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Adamo Bencivenga
La rapina al World Diamond Center
(Anversa, Belgio
2003)
La mente della
spettacolare rapina di diamanti ad Anversa
si confessa. Un Jean Paul Belmondo, un po’
sbruffone, ma serissimo quando nel 2003
portò a termine una rapina ritenuta impossibile,
fu così incredibile che la Paramount comprò
i diritti per farne un film prodotto da J.J.
Abrams
Anversa è una delle città più importanti del mondo per il commercio di
diamanti, Anversa Belgio, capitale delle Fiandre, dove ogni anno passano
per essere lavorati oltre 16 miliardi di dollari in diamanti. Avete capito
bene: SEDICI MILIARDI! Qui ci sono centinaia di laboratori e società
che se ne occupano, concentrate in un unico quartiere. E fu proprio qui,
tra il 15 e il 16 febbraio del 2003, che la Antwerp World Diamond Centre
subì una delle rapine più incredibili degli ultimi vent’anni.
A questo punto mi presento, dicono che sono un bell’uomo di aspetto
asciutto e fisico atletico, assomiglio alla lontana a Jean Paul Belmondo,
anche se da giovane preferivo Cary Grant nel film di Hitchcock Caccia al
ladro e in effetti come lui, non ho mai usato un’arma. Comunque non sono
francese e neanche americano, sono un italiano del Sud, di Palermo, e fui
proprio io a coordinare tutte le attività di quella rapina. Sono sempre
stato un maestro nei travestimenti, sapevo recitare molto bene la parte
dell’uomo di affari raffinato e competente. Allora decisi di entrare in
quel caveau, che si trovava su due piani sotto il piano principale. Era
protetto da molteplici meccanismi di sicurezza, tra cui un lucchetto con
100 milioni di possibili combinazioni, rilevatori di calore a infrarossi,
un sensore sismico, radar Doppler e un campo magnetico, praticamente
impenetrabile con i suoi dieci livelli di sicurezza. Beh fui proprio io
l’autore, quello che somigliava a Jean Paul Belmondo, un po’ sbruffone e
megalomane ed estremamente elegante come sono gli italiani all’estero. Fui
proprio io sì, anche se l’idea della rapina non fu mia, la feci su
commissione di un grosso commerciante di diamanti di origini ebraiche che
lavorava proprio ad Anversa.
Qui nel Quartiere dei Diamanti sono
quasi tutti ebrei e dove ci sono gli ebrei ci sono gli affari diceva
spesso mio padre. E allora tre anni prima della rapina affittai un piccolo
ufficio scarsamente arredato per 700 euro al mese nell’edificio
dell’Antwerp World Diamond Centre, ottenendo così un pass per entrare a
qualsiasi ora del giorno e della notte. Mi presentai come un commerciante
di diamanti di Torino e cominciai a fare piccoli affari ed a conoscere
altre persone del settore. E quando fui abbastanza conosciuto decisi di
affittare una cassetta di sicurezza e per settimane esaminai da vicino il
caveau.
Alla fine chiamai il commerciante e gli dissi che la rapina
era impossibile, lo feci ovviamente per far lievitare la mia percentuale.
Lui che conosceva le mie capacità, ci rimase male, non disse nulla, ma
qualche mese dopo mi ricontattò e mi portò in un magazzino dove aveva
fatto costruire un’esatta replica del caveau. Lì conobbi i quattro
componenti della futura banda, erano italiani e mi spiegarono come
avrebbero fatto a disattivare la maggior parte dei sistemi di sicurezza.
Dei veri geni!
Mi convinsero e insieme cominciammo a lavorare
finché venne il giorno stabilito. La sera della rapina, il 15 febbraio
2003, quando la tennista Venus Williams stava giocando le semifinali di un
torneo in città, e nel quartiere dei diamanti c’era poca gente a
passeggio, i miei quattro uomini, ognuno di loro specializzato nel proprio
settore, riuscirono ad entrare nell’anticamera del caveau passando dal
retro dell’edificio e utilizzando un telo di poliestere per schermare i
sensori di calore. Arrivati nel locale immediatamente fuori dal caveau
disabilitarono i vari dispositivi. Uno del gruppo era riuscito a creare un
duplicato della chiave del caveau tramite un video di sicurezza che ero
riuscito ad ottenere per vie traverse. Alla fine arrivarono davanti al
deposito e dopo aver spruzzato uno spray per capelli sul sensore di
calore, in modo che non si allarmasse e consentisse loro qualche minuto di
movimento senza essere rilevati, entrarono nel caveau e manomisero i fili
elettrici del sistema di sicurezza dentro un pannello sul soffitto.
