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Adamo Bencivenga
La Pesca
Foto Anna Koudella
Il Conte Ranieri di Villalta se ne andò nel sonno
durante una notte piovosa di fine Novembre, nessuno
seppe mai la vera causa della sua morte, anche se in
paese pare si vociferasse che fosse morto d’infarto, di
notte sì, ma non nel sonno. Comunque era morto di cause
naturali e quindi nessuno si prese la briga di scoprire
veramente il vero motivo del decesso e magari di
chiedere a Giorgina, la cameriera bionda tutto fare di
Palazzo Ranieri Villalta, oppure ad Isabella del Bon, la
moglie di suo fratello o anche alla vedova Renata
Prestigiacomo, prima moglie del Conte e titolare
dell’unica farmacia di Villalta.
Comunque se ne
andò a soli 57 anni e fu così che la giovane contessa
Aurelia Ranieri di Villalta, sposa di secondo letto del
Conte, rimase vedova e i due figli minorenni, avuti dal
Conte dalla prima moglie, orfani di padre. Per la bella
e giovane Contessa non fu una grave perdita soprattutto
per il fatto che quell’unione, voluta fortemente dai
propri genitori, era solo di facciata e, per motivi a
noi ora sconosciuti, non si era mai consumata e la donna
all’insaputa di amici, paesani e parenti era
terribilmente ancora vergine.
Dicevamo, il Conte
Ranieri di Villalta se ne andò tra la disperazione di
circostanza di Aurelia e il lutto stretto che la donna
esibì sin nelle prime ore successive alla morte, ma,
come succede spesso in questi casi, le disgrazie vere
non vengono mai da sole. Il giorno seguente, infatti, la
giovane signora, con capello, veletta e un abito lungo
fino ai piedi, rigorosamente nero, ma straordinariamente
sensuale, attraversò la piazza del paese tra gli sguardi
curiosi dei paesani e si recò nel prestigioso studio
notarile del dottor Piscopo Spaziani, figlio del più
noto Vincenzo ormai in pensione.
Dal notaio in
persona la Contessa Aurelia seppe che le casse di
famiglia dei Ranieri di Villalta erano state prosciugate
da tempo e ora penosamente vuote, come seppe che la
vigna dove si produceva il famoso vino Rosso di Villalta
era stata ceduta l’anno precedente ad una grossa azienda
del nord e il Palazzo, dove attualmente risiedeva con
tutta la famiglia, minacciava di essere pignorato da
un’ingiunzione di pagamento di lì a qualche settimana.
La bella giovane ed elegante Contessa, durante quel
colloquio, seppe anche che il Conte, dedito ai vizi di
gioco e notoriamente sciupafemmine, per mantenere quel
tenore di vita e ovviamente le sue tanti amanti, aveva
anche accumulato ingenti debiti, che ora gravavano
interamente sulle sue fragili spalle! Il notaio
Spaziani, partecipe di quel dolore si alzò dalla sedia e
facendo il giro della scrivania baciò la mano alla
donna. Poi disse: “Rispetto il vostro lutto, ma ora
tutti in paese si chiederanno il motivo… E noi ora non
abbiamo tempo da perdere…” “Voi sapete bene che non
potevo esimermi.” Disse la donna leggermente scossa.
“Prima che i creditori vengano a conoscenza della morte
di vostro marito ed intraprendano le vie legali, vi
consiglio vivamente di contattare ciascuno di loro ed
addivenire ad una transazione amichevole che possa
soddisfare entrambe le parti. Se volete me ne occupo
personalmente…” Aurelia al limite del mancamento non
proferì parola e si affidò al giovane notaio il quale
stringendo ancora quella mano le sussurrò: “Siete
davvero una donna incantevole! Vedrete sistemeremo tutto
nel migliore dei modi!” Aurelia, affrettandosi a
togliere la mano, lo fissò negli occhi: “Mi affido
totalmente al vostro buon senso.” Disse pensando
tuttavia che a quel punto, per salvare almeno il
palazzo, era necessario vendere la casa sul mare di
Racalbuto e le mille piante di olivi a Reggia. Poi in
alternativa passò in rassegna la mobilia antica,
l’argenteria, i suoi gioielli personali, gli abiti
firmati e i diversi visoni nel suo armadio. Così
fece!
