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AMORE IN CHAT
Ultimo atto
"Davvero mi vuole vestita elegante? Con i capelli raccolti e una rosa all’orecchio, come una ballerina di fado e flamenco che allungo l’ombretto per risaltare i miei occhi, che tingo le labbra di rosso di fuoco, perché lei mi desideri e s’affoghi davvero, nel mare di voglia di femmina calda… "









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Photo Galley Alejandro Marcos photographie

 


Stasera le parole non scorrono lisce, fanno attrito e rumore e rimangono appese, su questo schermo che fisso ed a bocca aperta l’aspetto, per abbandonarmi del tutto e non sentirla distante. Le confesso che anch’io avrei voglia ogni tanto, di sentirla vicina, di sentirla che gode, e stasera i miei seni non riesco a pensarli, sotto questo reggiseno che li copre e li schiaccia, che oppressi mi chiedono di riprendere forma. Sì perché tutto questo ha un senso solo se lei mi guardasse, tutto ciò la consapevolezza che mi fa bella dentro la sua brama.

Davvero stasera vuole che sbottoni la camicetta? Che voli seduta e le descriva il decollo? Ma la prego non si tocchi se è quello che vuole, segua il filo dei miei pensieri bollenti, che sono certa davvero che ci porterà dove, la passione che arde ha bisogno di carne.
Una donna in ciabatte non nutre i suoi sogni? Se vuole mi cambio vado in bagno e mi vesto, mi metto dei tacchi che strusciano i sogni come l’asfalto nell’ora muta delle fate. D’accordo non metto colori, il nero confonda la parte nascosta, del desiderio scomposto che mi prende a quest’ora e il bianco rischiari l’anima in fiamme che ha bisogno di sesso.
Davvero mi vuole come una donna fatale? Puttana di classe che mostra e si nega, quel tanto che serve per concedersi tutta, tanto è lo stesso per quello che serve, che somigli del tutto alla notte che incombe, come se avessi un appuntamento a quest’ora, un incontro galante in un albergo del centro, che è di lavoro e lei si immagina quale.

Mio marito è al letto, che dorme e che russa, ed io sono qui in studio con la luce soffusa, mi viene paura e il petto mi batte, pensando soltanto che obbedisco all’idea, di essere bella e lei non mi vede, d’essere donna diversa dal giorno, quando faccio la spesa in jeans e maglietta, quando saluto il portiere che mi chiama signora. Ma signora di cosa? Se solo sapesse! Mi viene paura se solo ci penso, che rischio per nulla, per queste parole, che obbedisco e le seguo e mi dicono fitte, d’alzarmi e d’andare senza perdere tempo per esser regina in un modo di fate. Ma davvero lo vuole? Che mi metta le calze in pieno d’agosto, una gonna al ginocchio che aderisca perfetta, e si spacchi di fianco per raccontarle i dettagli, carezze leggere come un soffio di vento, che asciuga le voglie quando sola per strada, ascolto il rumore dei miei tacchi che struscio.

Davvero mi vuole vestita elegante? Con i capelli raccolti e una rosa all’orecchio, come una ballerina di fado e flamenco che allungo l’ombretto per risaltare i miei occhi, che tingo le labbra di rosso di fuoco, perché lei mi desideri e s’affoghi davvero, nel mare di voglia di femmina calda, che stanotte ha deciso di essere copia, di quella che il sogno contorna e modella.
Davvero mi vuole col mio seno che danza, davvero lo vuole che nudo trattenga gli sguardi affamati di una platea vogliosa? Come in un lago di cigni che affonda e galleggia, che fiero si mostra abbondante e sicuro, d’essere unico in faccia alla terra, d’essere il solo che si lascia guardare, e nessuna stanotte può offrirle di meglio.
Come se davvero ora lo mostrassi in mezzo alla strada e a notte fonda lo scopro per aprire due occhi, che girano a vuoto ancora indecisi. Chiedono un prezzo e rispondo cinquanta, chiedono come e li lascio vagare, nella voglia d’avermi di fermare la danza, di mettere in gabbia le mie tette leziose, che ballano al vento mentre cammino.

Sono tette di strada che vanno con tutti, obbedienti e infedeli che si danno per poco, ribelli e sfacciate che si danno per tanto. Sono gatte in calore sotto le finestre la notte, che s’accoppiano al primo dopo ore di corte, ma poi ammiccano al branco che muto le aspetta, quando i colpi del primo si fanno insicuri. Sono campi di grani rigogliosi e fecondi, distese di mare che nutrono pesci, ma anche siepi d’alloro che sanno di piscio, lische marcite per i randagi di notte. Sono palle bagnate di saliva e di voglia, spugne imbevute di piacere che ciuccia, poi il vento l’asciuga e riprendono forma, pronte e gemelle per la prossima bocca.

