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INTERVISTA IMPOSSIBILE


Isabella Roncioni
Creatura divina
La breve ma intensa storia tra la nobildonna italiana e il grande poeta. Al momento della separazione lei gli scrisse: «Siate persuaso che non siete solo infelice.»
(Pisa, 27 luglio 1781 – Firenze, 26 aprile 184)
 

 

Madame le sue origini?
Il mio nome completo è Isabella Teresa Roncioni Bartolommei, sono nata a Pisa nel 1781 da Angiolo Roncioni, Balì dell’Ordine di Santo Stefano, e dalla Contessa Dorotea Agostini Venerosi.

La sua infanzia madame?
Trascorsi i miei primi anni di vita tra Pisa, in un grande palazzo sul Lungarno, e la villa di Pugnano nelle vicinanze della città. Avevo una sorella maggiore, Maddalena, una minore, Fanny Teresa, e un fratello più giovane, Francesco, chiamato “Cecchino”.

A diciotto anni si traferì con la famiglia a Firenze.
Con il ritorno dei francesi in Italia Pisa era diventata per noi pericolosa. Mio padre, durante la prima occupazione aveva mostrato apertamente i suoi sentimenti democratici quindi pensò che fosse opportuno allontanarsi dalla città e trasferirsi a Firenze.

A Firenze conobbe Ugo Foscolo…
Ugo nonostante la fama di grandissimo poeta e letterato, era uno squattrinato e soprattutto un donnaiolo. Per questi motivi la nostra storia d’amore fu purtroppo contrastata dai miei parenti.

Quando incontrò il poeta?
Lui era in Toscana per incarichi militari e ci incontrammo nel 1800, durante un viaggio in diligenza da Firenze a Pisa. Avevamo degli amici in comune come ad esempio Eleonora Nencini, ultima della famiglia Pandolfini, e non fu difficile per lui avvicinarmi.

Lei era già destinata ad un altro uomo…
Ero stata destinata dalla mia famiglia a sposare il marchese Bartolommei il che avvenne regolarmente nell’agosto del 1801. L’amore col grande poeta era a tutto gli effetti di un amore impossibile.

… Ma fu comunque un amore ardente e passionale.
Purtroppo breve, ma abbastanza intenso da essere considerato uno degli amori più fervidi del poeta e soprattutto di essere stata la sua musa ispiratrice nel personaggio di “Teresa” nell’opera Ultime lettere di Jacopo Ortis.

Fu proprio la Nencini a comunicare per lettera a Foscolo la vostra separazione…
Era il gennaio del 1801, lei gli scrisse che mio padre mi aveva destinata ad un uomo noioso. In tutto cinque righe anche se in calce aggiunsi di mio pugno la frase: «Siate persuaso che non siete solo infelice.»

Le stesse parole che troviamo nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis…
Esatto, scrissi quella frase piangendo tanto che le parole “solo e infelice” furono macchiate dalle mie lacrime cadute sopra ognuna delle due parole quando l’inchiostro era ancora fresco.

Poi cosa accadde?
Foscolo mi rispose annunciandomi che stava per partire e che probabilmente non sarebbe più tornato a Firenze. Mi chiese in quella lettera un mio ritratto in modo da ricordarmi e nel contempo portarmi via con lui.

Quando Foscolo partì immagino la contentezza dei suoi…
Il 12 agosto 1801 Ugo partì e qualche mese dopo sposai il marchese Bartolommei con la felicità e la benedizione dei miei. Da quel matrimonio nacquero i miei due figli: Enrichetta e Lorenzino.

Nel 1812 Foscolo tornò a Firenze…
Lo rividi nel salotto della contessa Luisa d’Albany. Poi mi fece numerose visite, ma da amico, poiché già in precedenza, tramite corrispondenza, avevo messo in chiaro i miei sentimenti per lui per cui volevo che mantenessimo quel bene comune chiamato amicizia: “Vi assicuro di una vera stima ed amicizia: questi due sentimenti più durevoli d’ogni altro…” Durante quelle visite conobbe mio figlio Lorenzino.

Nonostante il matrimonio le cronache del tempo riferiscono che lei abbia avuto numerosi amanti.
Nel 1812 soffrii la perdita di mio padre a cui ero molto legata. Mi lasciò un vuoto immenso che sopperii con diverse relazioni. In ognuno di quei uomini rivedevo mio padre come il ritrattista Giuseppe Bezzuoli e il prefetto di Firenze Giuseppe Stiozzi Ridolfi, che amai per sei anni e di cui divenni amica fraterna durante la malattia che lo condusse poi alla morte. Poi fu la volta del letterato Michele Leoni.

Perché nel 1823 si recò a Roma?
Ero andata a Roma con mio figlio Lorenzino “per motivi spiacevolissimi” e vi ero rimasta cinque mesi durante i quali avevo tentato inutilmente di contrastare il matrimonio di mio figlio con una donna inglese. In seguito mi figlio si sposò anche senza il mio consenso e soprattutto senza quello paterno.

Ma a Firenze arrivò l’eco di grandi ricevimenti e feste a cui lei prese parte…
Non potevo certo rimanere in casa! Durante il soggiorno venni invitata più volte da Paolina Borghese, da Girolamo Bonaparte e dagli ambasciatori di Francia e d’Austria.

Cosa le scrisse suo marito?
Durante gli ultimi giorni romani ricevetti da parte sua una lettera, nella quale c’era scritto che il mio ritorno non era assai gradito, perciò decisi di non tornare a Firenze, ma a Pisa dalla mia famiglia di origine. Dopo numerosi litigi decidemmo con mio marito di separarci definitivamente e di comune accordo.

Si parla di altri amanti. Suo padre ormai era morto da tempo!
Dopo la separazione cercai comprensione nel giurista Vincenzo Salvagnoli con il quale ebbi una breve, ma intensa e passionale relazione iniziata nel 1824, quando avevo già compiuto quarantadue anni. Una volta le scrissi: «Mi ami tu veramente Amico caro? Ripetimelo, sì, per sollievo dell’animo mio; ami tu una creatura che gli anni e le sventure gli ànno a gara tolto e fisicamente e moralmente quelle attrattive che potevano un tempo giustificare gli omaggi che gli erano resi

Rivide più Foscolo?
No, mi scrisse una lettera da Londa il 10 settembre 1819. Poi nient’altro…

Isabella morì a Firenze il 26 aprile 1849. La figlia la fece seppellire nel Chiostro di Santo Spirito, dove sulla sua lapide si può leggere, sotto lo stemma col cavallo inalberato della famiglia d’origine e lo stemma con i gigli e gli scacchi della famiglia del marito: “Qui giace Isabella Roncioni di Pisa vedova del marchese Leopoldo Bartolommei morta in Firenze il 26 aprile 1849. Enrichetta moglie del C. Gio. Tommaso Passerini di Cortona alla madre carissima pose”. A Isabella sono ispirati alcuni sonetti di argomento amoroso, scritti nella primavera del 1801: “Perché taccia il rumor di mia catena, e tu ne’ carmi avrai perenne vita”, nei quali la fanciulla è celebrata come una creatura divina.

 


 

 
 
 



L'INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
E' STATA REALIZZATA
 GRAZIE A:

https://it.wikipedia.org/wiki/Isabella_Roncioni
http://www.internetculturale.it/opencms/directories/ViaggiNelTesto/foscolo/c15.html





 

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