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RACCONTI
Adamo Bencivenga
La Mandante
Lui, lei, gli altri
Photo Nina Masic
IL DELITTO
Siamo nel maggio del 2010, ad Alba in provincia di
Cuneo, è circa mezzanotte, un’autombulanza con la sirena accesa, seguita
da una volante dei carabinieri, allertati da una richiesta di aiuto al
118, si dirige verso via Belmonte, una stradina di campagna poco fuori
dall’abitato. Al civico 111 c’è una villetta rossa, due donne piuttosto
agitate fanno ampi gesti, il cancello è aperto e le macchine entrano nel
giardino.
Disteso a terra in un lago di il cadavere di un uomo
massacrato a colpi di spranga. Chi ha dato l’allarme è una delle due
donne, la signora Ludovica, moglie dell’uomo in terra, Giuseppe Reali.
Lei, sorretta dalla sorella Paola, urla ai sanitari di fare in fretta, che
suo marito sta morendo. I Carabinieri però cercano di distoglierla perché
sanno benissimo che per quell’uomo non c’è più nulla da fare. La conducono
in casa, le fanno bere un bicchiere d’acqua. La donna sembra calmarsi e
interrogata dice di non aver visto nulla, di essere stata svegliata dai
frastuoni provenienti dal giardino, di essere accorsa e di aver trovato
l’uomo già in terra.
Degli autori di quell’efferato pestaggio
mortale nessuna traccia. L’area è completamente al buio, gli uomini in
divisa fanno un sopralluogo nei dintorni, ma non c’è ombra di altri esseri
viventi in zona. Le due donne vengono sollecitate a vestirsi per essere
accompagnate negli uffici della Stazione dei Carabinieri.
Oramai sono
quasi le tre del mattino, Ludovica stravolta non sa ancora della morte del
marito, chiede continuamente sue notizie, poi a fatica risponde alle
domande del Comandante e ricostruisce la sua storia.
LA STORIA
DI LUDOVICA E GIUSEPPE
I due sono sposati da circa vent’anni, si sono
conosciuti nel 1989, lei lavora in una banca di Credito Cooperativo,
mentre lui aggiusta computer. Lei al tempo ha 22 anni ed esattamente sei
anni meno del marito essendo i due nati nello stesso mese e nello stesso
giorno. Si piacciono, si frequentano, conoscono le rispettive famiglie e
dopo alcuni mesi si sposano.
Lui ha un sogno nel cassetto ossia
vivere in campagna e produrre vino. Allora con i pochi risparmi, qualche
aiuto da parte dei genitori e un mutuo acceso nella banca dove lavora
Ludovica comprano un casolare con annesso un piccolo vigneto. I primi anni
sono un sogno, lui è soddisfatto di quella vita, lavora in casa, si prende
cura delle sue viti, lei invece fa una vita più sociale, lavora in città,
frequenta i suoi colleghi dopo l’orario di lavoro.
Comunque tutto bene,
per circa quindici anni è una coppia felice, l’amore fra loro è
meraviglioso, lei è una donna dolce e disponibile, forse per natura troppo
ingenua, lui però ama questa sua semplicità, è sempre presente e pieno di
attenzioni. Hanno un solo desiderio ancora non appagato, vorrebbero
mettere su famiglia, ma i figli non vengono. Si sottopongono alle analisi
di routine, non c’è nulla che non va, solo non vengono, quindi
nell’intimità della loro casa isolata da tutto il resto, ci provano e ci
riprovano.
Per la verità è più lui che lei a soffrire questa
situazione e col tempo inizia a rabbuiarsi passa le giornate in completa
solitudine e l’unica distrazione che si concede è quella di fare lunghe
passeggiate tra i vigneti di Dolcetto e Barolo. Sa che senza quel figlio
maschio la sua vita sarà incompleta e l’amore per quella splendida moglie
non è più sufficiente per giustificare una vita.
IL
CAMBIAMENTO DI GIUSEPPE
Col tempo inizia ad essere taciturno e
scontroso, si innervosisce con poco, diventa irascibile per un nonnulla,
per un piatto di pasta freddo o la tavola apparecchiata in malo modo. Lei
però è comprensiva, accetta quelle asperità perché sa qual è il problema.
