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STORIE VERE

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Tradisco mio marito, ma in che modo?
"Marco aveva appena compiuto due anni e mentre lui cresceva bello e robusto io cadevo sempre più in una nera e profonda depressione. Ero giovane, avevo 35 anni, ma non ce la facevo più a vivere in mezzo a pannolini e passare le notti insonni. Puzzavo di pipì e rigurgito, le mie giornate erano un incubo, cadenzate solo ed esclusivamente dai cambi, dalle pappe e dalle infinite lavatrici"







Photo Felix Barjou

 

 

Avevo dovuto lasciare il lavoro di grafica e web designer in una nota società multinazionale a Roma, mentre mio marito, avendo perso il lavoro di supplente in una scuola elementare, si arrabattava con lavori di vario genere e naturalmente dedicava a nostro figlio non più di un’ora a sera. Insomma era tutto sulle mie spalle compreso il senso d’inadeguatezza, la paura e la voglia e la sensazione che il tempo passava e si portava via gli anni migliori.

Non so, sarà stata la mancanza di considerazione da parte di mio marito, ormai mi vedeva solo come madre e non certo come donna; sarà stato che allo specchio mi vedevo sempre più brutta, nonostante fossi nel pieno della mia femminilità e fossi alta, con gli occhi di un nero ebano e la pelle ambrata; sarà stata la perenne mancanza di soldi, o forse l’astinenza forzata dal sesso, insomma sarà stato tutto questo e altro che un giorno improvvisamente decisi di reagire. Dentro di me sentivo un desiderio impellente di riscatto e soprattutto di piacere, lo sentivo salire interiormente come se fosse stato una droga, un’ossessione, e così cominciai a fare di tutto per evadere da quella situazione.

Ne parlai con mio marito, gli dissi che volevo riappropriarmi del mio tempo, la risposta fu una scrollata di spalle e un laconico: “Fai come vuoi.” Con il sostegno di mia sorella e mia madre che facevano da baby-sitter a Marco, iniziai a uscire la sera con le mie amiche, a frequentare locali, a fissare due tre appuntamenti per sentirmi al centro dell’attenzione, a iscrivermi a qualche sito di incontri, ma in realtà mi sentivo più stanca di prima, incapace alla fine di divertirmi. Sapevo che il mio vero divertimento non era la compagnia, le serate passate attorno ad un tavolino sparlando del più e del meno, ma l’attenzione che gli altri uomini mi avrebbero potuto offrire. Però qui nasceva il grosso problema, perché gli uomini mi sembravano tutti e indifferentemente insulsi, incapaci di sintonizzarsi sulle onde femminili.
Comunque alla fine provai a uscire con qualcuno, diedi appuntamento a un mio ex, ma dopo il ristorante, finimmo per parlare dei suoi problemi con la moglie ed anche ovviamente dei miei. Ci baciammo sì, mi disse più volte che ero bella, che avevo un seno magnifico, che avrebbe voluto far l’amore con me e stabilire un rapporto serio. Tra l’altro alla seconda uscita lui iniziò sin da subito a parlare di separazione dai nostri rispettivi coniugi e di una casa in affitto dove andare ad abitare con Marco e i suoi figli. Giuro che in quel momento avrei voluto fuggirgli lontano. Feci una faccia di circostanza e finsi un improvviso mal di testa. E già, ero diventata allergica e diffidente ad ogni tipo di legame e alla prospettiva che ciò si avverasse per cui in quel preciso istante giurai a me stessa che mai mi sarei legata ad un altro uomo.

Qualche sera dopo, durante una cena con le amiche, conobbi Carlo, faceva l’ingegnere nucleare e per un attimo mi spaventai. Lo collocai immediatamente tra le persone più intelligenti che avevo conosciuto finora. Ricordo che era Agosto, bevemmo qualche Aperol in più e a fine serata, tra l’invidia evidente delle mie amiche, lui mi invitò nella sua bella macchina rossa fiammante, facemmo un giro fino ad Ostia e poi ovviamente mi invitò a casa sua. La moglie era in vacanza e la domestica di riposo. Appena arrivati a casa lui si fece la doccia e con mio grande stupore indossò una vestaglia leggera e colorata, poi preparò due cocktail alcolici e del pesce crudo squisito che servì in giardino.

