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Adamo Bencivenga
L'Anno che verrà
Photo Andreas
Wensauer
31 Dicembre 1999 Accadde una sera di dicembre di qualche anno fa.
Avevo cenato in una pizzeria ed ora ero nella mia auto guidando senza
meta. Ripensavo a mia madre, a quando avevo sbattuto violentemente la
porta di casa urlandole di non aspettarmi né per quella sera né mai. Un
banale bisticcio che si era trasformato nel breve giro di qualche secondo
in un inferno ed ora lungo quella strada mi angosciavo pensando che,
nonostante tutto, lei fosse l’unica persona al mondo con la quale non avrei
mai voluto litigare.
Fuori pioveva. Faceva freddo. Il termometro
della mia auto segnava un solo grado. A tratti la pioggia diventava
grandine e scendeva giù a raffiche tanto da bloccare i tergicristalli.
Procedevo lentamente sulla corsia di destra dell’autostrada verso Firenze. Non avevo nessun posto
da raggiungere e nessuna voglia di tornare a casa. Del resto se non avessi
sbattuto quella porta cosa avrei fatto? Stappato una bottiglia di Moet &
Chandon insieme a mia madre che mi teneva ancora il broncio? No, pensai,
forse davvero era meglio questa pioggia, questa solitudine umida e appiccicosa!
Avrei guidato ancora per qualche chilometro senza meta e poi avrei cercato
un motel e lì avrei passato le rimanenti ore della notte, dell’anno, del
secolo, del millennio.
In pizzeria avevo fatto una serie di
telefonate a vuoto, ma tutti i miei amici ormai erano impegnati o fuori città, ed ora
la mia anima era avvolta da una fastidiosa invidia pensando a quanto loro si stessero divertendo nei posti più disparati del mondo. Mi
tenevano compagnia una bottiglia di spumante dolce scadente che il padrone
della pizzeria mi aveva voluto per forza regalare e la musica della mia
radio. “Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po' e siccome sei molto
lontano più forte ti scriverò…”
In lontananza intravedevo i primi
bagliori colorati dei fuochi d’artificio di qualcuno che aveva fretta di
festeggiare. Non era ancora mezzanotte, ma al primo svincolo girai. Non
avevo assolutamente voglia di finire in bocca a qualche festa, al
traffico, al caos della città per cui dopo qualche tornante e rampa, presi
una stradina buia senza lampioni che correva parallela all'autostrada nel
senso opposto. Davvero non sapevo dove diavolo andare, un cane tutto
bagnato improvvisamente mi attraversò la strada ed io frenai slittando
sull’asfalto scivoloso. Mi ritrovai con l’auto di traverso con i fari
rivolti verso la campagna, ma poi tirai un respiro di sollievo quando vidi
il cane scodinzolare. Da quel momento mi riproposi di fare più attenzione,
abbassai il volume della musica e proseguii ancora più lentamente per
quella strada.
Ormai speravo solo di leggere l’insegna luminosa di
qualche albergo e passare quella notte, ma dopo qualche centinaio di metri
intravidi una figura incappucciata che camminava sotto la pioggia con
difficoltà lungo il bordo della strada. Vestita tutta di bianco sembrava
un angelo. Appena la luce dei fari la invase mise il braccio fuori
dall'impermeabile. Pensai che avesse bisogno di aiuto e mi fermai a
qualche metro di distanza. Attraverso lo specchietto la vidi correre ed
ebbi la conferma che si trattava di una donna. Tirai il fiato in segno di
tranquillità. Chissà perché poi! Abbassai il finestrino.
LEI: "Mi scusi, non credevo si fermasse. Grazie davvero!”
IO: “Ho pensato che avesse bisogno di aiuto.”
LEI: “Oh sì, grazie, le posso chiedere un passaggio?".
