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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
Ho tradito la mia migliore amica!
"Ciao, non so perché ti scrivo, ma senza alcun preambolo voglio confessarti un’amara verità che finora non sono riuscita a dirti guardandoti negli occhi."
 








Photo Yuri Shevchenko


Ciao, non so perché ti scrivo, perché ho decido di mandarti questa lettera, ma senza alcun preambolo voglio confessarti un’amara verità che finora non sono riuscita a dirti guardandoti negli occhi.
Anna sì è vero, tu sei la mia migliore amica ed è per questo che ti scrivo, tu starai pensando che lo faccio perché voglio lavarmi la coscienza, ovvio sì, perché da quando l’ho fatto non sono più me stessa e mi ripeto che non ho tradito mio marito, i miei figli, la mia bella famiglia, ma ho tradito solo te, ovvero la mia migliore amica!
Quindi se ora stai leggendo, se ti chiami Anna, se sei sposata, se sei di Roma, se hai un’amica sposata con due meravigliosi figli, se tuo marito si chiama Paolo e fa l’avvocato, se abbiamo frequentato insieme la facoltà di Giurisprudenza, sappi che ti ho tradita, nel modo più indegno e spregevole che un’amica possa fare.

Ok so già cosa mi dirai, che siamo amiche da sempre, sin dai tempi del liceo, lo stesso banco per cinque lunghi anni. E poi i viaggi insieme a Londra e Madrid, le notti passate insieme nella mia stanza chiusa a chiave a ridere e parlare e tirare fino all’alba di nascosto dai miei, e poi la stessa facoltà di Giurisprudenza alla Sapienza, la stessa compagnia, la prima fumata insieme, le feste, le domeniche al mare. Tu bella alta e bionda, sempre vestita elegante, mai un capello fuori posto, sensuale con le tue scollature vertiginose e sicura di quella bellezza che ostentavi ovunque, mentre io mora, altezza media, quasi bassa, con la mia prima di seno che sostenevo fosse una seconda, timida e impacciata, incapace di relazionarmi con chicchessia. Ovviamente tranne te, la mia amica del cuore, la persona a cui dicevo che anche da sposate non ci saremmo mai perse, perché tenevo a te al nostro stupendo rapporto di amiche intime e complici.

Mi vedevo brutta e cercavo di assomigliarti, copiavo i tuoi trucchi, compravo gli stessi tuoi vestiti, le tue scarpe col tacco alto, ma tu sapevi camminarci mentre io dondolavo precaria senza la minima creanza. Oh sì quanti da quei ragazzi incontrati nelle nostre uscite avrei voluto essere baciata, avere il minimo di considerazione, non chiedevo altro che un po’ di attenzione, mentre tu a fine serata te li portavi a letto, anche se tergiversavi dicendomi il giorno dopo che non era successo niente, ma tu lo sapevi che era successo ed accadeva tante e tante volte, tu con loro a casa tua mentre io tornavo penosamente in taxi da sola.

Studiavamo assieme tutti i santi giorni e per noi la laurea fu quasi una passeggiata, ma dopo l’università ci siamo perse di vista, poi dopo cinque anni ho saputo che ti eri sposata con Paolo, un nostro compagno di scuola, il quale ai tempi del liceo mi aveva fatto una corte sfrenata, ma che a me non piaceva affatto. Seppi in seguito che Paolo, avendo ereditato lo studio avviatissimo del padre ai Parioli, era diventato un famosissimo avvocato. Mi chiamasti ed eri contenta dicendomi che la fortuna ancora una volta ti aveva baciata in piena fronte! Avevi conosciuto e sposato un uomo a dir poco meraviglioso, premuroso e soprattutto dolcissimo, insomma un grande amore! Mi raccontasti dettagliatamente il vostro viaggio di nozze in California e Messico e del vostro bell’attico sempre in zona Parioli. Avrei voluto ricordarti che Paolo era stato mesi a farmi la corte, ma non volevo in quel momento sminuire la tua felicità! Anche io nel frattempo mi ero sposata, ma ovviamente non con un uomo importante, ricco e famoso come era successo a te, ma col figlio del titolare del supermercato dove mia madre andava a fare la spesa. Ti dissi razionalmente che il mio non era un grande amore e lui men che meno il principe azzurro che avevo sognato tante volte da ragazzina, ma erano nati i due meravigliosi figli e la mia vita proseguiva senza alti e bassi. Tra l’altro, nel frattempo, mio marito aveva venduto il negozio ad una grande catena francese ed era diventato responsabile di un settore agro-alimentare a Parma per cui si era dovuto trasferire e ci vedevamo solo nei suoi giorni di riposo.

