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I RACCONTI DI GIALLO PASSIONE






Adamo Bencivenga
Il destino di Sophie








 


Oh sì, Sophie è morta, è morta perché la madre Isabelle l’ha ammazzata e l’ha ammazzata perché Sophie ha visto qualcosa che non doveva vedere. Testimone scomodo da sopprimere assolutamente in perfetto stile mafioso. Ma qui la Mafia non c’entra nulla, questa è solo una brutta storia, una disumana storia di passione e tradimento.

Dio com’era bella Sophie, occhi grandi francesi, di un inteso colore di mare, profondo, con due fossette sulle guance rosa, e trecce soffici e bionde che la stessa madre pettinava con cento colpi di spazzola tutte le sere e poi quelle labbra, rosse e pronunciate, buone sole, in un futuro prossimo, per essere baciate.

Come era bella Sophie e com’è strano questo mondo! La madre l’adorava, aveva grandi progetti per lei, da grande avrebbe voluto che diventasse una modella, bella come lei, certo, perché anche lei era una bella donna di 43 anni, esattamente trentatré in più della figlia. Va bene sì, è stato un raptus, tutti lo hanno testimoniato, tutti sperato, e tutti dicono che al processo avrà delle attenuanti, ma sta di fatto che rimane un’assassina e per giunta l’assassina di sua figlia.

Era figlia unica Sophie, così sola che giocava al dottore davanti allo specchio ed a campana sul marciapiede di quel vicolo stretto inventandosi un’altra Sophie per poter gareggiare e vincere o perdere. Frequentava la quinta elementare ed era la prima della classe, alunna giudiziosa ed intelligente, nell’unica scuola di Montagnac, tremila seicento anime o poco meno a Sud della Francia.

Il padre Antoine faceva l’autotrasportatore, viaggiava per l’Europa con il suo camion di proprietà, Spagna, Polonia, Grecia, Romania per portare i suoi carichi, dai gamberi freschi, alle angurie, ai pomodori, ma anche mobili, attrezzature agricole, insomma qualunque cosa, pur di non tornare a casa a mani vuote e senza almeno un regalo, comprato nei posti più sperduti del continente, per la sua amata figlia Sophie. Certo il lavoro era duro, Francois aveva ormai 50 anni e ad ogni partenza si rendeva conto che sarebbe dovuto stare più vicino alla figlia e soprattutto alla moglie, ma si guadagnava bene e finora non aveva mai rifiutato un carico.
Ovvio che ogni giorno, si ripeteva, che sarebbe stato l’ultimo e che avrebbe dovuto cercarsi un lavoro più tranquillo, magari come cameriere a Meze oppure a Balaruc-les-Bains, che gli permettesse la sera di tornare a casa, ma finora, forse per pigrizia oppure perché sotto sotto anche lui adorava la libertà, non aveva ancora trovato qualcosa di soddisfacente.

Ma ora veniamo ai fatti. È un banale mercoledì e precisamente il 29 novembre del 2006 alle 21:00 in punto quando la madre di Sophie, denuncia al Capo della Gendarmerie, Monsieur Philippe Legrand, la scomparsa della figlia. Sconvolta e in preda al panico, dice che la figlia è uscita di casa alle 16:30 per andare a lezione di danza e poi di averla aspettata a casa, ma che Sophie alle 18:15 com’era suo solito, non avrebbe fatto ritorno. A quel punto dopo aver atteso quasi un’ora era uscita di casa e, prima da sola a piedi e poi in auto in compagnia della cognata avrebbe fatto delle ricerche, ma di Sophie nemmeno l’ombra.

Monsieur Philippe Legrand conosceva benissimo la bambina perché per un anno suo figlio George aveva frequentato la stessa scuola elementare. Legrand comunque tranquillizza la madre, anche perché nella zona, le dice, non sono mai accaduti casi di rapimento di bambini, ma nel contempo non può non pensare ad una disgrazia per cui chiama immediatamente il suo sottoposto ed iniziano le ricerche. Dopo una breve perlustrazione per le strade del centro del paese, le due macchine della gendarmerie iniziano a setacciare la periferia, pozzi, campi e case diroccate. La madre intanto, accompagnata anche dai suoceri e nonni di Sophie, continua personalmente per tutta la notte a cercare la figlia.

