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Adamo Bencivenga
Tra i chioschi in
riva al mare
Maria ha gli occhi grandi che guardano il viale, di tigli ancora in fiore
e d’acero all’imbrunire, lì dove la luna curva e si sfalda tra le dita,
come una rosa secca tra le pagine del libro, che ogni sera lei riculla
sulla nuvola più antica, quella che ogni giorno fa volare il suo sogno
fino a credere che a breve sarà madre di suo figlio. Maria ha gli
occhi neri, truccati alla buona, porta una gonna corta, per poterci
civettare e pensa sia normale indossarla per lo sguardo, del figlio del
bagnino che ogni sera al suo portone, scaglia una freccia rossa intinta
nell’arcobaleno e le recita dei versi del Cantico dei cantici, presi in
prestito di notte al suo Re Salomone. Maria parla piano e pensa sia
usuale, far l’amore tra qui chioschi col figlio del bagnino, e sentire la
corrente, sospinta da quell’acqua, che scorre lungo il tempo, che bagna il
lungomare. Per lei figlia di un poliziotto che ha perso una gamba, in uno
scontro a fuoco durante una rapina, per lei amante in gran segreto di uno
spacciatore, che vendeva essenze e fiori, lungo il viale di quei tigli.
Per lei figlia di un’infermiera, caposala al Sacro Cuore, che procurava
aborti per arrivare a fine mese e ora aiuta a partorire le ragazze
bisognose, per sgravarsi la coscienza, per sentirsi generosa, ed andare la
domenica a messa con sua figlia
Maria ha gli occhi salati come le
tracine sui fondali, e guarda verso casa e guarda verso il mare, ha un
tatuaggio di San Nilo, rosso come il fuoco, sulla parte più carnosa del
suo sedere destro, per lei perenne madre, dal ventre muto e cieco, che
accende una candela al suo santo ortodosso, e si sente una Madonna
apocrifa e in attesa e va mostrando in giro il suo cesareo intatto, e va
dicendo fiera di partorire lì a poco, l’erede di un Grande Regno, che si
estende fino al mare, biondo come il padre, bello come il bagnino, o come
il sorgo rosso già maturo per la falce. Maria parla poco, ma ha una
valigia sotto il letto, lei recita a memoria preghiere in russo antico e
quando sarà il momento sa già dove deve andare, seguendo quella luce dove
curva il suo tramonto, lungo le cabine che s’affollano di notte, per
offrire quel suo dono al figlio del bagnino che salva vite umane e a volte
si distrae. Lei giura sia lui il padre, il seme di quel grano, anche se i
suoi ricordi non hanno alcun sapore, perché nel suo ventre piatto giace
silente il suo bambino, perché è stata in gran segreto la sua femmina da
letto, anche se poi non era un figlio e neanche un bagnino, anche se poi
non era un letto, ma solo una grande arca, presa in prestito nel sogno a
un vecchio marinaio.
Maria non risponde e accarezza la sua pancia,
e pensa sia bello che dove finiscano le sue dita debba a tutti i costi
iniziare un’altra vita e debba in qualche modo aprirsi ad un altro sogno,
perché suo figlio è un grande dono, Divina Creatura, perché suo figlio
avrà un neo, con lo stemma di quel Regno, proprio dove il suo sorriso si
ritrae in un abbraccio, proprio dove il suo uomo porta fiero un tatuaggio,
una scritta d’oro antico con il nome Maddalena, proprio quello di una
donna conosciuta in un bordello. Maria ora è pronta con la valigia in
mano, cammina per la spiaggia in groppa ad un cammello, tra quei chioschi
in riva al mare, chiusi all’imbrunire, tra le sdraio ed i gelati e gli
ombrelloni nani, e cammina sulla riva e scioglie i suoi capelli, tra le
bambole di mare che bruciano copertoni, tra le bambole di canale che
adescano i Re Magi.
Maria ha gli occhi verdi e guarda il suo
passato, il suo ex tra le barche disteso sulla rena, che con due grammi di
quei fiori, addormenta il proprio cuore, ha la barba bionda e i capelli
sulle spalle, con l’anima carnosa già cibo per i suoi seni. Lei porta un
vecchio ciondolo, regalo di sua nonna, morta di parto al sesto figlio, ma
con la stessa convinzione, di lei ora che non ha dubbi e spavalda incipria
il viso e indora la sua pelle e le sue labbra screpolate con la polvere di
mirra, col profumo dell’incenso e spaccerà la sua pancia muta, al figlio
del bagnino, come fosse in attesa e fosse lui il padre, di quel cesareo
intatto, di un figlio mai nato, come fosse un destino oppure il fato
celestiale, perché Maria è bella ed ha le tette tonde, piene di latte
caldo al sapore di lampone, perché Maria è bella ed ha i fianchi larghi, e
lui la bacia sulla bocca e l’abbraccia e poi la guida, verso quell’alcova,
talamo di sogni, perché Maria parla poco e lui le porge il braccio, perché
Maria è nel suo miraggio e lui non deve mai sapere, che per il suo figlio
biondo, per quel cesareo intatto, la Divina Provvidenza ha già fatto il
suo dovere...
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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