Poi io e te non ci siamo sentite per altri due anni. Quando quel giorno ricevetti la tua email con il tuo nuovo numero di telefono non persi tempo e dopo pochi minuti ti chiamai. Distese sui nostri rispettivi divani iniziammo a parlare. Ti raccontai prima di me, dei miei figli e della mia forzata solitudine, e poi tu mi confessasti come quel grande amore si fosse in realtà rivelato un fuoco di paglia. Vi stavate separando, anzi di fatto lui tornava raramente a casa la sera preferendo dormire nel suo studio. Ti sentivo enormemente vicina, come se il tempo tra noi non fosse mai trascorso.

Il giorno dopo ci incontrammo in un bar vicino casa tua e tu mi raccontasti gioie e dolori di quella storia iniziata come una favola, ma poi trasformata in un inferno con le classiche rivendicazioni, ricatti, ripicche e malcontenti d’ogni genere. Cercai di consolarti, ti sentivo vicino, poi tu mi hai proposto di andare a cena la sera, nel ristorante frequentato anche da tuo marito. Non so perché tu lo abbia fatto, forse volevi controllarlo oppure sapere se si incontrasse con qualche altra persona, comunque accettai rendendomi conto che di fatto tra voi non era ancora finita.

Dopo aver mangiato dello squisito pesce, mentre gustavamo un delizioso sorbetto, immancabilmente, come un lupus in fabula, si è avvicinato lui. Era solo, quindi nessuna compagnia imbarazzante. Comunque vidi il tuo viso contrarsi, cambiasti immediatamente espressione. Imbarazzata mi alzai per salutarlo, era davvero diventato un uomo affascinante, affabile e soprattutto interessante, nemmeno l’ombra del ragazzino spettinato e pieno di brufoli che ricordavo. Ci siamo stretti la mano e poi lui con una scusa si è allontanato senza salutarti. Siamo uscite dal locale ed eri intrattabile, mi dicesti di non giudicarlo dall’aspetto: “Sai, non è tutto oro quello che luccica… È una persona ignobile, vendicativa, boriosa, arrogante e presuntuosa, non puoi capire che inferno è vivere insieme a lui!” Ma al di là di tutta quella serie di aggettivi non riuscivo a capire il vero motivo per cui vi stavate lasciando. Te lo chiesi e tu convinta mi dicesti: “C’è solo una ragione per cui una donna desiste e decide di non combattere più: Mi tradisce!” Poi però ho capito che chi stava parlando era solo il tuo orgoglio ferito e che se lui avesse fatto il primo passo lo avresti perdonato. “Vorrei tanto aiutarti!” Ti dissi. Certo non sapevo come, ma sentivo dentro di me che magari una buona parola esterna alla coppia avrebbe potuto in qualche modo fare opera di riconciliazione.