Prima che si svolgessero i solenni funerali
la bella contessa, non perdendo tempo e con l’aiuto del
notaio, riuscì a contattare tutti i creditori, ma
purtroppo si rese conto fin da subito che i debiti del
compianto Conte erano di gran lunga superiori ai suoi
rimanenti averi e che la casa sul mare e i mille olivi
essendo intestati ai figli del Conte purtroppo non
potevano essere oggetto di compravendita.
Dicevamo, la giovane e bella Aurelia e ora anche vedova,
era sempre stata una preda molto appetitosa in paese
tanto che il matrimonio con il vecchio Conte aveva
destato non pochi malumori e una miriade di chiacchiere
maliziose per via dell’enorme differenza di età. Durante
quei colloqui, qualcuno ovviamente non perse tempo e,
nonostante lei fosse nel periodo di lutto stretto,
approfittò della situazione. Ovviamente la bella Aurelia
rifiutò sdegnata quelle avances dicendo solennemente che
si sarebbe rialzata dalla polvere facendo leva sulle
proprie forze e su quelle della sua famiglia che
l’avrebbe sicuramente aiutata. Ma non fu così! Quando
si accorse di non riuscire a pagare la retta di scuola
della sua figliastra Giulia dovette scendere a
compromessi. Nonostante il suo rango licenziò le due
inservienti del Palazzo, mise in vendita l’elegante e
lussuosa Isotta-Fraschini nera, e si abbassò a cercare
lavoro sfruttando la sua laurea in psicologia, fece
qualche colloquio in città, finché si rese conto che
qualsiasi retribuzione non avrebbe ricompensato i suoi
sforzi.
Dicevamo la contessa Aurelia per il suo
aspetto regale e la sua sublime bellezza era stata
sempre considerata in paese una preda appetitosa e a
questa regola non sfuggì il giovane notaio, il quale,
quando lei tornò nel suo studio chiedendo di nuovo il
suo aiuto, non mancò di prendersi a cuore le pene della
signora, ma, viste le sue finanze di giovane notaio,
l’unica soluzione che riuscì a consigliarle fu quella di
prendere sul serio quelle avances: “Contessa, sarò
sincero con voi, siete una incantevole donna e mi
rammarica dirvi che non vi sarà difficile trovare un
pretendente. Sarebbe sufficiente spargere la voce per
avere la coda di facoltosi scapoli sotto il vostro
portone.” Poi continuò: “Del resto, non avendo altri
possedimenti, la vostra bellezza è un bene decisamente
prezioso da non sottovalutare!” Così dicendo, come
aveva fatto nel loro primo incontro, si alzò di nuovo
dalla sua sedia, di nuovo fece il giro della scrivania,
di nuovo prese la mano della signora e la strinse forte
contro il suo petto. Questa volta la donna non si
affrettò a toglierla e il notaio ancora più
intraprendente portò quella mano alla sua bocca
baciandola con discrezione. La donna a quel punto
disse: “Voi siete un uomo molto caro e vi ringrazio per
non avermi fatto mancare, in questi giorni per me molto
tristi, il vostro affetto.” “Non mancherò di essere
al vostro fianco nella sventura e nel piacere.” Disse
lui scegliendo tatticamente di non affondare e tornare
alla sua scrivania.
La contessa a quel punto si
sistemò il cappello e abbassando la veletta disse: “So
che voi siete un uomo libero, ma so anche che la vostra
famiglia ha altri progetti per voi.” Lui di contro
senza scomporsi replicò: “Vedo che siete molto informata
sul mio conto, infatti non credo che la mia famiglia
approverebbe la mia unione in matrimonio con una donna,
anche se vedova, che abbia avuto già le proprie
esperienze.” Affatto non sorpresa dalla risposta la
donna con estremo pudore confessò: “Notaio voi siete
la prima persona a conoscere quello che sto per dirvi.”
“Dite…” Disse il notaio ansioso. “Dovete sapere che
quando tre anni fa sposai la buonanima del conte ero
ovviamente una ragazza illibata e nonostante il tempo
trascorso sono ancora integra come mi fece mia madre!”
A queste parole il notaio, che aveva già un’idea in
testa prese immediatamente la palla al balzo. “Mi
volete dire che siete ancora vergine?” La donna
annuì. “Questo mi lusinga, ma rimane il fatto che il
mio patrimonio non servirebbe a rendervi felice.” A
quel punto la donna, avendo già preso in considerazione
quella eventualità, replicò con estremo raziocinio:
“Anche se il buon Dio mi dovesse offrire la fortuna di
unirmi in matrimonio nuovamente, nessun pretendente di
questo paese, compreso voi purtroppo, godrebbe di un
patrimonio così sostanzioso da ripianare i debiti di mio
marito.”