Allora un bel giorno a pranzo gli propone di cercare un’alternativa, ossia
adottare un bambino, aiutata da una collega si è già informata e la cosa
sembra fattibile, ma lui non accetta, dice che vuole un figlio che nasca
dal suo seme e allora in preda all’ira scaglia il bicchiere che ha in mano
contro la parete e senza pensarci due volte addossa senza mezze frasi la
colpa alla moglie, urlandole di non essere capace a diventare madre.
Poi esce di casa per sbollire la rabbia, ma la sera stessa a cena, con
la tv accesa e la tavola ancora apparecchiata, ha la prima reazione
violenta. È solo uno schiaffo, un banale ed innocuo schiaffo quasi
trattenuto, ma la donna anziché reagire non dice nulla, anzi cerca solo di
calmarlo e fa male, malissimo, perché la sera dopo l’uomo si sente quasi
in dovere di darle un altro schiaffo e questa volta non trattenendosi le
lascia dei segni profondi sul viso, tanto che Ludovica il giorno dopo non
può andare in ufficio e per una settimana è costretta a portare gli
occhiali da sole.
LE VIOLENZE
Ludovica in quella settimana
nella solitudine della propria casa pensa e ripensa, e si rende conto che
non può essere solo quello il motivo di quella rabbia ed in effetti non lo
è. Tra l’altro da un po’ di tempo Giuseppe le chiede insistentemente dei
soldi inventandosi delle scuse, tipo che deve comprare un attrezzo per la
campagna, qualche scheda per i computer, che deve riparare il tetto e cose
simili, ma lei non vede nessun attrezzo nuovo in casa, nessuna riparazione
e allora diventa più guardinga.
In lei covano i primi sospetti e
alla fine, per la prima volta in vita sua, guarda nel cellulare del marito
e scopre dei messaggi piuttosto eloquenti tra lui e un’altra donna. È
fuori di sé, le crolla fisicamente il mondo addosso, mentre legge ha un
mancamento, ma vuole e deve sapere per cui quando lui torna a casa lei
gliene chiede conto.
La reazione di lui non si fa attendere, si
incazza, sbraita, urla, impreca, poi la picchia, lei scappa, lui la
rincorre e le lascia lividi per tutto il corpo, ma lei insiste, nei giorni
successivi fa domande, chiede risposte e per ben due volte finisce in
ospedale, la prima per una ferita alla gamba sinistra e la seconda per il
naso rotto.
Non sa cosa fare, chiede consiglio a sua sorella e
nonostante l’invito di lei a fare qualcosa, lei le risponde che,
nonostante il tradimento e le violenze, lo ama e non potrebbe mai
lasciarlo e tantomeno denunciarlo, anzi in ospedale giustifica quei traumi
dicendo di essere caduta dalle scale.
L’UCRAINA
Lentamente
viene fuori la storia, lui ormai quarantenne, durante le sue passeggiate
incontra per caso Irina, una bella e bionda ragazza ucraina di 27 anni che
va a servizio in due ville della zona. Irina è sposata, ma suo marito vive
a Kiev con i loro tre figli nella casa della madre. Lei è in Italia da
circa due anni e il suo italiano stentato nonché i suoi occhi color
azzurro cielo non lasciano indifferente Giuseppe, al punto che, vedendo in
lei la futura madre di quel figlio tanto desiderato, irreparabilmente
cerca di approfondire quella relazione.
Lui sa dove la bella Irina
ogni giorno prende l’autobus e allora puntualmente si fa trovare seduto su
quella panchina nelle ore in cui Ludovica è fuori casa per lavoro. Giorno
dopo giorno le fa una corte sempre più pressante, le dice che è un sogno,
che è la donna che ha sempre cercato, e lei dopo i primi momenti di
smarrimento non disdegna affatto quelle avances. Dice di essere stata
sempre fedele al marito, ma ha bisogno di soldi, la sua permanenza in
Italia è temporanea e vuole solo mettere da parte un bel gruzzolo di
denaro che le permetterà di avere un futuro roseo in Ucraina insieme a suo
marito e ai suoi figli.
