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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
Unico indizio una calza a rete

Mi presento, mi chiamo Jeff Parker e vivo a Keystone nel Colorado,
sono accusato di aver ucciso quella notte del 6 gennaio 1982 non una,
ma due donne! Meryl Mendoza di 21 anni e Lana Parker di 29, ovvero mia moglie.

 


 
 


Fuori fa un freddo cane, ogni volta che aprono la vetrata entra un vento ghiacciato che mi taglia la pelle e mi gela il sangue. Sono seduto su questa panca di legno lungo questo corridoio illuminato da una sola luce intermittente al neon. Tutte le porte sono chiuse, chissà cosa staranno facendo lì dentro. Si sentono rumori, qualcuno grida. Davanti a me, seduto tra due agenti, un ragazzo nero ammanettato si agita, dice di non aver fatto nulla, ma il poliziotto che mi siede accanto dice che è uno spacciatore incallito e che durante la perquisizione gli hanno trovato in tasca quasi cento dosi di crack.

Mi hanno prelevato stasera da casa, stavo sul divano gustandomi il sapore metallico di una pinta bionda e un hamburger alla cipolla. La tv dava in diretta la semifinale tra i Dallas Cowboys e i Philadelphia Eagles. Era una partita avvincente e stavano sul punteggio di 12 a 9 per i Dallas quando hanno bussato violentemente alla porta. Ho pensato subito che fossero colpi di polizia, perché hanno un rumore netto e tagliente che arriva prima al cervello e poi alle orecchie. Infatti quando ho aperto mi sono trovato davanti due poliziotte, che senza tanti complimenti, mi hanno intimato di mettermi qualcosa indosso e di non fare tante storie perché il sergente Paul Campbell voleva parlarmi. Mi dispiaceva perdere la partita ed ho chiesto timidamente qualche spiegazione, ma loro non avevano tempo ed ora sono qui con il mio pigiama a righe sotto il cappotto ed aspetto che il sergente si liberi e, bontà sua, mi chiami. So cosa vorrà dirmi e so cosa dovrò rispondergli.

Comunque, intanto che aspetto, mi presento, mi chiamo Jeff Parker e sono nativo di queste parti, ovvero del Colorado nella Contea di Summit vicino a Keystone. Qui siamo ad oltre i 1500 metri di altezza e in questo periodo fa davvero freddo come faceva freddo quel maledetto giorno di gennaio. Insomma, non mi dilungo, in poche parole sono accusato di aver ucciso quella notte del 6 gennaio 1982 non una, ma due donne! Meryl Mendoza di 21 anni e Lana Parker di 29, ovvero mia moglie. Entrambe colpite con un revolver di medio calibro nella stessa notte a tredici miglia di distanza l’una dall’altra.

Vi sembra incredibile vero? Pensate allora al mio stupore quando mi hanno detto di procurarmi un avvocato. Premetto che non posseggo e tanto meno ho mai usato un’arma da fuoco, nemmeno un fucile per andare a caccia, visto che il sangue mi fa orrore e la violenza non è nel mio stile. Io non sono uno stinco di santo, non lo sono mai stato, ma a me piacciono morbosamente le donne e mi piace altrettanto bere birra, giuro, non ho altri interessi maniacali. Che c’entro io con quei delitti?

Comunque, quando mi hanno raccontato i fatti, viste le circostanze, ho pensato che per commettere quel tipo di delitti ci volesse non un improvvisato assassino della domenica, ma uno spietato criminale. Ed io non lo sono affatto! Mi sono anche chiesto, come me lo chiedo tuttora, per quale strano motivo il destino si fosse preso gioco di me. Non ottenendo risposta ho deciso che alla fine di tutta questa storia, andrò in pellegrinaggio, a piedi e senza scarpe, in qualche santuario a chiedere la grazia a qualche santo oppure, visto che non sono credente, da qualche stregone per farmi togliere il malocchio! Del resto sono convinto che, dopo aver letto questa vicenda, anche voi sarete d’accordo e magari mi consiglierete un buon santone di vostra conoscenza!


