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Adamo Bencivenga
L'ex
...
.Sono stravolta.
Guardo l’orologio
della cucina sono le tre meno un quarto, ovviamente di notte, ma
se fosse di mattina non cambierebbe molto. Preparo un caffè, non
perché lui me lo abbia chiesto, ma solo per ingannare il tempo.
Leonardo è di là in sala da pranzo che sta vedendo un film in
bianco e nero senza volume.
“Leonardo ti sei addormentato?”
Grido dalla cucina, poi mi avvicino, in effetti ha la faccia da
sonno. Apre un occhio.
“Vado un attimo in bagno.” Gli dico.
Chiudo la porta a chiave, meglio non fidarsi troppo!
Mi
guardo allo specchio. “Dimmi che non sono io, dimmi che non è
lui, che non è vero niente.” Mi ripeto come fossi ossessionata
da quella presenza molle che giace sul divano.
Chissà perché
mi guardo le labbra, cerco un nesso logico, ma non c’è. “Ma che
significa tutto questo? Cosa ci fa lui qui? Ti sembra una scusa
plausibile bussare alle due e mezza di notte nella casa della
tua ex moglie in cerca di un vecchio album di foto?”
Mi
guardo ancora. Guardo quella ruga che dicono d’espressione, ma
in realtà ora io vorrei soltanto vederci segnate le tacche degli
anni. Ma niente. Sì lo so potrei ancora essere attraente, ma non
a quest’ora! Ho la faccia stanca. Comunque non posso essere
molto cambiata, sono passati solo due anni da quando ci siamo
lasciati. Beh sì, un po’ ingrassata senz’altro. Prima o poi
questi tre chili di troppo spariranno, almeno mi illudo. A parte
la palestra, non ho mai fatto diete e mai le farò, devo solo
stabilizzare la mia vita e tutto sarà risolto.
Ma non poteva
cercare un’altra occasione? Un altro momento? Non so… magari
come fanno tutti gli ex mariti a questo mondo? Una telefonata,
un invito a cena, un mazzo di rose rosse eccetera? Naturalmente
gli avrei detto di no. Forse è per questo che è piombato a
quest’ora! Mi ha voluto cogliere di sorpresa. Vabbè ok, ma non
poteva trovare una scusa più vera? Forse ci avrei creduto o
quanto meno mi sarei creata un pretesto! No invece niente, bussa
di notte alla porta per un album di foto!
“Non ci posso
pensare! Dico sono due anni che ci siamo lasciati e non si è
fatto più sentire, neanche una telefonata dico. Per portarlo
dall’avvocato mi ci sono voluti una ventina di messaggi in
segreteria. Dio mio, se ripenso a quei tempi! Preferita ad
un’altra che non conoscevo, ma della quale purtroppo sapevo
dell’esistenza. Una ragazzina di dieci anni più giovane di me!
Guardavo le loro foto di nascosto, lei da sola al mare sdraiata
sopra un’amaca sotto un palmeto chissà dove, lui sorridente
seduto sugli scalini di una chiesa.
Poi, la sera, far finta
di niente, sperare che tutto prima o poi passasse, speravo
davvero di riprendermelo indietro. Mi confidavo con mia madre,
lei mi consigliava di lasciarlo immediatamente, ma io aspettavo,
chissà cosa! Che scema! Annusavo le sue maglie per l’ennesima
prova, strofinavo i suoi colletti per non farmi accorgere d’aver
capito. Lui continuava a comportarsi normalmente, a fare la sua
vita. Piena di bugie, di cene con colleghi, di viaggi di lavoro,
di partite a tennis…
Chissà forse avrebbe continuato per
anni, anni, e ancora anni, se una qualunque sera, presa dall’ira
davanti all’ennesima menzogna, non ce l’ho fatta più e sono
esplosa tirandogli appresso, oltre ai piatti ed ai bicchieri del
servizio buono, tutti gli indizi raccolti in tanti mesi.
*****
“Che faccio!” Mi sto guardando allo
specchio. Indecisa allaccio e slaccio l’ultimo bottone rimasto.
Non vorrei dargli segnali di alcun genere. Né troppo sulla
difensiva e né tantomeno l’immagine di una donna aggressiva.