Quindi dopo i primi approcci e ormai sicura
che l’uomo nutra un certo interesse per lei, senza remore gli dice
espressamente che vuole una ricompensa in denaro. Lui, ormai preso da
quella donna accetta e lei, la prima volta, gli concede qualche bacio tra
due filari di Barolo.
Lui però non ha soldi, con il suo lavoro
guadagna ben poco e chi porta avanti la casa e l’attività di produzione
del vino è sua moglie. Ma ha dato la sua parola alla bella Irina e non
vuole deluderla per cui non può che chiedere quei soldi a sua moglie e
quando lei si rifiuta lui la picchia selvaggiamente, pretende quel denaro
perché è convinto di essere nel giusto, che la moglie è causa della sua
infelicità e della loro infertilità e che Irina è l’unica strada che lo
porterà ad essere padre. Lui minaccia di lasciarla e alla fine per non
perderlo Ludovica cede.
Dall’altra parte però Irina è dubbiosa,
ormai ha capito le intenzioni e l’obiettivo di Giuseppe, e alla fine si
convince solo dopo i primi due bonifici di 300 euro ciascuno accreditati
sul conto del marito di lei in una banca di Kiev. Solo a quel punto si
lascia andare tanto che da quel momento non passa giorno che i due amanti
non facciano l’amore, nelle case vuote dove lavora la ragazza, tra i
vigneti di Dolcetto e Barolo e addirittura in casa di lui. Ovviamente lo
fanno senza alcuna precauzione perché tra loro ora c’è ormai un tacito
patto, ossia lui vuole che lei rimanga incinta, vuole avere quel bambino e
solo a quel punto lei potrà tornare a Kiev. Nelle sue farneticazioni
Giuseppe non ci vede nulla di male, lui vuole quel bambino e vivere con
l’unica donna che ama ovvero sua moglie.
L’AMICO DI FACEBOOK
Ludovica chiaramente non sa delle intenzioni del marito, ma ormai è al
corrente di quella relazione. Tra loro ci sono frequenti litigate e, per
volere di entrambi, si astengono nel fare sesso. Lei è disperata,
praticamente suo marito ha un’altra, la picchia, le chiede continuamente
soldi e in casa non trova più amore, ma lo ama ancora e ne parla con sua
sorella e una collega di lavoro. Ovviamente i consigli delle due donne
sono in fotocopia, praticamente le dicono ambedue di interrompere
definitivamente quel matrimonio.
Lei però non segue questi consigli,
sa solo di aver bisogno di attenzione, di amore corrisposto, di aiuto che
la faccia uscire da quella situazione e che le faccia rendere conto che
esistono nel mondo uomini non violenti e pronti ad amarla. E allora
tramite Facebook incontra una persona. Si scambiano messaggi per qualche
settimana, poi lei decide di vederlo e lo incontra in un bar a pochi passi
dalla sua agenzia di lavoro.
È un uomo anziano, di bell’aspetto,
architetto ed arredatore, ha diversi hobby, ma ha un difetto enorme: è
sposato. A lei però serve un altro tipo di uomo, essendo ancora innamorata
di suo marito, desidera qualcuno che la strappi definitivamente da quella
situazione. Comunque continuano a frequentarsi, si vedono nei ritagli di
tempo. Lui vorrebbe fare sesso con lei e un giorno la porta in un motel, è
quasi fatta, forse anche lei ha deciso di abbandonarsi nella speranza che
qualcosa possa accadere, ma su quel letto, ormai nudi, lei riprende il
discorso. Glielo dice a chiare lettere che il suo amore non è libero, ma
condizionato e allora gli chiede di nuovo le sue intenzioni e quando lui
le dice definitivamente che non lascerà mai la moglie, lei si alza da
quell’alcova non consumata, si riveste ed esce in silenzio da quella
stanza. È un addio, non lo rivedrà più, nonostante lui le mandi
continuamente messaggi e la chiami ininterrottamente tutti i giorni per un
mese intero.
