Si ripongono gli ombrelloni ai Bagni Giuditta, si stipano le cabine per
un’altra stagione che pare più lontana dei mesi che mancano. Chissà se
sarò ancora qui a godermi questo sfondo di stelle? A pensare che l’inverno
passato è stato più breve di quanto previsto, di quanto ora non immagini
il mio stato d’animo, sfibrato e scompagnato da questo luogo inadatto a
covarci dei sogni.
Come un uccello migratore potrei trasvolare in
qualche paese più caldo, seguire la rotta delle cicogne al di là della
Spagna e ritrovarmi in Marocco. Ma poi rido pensando che sono solo
pretesti, che per fare il mestiere non servono il sole, la spiaggia, il
karaoke.
Chissà quanti pezzi d’asfalto mi stanno aspettando, quanti
marciapiedi sconnessi accoglierebbero volentieri i miei tacchi accecanti.
Quanti fari rifletterebbero ai miei stivali di pelle, ai miei occhi che
come neon di notte sono l’insegna di quello che offro.
Chissà quante
macchine fanno già mulinello e creano risucchi e vuoti di aria, buchi di
notte dove s’infilano voglie, dove s’accomodano uomini che mi hanno scelto
per uno spicchio di pelle e mi hanno pagata perché gli è andato a genio il
contorno.
Mi spaventa l’idea che fuori da qui io possa essere
comunque puttana, che i Bagni Giuditta siano stata solo una scusa e ora
sono pronta a battere altrove. Magari tra fuochi di notte che fanno tanto
miseria, tra i viali al tramonto che ti fanno retorica, perché ad ogni
mignotta s’abbinano alberi e fuochi, calore e riparo per uomini soli.
Se penso a quando all’inizio era solo un incolpevole gioco, quando tra
coetanei ci si scambiava dei baci per una tequila. Mi sembra davvero
d’aver vissuto una vita! Che pochi mesi passati m’abbiano cresciuto così
in fretta come quando al mattino sali su un paio di tacchi per andare al
lavoro.
È strano davvero sentirsi diversa, vedersi con gli occhi degli
altri, perché quando non sono davanti ad uno specchio mi sembra d’essere
sempre la stessa, uguale a quella che mi riflette di dentro. Mi sembra
d’avere gli stessi pensieri che girano contorti e diventano dubbi, le
stesse parole che cambio solo di posto. M’illudo che il mio seno possa
stare tranquillo dentro una seconda, che le mie labbra di carne non si
siano scomposte ai tanti baci che m’hanno raschiato il palato e la gola.
Senza Fanny non mi era rimasta che questa spiaggia, queste sedie che
affondano nella sabbia e mostrano imperterrite al vento le mie gambe di
seta, i miei seni di carne, il mio di dietro rigonfio, così disponibile
come se bastasse una mano, come se la distanza dal paradiso fosse un
braccio proteso che ti offre da bere.
C’è un’ombra contro la luce
di questa falce di luna che mi sorride. Chissà se sa che come i Bagni
Giuditta anche io ho già chiuso i battenti, magari si chiede quanto possa
costare la solitudine di una donna o la testardaggine di non essere sola a
quest’ora di sera o forse non crede che io faccia il mestiere e sono qui
perché cerco poesia. Lui mi guarda ed io avrei voglia di dirgli che quello
che cerca è un buco soltanto, è un culo nella notte dove ci rimangono
incastrate le voglie inespresse di sessi che non hanno trovato il loro
contrario.
Ma lui s’avvicina senza essere scalfito dai miei pensieri,
s’avvicina, lo guardo ed ha la faccia di Luca. Mi guarda come se avesse
sempre saputo, come se i miei seni non fossero degni di mezza sorpresa.
Eppure finora l’aveva solo immaginati, dentro le notti di poesia, toccati
senza avvertirne il tatto e l’odore. Cerco di coprirmi, come se
quell’inutile gesto mi desse contegno e rispetto, come se questa gonna al
suo posto lo riportasse diritto ai tempi di scuola.
“Luca ma che ci
fai qui?” Mi accorgo immediatamente che non dovrei essere io a fare questa
domanda, ma almeno per questa volta non mi chiederà di fare l’amore, non
mi farà domande di come passo la sera e la notte. Sorride senza
rispondermi. Dal suo sguardo m’accorgo che non m’avrebbe più scritto
poesie, che questa cosa che stringo preziosa al massimo potrebbe destargli
una voglia troppo identica a quelle di tanti clienti che accolgo di notte.
“Luca, ti prego, rispondimi! Che ci fai qui? Come fai a conoscere i Bagni
Giuditta?” Poi sottovoce: “Qui non c’è posto per chi conosce il latino.”
Tento di abbracciarlo, di toccarlo, magari è venuto soltanto per
umiliarmi, per misurare quanto è profondo il mio sesso rispetto all’anima
piatta. Magari è da tempo che mi segue. Sprofondo nella sabbia pensando
davvero che è proprio finita, che nella mia vita non ci sarà posto per
altro, che i Bagni Giuditta saranno la mia casa, saranno mia madre, i miei
affetti, il mio nome, Fanny che è scomparsa da giorni, Marta che m’aspetta
ogni sera come un marito in pena.
Luca continua a fissarmi, come se la
mia anima fosse davvero piatta e non avesse un contorno di carne, un corpo
che per mesi e mesi qualcuno ha anche apprezzato.
Oddio come vorrei
aver mangiato da poco, per vomitare tutta la rabbia di cui ho bisogno,
perché sono sicura che ora stia guardando la parte più scura dell’anima
dove immagina un buco, chiedendosi quanto piacere s’annida tra l’intimo e
il sogno di prendermi nuda.
M’avvicino e m’accorgo che è soltanto
un riflesso di luce e di ombre, che la mia anima non è bucata e nessuno al
momento è ancora in grado di farlo. Chissà davvero dove sarà Luca in
questo momento? Magari a recitare le mie poesie in un letto qualunque di
chi ha accettato la noia e ora non deve difendere la propria faccia. Di
chi non immagina quanto può essere umida una notte, di quanto possano far
male le ossa anche a vent’anni, senza neanche una parola che ti possa
scaldare almeno le labbra.
Sapessi Luca da quanto tempo t’aspetto,
quanto tra le mie gambe ci sia il desiderio d’un seme d’amore che finora
non m’ha mai bagnata, d’amarti per tutte le ore che si consuma un amore
senza la paura che qualcuno se ne approfitti o mi faccia del male.
Ho
paura che questo mestiere oltre che puttana m’abbia reso diffidente, mi
faccia scattare la molla ogni volta che un uomo abbassa la lampo.
E se
davvero non riuscissi più a guardare un uomo negli occhi? A non vederci
più questo mare che nonostante tutto porta musica e clima di spiagge
lontane? E se davvero giudicassi gli uomini soltanto dal pene che
mostrano? Sapendo benissimo che in amore grande o piccolo non fa
differenza. Luca lo so che sei un’ombra ed è per questo che parlo, perché
se tu spuntassi davvero mentirei a me stessa, negherei orgogliosa, senza
pena nel cuore, d’aver detto almeno una parte di questi pensieri.
Perché io sono questa Luca, io sono la spiaggia, il karaoke, la tequila e
gli ombrelloni, faccio parte di questo contesto e senza di loro non
esisto, non ho culo e tette, e neanche quest’anima che per un attimo si è
illusa d’avere un senso e un’altra vita lontano dai Bagni Giuditta.
CONTINUA...
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