Dopo quella confessione al notaio
Spaziani si aprirono diverse porte per risolvere il
caso. Evidentemente interessato e non solo alla bellezza
della donna disse: “Contessa Aurelia in effetti un solo
pretendente non risolleverebbe la vostra situazione per
cui ho pensato che, salvaguardando il vostro onore,
occorrerebbe sfruttare le potenzialità di almeno dieci
di loro.” La contessa Aurelia inorridita da quella
proposta chiese spiegazioni. Il notaio con calma
riprese: “Tenete conto che la vostra condizione di donna
illibata ci offre la possibilità di portare a buon fine
quello che avevo pensato per voi.” “Avete in mente un
piano?” Chiese la donna. “Non è un vero e proprio
piano, ma un modo per ottenere il denaro che vi serve da
tutti i pretendenti senza che voi dispensiate le vostre
grazie ad ognuno di loro. Naturalmente per la piena
riuscita voi dovreste confessare di essere ancora una
donna pura.” “Da che mondo è mondo non credo sia un
peccato confessare le proprie virtù!” Rispose la donna.
A quel punto il notaio con calma spiegò la sua idea e la
donna, pur con qualche remora, alla fine acconsentì di
essere il premio di una Grande Pesca.
Avuto il
consenso il notaio Spaziani si mise subito a lavoro,
lesse tutte le normative circa i giochi a premi e
lotterie fino a persuadersi che in fin dei conti non
fosse un’idea tanto bizzarra e soprattutto illegale, del
resto con il nome di pesca si intendeva un'estrazione di
una serie di premi numerati, in questo caso uno
soltanto, messo in palio, solitamente a scopo benefico.
Qui ebbe dei dubbi sullo scopo benefico, ma poi,
consultando altri testi, si convinse che solitamente le
pesche hanno luogo nelle feste e nelle sagre di paese
oltre che per scopo benefico anche per poter ripagare i
costi contratti per l’organizzazione della festa stessa.
Ecco questo era il punto! La pesca della Contessa
Villalta aveva lo stesso fine, ovvero ripagare dei
debiti! E per coprirsi totalmente le spalle da eventuali
denunce decise che di indire nel giorno dell’estrazione
una grande festa popolare.
Allora in poco tempo,
il giovane e stravagante notaio organizzò la Grande
Pesca nella quale la contessa sarebbe stata il premio
finale. Fece preparare una serie di locandine con
impresso il volto in bianco e nero della Contessa
Aurelia e le fece affiggere, il lunedì successivo, sulle
vetrine dei due bar principali del paese, della
farmacia, dell’ufficio postale e sul muro laterale della
cattedrale dedicata alla Madonna del Buon Consiglio. Il
passaparola fece il resto così che la sera stessa tutto
il paese era a conoscenza di quella particolare Pesca.
Il notaio stesso stese i termini del bando. I
partecipanti, maggiorenni, di sesso maschile, non
sposati, divorziati o vedovi dovevano essere un numero
non inferiore a dieci, pena l’annullamento della pesca
stessa, ed ognuno di loro per acquistare almeno un
biglietto avrebbe dovuto versare nelle mani dello stesso
notaio una somma di venti milioni di lire. Così facendo
alla scadenza del termine, fissato in una settimana, la
contessa avrebbe ricavato almeno duecento milioni di
lire, vale a dire un ammontare che le avrebbe permesso
di ripianare interamente il debito del Conte Ranieri di
Villalta. Il premio, scritto a chiare lettere sui
manifesti, dava diritto al vincitore di convolare a
nozze con la giovane contessa illibata e di fregiarsi
del titolo di Conte.
A quel punto il notaio
Spaziani convocò di nuovo la Contessa e le espose nei
dettagli il piano. “Dite che non ci saranno
impedimenti?” Disse Aurelia persuasa dalla ingente
somma. “Non chiedo altro che il vostro bene.” Rispose
lui. “Voi mi aiuterete vero?” “Sarò sempre al
vostro fianco Aurelia e se voi vorrete anche dopo
l’aggiudicazione del premio.” “Credo che questo non
sia possibile, a meno che anche voi non facciate parte
dei pretendenti.” “Sono stato sempre sfortunato al
gioco, ma spero con la vostra approvazione di meritare
un premio particolare, indipendentemente dal fortunato
vincitore.” L’allusione era evidente e chiara, ma
anche questa volta la donna decise di non dare seguito
all’allusione del notaio.