Cammino le ostento e le gonfio ogni sera, perché siano chiocce per riparare se piove, per chiunque s’illuda d’averle già viste, attaccate alle madri che sgorgavano latte. Come vorrei davvero che ne uscisse abbondante, per ogni bocca che succhia e ogni lingua che lecca, come nettare d’anima che nutre la mente, e farli ingozzare fino all’ultima goccia, quando la voglia poi scade e non rimane che niente.

Davvero vuole che vada? Nell’incognita che mio marito mi veda, perché per prendere i vestiti devo passargli davanti, e se ora non dorme mi chiederebbe il motivo, perché apro l’armadio ed apro i cassetti. Ma stasera lo faccio e poi di corsa nel bagno, e il rischio che corro è che stasera s’illuda, che quello che metto gli ingrossa i pensieri, che m’abbellisco e mi trucco per andarci a letto.

Ma non c’è motivo per quello che faccio, non c’è scusa che possa bastare, e quindi lo faccio lo faccio davvero, perché il solo pensarci mi smuove dal basso, sento il sangue che sale e m’arrossa le guance, e scrivo un ti amo col capezzolo duro, perché lei sappia che davvero lo faccio, e corro il rischio di non poterle parlare, e lei corre il rischio di rimanere qui appeso, perché se s’accorgesse che lo faccio per altro, e non è il suo sesso che voglio stasera, mi staccherebbe la spina e va via la corrente. Perché se s’accorgesse che sono troia e più mento e lascio che un altro mi guidi l’istinto, non c’è freno che potrebbe ammansire questo germe di fuoco che mi naviga dentro.
Allo vado e lei rimanga connesso.


*****

E’ ancora lì? Mi dica davvero che le ho gonfiato l’attesa perché sono bella come lei mi ha chiesto, bella dentro lo specchio col timore d’esse vista. Se davvero ora potesse vedermi, si sazierebbe di sesso senza sfiorarlo, e toccherebbe i miei urli scomposti di brama, per lasciare all’orgasmo la parte migliore. Alle volte mi chiedo perché tutto questo, basterebbe davvero un’occhiata più intensa, ad un uomo per strada che mi strapperebbe la pelle, per sentire davvero quanto vale il mio seno, quanto le labbra, le cosce, l’affanno e quanto è abbandonate la saliva che metto.

Sì sono come lei mi ha chiesto, non ci sarebbe bisogno di mentire, bella perché trasgredisco alla legge atavica di essere soltanto di un uomo, col timore che proprio quell’uomo spuntasse dal nulla, e mi baciasse la fronte per andare a dormire, e toccasse da dietro l’infinito bisogno, d’essere altro oltre che moglie.
La eccita vero? Pensare a una moglie che arrossisce per nulla, ad una zia che porta ogni domenica i suoi nipoti a messa, invece ora sono qui che mi lascio ingiuriare, da frasi stipate di parole volgari, che mi colpiscono dentro taglienti ed infami, ed arrivano dritte nel ventre che s’apre.

La eccita vero sapere che sto accavallando le gambe? Che un filo di calza mi fa bella e mignotta, con la mia mano sinistra che scompare nel nulla, che stretta nel mezzo mi sfiora il piacere. Glie l’ho detto vero che non ho messo le mutande? Ecco sono come lei mi vuole, donna per bene che non chiede e non parla, ma lascia che l’uomo recepisca il segnale.
La prego non mi chieda più altro, faccia solo che il sangue mi arrivi al cervello, perché godo con quello e godo pensando, d’essere sola in un vicolo cieco, dove uomini tanti mi prendono in mezzo, vada avanti la prego mi dica i dettagli, perché godo con quello e le mie mani da sole, sarebbe tronchi dove s’arrossa la pelle.

“E’ ancora lì? Mi dica qualcosa, mi dica che m’ama”. Mi dica che mai ha incontrato di meglio, che tutte le donne che ha conosciuto finora, se potesse sommarle non ne farebbero una. Me lo dica la prego, perché è troppo grave il peso che sento, troppo facile il desiderio di pensarmi mignotta. “Mi dica che è vero che non faccio nulla di male!” Anche se sento il mio miele che cola, e frenetica aspetto che mi faccia volare, oltre questa casa dorata arredata con cura, dove ogni cosa ha un suo posto, sono ricca e lo sa non ho bisogno di altro, passo il giorno a curare me stessa, la prego mi faccia squarciare le mura, questo bianchi soffitti come se fossero carta, mi faccia volare sulle ali d’un sogno, dove plano e decollo sui tetti di burro.

