“Finalmente l’ho trovato lo stronzo!” Fanny inchioda in terza fila davanti
al BlueBar. “Mi deve ancora tre scopate in arretrato!” Esce dalla macchina
come una furia e gli va incontro. Ora lo sta aggredendo, ma l’uomo ride in
evidente imbarazzo.
Guardo la scena con distacco perché io stasera sono
tranquilla, ho detto a mia madre che non tornerò a casa, che dormirò fuori
perché non posso vivere in un bagno saturo di lacca e camminare su tappeti
di fotoromanzi. Mio padre sarà fuori per una settimana e quando l’ho
salutata lei mi ha stretta e baciata facendo comunque attenzione a non
sbafare il suo rossetto di un’orribile rosa appena messo. Il vicino di
casa è partito per Cuba e lei dopo una settimana di pianti segreti si è
decisa ad accettare un invito a cena dal suo dietologo. Mentre
l’abbracciavo dall’alto dei miei tacchi da sballo avrei voluto
accarezzarla e urlarle che è semplicemente una povera illusa, che è
ingiusto arrivare a quarant’anni senza capire che non esiste poesia capace
di fermarsi nel cuore, ma corre giù in basso fino a riempirci di vuoto
quel posto che ogni volta invano laviamo per non sentirci più sporche.
Fanny si agita, la vedo che sta ancora trattando, chissà lui le avrà
chiesto uno sconto ed io ho una voglia pazza di fumare, ma non ho neanche
un accendino. Non ho voglia di scendere conciata in questo modo. Alle
volte mi domando da dove viene tutto questo pudore, visto che quegli
uomini che ora affollano il BlueBar sanno benissimo che mestiere faccio,
che basterebbe non parlarmi d’amore per destarmi interesse magari di
fretta mentre Fanny sta ancora trattando.
Ma non abbiamo tanto tempo,
perché stasera siamo state invitate in una villa fuori città. Siamo
vestite completamente di nero perché il padrone di casa non tollera altro
colore. Fanny dice che si tratta soltanto di una cena a bordo piscina, che
al massimo dovremo fare un bagno fuori programma. All’agenzia hanno
richiesto soltanto bella presenza e un look elegante, ma, visto anche il
prezzo, non credo siano previsti servizi aggiuntivi.
Devo
ammettere che mi sento un’ansia curiosa perché è la prima volta che esco
fuori dai Bagni Giuditta e porto a domicilio queste gambe addobbate come
se fosse già Natale. Mi guardo e sorrido! È la prima volta che indosso un
reggicalze e la gonna che porto non riesce a coprire neanche metà delle
stringhe. Decisamente mi sento volgare, mi sembro una signora d’altri
tempi, una specie di milf di notte in cerca di una tasca di macellaio
gonfia di quattrini. L’agenzia però è stata precisa: due statue di
bellezza provocanti, solo per essere guardate, insomma due manichini che
sazino gli occhi degli invitati. Il padrone di casa non ha chiesto altro!
Sarà… Il problema è stato che per vestirmi in questo modo e rimediare
questo feticcio ho dovuto rovistare tutti i cassetti di mia madre. Alla
fine per forza di cose ho dovuto chiederglielo. Strano, ma vero! Domani mi
metto alla pari comprandone uno per ogni colore, uno per ogni voglia senza
rischiare la curiosità ficcante di mia madre. Certo che sospetta! Del
resto dove può andare una figlia di notte vestita in questo modo? Sì vabbè
lei stasera era distratta, pensava ad altro, al suo dietologo che la
riempirà di baci ed altro recitando poesie a memoria!
Guardo Fanny
e mi viene da pensare se anch’io do la stessa impressione, se anch’io mi
riconosco da mille miglia che faccio la puttana, ma la invidio perché ha
delle gambe perfette ed un culo da sballo, perché nessun uomo a questo
mondo potrebbe rifiutarsi di posare il suo sguardo su quell’anfora romana.
Ma poi mi riconsolo pensando che ai Bagni Giuditta sono sempre la più
gettonata. Anche se poi mi chiedo cosa sia davvero che attira di me, i
miei capelli a pianta d’insalata o le mie unghie mozzate dall’ansia? Più
mi guardo allo specchio e più mi vedo brutta e penso quanto gli uomini
siano strani perché di sicuro non vedono con gli occhi, ma di certo con
qualche altra parte del loro corpo!
“Ma dico tutti a me devono
capitare?” Fanny risale in macchina più livida del suo rossetto viola. Non
ha beccato un soldo e si sfoga con cambio e frizione, tra poco prenderà
l’autostrada e poi una strada in collina, dove comincia quiete e verde,
dove la cancellata più bassa sarà alta tre metri, dove i cani attraverso
le sbarre potrebbero benissimo nitrire. Ci accoglierà una stradina di
pini, una musica e luci in lontananza che sarebbero sufficienti per
entrare nel mio sogno preferito. Magari saranno due coniugi stanchi o un
addio al celibato, oppure una festa di laurea o magari qualche serata
particolare sperando che poi non sia molto particolare.