Disse togliendosi il cappuccio. IO: "Dove deve
andare?" Risposi con qualche remora. LEI:
"Firenze." Rispose cercando di ripararsi la testa alla meno peggio
dentro la mia macchina. Rimasi per un attimo a pensare. LEI:
"Posso?" Mi decis ed aprii lo sportello. IO: "Certo, ma faccia
in fretta che si sta bagnando il sedile!" LEI: "Mi
dispiace, sa non volevo, con questo tempo..." Ripartii senza
rispondere. LEI: "Le sono infinitamente grata, senza
di lei non so cosa mi sarebbe successo stasera!". Si sedette più
comoda sistemandosi i capelli bagnati dietro le orecchie. LEI:
"Ah, scusi... non mi sono presentata… mi chiamo Stefania. Girandosi,
intravidi il volto nell’oscurità dell’abitacolo. Aveva un profilo davvero
angelico. Decisi di fidarmi. Feci inversione prendendo la direzione
giusta verso la città.
Dopo qualche metro si tolse finalmente
l’impermeabile praticamente fradicio ed io con un'occhiata furtiva ammirai
il suo vestito elegante. IO: "È strano incontrare una
persona da sola la sera dell'ultimo dell'anno! Posso chiederle cosa ci faceva da queste parti? E poi con
questa pioggia! “Stava andando ad una festa?” LEI:
“Venivo giù dal cavalcavia alla ricerca di un passaggio e purtroppo mi ha
preso la pioggia.” IO: “E perché cercava un
passaggio?” “LEI: Vede quella casa colonica dietro
quella sterpaglia? Ecco io abito lì. Ero in casa, ma poi è andata via la
luce… succede spesso quando piove. Le sembrerà strano, ma ho avuto paura.” Si scostò nuovamente i
capelli bagnati dal viso. Pensai davvero fosse un angelo, bionda, occhi di
un celeste intenso, le fattezze delicate e gentili e le labbra rosa appena
accennate. LEI: “Oh sì dovevo andare ad una festa, era
tutto programmato, ma ho litigato con una persona.” IO:
“Mal comune mezzo gaudio.” Sussurrai. LEI: “Perché
anche lei…” IO: “Ho bisticciato con mia madre.”
LEI: “Sa, se la notte di capodanno si è soli, quando piove
si è ancora più soli e poi il black-out ha fatto il resto. Sono uscita di corsa
e… ho incontrato lei.” IO: “A Firenze dove?”
Domandai facendo attenzione alla strada. LEI: “Ero
triste e avevo deciso di rimanere a casa, ma poi il black out mi
ha spaventata! Ora voglio andare dove c'è gente, dove si balla e ci si
diverte.” Disse quasi scusandosi della propria condizione.
IO: “Beh, almeno lei ha una meta! Io, invece, sto andando
senza sapere per dove… e la confusione non è certo il mio sogno in questo
momento.” Dissi cercando il suo sguardo ed accennando ad un sorriso di
complicità. LEI: “Chissà se due solitudini fanno una
compagnia?” Sussurrò quasi impercettibile.
Proseguimmo senza
parlare lungo il buio fitto di quella strada, ma sotto al cartello
stradale – FIRENZE 15 KM - la radio annunciò la mezzanotte. LEI:
“Oramai credo che sia tardi per Firenze.” Indirizzò il suo sguardo nel
buio della macchina. Mi resi conto che aveva notato la mia insistenza nel
guardarle le gambe. IO: “E’ tardi per tutto a
quest’ora.” Dissi indicando i fuochi artificiali che illuminavano il
cielo in lontananza. LEI: “Dice?” Si mise più
comoda sul sedile, mi chiese il permesso e si accese una sigaretta, poi
guardando il mio profilo disse maliziosa. LEI:
“Potremmo avere la stessa età e tra persone della stessa età si trova
sempre qualcosa da fare…” Così dicendo accavallò le gambe. La sua gonna
si alzò maliziosamente e il riflesso di un gancetto di un reggicalze
scintillò nel buio. IO: “Complimenti per la sua
eleganza.” Dissi per l’imbarazzo. LEI: “Le avevo
detto che era tutto programmato compresa la cena, la musica, i nostri
vestiti da sera e il sesso dopo la mezzanotte.” IO:
“Sto pensando a quella persona, non deve essere stato facile rinunciare a
lei…” LEI: “Lo devo considerare un complimento,
vero?” Mi chiese con studiata furbizia. IO: “Lei è
davvero bella.” LEI: “Forse non troppo bella per
passare il capodanno da sola.” Un velo di tristezza avvolse il suo bel
viso.