Come previsto dal
valente Piscopo Spaziani l’iniziativa ebbe un successo
così enorme che in soli tre giorni si raggiunse il
termine minimo dei partecipanti ed arrivò perfino
un’offerta, tramite vaglia telegrafico, da un ex paesano
che viveva in California. Per una settimana in paese non
si parlò d’altro. Tra i pretendenti che versarono ad
occhi chiusi la somma di venti milioni ci furono anche
l’ottantaquattrenne Don Lino Corleo, vedovo e boss del
mattone nella zona a sud di Villalta, e Salvo Olgiata,
il rampollo del famoso casato, appena diciottenne. A
quel bando non partecipò ovviamente il giovane notaio,
in quanto garante della pesca stessa.
In un
successivo colloquio privato con Aurelia il notaio tornò
all’attacco. Si dimostrò dispiaciuto sia per non avere i
requisiti necessari, ma anche perché era ancora in
attesa di una risposta e se tutto fosse andato per il
verso giusto, lei a breve si sarebbe sposata. Data la
circostanza la donna per etichetta non rispose
nuovamente, ma l’uomo, notando la sua punta di rossetto
più rossa del solito, si alzò dalla scrivania e confessò
più direttamente la sua passione. “Non voglio
perdervi Aurelia!” Disse pensando a quelle forme di
femmina intatta e a quei duecento milioni ben custoditi
nella cassaforte dello studio. “Per ricompensare i
vostri sforzi avevo pensato ad un dieci per cento della
somma finale.” Disse lei cercando di sviare. L’uomo
però non mostrò entusiasmo all’offerta: “È una cifra
notevole, ma vi prego di perdonarmi se avevo pensato ad
un premio d’altra natura.” La donna non si scompose:
“Oh mio caro notaio, ora è di pubblica opinione la mia
purezza. Non credo che voi vogliate l’annullamento della
lotteria!” Rimasero a fissarsi negli occhi finché lei
sollevò la veletta e lui a quel punto si sentì in dovere
di baciarla sulle labbra. Fu un attimo, poi lei
scostò il viso. “Vi amo!” Sussurrò a quel punto il
giovane notaio. “Vi prego, calmatevi, non siate
inopportuno… Del resto siete stato voi ad avere avuto
l’idea… Conoscendo la vostra arguzia ho sperato con
tutta me stessa di trovare il vostro nome tra i
pretendenti.” “Perdonatemi, ma non capisco...”
“Anche se dite di non essere fortunato nel gioco, quella
manina che estrarrà il biglietto vincente avrebbe potuto
essere guidata con la piena soddisfazione di entrambi...
Ora non credo che io possa tirarmi indietro, pena la
restituzione dei duecento milioni.” “Ovvio sì, il mio
ardore non vi costringerà mai a restituire quella
fortuna che avete meritato, ma quella manina, che voi
dite, potrebbe essere comunque guidata ed estrarre come
vincitore l’ottantaquattrenne Don Lino Corleo. A quel
punto dovremmo solo attendere che la natura faccia il
suo corso o in caso aiutarla.” La donna strinse i
suoi grandi occhi e chiese: “Voi sareste disposto ad
aspettare così tanto tempo?” “Il tempo potreste
deciderlo voi anche nel rispetto della natura…” “E
come potrei?” Disse la donna assumendo un’espressione
fintamente ingenua. “Far credere al vecchio che la
meta sia più vicina e poi ritrarvi, insomma la stessa
tecnica che avete usato con vostro marito.” “Prego?”