La mattina dopo Legrand inizia ad interrogare parenti, vicini e diverse persone che in qualche modo avrebbero potuto incontrare Sophie tra cui la maestra di danza della bambina, la quale assicura che Sophie il giorno prima non si era presentata a scuola, anche le mamme di altre due allieve della scuola testimoniano di non aver visto Sophie. Quindi la bambina dopo essere uscita di casa non ha mai raggiunto la scuola. Dove è andata Sophie? Magari la bimba si è spinta fino alla A75 e uno sconosciuto le ha dato un passaggio oppure Sophie è scivolava sul greto del fiumiciattolo che passa a qualche centinaio di metri dalla sua casa. Comunque solo ipotesi perché della bimba non c’è traccia. A quel punto non può fare a meno di diramare a tutte le gendarmerie della zona la foto e le informazioni di base di Sophie. Da quel momento la bambina entra nella lista delle persone scomparse.

Siamo ora al primo dicembre del 2006, sono le ore 23:30, quando la gendarmeria di Balaruc-les-Bains comunica via radio che un pescatore di nome Serge Clement avvista tra le insenature di Crique de l’Angle un piccolo cadavere. Immediatamente viene avvisata la madre, il padre non è al momento in Francia, e insieme a Legrand si reca sul posto e riconosce su quella piccola spiaggia il corpo della figlia scomparsa. Dopo il riconoscimento la piccola viene raccolta dalla polizia scientifica per disporne l'autopsia. Dopo alcuni giorni l’indagine scientifica appura che la bimba è morta tra le 16:30 e le 17:00 del giorno della scomparsa per strangolamento e non per annegamento come si era ritenuto in precedenza, per cui il corpo della bimba è stato gettato in mare, privo di vita, successivamente. Da questi rilievi si esclude così l’accidentalità del fatto. E poi al momento del ritrovamento la bimba non aveva indumenti indosso. Si pensa immediatamente che Sophie sia stata violentata e poi gettata in mare, ma i rilievi scientifici non riportano alcun segno di violenza sessuale.
Chi è stato ad uccidere Sophie Boyer? E per quale motivo?

In seguito alla scoperta dei resti della bambina Legrand dispone la visione di tutte le telecamere lungo la A75 da Montagnac fino a Balaruc-les-Bains. La madre di Sophie continua a confermare la sua tesi. I militari perquisiscono più volte la casa e la macchina della madre senza trovare nulla di rilevante. Intanto il padre della bimba Antoine fa ritorno a Montagnac, un giornalista di una tv locale riesce a strappargli qualche parola e lui dichiara che la sua famiglia non ha nemici e che non riesce proprio a capacitarsi come sia successo e chi abbia potuto compiere quell’orrendo delitto.

Il giorno stesso dei funerali nella chiesa principale del paese, ai quali non partecipa la madre per il troppo dolore, la Procura di Meze fa sapere che Sophie Boyer è morta sì per strangolamento, ma non sono state le mani nude a provocare il soffocamento. Visti i segni sul collo si ritiene possibile che sia stato un filo elettrico o una corda di plastica dura, ma non di grosso spessore. Legrand a quel punto non può non pensare che il delitto sia successo in casa o in un luogo comunque al coperto dove è più probabile avere a portata di mano quel tipo di arma improvvisata. Forse il delitto non è stato premeditato, forse si tratta solo di un raptus, ma chi può far questo ad una bambina che non ha subito violenza sessuale?

I giorni passano, poi sono solo ore quando si fa strada il convincimento che possa essere un delitto o una disgrazia avvenuta tra le mura domestiche. La madre intanto non cambia versione, aggiunge però che tra le 16:30 e le 17:30 quel giorno è uscita di casa per andare a fare delle spese in un centro commerciale della zona, dice di aver comprato un paio di scarpe, ma di non aver ritirato lo scontrino al momento del pagamento. La bella statuaria padrona del negozio afferma che per una leggera indisposizione quel giorno non era presente in negozio, ma la sua collaboratrice smentisce decisamente Isabelle affermando di non aver venduto quel paio di scarpe rosse molto particolare con il tacco da 12 centimetri.
Perché la donna, si chiede Legrand, dopo due settimane, ha avuto il bisogno di aggiungere quel particolare tra l’altro non veritiero? Perché poi ha diretto le indagini verso quel negozio?

