Chissà se mio marito sospetta qualcosa? A questo punto non so più dire
se lo temo o vorrei che lo sapesse. Vuole che lo segua in tutti i suoi
impegni mondani, come stasera in una cena di amici e lavoro. Dice che è
importante, sono ammesse moglie e conviventi, in una hall in un grande
albergo di Roma. Mi fa piacere il suo invito, ma da un po’ di tempo,
quando esco con lui, ho la strana sensazione che qualcuno mi riconosca!
Del resto non sono una donna normale che alla meglio ha un amante, io sono
altro, la signora dei sogni, che per il piacere di farsi guardare ostenta
le sue grazie per sentirsi regina.
Stasera ho deciso d’accettare
l’invito, cerco di esser garbata, la moglie perfetta, la donna ideale. Mi
siedo accavallo le gambe e parlo di Schopenhauer e Kant, di questo mondo
che va in rovina, ma loro mi guardano negli occhi, mi leggono dentro, come
se sapessero che la mia è solo una maschera, un modo per ingannare la mia
vera natura. So già che sanno, solo mio marito non se n’è mai accorto o fa
finta mentre ad ogni uomo che incontro basta un momento, un attimo ed
eccolo lì che fa la fila con due calici in mano pronto ad offrirmi del
vino. Cerca il momento sì, come un gatto randagio che s’acquatta dopo aver
sentito l’odore.
A volte mi domando come facciano a capire, su
quale parte della mia pelle, delle mie calze o sul mio seno, c’è scritto
che sono diversa, tra i miei capelli o lungo le gambe. Ecco ora
s’avvicina, è un signore distinto, mi fa i complimenti per il vestito che
indosso, che mio marito è fortunato per avere accanto una donna come me.
Sono imbarazzata sì, cerco di distogliere lo sguardo e lui se ne accorge,
allora cambia registro e mi racconta di una sua crociera sul Nilo, di un
viaggio a Lisbona, di come la vita sia un flebile battito d’ali. È un uomo
interessante sì, i suoi capelli brizzolati sanno di malizia e saggezza,
avrà cinquant’anni, i suoi modi sono gentili, mi offre un aperitivo in
terrazza, credo che non ci sia nulla di male accettare.
Lui è un
collega di mio marito, sa chi sono e come mi chiamo. Chissà se sa altro,
se mio marito confida le mie tante stranezze. Comunque accetto e lo seguo.
Roma di notte è incantevole, lui mi parla del suo lavoro, del suo studio
in centro, mi indica con le dita una casa dove si rifugia quando vuole
stare da solo. Intuisco che questo è il momento, che tra meno di un niente
partirà all’attacco. Eccolo sì che ora mi parla di sua moglie, che sono
separati in casa e che avrebbe bisogno di un altro tipo di compagnia. Ci
siamo, lui mi guarda e mi dice che ho gli occhi stupendi, ma in realtà sta
ammirando il mio seno o meglio sull’incavo del mio vestito forse troppo
scollato.
Ecco lo sento, sta cercando il momento, uno stupido
pretesto per farsi avanti, per dichiararsi come se non avessi capito, come
se fossi la più ingenua delle mogli uscita stasera chissà da quale guscio!
E allora parla di Roma, del suo lavoro, gira e rigira finché fa i
complimenti al mio orologio ed intanto mi tocca la mano, la stringe,
l’afferra. Mi indica qualche monumento, mi indirizza lo sguardo e
delicatamente mi spinge, mi tocca i fianchi.
Ma davvero non
riuscirò mai a passare una serata decente? Anche quando voglio essere una
signora virtuosa? Continua a parlare ma leggermente mi stringe e cala le
dita lungo la schiena, poi s’arresta proprio dove finisce il vestito e
inizia il rigonfio del mio paradiso, dove fibrillano i miei tanti
merletti, dove sono agganciate le mie calze velate. Tiro un sospiro di
sollievo, ma senza aspettare domanda.
“Mi perdoni se sono indiscreto,
lei indossa il reggicalze vero?”
Mi sento avvampare, questo dire
sfacciato non meriterebbe risposta, penso di lasciarlo nel dubbio, ma poi
mi sento avvampare e lievita autonomo il mio essere femmina, l’orgoglio
d’essere preda nei sogni mentre le mogli dormono accanto.