Sorrido. Chissà quante volte mi ha visto in vestaglia, senza
trucco e la faccia assonnata. Ed ora che cambia? A volte mi
chiedo cosa mi riserverà la vita. Quanti domani si coloreranno
d’azzurro, quanti tramonti di rosso, quante albe d’arancio,
innamorata di un uomo che ancora non conosco. Ma esistono gli
uomini così? Penso di essere stata proprio sfortunata nella vita
tanto da non aver mai conosciuto un pittore… Niente tramonti
rossi, solo corna incolori… Ma comunque lui è un fotografo,
dovrebbe quanto meno intendersi di colori!
Ripenso a quel
periodo. Ero diventata un’esperta, quando tornava a casa,
guardandolo negli occhi, tiravo ad indovinare: “Stasera ha fatto
sesso.” Nella maggior parte dei casi ci prendevo. Annusando la
sua biancheria sporca avevo la conferma. Eppure l’amore con lui
era meraviglioso, molto intenso, un crescendo alla Ravel, chissà
perché ha cercato altro fuori… e poi quella ragazzina insipida!
Sono indecisa, che faccio? Potrei rimanere chiusa qui nel
bagno, aspettare che si addormenti e poi domattina farlo
sloggiare. Aspetto. “Maledetta a me quando ho aperto la porta!”
Dio che spavento! Non pensavo di trovarmi lui davanti! E poi mi
sembrava cambiato, diverso, per un attimo uno sconosciuto che
entrava nella mia casa di notte. Praticamente un fantasma, non
mi è sembrato per niente in forma, gli occhi cerchiati, i
capelli spettinati. Però senza parlare e con l’aria da cucciolo
bastonato mi ha regalato il suo bellissimo sorriso. Quasi quasi
non mi ricordavo di quei suoi meravigliosi denti bianchi.
“Sarò bella? Sarò presentabile? Ecco sì davvero in quel momento
l’ho pensato. Lui mi ha lanciato un bacio con lo sguardo.
“E
tu che ci fai qui? Da dove spunti?” Ho balbettato.
Dapprima
non ha risposto, è rimasto lì impalato senza parlare. Poi
aggiustandosi i capelli con la mano ha detto: “Nel mobile dello
studio ci dovrebbe essere un album di foto in bianco e nero.”
“Embè?” Sono rimasta allibita!
“Dai Livia non arrabbiarti mi
serve per lavoro.”
Il primo pensiero è stato quello di
sbattergli la porta in faccia, ma alla fine, scema come sono,
l’ho fatto entrare.
“Ma ti rendi conto che ora sia?”
“Si
purtroppo… ti ho svegliata?”
“Secondo te?”
E lui:
“Scusami tanto, scusa il disturbo.”
“Certo ricevere una
persona a quest’ora non è il massimo dell’ospitalità!” Ho detto
senza pensare.
“E per me non è il massimo della cortesia
chiederti un caffè.”
Ecco lo sapevo, ora anche il caffè, ma
ormai ero sveglia. “Dai vieni in cucina.”
Ho scrutato i suoi
movimenti, lo vedevo già più rilassato, ha appeso l’impermeabile
al solito posto, lo stesso posto che per anni lo aveva accolto.
“Ti trovo bene.” Mi ha guardato.
“Si vabbè, ma fammi il
piacere! Così in vestaglia non credo.”
“E’ passato del
tempo, ma...”
“Senti mio caro, se vogliamo andare d’accordo
per i prossimi cinque minuti ti chiedo due semplici cose: non
sperticarti a farmi complimenti dicendomi che sono bella e non
sono invecchiata affatto e poi ti prego… non parliamo del
passato!”
“Come vuoi tu.” Sembrava rassegnato.
“Facciamo
che non ti abbia mai conosciuto. Che sei un barbone oppure ti si
è rotta la macchina proprio qui sotto e non avevi un posto dove
ripararti, che fuori piove, che hai citofonato ad un campanello
a caso, che il destino alle volte ci riserva queste notti.”
Lui mi ha guardata. “Non cambi tu, quando parli con l’anima
stacchi il cervello.”
“Nonostante tutto...” Poi ho aggiunto:
“Sì ok, lascia perdere l’anima, il cuore e tutto il corollario
di balle che potrebbero venirti in mente.”
Poi fissandolo
negli occhi: “Ascolta mio carissimo ex marito, intanto che tu
cerchi quell’album, io ti preparo un caffè e poi buono buono te
ne vai come sei venuto…”
“Come siamo irascibili…”
Stavo
quasi per allungargli un ceffone, ma proprio in quel momento ha
squillato il suo telefono. Ovviamente mi sono allontanata.