I CONTINUI LITIGI
Beh sì in qualche modo ha
reagito, in qualche modo ci ha provato, ma a casa la situazione non è
cambiata, lui continua a frequentare quella donna e, sempre più convinto
di essere nel giusto, lo fa a viso aperto senza più la necessità di
nascondersi. Si comporta come un separato in casa e tra moglie e marito
non c’è alcun rapporto, sono una glaciale indifferenza. Gli unici momenti
di contatto e conseguenti furiose litigate è quando lui periodicamente le
chiede dei soldi.
Ludovica, anche se lo immagina, non sa dove vadano a
finire quei soldi, allora una domenica mattina, mentre lui è nei campi,
prende il suo telefono, si collega con l’home banking del conto corrente
di lui e scopre una serie di bonifici settimanali a favore di una banca di
Kiev. Sa che quelle operazioni sono la prova provata del suo tradimento e
per la prima volta pensa ad una separazione da suo marito per cui si
scarica le ricevute e le invia alla sua email. Il giorno dopo in ufficio
le stampa e le mette in borsa.
Ormai è decisa a lasciarlo, prova
rancore per il suo tradimento, rabbia per quelle continue botte, ma
Ludovica è una donna fragile, si conosce, sa di non essere in grado di
portare a termine la sua decisione e allora chiama sua sorella che vive da
sola e lavora in un’altra città e le chiede aiuto.
LA SORELLA
PAOLA Per amore della sorella, Paola, che fa l’infermiera, riesce in
due mesi a farsi assumere in una struttura di anziani ad Alba e si
trasferisce a casa di Ludovica.
Giuseppe accoglie molto volentieri sua
cognata in casa pensando in qualche modo che quella presenza non possa che
far stare bene sua moglie e di conseguenza vivere in tranquillità quei
mesi che lo separano dalla nascita di suo figlio. Sì perché nel frattempo
l’ucraina è rimasta incinta con la doppia contentezza di Giuseppe per il
figlio in arrivo e perché come aveva sempre creduto la causa di
quell’infertilità non dipendeva certamente lui.
Paola è un tipo
solare, ironico, non è sposata ed ha sempre preso la vita con la giusta
superficialità. Dopo poche settimane la sua dolcezza rassicura
quell’ambiente e risulta un toccasana per entrambi. Insomma sembra che
dentro quella casa vada tutto per il meglio. Ludovica frequentemente esce
la sera senza nessuna remora di lasciare solo il marito, ma anche Giuseppe
esce con la bella Irina, ormai si va vedere in giro nel paese con la madre
del suo futuro primo figlio, prendono i loro aperitivi all’aperto senza
più timore di farsi vedere insieme. Ma c’è un ma, c’è sempre un ma in una
storia maledetta.
IL MARITO DELL’UCRAINA
Un giorno senza
preavviso giunge ad Alba il marito di Irina, ha saputo da un’amica di lei
dello stato interessante della moglie e a quel punto, quei bonifici da 300
euro, sono solo un palliativo, che non posso giustificare il tradimento
della moglie. Accecato dalla gelosia è deciso a farsi giustizia da solo e
una sera, dopo aver costretto la moglie a confessare, si precipita a casa
di Giuseppe e lo affronta nel giardino. Le due sorelle sono in casa e
ascoltano dalla finestra senza intervenire.
Lui è un tipo robusto
e parla bene l’italiano e dopo aver preso Giuseppe a male parole, lo pesta
a sangue sferrandogli una serie di pugni ben assestati in faccia. Giuseppe
cerca di difendersi, ma alla fine avrà un occhio compromesso per sempre e
tre denti di meno, ma a far più male a Giuseppe non è tanto il dolore, ma
il fatto che il giorno dopo non troverà più la sua Irina ad aspettarlo
alla fermata dell’autobus. La cerca, va in tutte le case dove lei ha
lavorato, percorre in lungo e largo i filari di Barolo, finché una signora
gli dà la risposta che non avrebbe mai voluto sentire. Insomma Irina, la
sua bella ucraina, futura madre di suo figlio, è volata, con in grembo la
sua creatura, insieme a suo marito verso Kiev.
