Adamo chi era la Flora
ritratta da Tiziano Vecellio?
Chi sia questa dama e
cosa abbia rappresentato per Tiziano non lo sappiamo, è evidente
però che non è un volto nuovo tra le sue opere e forse quella
modella ha posato per lui altre volte. Ci sono varie ipotesi su
chi fosse realmente Flora. Potrebbe essere la dea della
fioritura e dei cereali intesa nel tempo semplicemente come Dea
della Primavera, identificata come tale dal mazzo di fiori che
stringe nella mano. Oppure un’allegoria nuziale rappresentata da
una giovane fanciulla che vive il conflitto tra la pudicizia e
l’abbandono dei sensi, caratterizzato da un seno coperto e
dall’altro nudo, a fatica ricoperto.
Altre
ipotesi?
Oltre al classico ritratto di cortigiana,
si pensa al ritratto dell’amante del Tiziano ovvero la celebre
Violante, figlia di Palma il Vecchio.
Chi era
Violante?
La bella Violante era figlia di Palma il
Vecchio al secolo Jacopo Negretti, pittore bergamasco nato alla
fine del XV. Tiziano era circondato da belle donne le quali
prestavano volentieri le proprie forme per farsi ritrarre così
Violante, figlia di Jacopo Palma, potrebbe essere la dea Flora e
l’Amor profano. Di sicuro sappiamo che Violante fu il primo
amore di Tiziano. Comunque si chiacchierò a lungo chi fosse
quella bellezza senza nome, che Tiziano circondò di assoluto
riserbo e che diventò una Venere sensualissima.
Parliamo del quadro?
La giovane donna emerge dal
fondo bruno del dipinto porgendo con la mano destra un mazzo di
fiori primaverili, composto di roselline, viole, gelsomini; è
abbigliata all’antica, con una candida camiciola che scivola
sulla spalla destra lasciando intravedere il seno, mentre
reclina dolcemente la testa sulla spalla sinistra, volgendo lo
sguardo fuori dallo spazio dipinto.
Il suo volto
corrisponde perfettamente ai canoni della bellezza
rinascimentale cinquecentesca.
Flora è dipinta a
mezzo busto, dall’incarnato roseo perfetto, i capelli biondo
“Tiziano”, miele ambrato, la veste drappeggiata che, cadendo da
una spalla, lascia intravvedere il seno. Un’immagine che,
nonostante il richiamo alle immagini classiche delle statue
greche, emana una sensualità modernissima. Ma non è ferma: il
movimento della mano che porge i fiori e sembrerebbe indicare la
predisposizione al matrimonio e la predisposizione a perdere la
verginità mentre con l’altra cerca di ricoprire il seno, dà al
dipinto un’idea di movimento, ma anche di armonia, concetto
anche artistico molto in voga al tempo e ricercato attraverso la
scelta della colori e della morbidezza dei toni.
Dove è possibile ammirare il quadro?
Ora è a
Firenze nel Museo Gli Uffizi. Sappiamo che nel 1635 l’opera
apparteneva alla collezione di don Alfonso Lòpez, ambasciatore
spagnolo ad Amsterdam. Venduta da quest’ultimo all’Arciduca
Leopoldo Guglielmo d’Asburgo, la tela giunse poi a Firenze nel
1793 nell’ambito degli scambi di opere d’arte tra l’Imperiale
Galleria del Belvedere di Vienna e i granduchi di Toscana.