Era una bellissima serata calda, mi disse di liberarmi di tutto, insomma mi fece spogliare nuda trattandomi sempre e comunque con gentilezza. Per tutto il tempo si dedicò a me baciandomi ripetutamente lungo tutto il corpo insistendo con devozione sulle mie parti intime e alla fine facemmo l’amore sul bordo della piscina della sua meravigliosa villa all’Eur. Le sue labbra erano state fantastiche e il suo modo di fare l’amore a dir poco sublime! Era a tutti gli effetti la prima volta che tradivo Claudio, mio marito, ma la cosa non mi fece alcun effetto.
Fu lui a capirmi fino in fondo, a intuire cosa realmente desiderassi, sicuramente molto di più di quello che io finora avevo capito di me stessa. Mi diedi intimamente e completamente a lui e lui si dimostrò maschio in tutti i suoi aspetti, poi prima di chiamare un taxi, che mi avrebbe riportata a casa, mise nella mia borsetta cinquecento euro. Non dissi nulla, del resto i soldi mi servivano e l’amore con lui era stato magnifico.

Ovviamente in taxi mi chiesi: “Allora sono una puttana?” E la risposta per quanto bizzarra fu negativa. No, non lo ero perché avevo avuto quella sera le attenzioni che da sempre avevo desiderato in modo chiaro e senza secondi fini. Del resto con quel gesto lui aveva voluto ribadire le dovute distanze tra sesso ed amore, quindi nessuno strascico, nessuna presunta relazione. Esattamente quello che avevo sempre desiderato!

Ovviamente fu un caso, sapevo benissimo che non tutto era rosa e fiori, ma ero comunque contenta di me stessa, mi ero in una sola serata riappropriata del mio corpo e di quell’essenza di femminilità che caso strano avevo trovato a pagamento e non certo da chi diceva di amarmi veramente. Il giorno dopo dissi tutto a Claudio, glielo dissi perché immaginavo la sua reazione che puntualmente avvenne. Non disse nulla, un’altra scrollata di spalle e uscì immediatamente di casa tornando da sua madre. Non credo di avergli fatto del male, anzi secondo me la prese come una liberazione perché indiscutibilmente si era invischiato in un ruolo non suo quindi incapace di essere marito e padre.

Con parte di quei soldi mi iscrissi ad una piscina frequentata da gente benestante. Ogni volta che adocchiavo qualcuno che mi piaceva pensavo se avesse potuto essere un potenziale cliente. Ecco esatto, non pensavo agli uomini in quanto tali, ma solo a persone capaci di pagare il proprio divertimento e con quel gesto non andare oltre quel confine che ormai era diventato un mio tabu.
Il primo fu il papà di un futuro campione di nuoto, doveva aspettare che il figlio finisse gli allenamenti, ci sedemmo al bar del centro sportivo e gli feci capire da subito che, viste le mie precedenti esperienze, non ero in cerca di una storia duratura. Dopo circa mezzora eravamo avvolti dal buio del parcheggio del centro sportivo dentro la sua macchina. Poi fu la volta di un altro signore, sempre con la fede al dito, e poi di un altro ancora. Tutti chiedevano servizi veloci, tutti aspettavano i propri figli e poi dovevano correre a casa dalle loro mogli. Servizi veloci per sopperire alle mancanze di una vita noiosa in due senza più alcuno stimolo, ma io mi sentivo davvero desiderata, quando in attesa in quel bar, sapevo, nonostante dedicassi loro pochi minuti, che sognavano la mia bocca, la mia saliva, le mie mani, le mie attenzioni e di sicuro, durante le ore di ufficio, fremevano per portare i propri figli in piscina.

Conobbi tanti uomini, diversi tra loro, ma tutti accomunati dallo stesso desiderio di trasgredire anche solo per un attimo alla pesantezza della vita. Mi resi immediatamente conto che non ero la sola a pensarla così, anche loro fuggivano da quella realtà che qualcuno impropriamente chiamava rapporto, relazione o peggio matrimonio. Per soli pochi euro raggiungevano il paradiso stupendosi per come e quanto potesse essere vicino e a portata di mano. Mi facevano i complimenti, mi dicevano che ero bella, femmina, che mai le loro mogli si erano dedicate in quel modo al loro piacere.