Convocata in Procura e interrogata di nuovo Isabelle ammette di aver sbagliato giorno e cambia versione dicendo di essere stata sì al centro commerciale, ma di aver comprato solo mezzo chilo di pane, quattro etti di tonno fresco e una bottiglia di acqua minerale. Dice inoltre di essere uscita verso le 17:00 e di aver fatto un giro in macchina senza meta. Beh questa versione della signora è più plausibile in quanto le telecamere della stazione di servizio Erg, all’imbocco della A75 dove si trova il centro commerciale, confermano che la piccola Peugeot nera è transitata da quelle parti alle ore 17:51 e poi ancora alle 18:05. Comunque nulla da eccepire, la signora è veramente andata a fare spese al supermercato, ma cosa ha fatto prima la signora Boyer? Perché ha viaggiato per quasi un’ora senza meta? Purtroppo nei pressi della sua abitazione vi è solo una telecamera non funzionante da tempo di un farmacia e quindi non possiamo sapere a che ora sia effettivamente uscita la madre di Sophie. E se non fosse uscita per niente? Se fosse rimasta a casa fino alle 17:50?
Sappiamo solo che l’abitazione della famiglia Boyer è dotata di un ampio garage da cui si accede ai piani superiori internamente per cui anche se ci fosse stata una telecamera avremmo solo visto una macchina uscire dalla rampa e null’altro.

Interrogata poi sui rapporti con la figlia, Isabelle confessa al procuratore una certa conflittualità con la figlia, ma non spiega i motivi. Dice però che quel pomeriggio dopo essere tornata da scuola, Sophie era molto nervosa e durante il pranzo aveva manifestato la sua intenzione di non voler andare a lezione di danza perché le compagne la prendevano in giro in quanto, avendo frequentato il corso per un solo anno, non era ancora capace di ballare sulle punte.

Perché il rapporto tra madre e figlia era così conflittuale e tra l’altro da tempo?
Dagli interrogatori dei parenti più stretti emerge che Isabelle aveva sofferto in passato di saltuarie crisi depressive per non aver potuto realizzare le sue ambizioni e per non aver mai accettato quella vita monotona in quel piccolo paese. Antoine, il padre di Sophie, interrogato dal procuratore, forse per le sue continue assenze, non sa dare alcuna risposta. Per quanto lo riguarda in quella famiglia regna da sempre l’armonia e le crisi della moglie ormai passate erano di poco conto. Il procuratore gli chiede a bruciapelo se la sua amata consorte possa avere una relazione extraconiugale, ma lui per quanto ne sa smentisce decisamente.

Legrand a quel punto inizia ad indagare sulla famiglia e suoi loro rapporti. Antoine ed Isabelle si sono sposati nel 1996 e dopo pochi mesi hanno avuto la bambina. Lui originario di Montagnac, dove ha sempre vissuto, ha incontrato la bella Isabelle in un locale notturno. Se ne è subito innamorato e dopo vari incontri, come dire a pagamento, hanno iniziato a frequentarsi, poi è nata una vera e propria relazione. Lei è originaria di un sobborgo di Parigi, ha avuto una infanzia difficile, senza padre ha perso la madre all’età di quindici anni ed fino alla maggiore età ha frequentato il liceo artistico senza ottenere il diploma vivendo con i nonni materni. Gli archivi della Polizia della capitale francese riportano a suo carico due denunce per atti osceni e un’aggressione ad un poliziotto. Sta di fatto che Antoine ne è orgoglioso, crede davvero di non meritare quella bellezza ed entusiasta la presenta alla famiglia nascondendo però i suoi trascorsi.

Le indagini si restringono, la versione di Isabelle con il passare dei giorni inizia a scricchiolare. Gli orari indicati dalla donna combaciano con quelli delle telecamere viste e riviste dagli investigatori, ma ci sono buchi incomprensibili che la donna non riesce a giustificare. Ad esempio non c’è nessuna immagine per le strade del paese di Sophie in quel lasso di tempo, come non ci sono quelle della madre, per cui nella mente di Legrand si rafforza la tesi che la ragazzina e sua madre non siano mai uscite di casa. Poi la sera del 18 dicembre 2006, a venti giorni dal delitto, arriva la svolta. Isabelle Boyer viene portata in Procura e arrestata con l'accusa di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere. Per lei si aprono le porte del carcere di Meze. È solo un atto di forza da parte della Procura, ci sono indizi, ma non prove, ma lei, in quella stanza fredda con un faro puntato negli occhi, ha una crisi di nervi e crolla e immediatamente dichiara: "Voglio essere punita per quello che ho fatto, ma non per quello che non ho commesso. Se ci sono responsabilità mie pagherò.”