“Posso
chiederle come ha fatto ad indovinare?”
Sorride come se avesse già
vinto, come se mi avesse già conquistata.
“E’ semplice mia signora,
guardi attentamente le pieghe delle calze che fa il movimento della
caviglia, eccole vede? Non credo che esista sensualità più pura.”
Vero, ha solo ragione, mi sento nuda ai suoi occhi, come se non portassi
la gonna o a breve mi dovesse chiedere il colore delle mie mutandine di
seta. Il cameriere a due passi mi toglie dall’imbarazzo, afferro nervosa
il bicchiere e bevo le bollicine a piccoli sorsi. Ma lui insiste.
“Posso chiederle il colore? L’altezza della traversa, il merletto delle
stringhe?” Ecco del resto sono tutti prevedibili, ma lui è impaziente, non
aspetta la risposta. La sua mano riparte, preme nel punto dove si divarica
la carne, non mi dà tregua.
“Se domani non è impegnata…”
Faccio
finta di non sentire, stasera proprio no! Guardo dentro e vedo mio marito
che parla, che sguazza tra colleghi ed amici. M’allontano fintamente
offesa, ma penso. Certo che ci penso!
È la prima volta che devo
districarmi da un corteggiamento così pressante. Finora i miei piaceri li
ho cercati altrove. Nelle fantasie di ogni giorno dove si raggruma e
s’addensa il mio sangue. Qui invece è tutto diluito, quasi lecito che
cinque dita a turno di un collega di mio marito mi tocchino i fianchi e
poi si ritraggano chiedendomi scusa. Certo sono dita ruffiane che hanno
paura di perdere la faccia ed aspettano solo una mia reazione per tornare
nelle tasche o continuare a toccare!
Sono dei momenti
interminabili, mi volto, ho paura che mio marito venga in terrazza. Poi lo
guardo, lo fisso e spero che i miei occhi siano eloquenti. Mi chiedo se ha
capito che non disdegno le sue attenzioni. Cavolo! Che mi baciasse se ha
voglia, che osasse e si rivelasse, anzi che mi sollevasse di peso
nonostante stasera avessi deciso di essere la moglie fedele. Che si
giocasse lo studio! Il suo ruolo affermato o almeno rischiasse un ceffone,
un urlo, una brutta figura se davvero non voglio.
Se davvero mi
vedesse bella, se veramente avesse perso la testa, come ora mi sussurra,
credo che non esiterebbe un istante a scoperchiarmi la gonna! Ma ho dei
dubbi, forse il massimo della sua trasgressione sarà lasciarmi un
biglietto da visita quando mi sorriderà di sbieco e mi dirà “ci conto”. Ma
cosa vuole contare? Lui non sa che questo è il posto più eccitante per
sentirsi una mano che sale, un fiato che m’accappona la pelle, di sicuro
il posto più comodo di una stanza d’albergo, d’uno studio d’architetto
quando se ne sono andati i clienti. Ma che vado a pensare? Proprio stasera
che avevo deciso di fare la brava.
Mi dà fastidio che quest’uomo
aspetti un mio cenno per sentirsi più maschio. Passa il tempo e non osa,
ora mi parla della sua cagnetta incinta, della sua villa sulle rive di un
incantevole laghetto. Passa il tempo e la sera sta finendo ed in un certo
senso mi sento sollevata. Sono fiera di me, di non aver ceduto, d’essermi
comportata da moglie perfetta, anche se poi non è del tutto vero!
Mio marito s’avvicina e mi dice che l’uomo con cui stavo parlando è un
uomo importante che da mesi lo insegue perché ha i fondi necessari per
finanziare il suo antico progetto. Poi senza tirare il respiro mi guarda
dai piedi ai capelli e mi dice che sono bella. Penso amara che forse è la
prima volta che mi guarda sul serio. Ecco a cosa serve una moglie! Quanto
un’insegna per accalappiare i clienti, in poche parole devo essere
gentile, chissà come reagirebbe se sapesse che la sua mano l’ho sentita
dalle parti dei miei fianchi e poi ancora più giù premendo leggermente le
dita e assicurandosi che davvero sotto il vestito indossavo il reggicalze.
