Salve madame le
sue origini?
Il mio nome completo è
Livia Drusilla Claudia. Sono nata a Roma il 30
gennaio 58 a.C., appartengo alla dinastia della Gens
Claudia. Mio padre era Marco Livio Druso Claudiano e
mia madre Alfidia, figlia del magistrato romano.
Si sposò a sedici anni…
Nel
42 a.C. sposai mio cugino patrizio Tiberio Claudio
Nerone.
Chi era suo marito?
Tiberio al tempo militava nel partito dei congiurati
con Claudiano, Gaio Cassio Longino e Marco Giunio
Bruto, contro Ottaviano e Marco Antonio. Quando
l'esercito di mio marito fu sconfitto nella
battaglia di Filippi, Claudiano, Cassio e Bruto si
suicidarono, mentre mio marito continuò a combattere
contro Ottaviano, passando dalla parte di Marco
Antonio.
Le cose non andavano bene…
Purtroppo no e nel 40 a.C. insieme alla mia famiglia
fui costretta ad abbandonare l'Italia per evitare la
proscrizione dichiarata da Ottaviano e a raggiungere
prima la Sicilia e poi la Grecia dove avevo dei
parenti.
Il suo esilio durò circa un
anno…
Nello stesso anno Ottaviano e
Marco Antonio si riconciliarono, dopo una guerra
durata tre anni. Finalmente il nostro esilio si
concluse e quando fu decretata l’amnistia generale
dei proscritti tornammo a Roma.
Dopo
la morte di Marco Antonio, Ottaviano non ebbe più
rivali, divenendo il padrone incontrastato di Roma e
iniziando la transizione dalla Repubblica
all'Impero. In quel periodo ci fu il colpo di
fulmine…
Conobbi Ottaviano quando avevo
già avuto il mio primo figlio da Tiberio ed ero
incinta di Druso. Lui appena mi vide si innamorò
immediatamente di me. Sì esatto, un vero colpo di
fulmine da parte di entrambi! Tenga conto che
Scribonia, la moglie di Ottaviano, era in attesa
della figlia Giulia.
Come avvenne
l’incontro?
Incontrai Ottaviano ad una
cena a casa di amici comuni. Finita la cena lui mi
invitò in una stanza per un colloquio privato con il
tacito consenso di mio marito. Parlammo molto poi
lui si fece avanti ed io non lo rifiutai. Dopo circa
mezz’ora tornammo dai commensali. Lui felice per
avermi confidato le sue intenzioni di divorziare da
sua moglie ed io appagata dai suoi baci.
Quindi nonostante lei fosse incinta come del
resto la moglie di Ottaviano decideste di sposarvi…
Ottaviano decise di divorziare nello
stesso giorno in cui la moglie dava alla luce la
loro figlia e convinse Tiberio Claudio Nerone a
divorziare da me. Sta di fatto che mio figlio Druso
nacque il 14 gennaio del 38 a.C., tre giorni prima
delle mie nozze con Ottaviano senza aspettare il
periodo di interdizione dopo il divorzio. Al
matrimonio era presente anche il mio ex marito. Lui
fu così amorevole che mi accompagnò durante la
cerimonia come avrebbe fatto un padre.
Stando a quanto riportano dagli storici lei
fu una moglie impeccabile.
Pur non
avendo generato figli per l’imperatore non venni mai
ripudiata. Lui era effettivamente innamorato di me
ed io ricambiai il suo amore con la devozione più
assoluta.
I suoi figli madame a chi
furono affidati?
Come da accordi tra i
due uomini, Tiberio Claudio Nerone accolse in casa i
nostri due figli, ma quando morì, nel 33 a.C., loro
vennero ad abitare nella mia casa e Ottaviano ne
divenne padre adottivo.
Le cronache
del tempo non furono molto convinte del colpo di
fulmine…
Beh è ovvio che il mio futuro
marito unì l’utile ad dilettevole. Per cui era
valida la tesi delle convenienze politiche: ad
Ottaviano infatti faceva comodo il sostegno della
gens patrizia dei Claudii per sopravvivere
politicamente e diventare imperatore. Ma posso
confermare tranquillamente che ci amavamo così tanto
che rimanemmo sposati per 51 anni.
Ottaviano non rimase indifferente a questo suo
affetto.
Due anni dopo il matrimonio mi
concesse l’onore di gestire le sue finanze
personali, cosa davvero insolita al tempo per una
donna. Tra le altre cose mi dedicò addirittura una
statua in pubblico nella parte più in vista del
Foro. Vivevamo in casa con Giulia, la figlia di
Ottaviano e Scribonia, e i miei due figli.
Alcune voci insinuarono che dietro alcuni
episodi criminali ci fosse il suo zampino. Tipo la
morte di Marco Claudio Marcello ovvero il nipote
favorito di Augusto (morto improvvisamente a 19
anni). Oppure le morti naturali, ma fortemente
sospette dei figli di Giulia maggiore e di Marco
Vipsanio Agrippa, vale a dire Lucio, Gaio Cesare e
Agrippa, tutti e tre adottati da Augusto e quindi
eredi legittimi dell’immenso patrimonio.
Posso solo confermare che per favorire i miei
figli, misi in atto azioni volte a garantire il loro
futuro politico, ma lo feci sempre e comunque alla
luce del sole. Mio figlio Druso sposò Antonia, la
nipote preferita di Augusto, e intraprese una
brillante carriera militare. Purtroppo in seguito
morì valorosamente in battaglia. Tiberio invece
sposò in seconde nozze Giulia, la figlia di Augusto,
la quale aveva già sposato il generale Marco
Vipsanio Agrippa; Tiberio venne infine adottato
dall'imperatore nel 4, divenendone l'erede.
