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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
Di fuori è freddo e buio all’improvviso
 


 
 


Sarà che fuori è freddo e buio all’improvviso, c’è un uomo che ora aspetta e una donna che si fa aspettare, un cane passa lento lasciando le sue tracce, e rasenta ogni muro per farsi ritrovare. Sarà che tira un vento forte che sbatte le serrande, e l’uomo seduto fuma e guarda le sue cicche, guarda le ore lente, ha il bavero sul mento, e si chiede di quanto tempo è fatta un’attesa, e quanto ne è passato o deve poi passare.

Sarà che un’auto rossa si ferma e poi riparte, e poi si ferma ancora a cento metri da quell’uomo, e allora scende una donna magra, alta e bella con un abito di Fendi, ha l’aria di andare di fretta, ma apre il suo ombrello, perché non si sa mai, perché si sa sempre, se la pioggia ha deciso di bagnare un’altra notte, se la pioggia ha deciso di arricciare i suoi capelli. Distante chiama l’uomo, ma lui non la sente, discreta s’avvicina e quasi in ginocchio, prende la sua mano e la stringe forte forte, e vuol sapere come mai e cosa sia successo, perché quei tanti messaggi, vuoti in fila ad uno ad uno, per i tanti squilli sparpagliati nella notte.

Lui muto guarda in basso, aspetta e non risponde, si culla al suo profumo, e non vorrebbe che lei vedesse, quegli occhi rossi rossi, la pena ed il dolore ma poi alza il suo sguardo e non può non capire, perché è bella la sua donna e come è elegante, quanto è nero il suo cappello e rosse le sue labbra, quant’oro brilla intenso sulle dita e intorno al collo. La donna si commuove ma è solo un istante e chiede al vento di asciugarle gli occhi gonfi, perché non è pioggia, ma pianto che non scende, è solo compassione, non c’è altro e non c’è niente, e intanto gli sussurra parole senza senso, come dire poi vedrai il tempo lava tutto, e intanto lo accarezza e gli dona un sorriso.

Gli ripete che non può e che ora non ha tempo, che un uomo la sta aspettando con il motore acceso, che stava in un locale e deve ritornare, e l’auto ha fatto un giro per ingannare i secondi, ma sa di fargli male e non riesce a trattenersi, e dice che è solo pioggia che cade lentamente, mista al trucco di matita che scola e non si ferma, in tanti rivoli bluastri che le rigano la faccia, in tante ore al bagno che se ne stanno andando.

Sarà che fuori è freddo e buio all’improvviso, la pioggia che ora cade ha avvolto un’altra notte, e spegne i fuochi dentro, il cuore e il desiderio, d’ascoltare il respiro come tante volte. Lui ripete come un mantra che non ha più senso ricordare, gli anni che passano e quelli da passare, i baci indelebili e quelli che non può scordare, senza contare il presente che ora fa più male, e lei che non infierisce e lui che non si fa aiutare, e vorrebbe solo sapere ciò che lei non vuole dire. E pensare che altre volte era bastato proprio niente, un bacio, una carezza, una stretta un po’ più forte, una notte al suo fianco che lei ora non può più donare, un sorriso di quell’amore che non può più abbozzare, perché la pioggia cade e cade lentamente, sul rossetto rosso Cina che si sta sbiadendo, sulle tante ore in bagno che se ne stanno andando.

Fuori la pioggia ha bagnato un’altra notte, un semaforo impazzito lampeggia giallo e verde, la mano ora dell’uomo la sfiora e poi la prega, ora s’alza d’improvviso, la vede e poi la stringe, e vorrebbe domandarle di quei tacchi così alti, quel vestito che da solo vale più di mezzo occhio, quel trucco abbondante che non giustifica la notte e carica di anni quel viso che non capisce.

La donna alza gli occhi e vede la luce accesa, di una casa che conosce e non vuole più vedere, quei vasi sul balcone, lo stendino e le mollette, le tendine dietro ai vetri, i ricami fatti a mano. Per un attimo soltanto sul suo viso corre un dubbio, l’uomo se ne accorge e cerca di fermarla, lui le chiede amante e lei risponde solo amico, già per non ferirlo e la verità fa sempre male. Lui la stringe ancora, la bacia e poi l’abbraccia ma lei si dimena ed ora è di spalle, e cammina più veloce di quanto possa fare, che sopra quei tacchi le sia consentito, e lui sente nitido il rumore del “per sempre”, il vuoto che rimbomba, che scava ad ogni suo passo, bagnato come la pioggia, gelido come l’addio, perché lei ora corre e l’uomo che rimane, perché per lei ormai è tardi e per lui troppo presto.

Adesso la pioggia cade a vento, a fiumi, a fiotti, l’auto rossa stride ed all’angolo si ferma, vicino a quel semaforo che continua giallo e verde, a scandire questa notte, a riflettere l’asfalto. L’uomo elegante ora scende e le apre lo sportello, lei di fretta sale e chiude il suo ombrello, e torna fuori il silenzio e il buio all’improvviso, l’auto muta s’allontana e lui seduto che la guarda, in un lampo, in un mentre, porta via i ricordi, che s’accalcano a grumi nell’ombra dei rimpianti, e porta via quel profumo che svanisce nella notte, come le poche volte dentro quella luce accesa, come le tante volte in un albergo fuori mano, le sue calze d’altri tempi che non stanno su da sole, le sue gambe fasciate nere, materne come culle, e l’amore fatto in fretta e quello troppo tardi, e la pioggia che ora smette e ha lavato un’altra notte, il cane che ripassa lasciando altre tracce, e rasenta ogni muro per farsi ritrovare.
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Foto Aykut Gürel

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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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