*****
Sono passati circa cinque minuti, sono
ancora nel bagno. Spero davvero che si sia addormentato! Ok
esco, togliamoci questo dente e non pensiamoci più. Vado in
cucina, la moca sbuffa, verso il caffè. Poi torno in sala.
“Leo dormi?” Lui è col telecomando in mano, cambia continuamente
stazione, ora è fisso su una partita di football americano. Ma
la tv è sempre muta.
Sorseggiamo il caffè in silenzio.
Nessuno dei due ha pronto un argomento a piacere. Penso come sia
incredibile la natura umana. Solo pochi mesi fa se lo avessi
avuto tra le mani lo avrei strangolato. Ed ora a quest’ora di
notte, in casa mia, siamo qui come due vecchi amici. Ed io ho
voglia di sapere…
“Leo problemi? È vera la storia
dell’album?” Ci provo.
“Oh sì cosa vai pensando? Comunque sto
bene, davvero!” Ma lo riconosco a miglia di distanza quando
mente. I muscoli della mascella vanno da soli… La palpebra
dell’occhio destro involontariamente si mette in moto, le esse
strascicate, le parole intrise di saliva.
“Al telefono non
era la tua compagna, vero?” Quasi sussurro.
Ci pensa un
attimo, sta calcolando i pro e i contro, elaborando la risposta.
Nella coda dei pensieri un sospiro di ammissione. “No, non
era lei…”
“Il lupo perde il pelo, ma non il vizio…”
“Non
è esattamente come credi.”
“Ancora più giovane della tua
compagna, vero?” Azzardo.
Mi fissa, ma lo sguardo è vuoto!
“Tu sei una strega!” Catturo il suo senso ironico ed
affettuoso.
Ok sì, ora ci sarebbe da parlare per ore, ma sono
le tre, cavolo, domani mi devo alzare, non ho alcuna voglia di
analizzare il suo comportamento e la sua attrazione quasi
patologica per le ragazzine! E poi non avrebbe senso, preferisco
farlo con i miei pazienti! Comunque sono stremata, mi accascio
sul divano. Lui mi segue con lo sguardo senza muovere il collo.
Ho un attimo di sconforto. Il mio senso materno vorrebbe
parlare, domandargli i tanti perché passati e quelli presenti. E
poi ancora cosa gli passa per la mente, ma io non posso, lui se
ne è andato due anni fa! Chiuso! Fine delle trasmissioni! Che
scema, non posso commuovermi, devo resistere, resistere. Che si
gestisse la vita come meglio crede!
Ora non devo piangere!
“Resisti Livia, resisti!” Mi dico.
Lui non mi deve vedere
così… Nessuno mi deve vedere così, io ce la faccio da sola, ce
l’ho fatta finora e ce la farò ancora. Sì vabbè ho fatto degli
sbagli nella mia vita e il primo è stato innamorarmi di questo
bimbo che ora ho accanto e che ha deciso di non crescere. Ma
adesso non voglio nessuno e non mi serve nessuno!
Le
lacrime di rabbia non si fermano. Cerco invano di asciugarle con
il dorso della mano. Lui ne approfitta, mi viene più vicino, ora
è in ginocchio sul tappeto di fronte al divano. Mi prende la
mano. L’accarezza, delicatamente la bacia ed io glielo faccio
fare.
Mi rendo conto e mi sorprendo di essere diventata una
donna remissiva. Faccio fare tutto a tutti! Lui si avvicina
ancora, lo sento è impaziente, si siede di nuovo accanto, mi
cinge le spalle, mi tocca i capelli. Ora il collo. Sento le sue
labbra quasi umide sulla guancia. Si ferma, arretra, poi cerca
la mia bocca. Mi volto verso di lui e lui non si fa sfuggire
l’occasione. Come volevasi dimostrare… la vestaglia
improvvisamente ha due bottoni slacciati. La cintura come
d’incanto pende su uno dei due braccioli del divano. Ora sento
la sua mano, è sul mio seno, è vero sono senza reggiseno, senza
volontà di reagire...
Ormai non ci capisco più nulla,
sono confusa, confondo gli odori, le labbra, i baci. Mescolo il
tutto. E’ un minestrone di sapori maschili, una zuppa, una
babele di lingue, ma di quelle umide. Avanti le prossime!
Eccole, immancabilmente pronte a succhiarmi gli ultimi pezzi
d’anima.