*****


La vetrata sbatte ancora, qualcuno l’ha lasciata aperta e nessuno si cura di richiuderla. Sono a pezzi, il mezzo hamburger mi è rimasto sullo stomaco, non va né su e né giù, e credo anche di avere qualche linea di febbre. Mia moglie mi manca, soffro come un figlio la sua assenza, e in questi mesi mi sono dovuto anche difendere da questa accusa ignobile ed infamante. Vi rendete conto? Per fortuna i miei amici mi conoscono bene e sin dal primo momento non hanno creduto ad una sola parola di quell’atto d’accusa. Devo dire che in questi mesi mi hanno aiutato tantissimo, anche materialmente, mi sono stati vicino e non solo per il lutto ed io ringrazio tutti indistintamente.

Tutto è successo nella notte del 6 gennaio 1982, quando è stato trovato il corpo straziato di mia moglie Lana nel punto esatto dove la statale che porta in paese fa la curva a cinque miglia da qui, in quel punto panoramico che qui in paese chiamano la curva degli amanti. In quel posto, nei tardi pomeriggi d’estate, si fermano decine di auto con dentro coppie di amanti che ammirano quei tramonti meravigliosi striati d’azzurro e giallo e poi fanno l’amore.

Quella sera sono uscito per una bevuta al pub, poi insieme al mio amico Ronny siamo andati a trovare la nostra amica Chloe. Poi sono tornato a casa, ho acceso la tv, aspettando che Lana tornasse. Ad un certo punto mi sono addormentato e quando mi sono risvegliato, verso mezzanotte, ho scoperto che mia moglie non era ancora rientrata e non c’erano messaggi recenti sulla segreteria telefonica. Mi sono agitato, era un’ora insolita per lei, comunque l’ho aspettata fino verso le 2, poi sono sceso in paese ed ho cominciato a cercarla. Dentro me avevo un brutto presentimento, ma sinceramente non saprei spiegare il motivo. Ho vagato nella notte chissà per quanto tempo, faceva un freddo cane e quando ha iniziato a nevicare sono venuto qui nel posto di polizia ed ho cercato di denunciare la scomparsa, ma la poliziotta di turno mi ha detto che era troppo presto per presentare un rapporto: “Vedrà tornerà presto, le donne sono come i cani, non si dimenticano mai la strada di casa.” Mi ha detto con un sorriso malizioso, poi mi ha consigliato di tornare la mattina e se per caso mia moglie non fosse ancora tornata di denunciare la scomparsa. Così ho fatto.

La mattina seguente purtroppo ero ancora solo e di mia moglie Lana neanche l’ombra, allora sono tornato qui al commissariato e i poliziotti mi hanno fatto compilare un modulo e poi hanno cominciato a fare strane domande, tipo se mia moglie avesse un amante e se io ne fossi consenziente, oppure un amico particolare, diciamo intimo, io ho cominciato a ridere e loro mi hanno insultato dicendomi che le donne vanno tenute strette al guinzaglio se non vuoi che qualcuno le violenti e poi le ammazzi.
Ero letteralmente sconvolto, anche perché in cuor mio credevo ancora alla scomparsa e sicuramente non avevo ancora pensato al peggio. Poi mi hanno fatto firmare quel pezzo di carta e proprio mentre stavo uscendo mi hanno richiamato dicendomi che un contadino, che viveva a trenta miglia fuori da Keystone, aveva trovato la patente di guida di mia moglie. Insieme al mio amico Ronny siamo corsi sul posto e sulla strada abbiamo trovato in un campo coperto di neve lo zaino verde di Lana con la scritta Nike, un guanto di pelle macchiato di sangue e poi a quindici miglia di distanza il suo corpo. Io mi sono rifiutato di vedere il cadavere della mia piccola, ma Ronny mi hanno detto che era stata colpita con due colpi di arma da fuoco ed aveva il volto tumefatto. Le sue chiavi di casa sono state trovate a pochi passi da lei, insieme ad una calza a rete nera.