UNA CASCATA
MORBIDA DI RUGGINE
Nonostante la presenza di Paola la situazione in
quella famiglia precipita di nuovo, lui si sente un orso in gabbia, per
giunta raggirato dall’ucraina, lei una vittima innocente per cui non passa
giorno che non ci siano litigate, piatti che volano e continue urla con
pesanti minacce di vendette reciproche.
Ludovica su consiglio
della sorella evita dopo il lavoro di tornare a casa, esce con qualche
collega, ma il più delle volte fa lunghe passeggiate per le vie di Alba e
per tre sere di seguito si siede al Bar Corallo, un locale molto alla moda
e ritrovo di uomini d’affari e gente più che facoltosa.
Il destino è
in agguato, la guarda, la segue, del resto lei è una bella donna, rossa e
appariscente alla soglia dei suoi splendidi quarant’anni. Le sue forme
sono morbide e regolari, i suoi trucchi perfetti, la sua pelle color
latte, le sue calze impalpabili, i suoi vestiti ricercati e i suoi capelli
lunghi e mossi somigliano a una morbida cascata di ruggine.
Cammina,
passeggia, si siede e il tutto condito da una sensualità fuori dal comune.
Si vede da una distanza siderale che è una donna ancora in cerca del
proprio destino, anche se non sa quale faccia possa avere e quale futuro
possa riservargli.
L’INCONTRO CON WILLY
Ed in effetti quel
destino è in agguato e quel destino si chiama Willy, che non è né un uomo
d’affari e né facoltoso. È solo un trentenne, non bello, anzi abbastanza
dimesso, e con una cicatrice mal ricucita sulla guancia sinistra a
malapena coperta da una barba rada. Indossa un giubbotto di pelle nera e
le scarpe consumate, ma è un tipo affabile con molte accortezze, con la
erre moscia e tanta voglia di conoscere e fare la corte ad una donna
sensuale come Ludovica.
Seduti ai tavolini di quel bar le prime due
sere si parlano a distanza, poi la terza sera lui si avvicina e chiede il
permesso di sedersi. Oh sì è un tipo interessante, ricco di vita vissuta e
tanta esperienza da vendere, ma è uno spiantato, non ha soldi e
puntualmente, anche nelle sere successive sarà lei a pagare le
consumazioni per entrambi.
Willy le dice di aver vissuto per circa
quindici anni tra Malaga e Marsiglia e di essere tornato da poco in
Italia. Per ora non ha un posto fisso, fa dei lavori saltuari in una
cooperativa e vive con un suo amico. Nelle sere successive le racconta la
sua vita, figlio di un italiano e di una spagnola, immigrati in Francia,
fin da bambino ha imparato l’arte del sopravvivere, cercando di sbarcare
il lunario e vivendo ai margini della legalità. Ludovica è affascinata da
quei racconti su donne di malaffare, uomini senza scrupoli, marinai e
contrabbandieri di sigarette. E presa da quelle storie, che sembrano
uscite più dalla fantasia di uno scrittore che dalla vita reale, non si
scandalizza quando Willy le dice che per aiutare un suo amico in
difficoltà ha passato due anni nelle galere francesi scontando una
condanna per emissione di fatture false.
A CASA DI WILLY
Noi
sappiamo che Ludovica è una donna fragile, credulona, dal cuore gentile,
disponibile, generosa, curiosa di tutto e pronta a dare affetto a chiunque
le dimostri un minimo di attenzione. Certo la sua vita è tormentata,
vorrebbe un uomo tranquillo, stabile negli affetti e senza grilli per la
testa, ma è proprio quel tormento che la porta a fidarsi di chiunque la
porti ad estraniarsi dal suo presente senza chiedersi se il peggio sia suo
marito o quest’uomo che ogni giorno si fa più presente e intraprendente.
Non sappiamo bene cosa frulli nel suo cervello, ma ci risulta davvero
difficile comprendere come lei possa essere attratta da quell’uomo.
Comunque sia sappiamo solo che dopo soli cinque giorni, Ludovica accetta
l’invito sfrontato di Willy, ovvero quello senza mezzi termini di andare
da lui, nella casa dell’amico Christian.
