Madame le sue origini?
Sono la terza figlia di Carlo Ivancich e di Dora Betti. Mio
padre era di origini nobili e discendeva da una famiglia di
armatori di Lussinpiccolo nel Quarnero in Dalmazia.
Quindi benestanti?
Possedevamo fondi
agricoli e immobili a Venezia. La mia famiglia rimase leale al
re fino all’8 Settembre del 1943, mio fratello maggiore
Gianfranco fu eroe della guerra d’Africa e della Resistenza. Io
stessa aiutai un aviatore australiano e feci da staffetta ai
partigiani.
Come passò l’adolescenza?
Purtroppo persi mio padre assassinato da criminali pseudo
partigiani. Nonostante la mia famiglia uscì impoverita dal
conflitto, vennero distrutti sotto i bombardamenti Villa San
Michele al Tagliamento e i palazzi veneziani Ferro e Fini, fui
mandata al Brillantmont di Losanna in Svizzera, per migliorare
il mio francese. Le vacanze estive le trascorrevo invece a
Cortina e a Capri.
Dicono di lei che a diciotto
anni fosse una bellissima ragazza da marito…
Vivevo
la mia vita serenamente, la guerra era finita e mi occupavo di
iniziative caritatevoli e frequentavo la migliore società
veneziana.
Quando incontrò Ernest Hemingway?
Avevo quasi diciannove anni e lui cinquant’anni. Ci incontrammo
per la prima volta alle Quattro Strade di Latisana, nel dicembre
del 1948. Pensi che quello è anche il luogo dove il grande
scrittore fa aprire, e chiudere, la vicenda del romanzo Across
the River.
Galeotto fu un piccolo pettine…
Fuori pioveva. Ernest era andato a caccia di pernici con il
conte Carlo Kechler, nella una riserva di caccia del barone
Nanyuki Franchetti, appunto vicino a Latisana. Io ero rimasta in
casa e quando tornarono lui, vedendomi per la prima volta, si
innamorò all’istante di me e mi sedusse spezzando il suo pettine
e dandomene la metà.
Un incontrò che segnò le
vostre vite…
Ernest ritrovò nell’amore la forza
ispiratrice che si era inaridita sette anni prima con l’entrata
in guerra degli Stati Uniti. Lui continuava a ripetermi: “Quando
ti ho conosciuta non riuscivo più a scrivere, è grazie a te che
ho ricominciato!” Spesso mi scriveva: «Per me fu come essere
stato colpito dal fulmine». Dentro me invece sbocciò una vena
artistica inaspettata. Scrissi tempo dopo un volumetto di
poesie: “Ho guardato il cielo e la terra”.
Nacque
un amore travolgente…
Da quel giorno ci frequentammo
assiduamente sia a Venezia che a Cortina. Poi nell’aprile del
1949 Ernest dovette ritornare a Cuba, ma alcuni mesi dopo era di
nuovo a Venezia. Lui mi parlava di un ritrovato spirito e di una
nuova giovinezza incagliata per anni nel fondo della sua anima…
Lei lo andò a trovare a Cuba vero?
Era
la fine del 1950, insieme a mia madre Dora affrontai un viaggio
faticosissimo, rimasi a Cuba per tre mesi e mezzo. Ero
estremamente felice di essere la sua musa, in quel periodo prese
forma “Il vecchio e il mare” romanzo che ricevette il premio
Pulitzer seguito dal Nobel. Poi ci vedemmo ancora a Venezia tra
il marzo e il maggio del 1954. Nei periodi di assenza mi
scriveva numerose lettere.
Cosa le scriveva?
Era molto contraddittorio, manifestava il suo profondo
sentimento nei miei riguardi anche se mi augurava di trovare
presto un marito sostenendo di non potermi sposare «perché sono
una merda e perché sono bloccato dalle difficoltà di un regolare
matrimonio con Miss Mary, che pure amo». Poi però si pentiva e
mi scriveva subito dopo: «Tu sei la mia vita, mi manchi!»
Nel 1955 si interruppero i rapporti…
Prendemmo atto di vivere un amore impossibile, ci restava quel
bellissimo romanzo Di là dal fiume e tra gli alberi, ambientato
in Veneto, in cui Ernest si ispirò chiaramente a me per il
personaggio di Renata.
Hemingway per tutelarla
dal possibile scandalo ha sempre dichiarato che la Renata del
libro non fosse lei e ne vietò la traduzione e la pubblicazione
in Italia.
Non voleva sbandierare al mondo la
nostra storia, tra le altre cose nei capitoli XIII e XIV la
giovane protagonista del romanzo ha un intermezzo erotico in
gondola col colonnello Cantwell, di trent'anni più vecchio.
Comunque il romanzo fu pubblicato in Italia solo nel 1965,
quattro anni dopo la sua morte, ma la vicenda, a causa dei
numerosi riferimenti, suscitò comunque scalpore, scatenando le
malelingue e i pettegolezzi dei rotocalchi dell'epoca, già prima
della pubblicazione.
Posso chiederle come fu quel
legame?
Fu un amore fatto di rinuncia, a quell’epoca
impossibile per la differenza d’età, per le vicende passate di
Ernest, coniugato e pluridivorziato, per il pesante pregiudizio
sociale e per la mia condizione di ragazza appartenente alla più
austera nobiltà.
I libri dicono che, dopo la
vostra separazione, Hemingway cadde in depressione.
Avevamo perso entrambi la speranza di vivere insieme. Lui minato
dalla salute per il doppio incidente aereo in Uganda si chiuse
lentamente nell’introversione, nella depressione e nella
psicosi, fino al suicidio. Il 2 luglio 1961 rivolse contro sé
stesso la canna del suo fucile.
Adriana Ivancich
nel 1963 sposò il conte tedesco Rudolph von Rex col quale ebbe
due figli, Carlo e Nicola. Dopo la morte di Hemingway, per il
suo disagio psichico venne sottoposta a elettrochoc e il 24
marzo 1983 a soli 53 anni uscì a piedi nudi sul prato della sua
tenuta in località Giardino, tra Capalbio e Orbetello e si
impiccò a un albero seguendo la stessa sorte del suo amato
Ernest. I medici dell’ospedale di Orbetello non riuscirono a
salvarla. Adriana von Rex Ivancich riposa nel cimitero di Porto
Ercole al Monte Argentario, nel campo riservato agli stranieri.
Tre anni prima aveva pubblicato il libro di memorie “La torre
bianca”: vi raccontava i dettagli della sua amicizia con lo
scrittore, dichiarando di essere lei la Renata del romanzo
veneziano.