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I ROMANZI DI ADAMO
BENCIVENGA 
LA VERGINE DI
ISTANBUL
CAPITOLO V
La dolce Ayla
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Il belga ora è fuori dal locale. Più che
spazientito sembra rassegnato. L’uomo nero gli offre una
sigaretta: “Tutto bene, monsieur?” “Bene grazie.”
“Come le avevo detto l’ungherese è la più ricercata, ci
sarà un motivo no?” I due accendono la sigaretta
contemporaneamente. “Ma secondo lei è davvero
vergine?” Florentin lo guarda dritto negli occhi. La
rivelazione dell’uomo lo ha reso alquanto curioso.
Vorrebbe almeno sapere quanto sia attendibile la
notizia. “Le pare strano?” L’uomo sfodera un sorriso
ammiccante. “Direi insolito più che altro…” “Beh
monsieur io non ho avuto modo di verificare e se lo
avessi fatto ora non lo sarebbe più.” “Già.” Dice
Florentin, pentito per quella domanda troppo
confidenziale. Tutto ad un tratto non ha più voglia di
intrattenersi a conversare. Solleva il suo cappello e lo
saluta. “Buonanotte monsieur, torni a trovarci
presto, le ungheresi si stancano ad aspettare.” Dice
l’uomo ricambiando il saluto.
Ora il belga guarda
l’orologio. Sono le dieci e venti di sera. Per un uomo
come lui è sicuramente presto, ma potrebbe essere l’ora
per tornare tranquillamente a casa e riposarsi se le sue
aspettative fossero state in qualche modo ripagate. Non
si sente stanco e non vuole che la serata si concluda
miseramente così. Ha l’amaro in bocca e i pensieri
confusi, ma è deciso a fare quattro passi. Ora non piove
e la temperatura è gradevole. Sa che in fondo a
quella strada ci sono dei localini molto accogliente. No
no niente donne! Solo qualcosa da mettere sotto i denti.
Poi pensa ad Ayla e allora, senza pensarci due volte,
cerca una cabina telefonica. La trova in fondo al
vicolo. Chiama. Ovvero chiama Omar, ma risponde Ayla:
“Si è addormentato sul tavolo. Lo senti? Sta russando?”
Ayla ride e avvicina la cornetta in modo che Florentin
ascolti chiaramente. “Dove sei stato? Hai cenato?” La
sua voce ha un velo di apprensione, ma anche di
contentezza. “Ho avuto un lavoro urgente da sbrigare.
Poi sono andato in un locale, non ho mangiato, ma credo
di aver bevuto troppo champagne. Se vuoi posso venire
ora…” “Dai allora sbrigati. Prendi un taxi, intanto
preparo qualcosa, ho dei buonissimi falafel in caldo, ti
piacciono?” Ayla non conosce bene la lingua e parla un
misto di turco, arabo e francese, un miscuglio
improbabile che la rende decisamente affascinante, ma
anche dura in certi momenti. “Dai corri, ti
aspetto.” “Ok arrivo.”
*****
Dieci minuti dopo ed è già in casa di Omar. Il turco non
si è mosso da quella posizione. Sta dormendo e russando
beatamente sul tavolo della cucina, con la testa tra i
piatti e i bicchieri. Lui è un musulmano atipico e non
disdegna durante la cena un buon bicchiere di vino
rosso, ma non essendo abituato s’addormenta di colpo
come se perdesse conoscenza. “Florentin, mi aiuti a
portarlo a letto? Se lo sveglio io s’arrabbia.” Ma il
belga ha altre idee: “No, no, non svegliarlo, lasciamolo
dormire lì.” E mentre lo dice l’abbraccia e poi la
bacia. “Sai di vino, hai bevuto molto vero?” “Beh
un po’.” “Non vuoi mangiare qualcosa?” Lui non
risponde e la guida verso la stanza. Vista da dietro
Ayla non sembra incinta, allora lui le accarezza i
capelli e le bacia il collo. Poi la fa entrare e lascia
che la porta rimanga socchiusa in modo che se Omar
dovesse smettere di russare lui sgattaiolerebbe subito
dalla stanza.
Lei si siede sul letto, lo guarda
negli occhi e sospirando dice: “La tua amica stasera era
indisposta?” “Ma che dici Ayla, io non ho amiche.”
