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Adamo Bencivenga
La Sposa Legittima
Photo Tatiana
Mercalova
...
..“Buon Tempo a tutti, sono la Sposa Legittima!” Disse la signora con la
pelle color madreperla e i capelli ricci e rossi, mozzati alle spalle come
il Fante di Coppe. Portava una blusa verde di mela e un cappellino
d’organza per civetteria. “Salve!” Disse ancora entrando nella grande sala
di banchetti stracolma di convitati nella villa sul Colle Pizzuto Antico
del Conte Maniscalco Ludovici.
“Salve!” Disse, tra lo stupore dei
37 Cavalieri attorno alla Tavola e delle 36 Dame Devote della Compagnia in
piedi. Nessuno parlò, i guanti bianchi del Maggiordomo ebbero un leggero
tremore e solo un fitto brusio accompagnò il terzo salve della Sposa
Legittima lungo come lo strascico bianco della Sposa Abusiva a fianco del
Conte Maniscalco. Erano passati ventitré giorni tra danze e canti,
divertimenti e pranzi sontuosi e ne mancavano ancora sette prima del
fatidico sì.
“Salve!” Disse ancora la Sposa Legittima, poggiando
sul pavimento di legno le due pesanti valigie cariche dell’occorrente per
il giorno fatidico. Solo a quel punto il Paggio Nano spostò la sedia
dorata di un nauseante finto barocco e il Conte in persona si avvicinò
alla Sposa Legittima porgendole, come da prassi, un fiore di benvenuto e
una caraffa d’acqua di limone e gelsomino. Poi chiedendo alla sala un
silenzio solenne con un inchino abbozzato le baciò la mano e la pregò di
unirsi ai convitati.
La Sposa Legittima intinse le sue mani
nell’acqua e poi disse: “Buon Tempo a tutti!” Poi, avanzando con
un’andatura regale nella Sala degli Arazzi fece il giro della tavola e
porse a tutti gli uomini il dorso candido della sua mano destra. A quel
punto si alzarono tutti in piedi ed ognuno di loro attese il proprio
momento, poi con fare cerimonioso ciascuno di loro accostò le labbra su
quel dorso profumato di limone e gelsomino. Finito il giro della tavola il
Conte Maniscalco Ludovici la pregò di accomodarsi alla sua sinistra. Il
Paggio Nano scostò leggermente la sedia. “Salve.” Disse allora lei
guardando il profilo irregolare e borghese della Sposa Abusiva.
Quest’ultima non la degnò di uno sguardo, continuò a guardare fissa
davanti a sé e pronunciando a denti stretti la solita frase di rito:
“Benvenuta nella grazie del signore, Madonna Promessa!”
La Sposa
Legittima non si perse d’animo e disse ancora: “Salve!” Iniziando a
raccontare il suo lungo viaggio durato diciotto giorni in più del previsto
e senza per altro poter avvisare lo sposo e i parenti più stretti. Era
così passato tanto tempo che ognuno dei presenti non avrebbe per nulla al
mondo immaginato quell’entrata. Così tanto che anche lo sposo, dopo aver
atteso a lungo decise con suo immenso rammarico di sostituirla con una
delle donne presenti. Del resto la cerimonia, che durava in tutto un arco
di luna, non era possibile rimandarla in alcun modo. Suo padre era morto
esattamente il 12 Maggio per cui un’antica legge del Contado recitava che
l’erede diretto celibe doveva obbligatoriamente convolare a nozze
tassativamente entro un mese, pena la decadenza di ogni bene. Lui la
scelse tra le 37 Dame Invitate perché nessun’altra donna del Contado
avrebbe avuto diritto a quel privilegio. Lui la scelse perché in qualche
modo somigliava alla descrizione che suo padre gli aveva fatto prima di
morire della Sposa Legittima. Aveva i capelli lunghi, rossi e ricci
mozzati alle spalle come il Fante di Coppe. E spesso portava, quando era
invitata a Castello, una blusa verde di mela e un cappellino d’organza per
civetteria.
