Siamo nella Cina del
Nord, negli anni Venti, al tempo dei Signori della
Guerra, un periodo politicamente turbolento per il
mio paese, sconvolto dal sangue e dalle lotte
civili. Mi presento, il mio nome è Songlian ed al
tempo ero una giovanissima studentessa
universitaria, cosa assai rara per una donna nella
Cina di quegli anni dove l’analfabetismo femminile
raggiungeva in certe zone anche il cento per cento.
Vivevo con mio padre e la sua nuova moglie, ma a
causa di contrastasti insanabili con la mia matrigna
fui costretta, anche per ragioni economiche, ad
andare via di casa. Per una donna l’unico modo di
lasciare la residenza paterna era ovviamente quella
di sposarsi per cui accettai di diventare la quarta
moglie di Chen Zuoquin, un ricco e nobile signore
cinese discendente da una antica dinastia.
Forse fu il mio desiderio di evadere o più
semplicemente la necessità impellente di andarmene
di casa per cui, nonostante avessi una mia libertà
di pensiero dovuta appunto ai miei studi, scelsi un
percorso tra i più tradizionali possibili, ovvero un
matrimonio combinato che, pensavo, mi avrebbe
consentito agi, ricchezza e un futuro estremamente
comodo. Il mio signore aveva già tre mogli: Yuru,
Zhuoyun e Meishan e dalle tre donne venni accolta
dapprima con gentilezza e riservatezza, ma durante i
primi giorni della mia permanenza venne fuori la
vera essenza della vita in quel palazzo.
La
moglie più anziana, Yuru si dimostrò nei miei
confronti severa e distaccata, anche perché rispetto
alle altre ostentava la sua fierezza per aver
concepito l’unico erede al nostro signore. La
seconda moglie, Zhouyun, in apparenza rispettosa e
gentile, sin da subito tramò alle mie spalle con la
complicità della mia domestica personale. La terza
moglie, la splendida ed ex cantante d'opera Meishan,
nutriva un sentimento di gelosia nei miei confronti
perché temeva, in quanto bella e giovane come lei,
che accentrassi tutte le attenzioni del nostro
padrone.
Entrai nelle ampie ed eleganti
stanze del palazzo a passi felpati cercando sin da
subito di non urtare le altre suscettibilità
provando nel contempo a non alterare minimamente i
meccanismi già oliati di quella convivenza pur
convinta che la mia presenza non sarebbe affatto
passata inosservata.
Pur vivendo nel lusso e
nell’opulenza mi accorsi sin da subito quanto la
condizione femminile fosse assoggettata al potere
patriarcale, alla legge maschile, al punto di
rendere la donna in completa schiavitù. Eravamo
praticamente prigioniere della casa e quella
segregazione era resa ancora più oppressiva dalla
feroce competizione delle donne per ottenere i
favori del nostro amato marito. All’interno di quel
grande palazzo, simbolo di una prigionia dorata,
ogni cosa risultava falsa, ogni atteggiamento aveva
uno scopo ben preciso e la vita che si conduceva era
miseramente vuota come del resto le anime delle
persone che ci vivevano.
Ed erano proprio le
lanterne rosse il simbolo di quella convivenza,
bramato dalle donne perché indice di piccole
concessioni in mezzo a quel mare di vessazioni e
divieti, regole e rigide leggi di privazioni dettate
da un potere quasi invisibile. Mi accorsi che
intorno a quelle lanterne si orchestravano i giochi
di potere tra le donne. Infatti all'esterno della
porta della prescelta, dove il signore padrone
avrebbe trascorso la notte, venivano poste dai servi
del signore le lanterne rosse, ad indicare che la
prescelta, per il giorno e quello successivo, poteva
godere del privilegio di disporre ordini e compiti
per tutte le altre fino a quando le lanterne non si
sarebbero accese nuovamente indicando la nuova
prescelta o la stessa per la notte successiva.
Quando capii quelle dinamiche mi resi conto
quanto quel semplice gesto quotidiano fosse
diventato una vera e propria ossessione tanto da
scatenare odio e conflitti reciproci e cercando di
mettere in cattiva luce le altre al fine di essere
le prescelte.
Meishan, l’ex-soprano, nonché la
più giovane e ancora attraente e quindi ancor più
gelosa per le attenzioni che il Signore rivolgeva a
me, complice il medico di famiglia, che scoprii in
seguito fosse il suo amante, iniziò a fingere
continui malori. Poi non contenta, con il suo canto,
iniziò a disturbare la nostra intimità. Anche le
altre due, Zhuoyun e Yuru, visto l’interesse del
nostro Signore, iniziarono a tramare alle mie spalle
rivelando a nostro marito il mio malcontento.
Lui mi punì trascurandomi e per un periodo piuttosto
lungo accendendo solo le lanterne delle altre. Caddi
in una profonda tristezza e a quel punto per
riconquistare le sue attenzioni finsi di essere
incinta. Immediatamente nel palazzo si illuminarono
tutte le lanterne del cortile in segno di festa.
Purtroppo non aspettavo nulla e la mia pancia
era miseramente vuota, Yan'er la mia domestica,
sospettando che non fosse vero, non esitò a
riferirlo al mio signore, il quale chiamò
immediatamente il medico e così venne fuori
l’inganno. Lui per vendetta fece ricoprire con
luttuosi drappi la mia stanza segno di eterna
umiliazione e vergogna. Disperata per quanto era
accaduto mi vendicai sulla domestica facendola
inginocchiare per diverse ore nella neve. Lei mi
chiese più volto perdono ma io non ascoltai le sue
suppliche al punto che perse la vita a causa della
polmonite. Non contenta rivelai al mio signore la
tresca tra il medico e Meishan, quando lei confessò
il tradimento, i servi del padrone la impiccarono
nella camera della morte come la legge arcaica
disponeva per le fedifraghe. Sconvolta per quella
morte mi feci ricevere dal signore il quale
giudicandomi pazza mi ordinò di dire che la terza
moglie si era semplicemente suicidata….
Sull’orlo della follia, dilaniata dai sensi di colpa
e scacciata dalle altre perché refrattaria alle
regole della casa, la bella e giovane Songlian
resterà nelle stanze vuote e vagherà come uno
spettro. Addobba la casa di Meishan con le lanterne,
suona un suo disco e crea l'illusione di un fantasma
nella casa. Intanto il padrone ha rimpiazzato la
povera Meishan sposando Chen, una giovanissima
ragazza poco più che bambina. Da poco giunta nel
palazzo la giovane chiede chi sia quella donna che
vaga nel cortile: "Era la nostra quarta signora - le
viene risposto - è diventata pazza!".
Come
cantava Meishan con la sua voce da usignolo: “Se si
recita bene, si ingannano gli altri, se si recita
male, inganniamo noi stessi e se non siamo capaci di
ingannare noi stessi, non ci restano che i
fantasmi!” E Songlian, diventando fantasma di se
stessa, si era sottratta per sempre alle regole
della grande rappresentazione, della grande farsa
che è la vita.
La vita delle concubine
continuerà: la stessa che Songlian non ha potuto
sopportare.
Lanterne rosse è un film del
1991 diretto da Zhāng Yìmóu, basato sul romanzo
Mogli e concubine di Su Tong.
Il film fu
candidato al Premio Oscar per il Miglior film
straniero nel 1992.