Quando alcuni giorni dopo al commissariato mi hanno fatto vedere la calza chiusa dentro un cellophane ho detto che non apparteneva a mia moglie perché lei non usava quel tipo di calze a rete da troia. Lei era un tipo da jeans e calzini di lana e d’estate nei giorni più caldi indossava sandali di cuoio con i piedi nudi. Ma a me Lana piaceva lo stesso, anche se alle volte mi sarebbe piaciuta vederla in gonna.

Comunque le indagini sono partite immediatamente con l’apporto anche della sezione omicidi venuta apposta da Denver, ma dell’assassino nessuna traccia. Poi sei mesi dopo, i primi di luglio, quando ancora piangevo la morte di mia moglie, la polizia ha trovato il corpo della ventunenne Meryl Mendoza su uno svincolo dell'autostrada, a tredici miglia da dove era stato trovato il corpo di mia moglie. Meryl faceva la cameriera al Pretty Lunch, un bar famoso per i suoi cocktail sempre qui nella Contea di Summit in Colorado, ma per mesi aveva lavorato nel bar del Keystone Motel, dove appunto lavorava anche mia moglie. Anche lei è stata uccisa con due colpi di arma da fuoco ed aveva il volto tumefatto. La cosa strana però è che la poveretta indossava una sola calza, identica a quella nera trovata vicino al corpo di mia moglie.

La polizia controllando negli archivi ha subito scoperto che le donne erano scomparse lo stesso giorno e che, presumibilmente, secondo gli accertamenti della scientifica erano state uccise nella stessa notte dallo stesso individuo. L’assassino avrebbe ucciso prima Meryl, poi sarebbe fuggito portandosi dietro, chissà per qualche motivo, una delle due calze. Poi alcune ore dopo si sarebbe avventato contro Lana, lasciando in quel frangente vicino al corpo la calza della prima vittima.


*****

Sono ancora qui, fuori nevica, ormai si è fatto tardi per andare al pub col mio amico Ronny e poi forse farci una bella fumata in compagnia della nostra amica Chloe. Un poliziotto mi ha offerto un chewing-gum, purtroppo mi hanno detto che qui non si può fumare, ma io non sono nervoso e non ho paura delle domande del sergente anche se sono da mesi il primo e unico indiziato. So cosa rispondere. Alle volte però mi viene il dubbio che la polizia non vada al di là del proprio naso e non cerchi il vero assassino, ma si accontenti di un povero diavolo a portata di mano per chiudere il caso a tutti i costi e in questo caso, non avendo altri a disposizione, è stato facile accusarmi e sbattermi in prima pagina.

Io e Lana ci eravamo sposati il 1° luglio del 1977. Io faccio il riparatore di elettrodomestici, tipo lavatrici, ferri da stiro, macchine del gas mentre Lana lavorava come receptionist al Keystone Motel. Siamo sempre andati d’accordo soprattutto perché abbiamo sempre vissuto come una coppia aperta, o meglio come una coppia libera, nel senso che ciascuno di noi aveva i propri amici e molte volte il sabato sera ci univamo a gruppi diversi per bere in santa pace una buona birra o andare a ballare, ma questo non significava che eravamo liberi di tradire, nel senso che se mi fossi scopata qualcuna, ed a volte è successo, non sarei certo andato a dirlo a Lana.

Quel maledetto 6 gennaio era iniziato come un qualunque giovedì, Lana era uscita di casa alle 7:15 e, come le succedeva spesso quando faceva tardi e perdeva il pullman, aveva fatto l'autostop per andare al lavoro. Noi qui siamo gente umile, ci conosciamo quasi tutti e il posto è tranquillo per cui non ci vediamo nulla di male fare l’autostop. Comunque durante il giorno non ci siamo sentiti, poi alle 18:20 mi ha chiamato e mi ha detto che rimaneva a cena fuori con gli amici. Nulla di strano per me perché, non lavorando il venerdì, il giovedì era solita passare la serata con amici. Al telefono era allegra, nulla mi ha fatto temere il peggio, anzi, tra le altre cose, mi ha detto che non occorreva che l’andassi a prendere, perché Mike, un suo collega del motel, le avrebbe dato un passaggio fino a casa.