Forse per mio marito sarebbe troppo, forse vuole solo che mi metta in
mostra senza cedere ad altro. Chissà se lo sapesse, forse andrebbe
orgoglioso, che sua moglie non ha perso tempo. Stasera sto scoprendo
qualcosa di nuovo. Cammino lungo la terrazza, cerco con gli occhi il mio
spasimante, sento il rumore dei miei tacchi, la voglia di trasgressione
che sale.
Mio marito è tornato dentro e lui torna, come una
cambiale torna e ricomincia il suo tira e molla sicuro di essere a buon
punto. Ma lui non sa che io gli amanti me li scelgo dove voglio, me li
trovo dove i gatti rovistano le pattumiere, ai margini d’una discarica
dove la sensazione di non portare mutande è più forte della vista del seno
che scopro. Siamo entrambi appoggiati al parapetto dietro un enorme ficus.
La scusa è Roma, queste luci gialle, ma in realtà a nessuno dei due
importa un fico secco di questi tetti fatiscenti. Ecco che sfiora di nuovo
il mio fianco, che preme le dita e ricomincia daccapo seguendo nel sogno
la scia della mia coscia dove s’allunga la stringa. Se scostasse di poco
la mano verso sinistra si guadagnerebbe l’entrata nello spacco del vestito
e allora sì che sentirebbe i miei pizzi ed a quel punto basterebbe un
niente, dietro questo benjamin frondoso potrebbe insinuarsi tra la mia
pelle, toccare la seta delle mie mutande, ma mai lo farà perché il sesso
che conosce è sicuro quanto quello di un ginecologo nel suo studio.
L’amore che conosce è finto, falso, e non urla e non rischia, e non
geme e non respira. L’amore che conosce sono queste mani che si ritraggono
per non sporcare la sua immagine, per il timore di macchiarsi la cravatta.
L’amore che conosce è solo una conquista, è l’orgoglio di farsi una
moglie, di farsela tutta senza rischiare.
Vorrei dirgli che l’altra
settimana sono uscita da sola a sentire l’odore che sprigiona la notte, a
rischiare la faccia e sporcare il cognome a sentirmi libera strusciando il
mio seno sulle scritte sui muri impregnate di muffa. Sono uscita per un
incontro con il mio ipotetico amante di chat che ovviamente non ho
incontrato, sono uscita per nutrire le mie cosce e la mia fantasia. Ma
quest’uomo non capirebbe, prendo il biglietto da visita che mi porge, c’è
un nome ed un numero di telefono.
Chissà se ha capito che al primo
cestino lo butterò o se già pregusta un ristorante di lusso per guardami
quando accavallo le gambe e poi quell’invito nel suo studio, sulla sua
terrazza mentre guardiamo Piazza di Spagna e facciamo l’amore. Lo guardo,
sorrido, in fondo in fondo non mi importa poi nulla se domani aspetterà
invano o se mio marito pregusta l’affare. Mi volto, lo vedo, è contento
perché sto ancora parlando.
In un certo senso mi fa piacere, forse
stasera ho scoperto di stare sulla stessa onda anche se vorrei urlargli
che il gusto di essere moglie è anche quello di fare l’amore, quanto farlo
e con chi farlo, senza il suo benestare, non so, ai margini di una
discarica o in una bella villa all’Olgiata. Sì, vorrei dirgli che sono
stata disponibile che ancora lo sarò tranne per uno, proprio uno, quello
che forse lui mi avrebbe scelto come amante, quello che stasera è rimasto
alla porta, guarda caso il solo che ancora mi tocca e si ritrae
nell’attesa che gli dia il permesso, ma per domani, mentre mio marito
contento avrebbe chiuso volentieri un occhio.
Vorrei dirgli che non
cerco un amante, non cerco un legame, ma solo il coraggio di essere
baciata dietro questo ficus frondoso per poi essere guidata nella prima
stanza libera di questo albergo oppure alla toilette dove fintamente allo
specchio mi rifaccio il trucco e un uomo vero, dietro di me, fa il suo
dovere trascinato dalla passione. Ma ormai è notte fonda, gli invitati
stanno andando via, lui a malincuore mi saluta dicendomi: “Mi chiami, ci
spero!” Sorrido. Non dico nulla, mentre guardo mio marito che nel
frattempo si è avvicinato e penso veramente che questa serata non è stata
poi male e soprattutto non è passata inutilmente.
CONTINUA...
ELENCO DEI RACCONTI