Quindi cosa è successo tra le 16:30 e le 17:00, ovvero l’ora presunta della morte, di quel maledetto 29 novembre del 2006? La seconda versione proposta è quella di un capriccio della bambina, relativo al fatto di non voler andare a scuola, che avrebbe scatenato una reazione negativa da parte della madre. A detta di Isabelle, Sophie, dopo la discussione si sarebbe rinchiusa nella sua stanza minacciando di uccidersi se la madre avesse insistito a portarla a scuola di danza. Poi, forse per la rabbia e dopo le insistenze della madre, avrebbe girato più volte un filo elettrico attorno al collo fino a soffocarsi. Ma questa è solo un ipotesi, perché al momento della morte Isabelle non era in casa, ma avrebbe scoperto il cadavere dopo le 18:15 ovvero dopo essersi recata al supermercato. Al ritorno a casa la tragica scoperta e convinta che nessuno le avrebbe mai creduto e presa dal panico per la paura che suo marito l’avrebbe in qualche modo accusata della morte della figlia avrebbe caricato il corpo in macchina. Da sola e senza alcun complice avrebbe preso la A75 sarebbe arrivata fino a Balaruc-les-Bains, e nei pressi di un dirupo avrebbe gettato il corpo in una insenatura della Crique de l’Angle.

Beh qualche ammissione ora c’è, ma è ovvio che Legrand a questo punto si domandi perché quella telecamera della Erg abbia rivelato i due passaggi ravvicinati della macchina intorno alle 18:00, i quali escludono in maniera chiara il trasporto del corpo fino al mare. E poi come è possibile che una madre esca tranquillamente di casa e vada al supermercato nonostante la figlia abbia minacciato di uccidersi? E come è possibile che Isabelle, una donna piuttosto minuta, abbia potuto da sola strangolare la ragazzina e poi caricarla nel bagagliaio della macchina senza alcun aiuto?
La vicina di casa la signora Adeline Picard conferma che la donna alle 18:30 e fino alle 19:00 è in casa, per cui la donna è sicuramente uscita verso le 17:00 ma non ha girato senza meta. È in quel momento che si è liberata del cadavere della piccola, ma Legrand scuote la testa, perché i tempi sono troppo ristretti da credere che la donna con la sua piccola Peugeot nera abbia potuto in meno di un’ora percorrere due volte il tragitto fino a Balaruc-les-Bains distante circa 20 km e quindi circa 25 minuti a velocità sostenuta.

Le indagini non si fermano, vanno avanti, vengono di nuovo sentiti il padre, i vicini e i familiari più stretti finché lentamente emerge una verità sconvolgente. Sempre dalla vicina di pianerottolo, affranta per la morte della piccola, gli inquirenti vengono a sapere che il cognato di Isabelle, Adrien Boyer era assiduo frequentatore di quella casa, specialmente durante le assenze prolungate e frequenti del marito. La signora Adeline non insinua alcunché, ma dice di essere sicura che l’uomo, un signore anziano di 63 anni, soleva intrattenersi in quella casa anche nelle ore notturne.
Interrogato, Adrien Boyer ammette in parte quelle circostanze, le giustifica asserendo che la cognata aveva il terrore di rimanere sola in casa durante la notte e per questo motivo lui si attardava fino all’ora di cena, ma di non essere mai andato oltre anche perché non avrebbe potuto giustificare quelle assenze alla moglie. Tra le altre cose scaccia da sé ogni accusa infamante giurando di non essere stato in quella casa nelle ore precedenti e successive al delitto.
La moglie di Adrien e il gestore del bar sotto casa confermano che il sessantatreenne all’ora presunta della morte della piccola era in casa e successivamente era uscito per andare al bar rimanendo nel locale fino alle ore 19:00 giocando con alcuni amici alle carte. Anche gli amici convalidano quella versione.