Mike è sposato, ha due figli adolescenti ed anche se non lo conosco di persona, ma solo attraverso le parole di mia moglie, credo sia un tipo a posto e soprattutto molto posato. Ovvio che la polizia ha insistito molto su questo punto, insinuando che tra loro ci fosse molto più di un’amicizia tra colleghi. Beh conoscendo mia moglie escludo in modo assoluto che lei possa aver avuto una relazione anche se non ci avrei messo la mano su fuoco su una scappatella senza tanti strascichi sentimentali ed anche i poliziotti, indagando su quella cerchia di amici, sono arrivati alla stessa conclusione. Comunque secondo la testimonianza degli amici, Lana era molto socievole quella sera, aveva bevuto due boccali di birra scura, mangiato un sandwich ai cetrioli e menta, cantato al karaoke le canzoni di John Denver e poi aveva lasciato il locale appunto in compagnia di Mike.

Meryl invece è stata vista per l'ultima volta a Keystone verso le 16:00, chiacchierare animatamente con una donna bianca non identificata. Poi verso le 17:00 qualcuno ha giurato di averla vista fare l’autostop e forse proprio in quel momento l’assassino l’ha caricata in macchina e l’ha portata a venti miglia dal paese. Qui, in una piccola stradina senza uscita, i due si sono appartati. Forse lei si è spogliata, anche delle calze, oppure l’uomo l’ha aggredita lasciandole una sola calza indosso, e forse per il desiderio di averla, così pensano i poliziotti, proprio in quel momento la donna, per divincolarsi o semplicemente per la fretta di scappare, ha lasciato nella macchina dell’uomo una delle due calze nere. Comunque è uscita dall’auto ed è stata centrata due volte mentre scappava su un terrapieno innevato ai lati dell'autostrada. A quel punto l’assassino sarebbe tornato a Keystone dove avrebbe preso Lana. Anche in questo caso, dopo alcune miglia, avrebbe accostato la macchina cercando di violentarla, lei si sarebbe divincolata e mentre tentava di fuggire la calza a rete si sarebbe impigliata sui suoi vestiti trascinandola per diversi metri.

Dopo il ritrovamento del corpo di Meryl, a causa delle somiglianze, i due casi sono stati immediatamente collegati dalla polizia. Immediatamente mi hanno convocato qui e mi hanno interrogato chiedendomi a brutto muso se per caso conoscessi Meryl. Mi sono spaventato e preso dal panico ho detto di non conoscerla. In realtà però la conoscevo bene e infatti, dopo aver visto la sua foto su una trasmissione in tv, sono corso alla polizia dichiarando appunto di conoscerla.

Meryl era molto bella, lei sì che era una femmina vera e solitamente portava delle maglie molto aderenti, insomma mi aveva colpito il suo seno sensuale tanto che una volta, mentre seduto al bar aspettavo la fine del turno di Lana, mi sono avvicinato e le ho lasciato il mio biglietto da visita. Non credo che lei disdegnasse quel tipo di avances, del resto era una single, tanto che da quel giorno abbiamo iniziato a scambiarci qualche smaliziato sorriso e diversi sguardi di intesa. Poi, sì è vero, una volta, ho aspettato che finisse il turno e le ho chiesto se avesse accettato un passaggio in macchina. Guardandola fissa negli occhi mi è sembrata che non aspettasse altro per cui siamo usciti insieme e dopo qualche chilometro ci siamo fermati proprio lì sul piazzale alla curva degli amanti. Beh non so cosa avreste fatto voi, ma io appena spento il motore, l’ho baciata intensamente mentre le mie mani curiose accarezzavano finalmente il suo bel seno generoso. Lei si è tolta la maglietta e mi ha detto di toccarla, era senza reggiseno e sinceramente non ci ho visto più. Secondo me anche lei aveva una voglia matta di farsi sbattere, ma dopo qualche minuto improvvisamente si è fermata. Insomma il tutto sarà durato qualche minuto, ora non saprei dire, ma ricordo benissimo quando mi ha fermato le mani dicendomi che si era fatto tardi, doveva assolutamente rincasare e che tra noi non ci sarebbe stato un seguito. Ora posso confessare liberamente che dopo quella volta Meryl non l’ho più vista anche se ancora oggi mi chiedo cosa le abbia fatto cambiare idea.