“Mia cara Aurelia, quando mi avete confessato il vostro
segreto e visto che per il concorso avrei dovuto
certificare la vostra purezza con il buon nome dello
studio, ho dovuto prendere delle informazioni nei vostri
riguardi. Ora so che non avete mai tollerato
l’imposizione dei vostri genitori per cui per ripicca
non vi siete mai concessa a vostro marito il quale, per
alleviare le pene di quel matrimonio bianco e
desiderandovi ardentemente, ha iniziato a frequentare in
modo ossessivo altre tavole non potendo desinare al
proprio desco.” La donna abbassò il capo e confermò i
fatti: “In parte è vero, ma non mi potete incolpare del
suo passaggio a miglior vita…” “Oh mia divina, mai lo
farei, ma avere in casa una donna così seducente e allo
stesso tempo inarrivabile, ha fatto sì che il desiderio
smodato del compianto Conte fosse ogni volta così tanto
insoddisfatto da accrescere oltre ogni limite vitale la
propria attività sessuale.” “E dunque?” “La sua
frenetica attività sessuale ripartita in tante amanti,
durante quei tre anni di matrimonio, lo ha così
debilitato al punto che, a detta del suo medico, il suo
cuore ne ha risentito fino ad arrestarsi.” “Orbene?”
“La mia speranza a questo punto è affidarmi totalmente
ai corsi e ricorsi storici e al vostro charme di donna
seducente ed istigatrice, per cui avendo suo marito
appena 57 anni e Don Lino 84 credo che i conti siano
pressoché fatti. Non credete?” La donna sorrise
maliziosamente e lui la baciò di nuovo. Poi la strinse a
sé cercando, con le sue mani piene di ardore, di farsi
strada tra la mezza dozzina di sottogonne di impalpabile
stoffa leggera che modellavano il suo vestito.
Aurelia lo fermò. “Le regole del gioco ci impongono
dei vincoli strettissimi, per cui per il rispetto dei
patti mi duole dirvi che non sarete il primo a cogliere
ciò che desiderate.” Così dicendo si mise il capello,
salutò il suo interlocutore, persuaso da quella
risposta, e uscì dalla stanza.
Il giorno
dell’estrazione, un sabato di fine dicembre, ci fu come
detto una grande festa in paese con tanto di mercanti di
bestiame venuti da tutta la regione, un circo e due
donne di dubbia moralità che il sindaco fece accomodare
poco fuori dal paese. La Contessa Aurelia in lutto
stretto e visibilmente affranta prese posto sul palco
vicino alla banda che intonò diversi brani di Vivaldi e
Mozart. I dieci pretendenti vestiti a festa si
accomodarono nelle prime file sotto il palco. Il notaio
rimase in piedi osservando la regolarità del gioco.
Per l’estrazione venne scelto il figlio del messo
comunale, cognato del notaio, il quale per una non
proprio modica cifra di mezzo milione di lire, diede
l’esatta istruzione al piccolo, ovvero di pescare
l’unico biglietto in carta lucida.
Arrivato il
momento fatidico venne invitato sul palco il piccolo
ovviamente bendato e la tensione salì così in alto che
in quel silenzio inquietante si potevano udire
chiaramente i respiri affannati dei partecipanti.
Accompagnato da un lungo rullo di tamburi il piccolo
fece il proprio dovere e una volta estratto il biglietto
vincente ovvero quello con impresso il nome di Don Lino
Corleo, il notaio in persona si prese la briga di urlare
al microfono il nome del vincitore e, ovviamente dopo
aver messo in tasca il biglietto vincente, di far
controllare ad ognuno dei pretendenti sconfitti gli
altri biglietti non scelti e rimasti miseramente nel
cappello. Constatata la regolarità del gioco fu
decretato solennemente il vincitore e il sindaco stesso
diede inizio ai divertimenti che durarono per tutto il
giorno e la domenica seguente.
Qualche giorno
dopo, come da istruzioni del notaio, la Contessa
Aurelia, in attesa delle pubblicazioni ed esibendo una
finta esecuzione di sfratto, redatta dal notaio stesso,
si stabilì, insieme ai due rampolli Villalta nella villa
di Don Lino Corleo. Anche se giudicò insolito quel
trascolo il vecchio fu ben contento di ospitare nella
sua casa, prima del tempo, la sua futura sposa giurando
sul suo onore e sulla memoria di sua moglie morta che
avrebbe rispettato la donna ed aspettato il tempo
necessario per la prima consumazione. Ma si sa che in
amore i giuramenti valgono quanto l’acqua del fiume che
scorre e infatti, come previsto, dopo qualche giorno di
convivenza l’ex boss del mattone divenne impaziente
tanto da confessare il suo desiderio impellente, ovvero
che non avrebbe disdegnato di constatare fattivamente la
purezza della sua futura moglie prima delle nozze.