“Non ti credo.” “È stata una cena di lavoro.” “È
bionda? Belga come te?” Ayla insiste. “Ripeto non è
una amica e anche lo fosse, ora non sarebbe il momento
di parlarne.” Florentin come al solito rimane sul vago
perché sa che quella è l’unica difesa, ossia dire e non
dire, dire e mentire, dire e ritrarre. Intanto si è
avvicinato. Ayla non è affatto convinta, ma lo
lascia fare e allora lui rimanendo in piedi le prende il
viso con due mani e lo avvicina al suo piacere. Lo
accarezza sì, le sussurra che è bella, ma in realtà
vuole solo una cosa. Qui non ci sono preliminari, del
resto lui è qui per questo, è qui perché la sua serata
non è andata come aveva previsto. Lei capisce le sue
intenzioni e obbedisce. Seduta sul bordo del letto sa
cosa deve fare. Non si fa pregare Ayla, sinora non si è
mai fatta pregare. Sa che un uomo quando chiede non ha
tradito, ma se lei si rifiutasse potrebbe farlo un
attimo dopo. Per cui avvicina la sua bocca dove ora
Florentin avrebbe voluto altre labbra. Ovvio, lui sa
che per avere quelle altre labbra dovrà faticare molto,
ma confida nel destino e al momento si accontenta.
Eccolo! Ora ha chiuso gli occhi, ha un ghigno contratto
tra dolore e piacere. I suoi pantaloni ora sono
leggermente abbassati, per non cadere si aggrappa alla
testa della ragazza. Il movimento della bocca di
Ayla invece è armonioso, sembra un pentagramma di una
melodia antica e dolce. Lei ora ha preso il ritmo
giusto, adatto ad un uomo che ha solo voglia di arrivare
al dunque senza strappi o rallentamenti. E Florentin si
adagia a quel ritmo, anzi, come un maestro d’orchestra,
ora è lui a dirigerla con le mani strette sulla sua
testa. Forse sarà la presenza di Omar nell’altra
stanza, forse le labbra di Ayla, forse la bella Klàra
ora impegnata con un altro cliente, forse la canzone dei
Platters che ripete a memoria parola per parola… Forse
sarà tutto questo o solo la sua immaginazione che
confonde quelle labbra con quelle di Klàra quando dopo
qualche attimo o forse qualcosa di meno Florentin
esplode con tutto se stesso in quella bocca capiente e
morbida come una culla. Ovviamente non può gridare, ma
le sue mani stringono la testa di Ayla come fossero uno
strillo muto, come per ringraziarla e lei di contro
rimane ferma e immobile accogliendo quel piacere caldo
come fosse un dovere.
Poi un attimo di silenzio,
riempito dai dubbi che ora riempiono le due teste.
Quella del belga, che finito il piacere, sente il sapore
acre del tradimento, quella di Ayla consapevole di
essere brava, ma allo stesso tempo inutile. Ora lei è
già in piedi. Il suo senso pratico è più forte di
qualsiasi sentimento. Si pulisce la bocca con il dorso
della mano: “Dai apri la porta, non vorrei che facesse
finta di russare…” Lui sta ancora barcollando, ma
ubbidisce: “Sì vero, sarebbe una tragedia... Non vorrei
mai deluderlo…” “Che faccia tosta! Ma come fai a dire
queste cose? Se davvero ti premesse la sua amicizia…”
Ayla si blocca. “Secondo te, per rispetto, non
avremmo mai dovuto iniziare? “Non ho detto questo…”
“Tu mi piaci…” “Non significa nulla, tu stasera sei
venuto qui con una sola idea in testa. Ti ho sentito
sai, non mentirmi. C’è un’altra donna, lo sento, e
stasera ti ha dato buca.” La sua voce è insolitamente
decisa e tagliente. Lui continua ad essere evasivo,
ma il suo atteggiamento è quasi una conferma per Ayla.
“Non mi hai mai parlato di altre donne, non ti facevo
gelosa…” Dice lui per aggirare l’ostacolo e prendere
tempo. “Proprio stasera a cena abbiamo parlato di te,
ed Omar ridendo mi ha detto che avevi un appuntamento
galante.” “Ma è fuori di testa Omar?” “Si forse
scherzava, ma non ci vedo nulla di male se tu avessi
qualche altra relazione.” Poi cambia tono, la sua voce
diventa più rilassante: “Sei un bell’uomo, chissà quante
ragazze di Istanbul ti fanno la corte!” “Non
esagerare ora!”