Alcuni vicini confermano, come conferma il titolare della panetteria di fronte e la signora delle pulizie del palazzo. Alla fine Legrand scopre che praticamente tutto il paese era a conoscenza di quella relazione intima tranne ovviamente il marito di Isabelle e la moglie di Adrien.
Isabelle interrogata in carcere fa le prime ammissioni dicendo, tra le altre cose, che non si trattava di una relazione sentimentale, ma che era solo un rapporto di sesso perpetrato giornalmente e alle volte due volte al giorno all’insaputa del marito e soprattutto della figlia. Lei e Adrien consumavano i loro rapporti durante la mattina quando la figlia era a scuola o la sera aspettando che Sophie si fosse addormentata. A quel punto Legrand, dopo ulteriori indagini, scopre che quel giorno la bimba era uscita un’ora prima da scuola e che la stessa era stata accompagnata fino al portone di casa dalla madre di una sua compagna di scuola. Tutto chiaro no? Si chiede Legrand, la bimba tornando prima a casa aveva visto cose che non avrebbe dovuto vedere e poi nel pomeriggio non era voluta andare a danza minacciano di dire tutto a suo padre. A quel punto la reazione di Isabelle è stata fatale.

Il 17 ottobre 2007, a quasi undici mesi dal delitto, al termine del processo con rito abbreviato Isabelle Boyer viene condannata dal giudice dell'udienza a 30 anni di reclusione con l’accusa di aver ucciso sua figlia perché colta in flagrante in atteggiamenti intimi con il cognato e zio di Sophie. La bimba, durante quella discussione per il fatto che si rifiutava di andare a scuola di danza, avrebbe minacciato la madre di dire al padre tutto quello di cui era a conoscenza. Ormai persa e con lo spettro del carcere praticamente a vita Isabelle esplode e durante l’udienza urla che l’assassino di sua figlia è suo zio, ovvero Adrien, ovvero il fratello di suo marito. L’avrebbe uccisa accidentalmente in uno scatto di rabbia stringendole il collo in quanto Sophie continuava a ripetere che avrebbe detto tutto a suo padre al ritorno.

Beh la storia può essere anche veritiera e giustificherebbe il fatto che nessuna telecamera avesse avvistato la Peugeot di Isabelle lungo la A75 fino al mare, quindi con questa versione sarebbe stato lo zio a trasportare il corpo della piccola, ma Adrien non ha la patente, non ha la macchia e non guida. E poi le testimonianza degli amici di carte lo scagionano senza appello. E quindi? Quindi Isabelle mente, mente per scagionare se stessa oppure…

Tutto finito? Assolutamente no. Seppur le indagini siano ufficialmente concluse e la donna giustamente in carcere a scontare la sua pena e il suo strazio di madre assassina, Legrand continua a indagare personalmente. La tesi della procura non lo convince e del resto la madre non ha mai confermato quella versione dei fatti continuando a proclamarsi innocente e di aver scoperto il cadavere solo dopo le 18:15 ovvero quando aveva fatto ritorno a casa. Quindi perché quel giorno Isabelle voleva a tutti i costi che la figlia si allontanasse da casa? Doveva incontrare qualcuno? E se non fosse stato lo zio, chi mai avrebbe dovuto incontrare o ospitare in casa la donna? E perché mai accusa il cognato di tanta nefandezza?
Legrand sempre convinto che Isabelle non avrebbe mai potuto agire da sola, alcuni mesi dopo la condanna riceve una lettera anonima con la quale un presunto testimone lo invita a non mollare e a continuare l’indagine. L’autore di quella lettera si scoprirà successivamente è lo stesso Adrien. Quindi Adrien è innamorato di Isabelle? Perché mai chiede che sia fatta ancora luce sul quel caso? E così che dopo alcune settimane la sua testardaggine viene premiata. Dai tabulati della società elettrica viene a sapere che la mattina del giorno del delitto c’è stata un’interruzione di corrente a causa di una manutenzione straordinaria ed gli allievi della scuola sono stati fatti uscire in anticipo. Poi nel corso di una visita informale nella casa del delitto, ancora sotto sequestro, nel doppio fondo di un armadio Legrand scopre dentro una scatola un sextoy. Il nastro lilla con il quale è legata l’elegante confezione rosa riporta l’indirizzo del negozio di scarpe, lo stesso in cui la donna aveva detto di essere andata il giorno del delitto.
Forse non è un indizio, ma lo scrupolo del militare lo porta a fare due chiacchiere con la bella padrona del negozio. Si chiama Floriane, è una donna magnetica, ed ha circa la stessa età di Isabelle, è bella quanto lei, di un fascino vissuto e particolare. Ed è a quel punto che Legrand scopre che le due sono amiche, che la bella padrona ha frequentato nello stesso periodo il locale notturno dove Isabelle ha incontrato Antoine. Legrand ripensa alla circostanza quando all’inizio dell’indagine Isabelle aveva fornito quell’alibi strano dicendo di aver comprato un paio di scarpe rosse in quel negozio. Forse inconsciamente desiderava portare gli inquirenti sulla strada giusta?