Manca poco ora, basterebbe un suo cenno, per svuotarmi la rabbia che accumulo il giorno, non mi chieda da dove provenga, a che servirebbe ora saperlo, davanti ad una donna che ha l’anima aperta, la schiude e la chiude per invitarla nel mezzo. Oddio davvero mi devo fermare? Lei vuole davvero che la mia mano si fermi? Che rimanga distante dal punto più caldo, dove ora basterebbe un gesto ed un cenno, per sentire che a fiotti mi squaglio e zampillo, come una piccola falla che si slabbra e s’allarga, alla forza del mare, della natura che sento.

Vuole sentirmi? Oddio che darei per urlarle la voglia, ma non posso parlare, non posso dire sottovoce che l’amo, davvero lo credo perché davvero io l’amo. Oddio non posso pensarci, davvero lo vuole? Leggo e rimango stordita, vuole sapere se mio marito ha spento la luce? Perché non c’è niente di più bello che entrarmi stasera, con un sesso qualunque che poi fa lo stesso, d’alzarmi e cercare una forma di maschio, ed invitarla nel posto dove regna il mio vuoto, dove stasera l’ho apparecchiata di gusto, dove lei stasera ha preparato il percorso.

M’alzo e cerco frenetica un qualsiasi oggetto, le chiavi di casa, una penna, gli occhiali, la prego non demorda perché io non mi scoraggio! Continui a dirmi che senza non sarebbe lo stesso, che vuota sarei solo una moglie banale, che aspetta nel letto suo marito che russa. Cerco e fremo, al buio non vedo, ecco ora ho in mano il telefono, lo stringo e sento i contorni, mi sembra che faccia al mio caso, somiglia alla forma della passione che sento. Ora vuole? Adesso davvero? Vuole chiamarmi? Oh sì mi chiami, mi faccia due squilli per essere certo, di sentirmi che bramo alla voglia che incede, di sentire la voce mentre io vengo. Ha il mio numero vero? Lo scriva di nuovo perché ne sia certa. Mi scriva qualcosa perché non sia asciutta, che quello che dice abbia un verso soltanto e non ci siano intoppi come ora non esiste ragione. Mi scriva la prego che lo sono davvero, una vacca che allatta per come è gonfio il mio seno, una escort se ha bisogno di lusso, di sentire il profumo della seta che offro. Davvero vuole che lo tenga stretto tra le mie gambe? Oddio sì, avevo capito altro, che volesse sentire la mia voce, ma va bene lo stesso, la prego mi guidi per favore perché ora lo sento e voglio volare, nell’infinito bisogno di sentirla qui dentro. Lei è sposato vero? Sua moglie ora dorme? Io sono in piedi appoggiata al muro, ora in ginocchio per concentrarmi alla voglia.

La prego scriva più in fretta, mi dica che stasera mi bacia e mi chiama, con un nome da strada od un fischio volgare, mentre mi prende davvero per tutta la notte, perché io la sento, la sento che vuole, che spinga più in alto che prema più forte, come mai nessun sesso ha fatto la breccia, come mai nessun maschio è arrivato fin dove, si slarga la pelle dell’anima in fondo. Le spiace se le dico amore? Le spiace se le dico tesoro? Dentro questa pazzia di essere altro, signora di classe e puttana di un uomo, di un oggetto che ora entra e ancora mi prende e mi vuole, ed io l’accompagno lo spingo e lo giro, dentro il mio sesso a carponi per terra. Oddio ci sono! Eccomi ora! Mi chiami adesso, mi chiami più in fretta. MI CHIAMI si sbrighi, non abbia timore, ho tolto la suoneria e non posso aspettare. 3206729… MI CHIAMI cavolo! Ora o mai più!

Oddio sì, ecco, adesso la sento! Lo lasci squillare, non smetta la prego, continui ancora, non basta uno squillo per sentire l’amore, per sentire che l’amo, che urlo, che grido d’ingozzarmi di sesso, perché ora ogni squillo è una fitta, un colpo di maschio assestato e più duro, e mi convince che niente ora potrei avere di meglio, di questo telefono che ancora mi squilla, che muto mi vibra dentro l’anima in fiamme.
La prego ancora, non smetta... sì ancora, lo lasci squillare, lo lasci vibrare…


*****

Ma proprio in quel momento un lampo nel buio ha invaso la stanza e ucciso quella passione. Suo marito improvvisamente ha acceso la luce, sorprendendola, avida di parole, davanti a quello schermo …
Dopo quella sera Luisa non si è più connessa ed ha cambiato numero di telefono, convinta comunque che la realtà non sarebbe mai stata altrettanto appagante.
Luca dopo qualche sera di attesa ha cambiato nick, ora chatta con una donna che si fa chiamare Farfalla Regina.







 








FINE



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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti è puramente casuale..
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