Grazie alla perfetta replica conoscevano a memoria il caveau per cui
lavorarono quasi sempre al buio, accendendo delle torce solo a
intermittenza, per alcuni secondi. Per aprire le cassette utilizzarono un
trapano speciale, senza fare alcun rumore, insomma lavorarono con estrema
calma e alle cinque e mezza del mattino seguente ne avevano aperte un
centinaio o poco più prelevando diamanti per circa 100 milioni di euro.
Poi per farsi beffa della polizia sostituirono le cassette vhs del sistema
video di allarme con un film porno. All’alba uscirono fuori dall’edificio
col bottino, velocemente saltarono sulla mia macchina e ci dileguammo.
Una rapina perfetta! Ma qualche giorno dopo fui arrestato per una
strana e maledetta coincidenza. Anch’io avevo fatto un errore! Due
giorni dopo la rapina un pensionato chiamò la polizia dicendo che dei
ragazzini avevano lasciato della spazzatura nella sua proprietà e che tra
l’immondizia c’erano alcune confezioni con il nome dell’Antwerp World
Diamond Centre. A quel punto i poliziotti non persero tempo ed andarono
subito a verificare. Da alcuni frammenti di una fattura per l’acquisto di
un sistema di videosorveglianza e soprattutto dai resti di un panino col
salame recuperarono un profilo genetico compatibile con il mio.
I
giornali belgi già il giorno dopo uscirono con grossi titoli pieni di
pregiudizi contro gli italiani, accusati di mangiare pizza, suonare
mandolino e soprattutto di essere dei criminali mafiosi, ma nel frattempo
noi avevamo fatto perdere le nostre tracce, il giorno dopo avevamo
lasciato il Belgio e ci eravamo dati appuntamento in Italia ad Adro, in
provincia di Brescia, ma io non mi presentai. Preferii andare dalla mia
famiglia ed il giorno successivo ripartii per Anversa, per restituire
l’auto presa a noleggio. E mentre la polizia italiana perquisiva la mia
casa io ero di nuovo all’Antwerp World Diamond Centre per ritirare la
posta. Una guardia privata mi riconobbe, e immediatamente avvertì la
polizia. Mi arrestarono e nel maggio del 2005, mi processarono e
condannarono a ben dieci anni di carcere. Ovviamente era una pena
esemplare visto che non c’era stato spargimento di sangue e non eravamo
armati, ma mi rifiutai di confessare, negando sempre tutto, anche di fare
i nomi dei miei complici e di rilevare dove fosse nascosto il bottino. Due
della banda furono arrestati successivamente e condannati a cinque anni,
mentre gli altri due, tra cui quello che aveva duplicato la chiave del
caveau, non furono mai rintracciati. Comunque pene esemplari visto anche
che i titolari delle cassette di sicurezza non ci rimisero neanche un euro
perché furono tutti rimborsati dalle assicurazioni e dal governo belga, un
regalo per non far emigrare le società vittime del colpo. Anzi grazie a
quel colpo diventarono più ricchi perché denunciarono somme ingenti e
false lucrando chissà quando.
Per quanto mi riguarda posso dire
che nella mia vita qualche colpo l’ho fatto, ho rubato perché sono nato
con la vocazione e nell’ambiante conoscevo esperti in serrature e
casseforti, neutralizzatori di allarmi e gente in grado di scavare tunnel
ovunque. Persone davvero geniali! Io ero solo uno specialista del fascino,
mi sapevo presentare, avevo un’aria onesta. Nulla di più. Comunque mi
feci sei anni di carcere, ma ora sono libero e i diamanti rubati non
furono mai trovati!
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Il presente racconto è liberamente tratto dalla vicenda
del World Diamond Center di Anversa
https://www.lastampa.it/2009/03/21/
https://www.ilpost.it/
https://www.lastampa.it/2016/04/13/italia
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