La casa è in un edificio
popolare in estrema periferia, due stanze senza pretese, all’interno regna
un disordine pazzesco, ma l’amico in quel momento non c’è e allora lui la
spoglia e lei si fa spogliare, e allora lui la bacia e lei si fa baciare,
ma non sono baci d’amore, è solo bisogno di sesso, come se fosse dovuto
per la voglia di entrambi. Lui non la prega e lei non si fa pregare,
allarga solo le gambe per indicargli la strada dove è consentito andare,
non ci sono intoppi, ma solo una profonda voragine da riempire. Fanno
sesso per tre ore, lui è ruvido, si lascia andare, si prende tutte le
confidenze di cui la sua eccitazione ha bisogno, le dice male parole, la
tratta da donna di bordello, ma a lei non sembra vero avere tutta
quell’attenzione, non tanto per quell’uomo più giovane di dieci anni, ma
soprattutto perché è libero, non sposato, perché non ha legami e non ha
famiglia. O semplicemente perché ha capito che è un mezzo delinquente
senza arte né parte e forse per questo rappresenta la sua ancora di
salvezza.
Il giorno dopo si ritrovano ancora in quella casa, lui
non la va a prendere, ma l’aspetta già nudo su quel letto, già eccitato le
mostra fiero il suo sesso convinto che lei non stia cercando il piacere,
ma solo il bisogno. Già perché altrimenti Ludovica dovrebbe andare con
lui? Perché si dovrebbe abbandonare con tutta se stessa? Forse se lo
chiede anche Willy ed a lui non sembra vero che la fortuna sfacciata gli
abbia messo sul piatto una donna così bella ed integrata nella società a
cui lui aspira rientrare.
L’AMORE COMPLICE
Il rapporto si fa
più intenso, lui alle volte la va a prendere sotto l’ufficio, lei gli fa
dei piccoli regali, tipo un libro, un dopobarba, uno Swatch di pochi euro
e dopo due settimane accetta il suo invito a cena coll’amico Christian.
Ludovica si presenta puntuale alle sette e trenta, è bella più che mai, di
una bellezza provocante e maliziosa. Indossa una gonna corta a pieghe e un
paio di calze a rete, le sue labbra sono di un rosso di ciliegia matura.
La casa come al solito è in disordine, i due stanno giocando alle
carte e allora lei si offre di aiutarli, di cucinare. L’aria è scanzonata,
i due uomini fanno battute spinte, Willy finito di giocare si alza e
mentre lei è in cucina la bacia, la tocca, le alza la gonna e lei se lo
lascia fare perché sa di essere bella e non vede la malizia che invece
Willy ci sta mettendo o forse sì ma le piace giocare. Lui ha altre
intenzioni, col suo amico d’infanzia Christian ha spartito sempre tutto,
anche le donne e vorrebbe che la cosa adesso avvenisse in modo naturale
senza strappi, senza traumi. Non sa come possa reagire Ludovica e allora
continua a baciala, a toccarla e questa volta in presenza dell’amico.
Poi cenano, scorrono fiumi di vino e di battute oscene, Willy racconta
della volta che ha fatto l’amore sul molo di Marsiglia con un travestito
che si faceva chiamare Rebecca, Christian della volta quando con la sua ex
moglie spagnola sono andati in un bordello di Malaga. Ludovica ride e non
si vuole sentire da meno e allora parla del suo amico di Facebook, ma non
dice di essere fuggita da quel motel prima di consumare, anzi racconta i
dettagli di quella scopata mai avvenuta. I due l’ascoltano a bocca aperta,
Willy intanto le tocca il seno poi lo scopre e domanda a Christian quanta
voglia avrebbe di baciarlo. Eh già come aveva previsto la cosa viene
naturale perché Ludovica è su di giri, eccitata da quei racconti, ormai la
sua lucidità è ridotta al lumicino e dopo qualche minuto la bocca che
succhia avidamente il suo capezzolo non è quella di Willy come non sarà il
sesso di Willy a penetrarla per prima in quel piccolo lettino e saranno
entrambi e contemporaneamente a farle toccare quella sera il cielo con un
dito.