Sorrido
pensando di aver cominciato a fare questa vita perché volevo fuggire dai
vuoti borghesi ed ora mi ritrovo a riempire con le mie labbra, il mio
sedere e quant’altro voragini di esistenze senza contenuti. Come ora mi
ritrovo con questo reggicalze in dosso che non farebbe eccitare neanche il
dietologo di mia madre o l’amante di Cuba fuggito perché stanco di dover
fingere amore per una banale scopata dopo pranzo. Sorrido pensando a lei,
mia madre. Stasera quando sono uscita si è raccomandata dicendomi di fare
la brava, coprendo occhi e ragione davanti all’evidenza del mio vestito ed
allungando centimetri di stoffa con la sola illusione che questo
reggicalze potesse servire per un ballo in maschera. Basterebbe aprire il
mio armadio per rendersi conto che non può essere sempre carnevale, che
per una cena tra amiche o parlare due ore sopra un muretto non c’è bisogno
di questi stivali. Basterebbe ancora meno per rendersi conto seguendomi
una sera soltanto fino dentro le cabine dei Bagni Giuditta dove non c’è,
non è mai esistita, alcuna amica Francesca. Fanny purtroppo s’è bruciata
una sera quando batteva di brutto sul lungomare inseguita da una fila di
fari mentre passavano i miei.
“Dormo da Francesca!” Le ho gridato
sulla porta, pensando già in quale buco perverso di mondo avrei portato il
mio corpo, perché in questo giro che frequento non mi capita mai una
situazione normale, che so io, un letto da riscaldare o una casa di un
vedovo da riempire di notte. Magari un uomo che ha bisogno di me per pura
e semplice compagnia o situazioni fertili in cui coltivare un’amicizia se
proprio d’affetto fosse azzardato parlare! Eh sì vabbè, sono strana vero?
A volte mi chiedo se esistono davvero puttane romantiche o è solo un
ossimoro di una specie estinta o mai esistita!
Già l’immagino la
serata, che che ne dica l’agenzia! Magari dopo cena quando i gomiti sono
tutti alzati e un uomo sui quaranta invasato, fuori dal fascio di luci e
di risa, che mi schiaccia contro la corteccia del primo albero in
penombra. Già le vedo le pupille come fanali che nel vuoto cercano la
fantasia per far scattare la molla, mentre a me, bella o brutta, in
stivali o decolté, non rimane che fare la brava. Come se una puttana non
possa mai rifiutarsi, come se anche noi non avessimo due occhi, un naso e
non ci fosse consentito scegliere e men che meno preferire. Già lo sento
quel quarantenne ubriaco rinsavire dopo l’amore, dopo che ha fatto i
propri comodi, che mi prega di aspettare e di uscire dall’ombra quando lui
sarà di nuovo già comodamente seduto accanto alla propria moglie. Per
scusarsi mi dirà che ho un bel seno, una bella bocca e di sicuro che sono
stata stupenda. Tanto è gratis e questo è l’unica cosa che conta, perché
il padrone ha pagato per tutti.
Fanny guida per modo di dire
pensando allo stronzo che voleva uno sconto. Credo che si sia persa e che
siamo maledettamente in ritardo. Chiudo gli occhi e mi vedo già oltre
quella villa mentre respiro l’alba a pieni polmoni, mentre respiro profumi
di pulito lontano mille miglia dall’odore di sesso sudato. Respiro la
stessa sensazione che mi dà quando bevo un bicchiere di latte o mi faccio
la doccia dopo il lavoro. Ma è un’alba ficcante con gli occhi di mia madre
che mi fanno mille domande alle quali non so dare una benché minima
risposta, che la notte successiva comunque smentirebbe, perché se non
fosse un addio al celibato, sarebbe comunque una notte ai Bagni Giuditta.
Guardo il profilo di luna di Fanny e vorrei chiederle perché
s’affatica, perché s’affanna per un centinaio di euro quando basterebbe
davvero perdersi dietro questa collina, sopra questo piazzale che guarda
il mare e i Bagni Giuditta. Sarebbe bello scendere dalla macchina e
pensare che siamo distanti, lontane da qualsiasi uomo presuntuoso che
pretende di saziarci l’anima riempiendoci di sesso, che pretende di
parlare d’amore dopo che ci ha pagate per bene. Sarebbe bello, ora, in
questo momento, se Fanny intuisse, senza che nessuna parola esca dalle mie
labbra, insomma capisse che stiamo bene da sole e se solo ne avessimo la
forza potremmo davvero sentirci più sazie.
Schiaccio i pensieri
contro lo schienale e cerco di rilassarmi con un’altra sigaretta. Penso a
mia madre che ingenua mi ha prestato questo reggicalze e sorrido guardando
Fanny che finalmente ha trovato la strada. È bella Fanny potrebbe avere
tanti uomini interessanti ai suoi piedi oppure donne, perché no? Perché
nonostante la vita che faccio ho sempre creduto che l’amore non abbia
sesso e che una donna possa riempire l’anima meglio di quanto faccia un
uomo.
Lo so che sono solo pensieri di una ragazzina insoddisfatta, che
preferirebbe fare sempre altro perché nulla ha un senso, ma ecco ora i
fari dell’auto che illuminano la grande cancellata di ferro ed io, in un
certo senso, sono contenta di non aver detto nulla a Fanny, di non aver
condiviso i miei dubbi e i miei sogni con lei, perché di certo m’avrebbe
presa per matta imprecando contro di me e questa stupida luna che non
illumina abbastanza e non ci fa essere puntuali, ma allo stesso tempo
ringraziandola per questo buio che alla fine ci convince sempre di essere
solo quelle che siamo.
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