo è limitato ad un ambito esclusivamente personale.
Ne è vietata la riproduzione, in qualsiasi forma, senza il consenso
dell'autore
Tutte
le immagini pubblicate sono di proprietà dei rispettivi
autori.
Qualora l'autore ritenesse
improprio l'uso, lo comunichi e l'immagine in questione
verrà ritirata immediatamente. (All
images and materials are copyright protected and are the
property of their respective authors.and are the
property of their respective authors.
If the
author deems improper use, they will be deleted from our
site upon notification.) Scrivi a
liberaeva@libero.it
COOKIE
POLICY
TORNA SU (TOP)
LiberaEva Magazine
Tutti i diritti Riservati
Contatti
|
|