Ovviamente la polizia al tempo era all’oscuro di questo episodio, ma è stato proprio quel biglietto da visita, ritrovato successivamente a casa di Meryl, che ha fatto insospettire il sergente. Campbell credeva e forse ancora lo crede che sia io l’assassino delle due donne. Quando sono stato interrogato giuro di aver ripetuto per filo e per segno questa storia negando ovviamente qualsiasi coinvolgimento nel delitto.


*****

Sono ancora qui, il ragazzo nero si agita ancora, sta dando violenti calci al muro urlando la sua innocenza, io sto facendo ancora anticamera, ma non sono nervoso, perché sono innocente, perché mi hanno fatto il test con la paraffina, anche se diversi giorni dopo, e i risultati mi hanno scagionato completamente confermando la mia innocenza e che mai e poi mai ho usato un’arma da fuoco, tanto meno quella sera. Ho anche un alibi di ferro per quella maledetta notte confermato più volte da Ronny e dalla nostra amica Chloe con la quale ci siamo intrattenuti dopo il pub. Chloe non è assolutamente bella, ha il culo grosso e un seno da dimenticare, ma ha due labbra così carnose che certi giochini le riescono alla perfezione. Io e Ronny quando l’andiamo a trovare portiamo con noi diverse bottiglie di birra, lei è contenta e dopo la prima bevuta si intrattiene con il mio amico nella stanza separata solo da una tenda. Io aspetto pazientemente il mio turno bevendo birra e pensando alle sue labbra meravigliose.


*****

Chissà cosa penserete di me ora e sinceramente non me ne importa nulla, ma è ovvio, viste le coincidenze e le casualità, che rimango un sospettato, perché non succede tutti i giorni che ti ammazzano la moglie e poco prima a qualche miglia di distanza una ragazza, quasi amante, a cui avevi lasciato un biglietto da visita per una insperata notte d’amore. E non accade tutti i giorni che l’assassino lasci sul luogo del delitto una calza a rete nera che appartiene all’altra vittima e che di fatto collega in maniera indissolubile i due delitti. E ancora non accade tutti i giorni che le due vittime abbiano lavorato nello stesso motel, quindi colleghe, quindi forse rivali ed una delle due vittime sia tua moglie la quale molto probabilmente prima di morire, secondo la polizia, avrebbe avuto un rapporto di sesso con un suo collega e l’altra vittima, solo qualche settimana prima, sia stata per alcuni minuti la tua amante.


*****

Sono qui e ancora aspetto, il ragazzo nero finalmente lo hanno portato via, credo in carcere, ora davanti a me c’è una ragazzina bionda, non credo sia maggiorenne, ma ha tutta l’aria di guadagnarsi la vita lavorando di notte. Indossa un paio di stivali lucidi neri e una gonna così corta che i miei occhi posso avidamente ammettere che si è dimenticata di indossare gli slip. Sono qui ed aspetto, e sono ancora più tranquillo di prima, tanto che mi sto convincendo che forse non sarò io che dovrò dire qualcosa al sergente, ma forse sarà proprio lui a dirmi che ha formalmente chiuso le indagini e che sono stato definitivamente scagionato, perché a tutti gli effetti, nonostante le casualità della vita e le stravaganze del destino burlone IO SONO INNOCENTE.



 








Il presente racconto è liberamente tratto dalla
vicenda di Jeff Oberholtzer accusato di aver
ucciso il 6 gennaio 1982 a Breckenridge
 nel Colorado due donne:
Annette Kay Schnee di anni 21 e Bobbie
Jo Oberholtzer di anni 29, sua moglie.



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