Eccole, s’adagiano sulle mie. Lui le preme
leggermente, ma non va oltre, aspetta… come da manuale! Sono
fili di fiati, umidi e caldi, sono quasi parole senza virgole e
punti. Poi la lingua si intrufola, sa di buono e di caffè. Sento
il suo sapore, lo stesso di sempre. Il sapore della
tranquillità, del marito, del rubinetto che perde, dei bisticci
che finivano ineluttabilmente dentro il nostro letto caldo, dei
tempi perduti e di quelli belli. Il sapore del pane appena cotto
nelle nostre gite in campagna. La salsedine e l’acqua marina. Il
sapore del riparo, dell’ombrello quando piove… La tana e la
culla…
Lo so che ogni giorno non faccio altro che mentire a
me stessa, lo so cosa cerco negli occhi degli altri, mai più un
rapporto duraturo, niente elemosine di oboli d’affetto.
Autostima? Forse no, neanche quella. Lo so che sono bella.
Lui intanto è andato avanti, molto avanti, mi sono distratta
un attimo a pensare e ora lui ha tra le labbra il mio seno, tra
le dita la stoffa delle mie mutande… la mano che preme.
Oh
Leonardo, Leonardo…
Eccola la sento, sento le dita, ora
l’indice e il medio, ora il pollice, le muove in sintonia
perfetta, sono dita di attesa che aspettano il turno, ferme ed
attente come un gatto in agguato, sanno che non è il loro posto,
sanno che sono in una terra straniera, sanno che una mossa
maldestra rovinerebbe ogni cosa. E allora stanno lì come cani da
punta, impercettibilmente avanzano, pronte a cogliere l’attimo o
almeno gli avanzi o ciò che il destino stasera può offrire.
Oh Leonardo, lo sai vero che sono avanzi? Ho avuto altri uomini
in questo periodo, ma a te non farebbe piacere saperlo! Sì ho
avuto rapporti anche senza amore, giusto per il gusto di passare
una serata, per avere un uomo accanto di notte, nelle mie
lenzuola. Sì certo è inutile che menta a me stessa, sì l’ho
fatto per scacciarti dalla mia mente. Oh Leonardo, non
affogarti, non serve sono davvero avanzi! Non andare giù, rimani
sul seno, scopriresti un usato sicuro, una seconda mano che
forse a te piacerebbe di più rispetto a quando non avevo avuto
altro uomo che te.
Ecco vorrei ribellarmi, ma una parte
di me lo invita ad andare, almeno a provarci, perché non ho più
le forze, qualcosa in me si è rotto e lui se ne accorge.
Oh
Leonardo, Leonardo… se tu fossi ancora mio sarebbe un’alba
stupenda, saresti stato quel pittore che colora i miei domani e
non avresti avuto bisogno di inventarti la scusa dell’album e la
tua compagna ora non ti starebbe tradendo! Leonardo, l’ho capito
sai? Ma perché non me lo hai detto? Te l’ho chiesto ed avevi la
risposta pronta, perché non ammetterlo? “Sì lei mi tradisce ed
io mi faccio la ragazzina!” Ah già dimenticavo sei un uomo…
Vedi non ci sarebbe stato tutto questo, o forse sì. Ti ho dato
mille opportunità, ho taciuto pur sapendo, ho smacchiato i tuoi
colletti per mesi, sperando che quella storia avesse una fine e
ti avrei accolto di nuovo. Volevo solo salvaguardare la mia
dignità… Ma non è successo, come ora non sta succedendo niente.
Sei distante Leonardo, sei solo un fantasma, forse non ci sei,
forse sono sola o forse sono solo ragioni di una donna che ha
perso, solo un pretesto per accettare questa mano…
Lui
non ascolta perché io non parlo. Lui insiste, lo sento, ma non
ci sono ragioni nella sua mano, non c’è logica per andare
d’accordo, solo la voglia di sentire che cedo, solo una donna
che s’abbandona lentamente, ed io cedo, cedo senza rimorso, cedo
come prima quando l’ho fatto entrare. Sì lo sapevo che sarebbe
finita così!
Tanto lo so Leonardo che se ora ti
cacciassi di casa non andresti a dormire, lo so che ti
accontenteresti di un’altra. Vabbè è una ragazzina, ma con la
bocca ci sa fare, dillo Leonardo, a me puoi dire tutto, ti ho
fatto da madre, sono una psichiatra e non posso condannarti.
Andresti da lei vero?