Passò solo qualche secondo quando con sorpresa avvertii il
tocco leggero della sua mano sulla mia gamba. Mi sentii avvampare, non mi
era mai capitato che una donna mi facesse delle avances così dirette.
Evidentemente lei aveva notato il mio interesse ed era certa che avrei
gradito. Anzi in quel momento non chiedevo altro. Comunque non dissi
nulla, pensai al capodanno, alle tante storie di sesso nate e morte nella
mia mente, ai tanti chilometri che avevo percorso per andare incontro ad
una piacevole compagnia, al bisticcio con mia madre.
La sua mano
lentamente salì arrivando delicatamente al centro del mio piacere, e tutto
ciò senza alcuno sforzo, senza chiedere nulla, senza vergogna e permesso,
senza minimamente domandarsi cosa ci sarebbe stato dopo quel gesto.
Proseguimmo in silenzio ancora per qualche centinaio di metri e poi
sotto le luci blu e rosse di una stazione di servizio chiusa accostai la
macchina. LEI: “Devi fare benzina?” Ridemmo.
Visto il suo trasporto non mi feci pregare e con uno slancio improvviso la
baciai avidamente. LEI: “Amami e fammi sentire che
questa serata può ancora offrirmi altro e soprattutto non passerà
inutilmente. Dimmi che non sarò mai sola, neanche a Capodanno, ti prego!”
Poi slacciò i bottoni argentati del suo vestito da sera, prese la mia
testa e l’affondò sul suo seno. LEI: “Accarezzalo,
bacialo, fallo sentire importante e dimmi che ne avevi bisogno, che non
aspettavi altro che un angelo al bordo della strada!”
Mi abbandonai
su quel seno piccolo ed acerbo come una mela, ma voglioso. Non parlavo, ma
davvero sentivo di essere in Paradiso, mai avrei pensato che quella serata
di disperata solitudine fosse diventata d’improvviso così calda e
meravigliosa. Ringraziai il destino.
Le nostre bocche generose di
baci fecero il resto. LEI: “Ti amo…” Disse pur non
conoscendomi. IO: “Ti amo…” Sussurrai guardando i suoi
occhi complici. Tirammo giù i sedili. Ci spogliammo completamente e ci
lasciammo trasportare dai nostri sensi. Lei baciò ogni centimetro della
mia pelle concentrandosi sul mio piacere. Poi mi pregò di fare altrettanto
invitandomi tra le sue cosce bagnate. Fuori non smetteva di piovere e noi
esplodemmo insieme tra quei vetri appannati che avvolsero il più bel
Capodanno che mai avevo vissuto finora.
Già, iniziava il nuovo
anno, il nuovo millennio e per la prima volta nella mia vita ordinaria
avevo fatto qualcosa di indimenticabile. Mi sentivo bene! Ci rivestimmo in
fretta più per paura di qualche impensabile curioso che per il freddo.
Stefania si ricompose i capelli dentro lo specchietto retrovisore.
IO: “Ci vuoi ancora andare a Firenze?” Cercai di
provocarla. LEI: “Manco per sogno!” Disse ed io
allora presi la bottiglia di spumante e la stappai. Brindammo all’anno
nuovo bevendo direttamente dalla bottiglia.
Ci baciammo di nuovo.
LEI: “Fai una cosa, torna indietro per questa stradina,
la mia casa ci aspetta.” Disse rovistando nella borsa. Un tocco di
rossetto ed era più bella di prima. Poi mi guardò intensamente spalancando
i suoi occhioni celeste intenso. LEI: “Sono pazza
vero?” IO: “Sei meravigliosa.” LEI:
“Sai qual è la cosa curiosa, tesoro? Che ti ho detto ti amo, ma non
conoscono ancora il tuo nome…” Rialzando i sedili dell’auto, ma ancora
dentro quel bellissimo sogno risposi. IO: “Mi chiamo
Anna.” |
Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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