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GIALLO PASSIONE
AMARSI? CHE CASINO!
Black Dahlia
La tragica e inquietante storia di Elizabeth
Short
L'omicidio di
Elizabeth Short è stato definito come uno
dei crimini più brutali della storia americana.
La rivista Time lo ha elencato come uno dei
più infami casi irrisolti al mondo.»
Mi chiamo Elizabeth Short
ma tutti mi conoscono
come Black Dahlia. Sono nata il 29 luglio del 1924 a Hyde Park,
un quartiere della città di Boston, ma quando avevo sei anni con
mia madre e le mie quattro sorelle ci trasferimmo a Medford nel
Massachusetts dopo che mio padre aveva pensato bene di
abbandonare la famiglia per trasferirsi in California.
Sin da piccola soffrivo di asma ed ero tormentata da varie forme
piuttosto gravi di bronchite, mia madre d’estate mi portava in
Florida per curarmi. Forse a causa della malattia che non mi
lasciava in pace giorno e notte ero una ragazza insofferente e
ben presto lasciai gli studi per andare a lavorare come
cameriera, poi a 19 anni decisi di lasciare anche mia madre e di
andare a vivere con mio padre a Los Angeles, ma anche lì durai
poco e dopo l’ennesimo litigio lasciai la casa e trovai lavoro a
Camp Cooke, in California, in un ufficio postale.
Sempre
nel 1943 fui arrestata fuori da una birreria a Santa Barbara per
ebbrezza e visto che per la legge californiana ero ancora
minorenne fui riaccompagnata dai poliziotti da mia madre a
Medford. Per un periodo feci la brava bambina, per mantenermi
lavoravo nella mensa dell'Università di Harvard, poi, sempre per
i miei problemi di salute, mi trasferii di nuovo in Florida. Qui
incontrai il maggiore dell'Aeronautica statunitense Matthew M.
Gordon Jr., all'epoca in procinto di essere trasferito al
fronte.
Quando lui partì io avevo ventuno anni e alcuni
mesi dopo, mentre lui era ricoverato in un ospedale militare in
India Gordon, mi chiese di sposarlo, io accettai, ma purtroppo
morì il 10 agosto 1945 in un incidente aereo. Dilaniata dal
dolore lasciai la Florida e tornai in California. Fu qui che mi
soprannominarono Dalia Nera a causa della mia passione per il
film La dalia azzurra e l'abitudine a vestirmi in nero. Dicevano
che ero bella e in un certo senso sfruttavo la mia bellezza per
conquistare gli uomini in divisa, per i quali, dopo la morte del
mio fidanzato, avevo una vera e propria fissazione. Nel luglio
del 1946 mi fidanzai con il tenente dell'aviazione militare
Joseph Gordon Fickling di stanza presso la base aerea della
riserva navale di Long Beach, ma il mio sogno era il cinema e
per un periodo frequentai Hollywood con la speranza di diventare
una star o quanto meno d'entrare nel mondo dello spettacolo...
Feci la comparsa in Casablanca e girai segretamente qualche
pellicola minore dal sapore erotico per altro illegali negli
anni quaranta. Nel frattempo affittai una stanza dietro il
nightclub dei Florentine Gardens su Hollywood Boulevard e per
mantenermi da vivere facevo la cameriera…
*****
…Mi chiamo Harry Hansen, sono il tenente
della FBI di Los Angeles incaricato di seguire le indagini della
morte di una certa Elizabeth Short soprannominata Black Dahlia.
Era la mattina del 15 gennaio del 1947 quando alla Centrale
arrivò una segnalazione. La signora Betty Bersinge a passeggio
con sua figlia di tre anni aveva trovato a Leimert Park in un
terreno non edificato il corpo di una ragazza non identificata.
Inizialmente la signora Bersinger pensò che si trattasse di un
manichino abbandonato, ma una volta capito che era un cadavere
corse in casa e telefonò alla polizia.
Mi precipitai sul
posto e quando arrivai vidi una folla incredibile di
giornalisti, poliziotti e curiosi intorno a quel corpo nudo. Era
squarciato in due parti, ossia segato a metà all’altezza della
pancia e mutilato con vistosi segni di tortura. Le viscere erano
state accuratamente sistemate sotto le natiche per nasconderle
alla vista. La parte inferiore, che si trovava collocata
leggermente più lontano, aveva le gambe spalancate come a voler
simulare un amplesso. La ragazza aveva i capelli tinti di rosso
e le era stato lavato via accuratamente il sangue dal corpo. Il
volto era mutilato da un profondo taglio da un orecchio
all'altro, creando l'effetto chiamato Glasgow smile.
Dopo
l’esame dell’autopsia vennero accertati altri particolari fra
cui degli ematomi sulla testa e lacerazioni da corda sui polsi.
A causa della natura dell’efferato delitto fu fortissima
l'attenzione dell'opinione pubblica sul caso. I giornali,
affascinati dalla sua morte e interessati a scoprire la sua vita
passata, andavano letteralmente a ruba. Comunque iniziammo
subito le indagini che coinvolsero centinaia di agenti ed
ispettori, perfino di altri dipartimenti. Non fu una cosa facile
visto che la scena del crimine era stata contaminata dai
curiosi, giornalisti e poliziotti stessi. I sospettati furono
centinaia e vennero ascoltate un migliaio di persone.