“Tranquillo, a me puoi dirlo. Del
resto non mi devi niente, figuriamoci la fedeltà!” Ayla
si guarda allo specchio: “In queste condizioni, lo so di
non essere una donna affascinante. Ormai però manca
poco. Vedrai come tornerò bella e sensuale…” “Cosa
intendi dire?” “Dopo aver partorito penserò a me
stessa, mi concentrerò sul da farsi e su cosa voglio
davvero nella vita.” “Stai pensando di tornare a
Beirut?” “Neanche morta! Mi mancano i miei, sì,
tanto, ma non posso tornare. Lì mi aspetta l’inferno, un
matrimonio non voluto ed io non amo quell’uomo. Dovrei
dimostrare di non avere avuto un figlio per non
sposarlo. Chissà forse potrei anche aver abortito e non
aver detto nulla ai miei.” Ayle qui si interrompe di
colpo, ma i suoi pensieri continuano a girare nella sua
testa. “Ayla, ma che dici?” “Niente Florentin… di
preciso non so cosa farò, il mio desiderio è andare in
Europa, lo sai. Ho una parente, la figlia di una cugina
di mia madre, che studia alla Sorbona a Parigi. È
piuttosto benestante e potrebbe ospitarmi per un po’.
Ecco potrei andare lì, dopo un periodo di assestamento
potrei riprendere gli studi e intanto cercarmi un
lavoro. Oppure chissà. Qui di sicuro non rimango, mi
soffoca stare sempre in casa e mi terrorizza l’idea che
Said sa che sono a Istanbul. “E Omar?” “Omar è un
brav’uomo. Lui sa che non resterò qui.” Si ferma un
attimo e poi riprende: “Vivrei qui ad una sola
condizione… quella di stare insieme a te… ma tu non mi
vuoi…” “Oh Ayla sei dolcissima, ma non avrei nulla
da offrirti. Comunque non è questo il momento…” “Per
te, quando ti devi svelare e prendere una decisione, non
è mai il momento, ma ricordati che tu sei il cavaliere
biondo che compariva sempre nei miei tarocchi, sei
dolce, poeta, hai tante qualità. Sei l’uomo del mio
destino, ma sei anche quello che rimanda, sei il tipico
occidentale che si lascia guidare dagli eventi e non
prende decisioni.” “Non mi descrivere per quello che
non sono. Sto solo dicendo che al momento non posso
impegnarmi, con te è una cosa seria e forse io ho ancora
bisogno di giocare.” “Alla tua età?” “Mi vedi
vecchio vero?” “Con lei ci giochi bene?”
“Ascoltami Ayla non c’è nessuna lei al momento. Perché
non mi credi? Penso solo al lavoro, a come farmi una
vita. Quando i miei hanno deciso di tagliarmi i viveri
non avevo né arte e né parte, mi sentivo un rifiutato e
addossavo a mio padre colpe che erano solo mie. A quel
punto ho iniziato a girare il mondo senza un futuro
preciso. Pensa che alla mia età ancora non ho un lavoro
fisso!” Ayla ora non lo sta ascoltando: “Pensa che
con te risolverei anche il problema del bambino…”
“Perché è un problema?” “Se decido di partire sì.
Come faccio a passare le frontiere? Come faccio a
giustificare un bambino appena nato e dimostrare che io
sia la madre?” “Non ci avevo pensato.” Bisbiglia il
belga pensieroso. “Omar si è già reso disponibile a
crescerlo per me, ma io assolutamente non voglio. Qui
non è sicuro, Omar non avrebbe modo e tempo per
prendersene cura e Said, per farmi del male, sicuramente
lo rapirebbe e lo riporterebbe laggiù, ma io per mio
figlio penso ad un altro futuro, voglio il suo bene
assoluto.” “Quindi cosa vorresti fare?” “Non lo so
Flo, potrei lasciarlo qui e quando mi sarò stabilizzata
a Parigi, farmi in qualche modo raggiungermi. Tu mi
aiuterai vero?” “Oh sì Ayla, certo che ti aiuterò.”
“Ci conto, sai.” Lei ora si sta legando i capelli
davanti allo specchio. “Dormi qua Flo?” “Devo
andare in quella casa, voglio almeno prenderne
possesso.” “Dai, rimani qua, mettiamo Omar a letto,
poi ceniamo e ci facciamo un po’ di coccole.” “No,
tesoro, sono stanco e domani devo alzarmi presto.”
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A BREVE I PROSSIMI CAPITOLI
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