In che rapporti fu con Giulia, la figlia di
suo marito?
Su mio consiglio Giulia
Maggiore, figlia di Ottaviano, venne esiliata dal
padre insieme alla madre Scribonia, perché era una
ragazza di facili costumi. Sia da sposata che da
vedova, sia che il marito fosse appena morto o già
sepolto e sia che i suoi figli fossero vivi o appena
morti, la signorina non si faceva mancare amanti di
ogni parte politica, ceto o nazionalità. Il suo
appetito sessuale e la sua dissolutezza era ormai
diventati proverbiale per tutta Roma. Ottaviano
esasperato dai continui pettegolezzi e dal fatto che
la donna si facesse sempre cogliere in flagrante nel
Foro o, comunque, in luoghi comuni, mi chiese
consiglio ed insieme decidemmo di allontanarla da
Roma.
Lei fu famosa per aver
combattuto la dissolutezza sia tra i patrizi che
alla Suburra.
Ero considerata dal mio
popolo come un esempio da seguire e moglie
esemplare, che combatteva il vizio e la corruzione
dei sensi. Nemmeno il dolore per la morte di mio
figlio Druso riuscì a scalfire la mia immagine, al
punto che mi imposi il contegno e la riservatezza
anche di fronte a me stessa.
Dal
giorno delle nozze lei rimase sempre al fianco di
Ottaviano.
Nonostante la nostra
ricchezza e il potere continuammo a vivere
modestamente nella casa sul Palatino. Mi fa piacere
che venga ricordata anche come modello per le
matrone romane. In effetti non indossavo gioielli
costosi né vestiti sgargianti, mi prendevo cura
personalmente della casa e di mio marito, cucendogli
persino i vestiti, e fui sempre al suo fianco anche
in battaglia e sempre leale e premurosa verso di
lui.
Questo accrebbe la sua
popolarità.
Ero molto abile
nell’amministrare la casa con soli 500 schiavi.
Controllavo con molta attenzione le spese della
dimora imperiale e non delegavo nulla che potessi
fare senza spendere più del dovuto. Il popolo mi
amava per la mia generosità nel premiare i servi
meritevoli donando loro la libertà e, in un secondo
momento, facendoli seppellire in un mausoleo
privato.
Effettivamente lei Livia fu
una delle poche donne romane che potrebbe essere
definita un “difensore dei diritti delle donne”.
Riuscii a far emanare alcune leggi che
permettevano anche alle donne di ceto alto e medio
alto, di gestire gli affari di famiglia e di
presenziare ad alcune “cene di lavoro” tra
personalità politiche di spicco, accanto ai loro
mariti. Una simile libertà femminile non era mai
stata raggiunta prima di allora e purtroppo venne
meno in futuro con la diffusione del cristianesimo.
Quando suo marito morì lei fu
dichiarata erede universale…
Il
testamento di Augusto, morto nel 14, conteneva il
provvedimento della mia adozione. Questo atto
inusuale che mi rendeva figlia di mio marito, mi
permise di entrare a far parte in pieno diritto
della gens patrizia dei Iulii, mi consentì inoltre
di ereditare un terzo del patrimonio di Augusto (gli
altri due terzi andarono a mio figlio Tiberio), e mi
riconobbe a tutti gli effetti il titolo a vita di
"Augusta".
Sfruttando la sua
popolarità, contribuì all'elezione di Tiberio al
rango di imperatore…
A quel tempo con
mio figlio andavo d’amore e d’accordo. Tiberio tra
le altre cose fece passare nel 20 una legge che
equiparava al tradimento la diffamazione nei miei
confronti e mi garantì nel 24 un posto a teatro tra
le Vergini vestali.
Poi però i
vostri rapporti si deteriorarono…
Tiberio divenne sospettoso e irascibile nei miei
confronti soprattutto perché alle volte gli
ricordavo di essere divenuto imperatore per mio
merito. Avrei solo voluto un po' di riconoscenza, ma
lui in risposta mise il veto alla decisione del
Senato di conferirmi il titolo di Mater Patriae,
"Madre della Patria".
Nel 22 Livia si
ammalò: il figlio la raggiunse da Capri per starle
vicino; quando però nel 29 si ammalò nuovamente,
Tiberio rimase a Capri. Livia Drusilla visse quasi
ottant’anni un’età ragguardevole per quei tempi. Il
corpo di Livia venne seppellito con parecchi giorni
di ritardo, e solo quando lo stato di decomposizione
rese l'atto non più procrastinabile, perché si
attendeva l'arrivo di Tiberio. L'orazione funebre fu
pronunciata dal pronipote Caligola, che, dopo la
caduta in disgrazia della madre Agrippina maggiore,
aveva vissuto con Livia. Tiberio di contro anche
dopo la morte non volle divinizzarla e giunse
persino ad annullare il suo testamento.
Fu poi
Claudio, nel 42, a divinizzare la propria nonna.
Livia Drusilla veniva onorata in occasione dei
giochi pubblici da un carro trainato da elefanti che
portava la sua immagine; nel tempio di Augusto le
venne dedicata una statua; corse di carri vennero
indette in suo onore, mentre le donne dovevano
nominarla nei loro giuramenti. La tradizione vuole
che Livia abbia ingrandito la città di Forlì (Forum
Livii) a causa della stretta parentela con Marco
Livio Salinatore, fondatore della città. Forlì
infatti si chiamò per secoli anche Livia.