“Salve!” Disse ancora la Sposa Legittima iniziando a
bere brodo caldo di interiora di pollo. A quel punto i commensali
ripresero i loro cucchiai e rumorosamente seguirono la sposa. Lei rivolse
allora due parole di commiato per il suo futuro Suocero Legittimo morto,
ma non celando un ghigno di soddisfazione per essere arrivata in tempo per
la cerimonia. Mancavano ancora sette giorni, ma nulla e nessun destino
avrebbe potuto impedire quel matrimonio. Ricordava ancora quando
esattamente tre settimane orsono un cavaliere servente le comunicò la
brutta notizia della morte del Conte Vecchio e la bella notizia che il
pregiatissimo figlio Conte Maniscalco l’aveva chiesta in sposa.
Lei
conosceva a memoria le Regole del Contado e quindi sapeva benissimo e che
dal giorno successivo sarebbero iniziati i festeggiamenti per un mese
intero. Tra le raccomandazioni del padre e le lacrime della madre, la
Sposa Legittima si mise in cammino al vespro del giorno stesso in modo che
all’alba dei tre giorni seguenti potesse fare la sua trionfale entrata a
Colle Pizzuto Antico. Ma il destino fu inclemente con lei e la notte
stessa iniziò a piovere e dopo la pioggia la tempesta, e dopo la tempesta
l’uragano e la tormenta che invasero le terre rendendole fanghiglia. Lei,
nella prospettiva di unirsi in matrimonio con un rampollo Ludovici non si
diede per vinta e quindi insieme alla sua servitù decise di non tornare
indietro e continuare quel viaggio prendendo la strada impervia per il
Castello del suo futuro sposo Maniscalco.
“Salve!” Disse ancora
raccontando i tristi dettagli dell’esatto momento quando la carrozza si
rivoltò e il suo valente Aiuto Cocchiere perse la vita inghiottito da
quella fanghiglia. Per fortuna gli Dei Buoni l’aiutarono e nel giro di
un’ora trovò ricovero presso dei contadini. Piovve per 17 giorni
consecutivi e nessuno trovò modo di uscire da quella casa per riprendere
il cammino o quanto meno per avvertire il futuro sposo. Passò giorni di
malattia e d’ansia contando ad uno ad uno, in assenza dei soli e delle
lune, gli spiragli lucenti dell’alba e tutte le volte che le merle
trovavano posto sull’albero di fico finché una mattina il sole squarciò il
cielo e i figli del contadino rimisero in piedi alla buona la sua carrozza
malandata.
“Salve!” Disse la sposa, ora che il suo posto era
accanto allo sposo, ma dopo un attimo di smarrimento il Tutore Etico
vedendo le due spose sedute ai lati dello Sposo oppose le sue riserve. In
effetti la legge non consentiva in alcun modo al Conte di sposare due
Promesse, né contemporaneamente e men che meno ciascuna progressivamente.
Il problema sorse in tutta la sua gravità quando il vecchio giureconsulto
comunicò che entrambi le spose, essendo promesse, avendo entrambe giurato,
avevano diritto all’unione e nessuna delle due poteva essere ripudiata dal
Conte, cosa che si sarebbe puntualmente creata se il Conte stesso avesse
scelto e sposato una delle due.
“Salve!” Disse la donna al
giurista. “A quanto pare io non sono più la Sposa Legittima!” La risposta
del togato non si fece attendere ribadendo il concetto che, vista la
particolarità della situazione, la legittimità alla sposa veniva conferita
alla sposa dall’interpretazione della legge e non dalla legge stessa e che
comunque sia, per comodità del racconto, le sarebbe stata conferita la
nomina di Sposa Legittima.
“E se una delle due rinunciasse?” Chiese
ancora la Sposa Legittima. Ecco questo era il punto! La cerimonia avrebbe
potuto proseguire solo se una delle due spose promesse si fosse dichiarata
decaduta dal ruolo. Lo Sposo trasalì guardandole entrambe prima con
l’occhio destro e poi col sinistro. In effetti erano belle tutte e due,
perché somiglianti, perché avevano un seno generoso e capiente come tutte
le mucche del suo Contado, perché giovani e vergini, perché dal canto
proprio immaginava già quel corpo candido, di chiunque fosse stato, sotto
la sua irruente passione, anche se, pensò sollevando la caraffa di vino
rosso, mancassero ancora ben sette giorni all’evento.