Legrand sa che la donna quel giorno non era in negozio e come lei stessa ha dichiarato al primo interrogatorio è rimasta a casa per una leggera indisposizione, ma le telecamere la smentiscono perché immortalano la sua vecchia volvo xc90 per tutto il tragitto della A75. Lei messa alle strette dichiara di essere andata a Balaruc-les-Bains per un appuntamento e di avere una relazione clandestina con il titolare di un albergo della costa e che ovviamente non vuole far sapere nulla al marito. In effetti il titolare conferma la relazione, a pagamento, ma dice anche che quel giorno non era previsto un loro incontro. È stata la stessa Floriane ad insistere di vederlo. Ovvio che stesse cercando un alibi! Comunque l’amante la smentisce e dice di averla incontrata solo dopo le 18:30 e fino alle 20:00 in una stanza vuota del suo albergo.
Il cerchio si restringe e durante un interrogatorio concitato ammette di avere una relazione con Isabelle.

Lagrand a quel punto ne parla con il procuratore, decidono di riaprire le indagini. Allora Floriane ha una relazione con Isabelle, forse l’ha sempre avuta dai tempi che frequentavano insieme il locale notturno, ma Legrand dopo alcune ammissioni in paese viene a sapere che Isabelle e Floriane hanno avuto altri rapporti con uomini del paese e tra i quali spunta il nome di Adrien.

Lagrand mette sotto sequestro i conti di Adrien e scopre che nel giro degli ultimi sei mesi sono passati sul suo conto enormi quantità di denaro. Dall’indagine bancarie viene a scoprire che quelle cifre ingenti sono frutto di una vendita di appezzamento di terreno di proprietà di Adrien. I prelievi in contanti però non permettono di sapere chi siano i destinatari di quelle somme. Le donne si prostituiscono avendo trovato il pollo da spennare? Sarà o non sarà a Legrand importa poco questa circostanza e quel tipo di attività, anche perché nella sua mente si fa breccia violentemente la pura e macabra verità. A confermare la tesi di Legrand sarà lo stesso Adrien nel processo d’appello, confessando di essere l’autore della lettera e come aveva intuito Legrand di essere pazzamente innamorato della cognata.

Quel giorno al ritorno anticipato da scuola la piccola Sophie ha suonato a casa per farsi aprire il portone, ma il citofono, a causa dell’interruzione elettrica, non funzionava per cui ha fatto il giro della palazzina ed è andata in garage. Poi è entrata in casa tramite la scala di servizio che porta direttamente nell’abitazione. Una volta in casa, sentendo dei rumori strani ha aperto la porta della camera da letto ed ha scoperto sua madre in atteggiamenti intimi con la bella amica Floriane e lo zio Adrien. I tre erano completamente nudi e non c’erano dubbi su cosa stessero facendo. Sophie pur non sapendo esattamente cosa stesse succedendo in quella stanza presa dal panico ha iniziato a gridare. A quel punto i due, sconvolti dalla reazione della bambina, si sono rivestiti in fretta e sono usciti di casa nella speranza che una volta sola, la madre potesse convincere la figlia dell’equivoco. Evidentemente qualcosa è andato storto perché nel pomeriggio, in un raptus incontrollato, con Sophie che, ancora ostinata, minacciava ed urlava di raccontare tutto quello che aveva visto al padre, Isabelle, forse nel tentativo di non farla urlare, o per il timore che i vicini potessero ascoltare, ha strangolata la figlia con un filo elettrico. Poi, non sapendo cosa fare ha chiamato il cognato, per sua fortuna Adrien aveva il telefono spento, e a quel punto Isabelle ha chiamato Floriane e in nome della vecchia amicizia ha chiesto aiuto per far scomparire il cadavere.
Tutto qui.


FINE



 
 
 





Il racconto è frutto di fantasia.
e liberamente ispirato allla vicenda di Penny Bell.
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Gundega Dege

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