Comunque rimasi sconvolta! Alla fine pensai che più si mira in alto e più ci si fa male cadendo. Avevo fatto bene io ad accontentarmi! Certo con mio marito non c’era trasporto, ci vedevamo poco e le poche volte insieme avevamo sempre qualcosa da fare per i nostri figli. L’amore quello vero, quello che travolge era finito da tempo, anzi forse non era mai iniziato.
Passò all’incirca una settimana, io e te Anna, ci sentivamo tutte le sere al telefono, tu da mesi avevi ripreso il tuo lavoro di avvocato, mentre io continuavo a fare la madre a tempo pieno. Nelle mie ore notturne ripensavo a quella stretta di mano, energica e in un certo senso magnetica. Non riuscivo a vedere in lui l’essere ignobile come tu mi avevi raccontato, anzi. Poi una sera ricevetti una strana telefonata, era Paolo, impacciatissimo, mi disse che il numero lo aveva avuto da te e che avrebbe volentieri conversato con me. “Tu conosci Anna, sicuramente meglio di me. Forse mi sono posto male, forse non sono riuscito a comprenderla a fondo. Sì ok io ho sbagliato, ma ti assicuro che le nostre incomprensioni sono cominciate molto prima.” Ed io di rimando non potevo che dirgli che se davvero ci fosse stata la volontà niente sarebbe stato irreparabile. Ma il tradimento no! Quello non lo concepivo! Tuttavia parlandoci mi feci ancora più l’idea che non era affatto un tipo ignobile o cosa del genere, anzi sentivo in lui un’anima sensibile che nutriva un profondo rispetto per te. Poi parlammo del più e del meno, io gli raccontai del rapporto con mio marito e lui, informandosi dove abitassi, mi disse che ormai dormiva stabilmente nel suo studio.

Passarono altri giorni, forse tre, io e te ci sentivamo come al solito dopo cena, quando una mattina tornado dalla spesa me lo ritrovai sotto casa. Mi disse che il giorno prima aveva perso il telefono e quindi anche il mio numero e che quella nostra conversazione gli aveva fatto bene. I mie figli erano a scuola, mio marito a Parma per cui stando da sola e per cortesia non esitai ad invitarlo a salire. Nell’ascensore ero rigida e seria in modo così evidente che lui mi disse di stare tranquilla, in fin dei conti era lì per parlare di un’altra donna, ovvero sua moglie, ovvero te, Anna! Mi risollevai anche perché lui mi trasmetteva una calma incredibile e soprattutto una così tanta tenerezza che essendo tua amica dovevo assolutamente verificare.

Quindi entrammo in casa. Gli dissi di mettersi comodo sul divano che avrei preparato in fretta un ottimo caffè. Lui lo prese con due zollette di zucchero mentre io per via della dieta lo gustai, si fa per dire, amaro. Parlammo di te Anna, parlammo delle vostre incomprensioni, dei suoi buoni propositi di riconciliarvi. Allora seppi che in quei due anni avevate fatto l’amore solo tre volte, che il tuo essere sessualmente insensibile e fredda a poco a poco lo aveva allontanato. Comunque mi giurò di averti tradita solo una volta con una giovane assistente dello studio, poi più nulla anche se il desiderio di un’altra donna era forte e lampante. Mi imbarazzai, lui si accorse che impercettibilmente mi scostai qualche centimetro da lui. Comunque continuava a ripetere che avrebbe voluto una mano da me, che col mio aiuto tutto si sarebbe ripianato e che lui avrebbe accettato di tornare a casa da te se solo tu ti fossi dimostrata disponibile.

Non capivo come e in che mondo avrei potuto aiutarvi, poi compresi il suo ragionamento perverso quando, parlando di me, mi disse che in fin dei conti anche io ero sola e in nome della nostra vecchia amicizia e delle sue avances al tempo di scuola, avremmo potuto riprendere quel discorso lasciato in sospeso tanti anni prima. Fu un attimo, si avvicinò quel tanto che a quel punto non potevo più fare finta di non capire. Erano circa le dodici e dopo appena un’ora sarebbero tornati i ragazzi accompagnati da mio padre. Ecco, esatto, proprio in quel momento sentii la sua mano sulla mia gamba. Dovevo decidermi, se l’avessi tolta immediatamente avrei chiuso lì la questione ed allora le ho stretto la mano con l’intenzione di impedirgli di continuare. Ho detto: “Ma cosa stai facendo?” Ma dalla mia bocca non è uscito un rimprovero, bensì un vero e proprio sussurro ottenendo l’effetto contrario. Ti prego Anna non giudicarmi male, non ce l’ho fatta, anzi ho lasciato che quella mano salisse e guadagnasse centimetro per centimetro la mia pelle fino ad arrivare dove la mia astinenza ribolliva e reclamava qualcosa di più concreto rispetto ai fantasmi che ogni sera mi venivano a trovare nel mio letto miseramente vuoto.

