Roma questa mattina si è svegliata imbiancata, come
nell’inverno del 1956 quando una nevicata eccezionale paralizzò
l’intera città calandola in una dimensione irreale. Una nevicata
storica raccontata anni dopo in una canzone entrata nella storia
della musica: La nevicata del ’56. Un brano meraviglioso e
romantico con una melodia suggestiva e un affresco evocativo di
un evento indimenticabile.
Adamo come nasce
questa canzone?
Nell'inverno del 1989, Mia Martini
era alla ricerca di un nuovo brano da presentare a Sanremo che
le consentiva di replicare il meritato successo ottenuto l'anno
prima con “Almeno tu nell'universo”. La scelta cadde sul brano
“La nevicata del '56”, una canzone scritta da Carla Vistarini,
Luigi Lopez e Massimo Cantini, autori che avevano già composto
per lei Ritratto di donna, nonché diversi brani per altre
cantanti famose come Mina e Ornella Vanoni.
Ma
il pezzo era stato scritto molti anni prima vero?
Circa 15 anni prima. Venne scritto nel 1975 ed eseguito
privatamente alla Rca da uno degli autori Luigi Lopez con la
sola chitarra. Si narra che ad ascoltarlo ci fosse anche
Gabriella Ferri la quale dopo l’esecuzione si alzò e abbracciò
commossa Lopez.
Caso strano però, rimase nel
cassetto per molto tempo…
Era la canzone perfetta
per la Ferri e per il suo smisurato amore per Roma, quasi un
successo annunciato, ma chissà come mai “La nevicata del ‘56”
rimase nel cassetto per più di quindici anni, fino all’edizione
‘90 di Sanremo.
E’ a quel punto che Franco
Califano fece il suo ingresso nella storia della canzone.
Esatto, fece il suo ingresso nella storia di questa
canzone, perché il suo produttore Gianni Sanjust, volle provarla
con lui, un altro artista fortemente legato a Roma. Franco
naturalmente, riadattò il testo, ma ne venne fuori qualcosa che
non piacque a nessuno di noi. Gianni Sanjust decise allora di
proporla a Mia Martini nella versione originale al femminile,
quella di Carla Vistarini.
Una genesi intrigata
allora…
L’autrice Carla Vistarini con poche
pennellate dipinge una Roma di un'epoca ormai perduta, in cui
tutto era più bello, perché più veri erano i sentimenti. Mentre
Califano, appunto anni dopo, riadattò il testo per una sua
versione cantautorale al maschile, inserendo le sue fotografie
evocative che rafforzavano l’atmosfera magica ed irreale.
Comunque quella di Mia Martini è la versione originale scritta
da Carla Vistarini con una piccola variazione proprio
all’inizio: un unico rigo di Franco Califano, estrapolato dalla
sua versione al maschile.
Insomma un’operazione
di pura e sana nostalgia?
È un pezzo che tocca le
corde dell’anima e lo fa con molta delicatezza. Immagini tipo la
melodia del fiume che scorre non ancora soffocata dal rumore del
traffico, le canzoni alla radio e le partite allo stadio viste
sulle spalle del padre. La protagonista è una bambina che sogna
di indossare un giorno il vestito da sera della madre fatto da
tremila sottane e si diverte a far luccicare un pezzo di vetro,
Secondo te perché si continua ad attribuire la
paternità a Franco Califano?
Mistero! In questo
sconclusionato paese manca davvero la cultura del
riconoscimento.
Come andò a Sanremo?
Mia Martini con la sua voce potente e roca regalò
un’interpretazione da brividi, da grande artista. Arrangiata da
Peppe Vessicchio diventò letteralmente un’opera d’arte,
ovviamente troppo elitaria per quel pubblico che alla fine
preferirà gli “Uomini soli” dei Pooh e “Gli amori” di Cotugno.
Il brano comunque si aggiudicò il Premio della Critica.
Una curiosità, ma davvero nevicò tanto quell’anno?
Iniziò a febbraio e si concluse ad Aprile inoltrato, fu
un evento eccezionale che imbiancò tante città raramente colpite
dalla neve come Roma. In alcune località del nord si arrivò a
toccare i -34 gradi. Questo evento fu ripreso in chiave musicale
già da Renato Rascel e da Pio Trebbi sempre al Festival di
Sanremo del 1970 dove cantarono "Nevicava a Roma".
Su Youtube ci sono varie versioni...
https://www.youtube.com/watch?v=6e8xzxdTFQk