A quel punto
le spose si guardarono intensamente negli occhi in cerca di una soluzione
che salvaguardasse entrambe, ma era abbastanza ovvio che nessuna delle due
avrebbe in alcun modo rinunciato volontariamente al privilegio, per cui fu
deciso di scegliere la sposa attraverso una sfida. C’è chi propose
l’uncinetto, chi il ricamo, chi gli scacchi, chi addirittura il gioco
delle biglie o della pallacorda, chi dell’agnello ripieno di mandorle ed
uvetta, chi delle carte. Alla fine i convitati decisero per il gioco dei
dadi essendo esso stesso un gioco di fortuna e non di abilità e quindi non
avrebbe necessariamente favorito alcuna.
Benché non fosse stata
chiesta alcuna approvazione da parte delle due donne, la Sposa Legittima
disse “Salve!” felice di affidarsi al volere degli Dei. La Sposa Abusiva
invece rimase muta confidando nella sorte benevola proprio nel mentre il
Conte agitò il pesante campanello di bronzo e chiamò i servi affinché
sparecchiassero la tavola e il Tutore Etico lesse le regole del gioco
dando di fatto il via alla sfida. Il gioco consisteva in tre tiri da
due dadi ciascuno. Entrambi i dadi dovevano essere lanciati con una sola
mano. Ciascun dado aveva sei facce raffiguranti il re, il principe, il
duca, il marchese, il conte e il barone. Il punto si acquisiva quando
entrambe le facce dei dadi lanciati contemporaneamente nello stesso lancio
riportavano la stessa figura. In caso di parità nello stesso lancio il
punto sarebbe stato assegnato alla figura nobiliare più importante.
“Salve!” Disse la Sposa Legittima quando tirò per prima i dati al
centro della tavola e, fatto incredibile, da ambedue i dadi venne fuori la
figura del Conte. Lei si lasciò andare a tre salti di gioia e un sorriso
piuttosto evidente. Poi venne il turno della sposa abusiva, ma vennero
fuori due figure diverse. Così come per entrambe il secondo turno. Al
terzo e ultimo turno invece i dadi della Sposa Legittima riportarono un re
e un marchese, ma lei non si perse d’animo ormai sicura di vincere. Poi
venne la volta della Sposa Abusiva la quale visibilmente emozionata lanciò
i dadi in maniera maldestra. Uno finì regolarmente sul tavolo mentre
l’altro cadde rovinosamente a terra. Ma il fatto incredibile fu che
entrambe le facce riportarono incredibilmente la figura del Conte.
Tutti si chiesero se il lancio fosse valido, tutti avevano opinioni
diverse e disparate. A quel punto intervenne il Tutore Etico il quale,
letto il regolamento, decretò il lancio non valido assegnando pur con
qualche dubbio la vittoria alla Sposa Legittima. I convitati a quel punto
si ribellarono chiedendo di considerare il lancio valido o in subordine di
concedere alla sposa abusiva un’altra prova. Essendo materia degli uomini
le spose e le 37 dame rimasero in religiosa attesa.
Ci furono
dieci minuti di trambusto. Le due Spose Promesse uscirono dalla sala e
furono fatte accomodare nella Sala della Biblioteca. Si guardarono ancora
negli occhi, erano così somiglianti che entrambe, credendo di avere di
fronte uno specchio, ritennero di essere uniche e quindi di vantare il
sacrosanto diritto di essere scelte. Intanto nella sala degli Arazzi tutti
furono concordi con il fatto che il destino bizzarro avesse per entrambi i
dadi delle spose fatto uscire la figura del Conte e che in qualche modo
anche la sposa perdente avrebbe dovuto essere ripagata. Rilessero più
volte i libri, fu convocato in fretta un consulto scientifico e alla fine
presero la Decisione Inappellabile.
Le spose rientrarono proprio
nel momento in cui venne deciso che il Conte Maniscalco Ludovici sarebbe
convolato a nozze con la Sposa Legittima e per premiare la devozione
dell’altra, fu concesso al Signor Conte, una volta a settimana, di
frequentare il talamo della Sposa Abusiva, ripagando quest’ultima con un
appartamento nell’ala più alta del castello, una propria servitù, una
carrozza con quattro cavalli e una congrua rendita. Fu deciso inoltre che
eventuali figli nati dall’irruente passione del Conte sarebbero stati
considerati tutti legittimi eredi, senza alcuna distinzione di talamo. Da
quel giorno a Colle Pizzuto venne formalmente istituita la figura della
Sposa Abusiva e tutti vissero felici e contenti.
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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