Nessuno era in grado di identificare la ragazza morta e la sua
identità rimase ignota per un’intera settimana finché il 23
gennaio il killer che si firmò il “Vendicatore della Dalia nera”
non si fece sentire mandando una lettera al Los Angeles Examiner
e inviando un pacchetto contenete il certificato di nascita
della Short, vari biglietti da visita e fotografie. Sempre su
indicazione dell’assassino furono ritrovati in un cassonetto
vicino al luogo del delitto una scarpa e la borsetta della
vittima.
Dalle numerose testimonianze cercai di
ricomporre i suoi ultimi giorni di vita. Molte furono le ipotesi
e qualche testimone ammise di essere stato un cliente della
ragazza per cui Elizabeth era a tutti gli effetti una
ragazza-squillo, ma non fui mai certo che lo fosse davvero.
Altre ipotesi riconducevano al delitto passionale. Elizabeth
Short era molto bella e molto spesso attirava la gelosie delle
altre donne. Ciò spiegava la posizione del corpo e il viso
deturpato dalla sua bellezza. Comunque stabilii che l'ultima
volta che Elizabeth era stata vista viva fu la sera del 9
gennaio 1947 nel salone del Biltmore Hotel di Los Angeles, in
compagnia di un uomo Robert M. Manley, detto "Red". Appurai in
seguito che quel giorno Elizabeth stava tornando a casa dopo un
viaggio a San Diego appunto col suo amico Robert, un venditore
sposato di 25 anni con cui usciva insieme.
Dell'omicidio furono accusate o si auto-accusarono almeno 60
persone, di cui la maggior parte uomini. Tra questi risultarono
22 sospettati "principali". Tra i quali Robert M. Manley, detto
"Red", il quale come detto era stata l'ultima persona ad aver
visto Elizabeth in vita. Fu il primo sospettato, ma dopo averlo
sottoposto a vari test e dopo aver verificato il suo alibi, lo
rilasciai.
Era ovvio che l’autore di quel delitto doveva
essere un esperto chirurgo per cui mi concentrai su Walter
Alonzo Bayley, un chirurgo di Los Angeles, separato dalla
moglie, la cui figlia era amica di Virginia Short, ossia la
sorella di Elizabeth, di cui fu anche testimone di nozze. Bayley
all’epoca aveva 67 anni e non aveva alcun precedente penale, tra
l’altro soffriva di una malattia degenerativa che lo portò alla
morte alcuni mesi dopo.
Alcuni giorni dopo si presentò
negli uffici della Centrale Joseph A. Dumais, un soldato di 29
anni di stanza in New Jersey. Chiese un colloquio riservato con
me e si autoaccusò del delitto. I giornali uscirono con titoli
cubitali a nove colonne e la grande foto di Dumais. Finalmente
era stato trovato l’assassino, ma da ulteriori indagini scoprii
che Dumais non poteva essere l’autore del delitto in quanto al
momento dell'omicidio era alla sua base di appartenenza in New
Jersey.
Poi fu la volta di Woody Guthrie, il famoso
cantante folk, anche lui venne iscritto nel registro degli
indagati in seguito ad un'ipotesi di collegamento fra il delitto
Short e una denuncia per molestie, fatta da una donna
californiana di cui Guthrie era innamorato e che dallo stesso
aveva ricevuto lettere minatorie e contenenti pesanti allusioni
sessuali. L'ipotesi decadde in seguito per mancanza di prove.
Stesso discorso per il medico George Hodel, accusato dalla
figlia quindicenne per molestie. La stessa figlia aveva
dichiarato che la notte dell'omicidio, suo padre non era in
casa.
Il caso suscitò qualche sospetto di collegamento con
il caso Short, tanto che decisi di porre il dottor Hodel sotto
sorveglianza per accertare la sua eventuale implicazione nel
delitto. In effetti il dottor Hodel era stato un cliente/amico
di Elizabeth e durante una perquisizione avevo scovato una foto
che ritraeva l’accusato nudo assieme ad una modella di colore
Mattie Comfort anch’essa nuda. Fu la stessa modella a
scagionarlo affermando che al momento dell’omicidio i due
stavano facendo l’amore nell’appartamento di lui.
Tra gli
altri fu accusato del delitto anche il regista Orson Welles. Fu
la vicina di casa della famiglia Short a Medford, ad affermare
che il regista poteva essere l'assassino di Elizabeth Short
basando la sua teoria sul fatto che tre mesi prima della morte
della Short il regista aveva creato alcuni manichini che
presentavano le stesse mutilazioni inflitte alla ragazza. Questi
manichini dovevano essere usati per alcune scene, poi tagliate
da Harry Cohn, del film La signora di Shanghai a cui stava
lavorando al momento del delitto. Quando seppe dell’indagine
Welles lasciò gli Stati Uniti senza aver completato il montaggio
di Macbeth e rimase per circa dieci mesi in Europa. Comunque pur
non inserendo mai Welles nel registro degli indagati scoprii che
il regista e la Short frequentavano lo stesso ristorante di Los
Angeles.
L'omicidio di Elizabeth Short è stato definito
come uno dei crimini più brutali della storia americana. La
rivista Time lo ha elencato come uno dei più infami casi
irrisolti al mondo.
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ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FONTI:
https://it.wikipedia.org/wiki/
http://www.lefotochehannosegnatounepoca.it/
https://www.vanillamagazine.it
FOTO GOOGLE IMAGE
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