Per Aurelia quelle parole furono pane per i suoi denti e
come da istruzioni ricevute, da un lato oppose le dovute
resistenze, facendo opera di convinzione, ma dall’altro,
affinando la sua arte di seduzione, cedette lascivamente
ad ogni tipo di effusione purché superficiale. Maestra
in quell’arte e visto il precedente col suo compianto
marito non le fu difficile provocare il malcapitato
promesso sposo che per burla della sorte rimase
ineluttabilmente tale.
Come preteso da Aurelia i
due dormivano in stanze separate, ma sin dalla mattina,
durante la prima colazione, l’illibata Aurelia si faceva
trovare in finissima lingerie puntando con maestria sul
vedo e non vedo delle sue belle gambe ancora intatte e
del suo seno molto generoso. Ci fu anche una volta,
durante una cena nella grande sala a lume di candela,
che incidentalmente, ma non sappiamo quanto accidentale,
la bretellina del vestito di Aurelia cedette magicamente
lasciando alla vista del vecchio un bel seno generoso e
desideroso solo di carezze e baci. Lei confessò il
suo ardore e il povero Don Lino, non resistendo a tanta
seduzione, ma non potendo per il giuramento fatto
approfittare della futura consorte, iniziò ad essere
schiavo del suo stesso desiderio e nonostante l’età
avanzata si lasciò andare agli istinti più bassi
prontamente soddisfatti più volte al giorno dalla
incantevole Aurelia, ovviamente rispettando la parola
data da entrambi, ovvero senza usare le parti del corpo
che avrebbero compromesso la sua illibatezza fino al
giorno delle nozze.
Quel gioco divenne così
assiduo che dopo appena una settimana il malcapitato
boss si allettò iniziando così ad accusare gli sforzi di
quella frenetica attività. La meta ormai era così vicina
che nonostante le avvertenze del medico, accorso al
capezzale del vecchio, Aurelia continuò imperterrita a
portare avanti la sua missione. Con il futuro sposo in
quelle condizioni e quindi non più in grado di
minacciare il suo onore, ormai si mostrava nuda ai suoi
occhi senza alcun pudore e senza più bisogno di
pretesti. Passava le ore seduta sul bordo del letto del
povero Don Lino stimolando e appagando il suo desiderio
ormai molle ed esausto e mostrando svenevolmente i suoi
fianchi e la rosa che di lì a breve il vecchio
illudendosi avrebbe colto. Dopo tre giorni di letto
assoluto e alla vigilia del matrimonio l’uomo, sfinito
dal piacere dei seni e della bocca calda di Aurelia,
esalò l’ultimo gemito di piacere e di vita.
Dopo
i solenni funerali il notaio invitò Aurelia nel suo
studio. Ormai impaziente e lontana dal vincolo imposto
dalla Pesca consegnò alla donna l’ammontare della Pesca
detratta la percentuale a lui spettante e ne contempo
cercò di riscuotere il suo premio in natura. Sicuro
di cogliere quella rosa ancora intatta, si avventò con
passione sulla donna, costringendola a indietreggiare.
“Notaio! Vi prego calmatevi!” Urlò la donna. “Ho
aspettato tutto questo tempo ed ora è arrivato il
momento di riscuotere il giusto compenso.” Disse lui in
preda al desiderio. La Contessa con le spalle al muro
lo respinse nuovamente: “Mio caro notaio, vi prego
ragionate. Il vostro premio può ancora aspettare perché
ho in serbo un premio ancora più grande per voi.”
“Non c’è premio più grande di quello che vedo!” “Da
questa somma avete detratto il vostro onorario vero?
“Sì certo, come da vostra gentile offerta, mi sono
permesso di…” “Tranquillo avete fatto benissimo!”
L’uomo tornò all’attacco. “Calmatevi vi dico… Proprio
ora che abbiamo trovato il modo per diventare ricchi
volete rovinare tutto?” Confuso il notaio chiese
spiegazioni. “Ho pensato che pagati i debiti mi
resterà poco per vivere e per mantenere i miei due
figli, per cui, visto che la prima pesca è andata
benissimo con soddisfazione di entrambi, non vedo
perché, sventolando di nuovo il vessillo della purezza,
non possa andare bene anche la seconda… e semmai una
terza…” L’uomo non rispose. “Non siate impaziente.
Non ritirando il premio ora potreste vincerne uno più
sostanzioso…” Così dicendo abbassò la veletta e lo
salutò con un bacio sulla guancia: “Fatemi sapere…”
Disse chiudendo la porta...
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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