Lui mi ha baciata, una, due, tre volte. Sentivo il suo fiato caldo bisognoso di piacere che evidentemente non aveva da te, poi in un attimo, e non so come abbia fatto, mi sono ritrovata nuda su questo divano, aprendo un attimo gli occhi ho visto l’ombra delle mie mutandine aggrappate al bracciolo della poltrona, il reggiseno adagiato sul mio bel parquet. Si è svolto tutto in una manciata di secondi, lui è salito sopra di me e sull’abisso di quel piacere ricordo che mi ha chiesto il permesso ed io gli ho risposto di non fare domande sceme. Ecco lì in quel momento, prima di affondare la sua voglia evidente, mi ha detto che mi aveva sempre amata, forse per giustificare quello che a breve sarebbe successo, oppure per dare a me uno straccio di scusa per i miei futuri sensi di colpa che ovviamente si sarebbero affacciati subito dopo.

Forse non ci crederai, forse mi giudicherai pazza, forse penserai che tutto ciò è assurdo, ma in quel momento, con lui dentro di me, mi sono fatta giurare che ti avrebbe chiamata e che la sera stessa sarebbe tornato a casa e dormito insieme a te. Non so perché, ma in qualche modo era l’unica maniera per non sentirmi sporca, per dare un senso a quel piacere immenso, per sentirmi per assurdo vicina a te, Anna! Lui mi ha giurato che lo avrebbe fatto e subito dopo insieme siamo esplosi in un orgasmo con tanto di fulmini e tuoni.

Ecco vedi, se fosse finita lì avrei forse avuto qualche scusa per riparlarti, in fin dei conti era stata solo una debolezza di entrambi o se vuoi la coda di un ricordo perso nel tempo, ma dopo la doccia abbiamo ricominciato pur nella consapevolezza che mio padre a breve avrebbe suonato il campanello. Mi ha presa in piedi in bagno e poi nel letto grande dove dormo con mio marito. Sì sì forse gli ho gridato che lo amavo, forse gli ho detto che da quel momento non avrebbe dovuto farmi mancare il suo sesso, che avrei ricompensato la tua frigidità e sostituita in segreto appagando le sue voglie. Forse era lui che aveva bisogno di sentire queste parole, forse ero io che volevo dare un senso al mio matrimonio con una relazione segreta! Ti prego ora non mi chiedere se in quel momento ho sentito forte la rivalsa nei tuoi confronti, in tutti quegli anni che mi hai fatto sentire il brutto anatroccolo dello stagno, mentre tu era il cigno bianco del lago dorato. Ecco sì una specie di rivincita ritardata di quando da sola tornavo in taxi a casa.

Forse gli ho detto anche altro, non ricordo perché quel piacere mi ha devastata e saziata completamente fino a toccare le punte delle mia dita, ma una cosa la ricordo nitidamente, ossia quando sulla porta mi ha chiesto di nuovo il numero di telefono, gli ho detto di no e di mettersi l’anima in pace perché quella sarebbe stata l’unica volta e non ci saremmo mai più visti. Sì Anna, te lo giuro, ho detto proprio così, perché proprio in quel momento mi sono resa conto che non avevo tradito mio marito, i figli, la famiglia, la mia tranquillità e balle del genere. Alla fine di tutto avevo capito di aver tradito una sola persona, ovvero te Anna! La mia migliore amica, la nostra amicizia, la nostra confidenza.

Ora sono qui che scrivo, non so se lui abbia mantenuto le promesse, non so se quello che è successo vi abbia riconciliati, ma comunque sia non allevierebbe il mio dolore, perché mi sento sola, tremendamente sola e colpevole e, il brutto della storia è che da allora non riesco più a parlare con te. Per questo, anche se indirettamente, ti sto scrivendo! La sera stessa tu mi hai chiamato, ma io non ho risposto, come la sera dopo e quella ancora. Ho sempre il telefono silenziato e prima di rispondere guardo il nome di chi mi sta chiamando. Ti evito sì, non voglio ammetterlo, non riesco a perdonarmi per quello che ho fatto, per tutte le volte che ho detto di no a Paolo ai tempi di scuola, e soprattutto per quanto mi è piaciuto. E per quanto lo vorrei rifare.


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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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