Lo so. Busseresti disperato già pieno
di voglia e le diresti tesoro ed amore solo per bisogno. Sono
meccanismi che conosco, Leonardo. Le diresti che è l’unica al
mondo e lei si commuoverebbe offrendoti la bocca. Oppure no,
sicuramente vive con i genitori e bussare a quest’ora sarebbe
troppo. Allora andresti per i viali alberati, rallenteresti con
la macchina, scruteresti tra gli avanzi del mondo, ma non
sceglieresti la più bella, ma quella con le labbra più grandi.
Conosco i tuoi vizi Leonardo! Se ti cacciassi certo, ma non lo
faccio, sono confusa, e poi cosa avrei risolto?
*****
Lui non smette, eccolo lo sento, mi preme, sul
fianco sento la sua erezione, tra le mie gambe la mano che
esperta si muove e precisa conosce il mio ritmo lento. Leonardo,
non puoi accontentarti di una ragazzina! Ha la freschezza di un
fiore certo! Ma dopo colto appassirebbe immediatamente come un
fiore reciso…
Lui intercetta il pensiero e non attende un
secondo, sento la sua mano che preme sulla mia testa, ma non sta
accarezzando i capelli o coccolando i pensieri che vanno da
soli, lui mi sta solo accompagnando dove batte più forte la sua
voglia impellente. Eccolo il maschio ed io mi lascio
trasportare.
Ancora qualche secondo e la mia testa scende,
lentamente scivola senza strappi ed intoppi, e mentre scende lo
vedo maschio e forte che spunta tra la stoffa e la lampo. Ancora
qualche secondo e non mi faccio pregare, lo afferro e
m’aggrappo, come fosse un sostegno, la base e l’appoggio che
cercavo da tempo, la sicurezza perduta in questi due anni. Un
albero, un fusto, un campanile gotico… Lo sento, sì che lo
sento, è pieno di desiderio, solido e saldo come un rimpianto,
sferzante e crudele come una colpa. Ancora qualche secondo, lui
preme ma io ancora resisto, mi sento confusa, ma gonfia di
orgoglio, chissà se la ragazzina potrebbe fare di meglio.
Ancora qualche secondo, ma una luce si accende, è viola,
rossa e violenta mi acceca. Poi un tuono, un fulmine che a rami
si spacca, vedo riflesso il livore, la sofferenza passata. Oddio
ma che sta facendo? Dillo Leonardo che hai solo bisogno di uno
sfogo, di sentirti solo uomo quando la tua donna ti sta
tradendo! Mi riprendo! Che cavolo ci fai qui? Che cavolo ci
faccio io! Oddio ma che sto facendo? Ma come è possibile che io
sia qui con te? E poi questa bocca sul seno… questa mano… il suo
piacere che tende. Dio che pazza!
Uno sprazzo di
lucidità. Mi divincolo in un lampo. Scatto in piedi come una
molla. Trattengo il respiro, mi gonfio tutta e poi esplodo! Ma
questa volta di rabbia! Caccio un urlo disumano, tintinnano le
tazzine del servizio buono, i calici del nostro prosecco dopo
l’amore!
“Leonardoooooo, alzati immediatamente ed esci!”
Visto l’impeto e la collera, non c’è bisogno di ripetersi.
Silenzio.
Lui si riallaccia velocemente i pantaloni. Si
dimentica l’album sul tavolo e senza il minimo rumore va verso
la porta. Quell’urlo mi ha tolto le ultime energie, crollo sul
divano. Sento la porta chiudersi, finalmente sono sola, di nuovo
sola. Che tristezza tutto questo! Che tristezza mio marito! Che
tristezza gli uomini! Per loro il sesso è una cosa a parte,
indipendente da tutto il resto. Vive di luce propria, non ha un
passato, un futuro. Che squallido!
Mi prendo la testa
tra le mani. Leggermente mi massaggio le tempie. Sento lievitare
da ogni parte del mio corpo punte violente di stanchezza
mentale. Ma non è sonno genuino. E’ ansia. Sono esausta.
Di fuori l’alba non accenna ad aprirsi ed io ho perso ogni
energia, ma non ho più sonno. Fuori ha iniziato a piovere ed io
guardo attraverso i vetri appannati la mia infinita tristezza di
essere sola e la mia saggezza di non volere più nessuno.
FINE |
Photo David Ben haïm
Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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RACCONTI DI ADAMO BENCIVENGA
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