Finalmente le cose a casa andavano senz’altro meglio, con quei soldi potevo riempire il frigo e permettermi il parrucchiere, l’estetista, qualche giorno di vacanza e soprattutto una baby-sitter professionista. Claudio un giorno mi chiamò, ci vedemmo nel bar sotto casa. Lo vidi disperato e mi confessò senza mezzi termini che era pentito, gli mancavo e non riusciva a vivere lontano da me. Del resto era il padre di mio figlio, per cui decisi di riprendermelo a casa, ma a precise condizioni. Ormai non avrei più cambiato la mia vita e forse anche grazie a lui avevo dato una svolta alla mia vita sia a livello di gratificazione personale che economicamente.

Forse qualche moralista tra di voi avrà dei dubbi o peggio mi starà giudicando male, pensando che in fin dei conti, vuoi come vuoi, dentro quelle macchine non faccio altro che soddisfare le parti più basse e gli istinti più bestiali. Che comunque è sempre la donna che subisce, ma io davvero non ci trovo nulla di oltraggioso, non mi sento peggio di un’impiegata o di un’operaia che ogni mattina timbra un cartellino, anzi al contrario di loro mi sento indipendente, non devo chiedere permessi per crescere mio figlio, non devo essere sfruttata con lavori part-time e relativo stipendio da fame. Lavoro quando voglio e soprattutto con chi voglio. Se un tizio non mi piace, non sono costretta, se invece mi piace anche io ho il mio divertimento e le mie attenzioni. E che attenzioni!

Leggo nei forum che questo lavoro è degradante, che è soprattutto una questione di dignità perché vendo il mio corpo, perché ho la sfortuna di frequentare una parte del mondo che non conosce il rispetto, l’amore, la fantasia, il sogno e l’immaginazione. Ma davvero credete che dall’altra parte ci sia tutto questo? Io ho passato quel confine, quella volta a bordo piscina di quella splendida villa, perché appunto non avevo trovato nulla di simile da questa altra parte. La differenza con le altre cosiddette “per bene” sta solo nel fatto che ho smesso di subire, che non ho più accettato il mondo e le sue relazioni, pseudo affettive, imposte dagli uomini.

Da quel tempo sono passati circa cinque anni. Ora sono una bella quarantenne sensuale e curatissima. Ho ristretto il mio giro dando qualità al mio lavoro, niente più palestre, piscine e servizi veloci per pochi euro. Non vado con sconosciuti e incontro solo una cerchia fidata di uomini in alberghi di lusso. In un certo qual senso più che clienti sono amanti.

Claudio ha accettato totalmente le mie condizioni, mi fa tenerezza e allo stesso tempo mi inorgoglisce quando dopo cena lava i piatti e poi mette a letto Marco facendogli la ninnananna mentre io mi preparo, mi trucco e indosso i vestiti più seducenti. Lui non sa il mestiere che faccio, sa che ho fatto un corso di barman ed ora faccio cocktail artistici in vari locali di Roma. Ma credo che in fondo in fondo non vorrà mai indagare accontentandosi di domandarmi quando esco a che ora rincaserò.

Si ok, non è certo questa la soluzione definitiva, la considero solo una fase di un futuro ancora tutto da inventare. E forse la mia è una storia comunque a tante altre, forse banale, con la differenza sostanziale che io ho avuto il coraggio di raccontarla pubblicamente, ma quello che mi premeva dire ai vostri lettori è che tramite questo lavoro, considerato indegno, ignobile, spregevole e chi più ne ha più ne metta, ho riconquistato me stessa distruggendo quei vincoli e quei ruoli precostituiti che la società ti impone. Non sono una rivoluzionaria, ma ho semplicemente seguito il mio istinto nella consapevolezza che se non si vuole ammuffire occorre in qualche modo reagire. Io l’ho fatto e di sicuro tra qualche anno dirò a mio figlio come ne sono venuta fuori.




LETTERA FIRMATA






FINE















 
 
 


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