“TI AMO ANIMA MIA”
Il giorno dopo in ufficio Ludovica
non può non pensarci e allora chiama Willy, vuole essere consolata,
giustificata, ha paura di essersi spinta oltre, ma lui non accenna
minimamente a quello che è avvenuto la sera precedente e in un certo senso
lei si sente sollevata. Due uomini! Mai avrebbe creduto. Si chiede quale
sia la morale di quel piacere, ma tutte le volte conclude pensando al
dolore che le provoca suo marito. E allora all’uscita non ha esitazioni,
passa in un negozio di lingerie, compra un paio di mutandine sexy, prova
due tester di rossetto rosso sangue, poi chiama sua sorella e le dice che
quella notte non tornerà a casa, poi si dirige spedita in quella periferia
malfamata, quell’edificio con i fili della luce scoperti, quel posto di
perdizione e sesso sfrenato. Ormai ha deciso, passerà la notte fuori casa
e non pensa minimamente cosa possa pensare suo marito.
Willy le
sussurra “Ti amo anima mia” e lei giura di aver sentito anche la voce di
Christian dirle l’identica cosa. Tra i due uomini non c’è alcuna rivalità,
lei non è assolutamente un oggetto di contesa, è la donna di due uomini
desiderosi del suo corpo e della sua anima. Loro sono in perfetta
sintonia, anche nell’amore sono sincroni e soprattutto sono entrambi
innamorati della stessa donna. Lei di contro si sente una regina e allora
si lascia andare in quell’oltre dove il piacere è sublime, dove il
paradiso è una porta spalancata facile da raggiungere. Per la prima volta
la vita finalmente le sta sorridendo, ma non bastava un solo uomo per
questo? Un solo grande amore? Perché due? Non sappiamo cosa abbia in mente
Ludovica, forse è proprio la fuga da quell’essere immondo a farla sentire
così libera o forse ha altro in mente, un progetto, un piano e in questo
modo magari crede che si possa realizzare.
L’ULTIMO LITIGIO
Il giorno dopo torna a casa, l’atmosfera rispetto alla casa dei suoi due
amanti è completamente diversa, c’è tensione, risentimento, silenzio,
rabbia. Ben presto si rende conto di essere il terzo incomodo. Quando
domanda alla sorella cosa stia succedendo, lei invece di rispondere piange
e sono lacrime di pentimento, ma anche di rivalsa. La sorella l’accusa di
non essere stata presente e quelle lacrime sono più che eloquenti.
Ludovica capisce. La sera stessa quando lei si perdeva tra le braccia di
due uomini, la sorella e suo marito facevano l’amore.
Paola si sente
in colpa, dice di voler andare via da quella casa, dice di non capire
perché sia successo, ma Ludovica l’accarezza, la consola, le dice
semplicemente di fare attenzione, perché lei conosce molto bene suo marito
e sa che ha un solo scopo nella vita.
L’uomo però non si sente in
colpa, anzi è pieno di rabbia e le chiede a brutto muso dove abbia passato
la notte e lei non mente, non inventa scuse, gli dice con tutto il
disprezzo possibile di aver incontrato un uomo, che lo ama, che la ama.
Certo sì, è solo mezza verità, ma basta per essere di nuovo aggredita e
malmenata. La reazione dell’uomo è qualcosa di inaudito, le sferra calci
tra le cosce, poi chiamandola alternativamente troia e puttana, tenta di
strozzarla colpendola ripetutamente in viso con l’altra mano. Paola cerca
di difendere la sorella, ma davanti a quella furia non può fare niente,
viene anche lei colpita più volte e a quel punto non può fare altro che
urlargli contro e pregare quell’animale di smettere.
LA
MANIPOLATRICE Siamo quasi all’epilogo, i ruoli ormai sono chiari,
Giuseppe deluso dall’ucraina va a letto con sua cognata forse per quel
desiderio indomito di essere padre oppure lo fa solo per sfregio, per
colpire Ludovica, oppure perché ancora innamorato della moglie spera in
suo ripensamento.
Ludovica invece sa di non avere futuro, che quella
vicenda con quei due uomini non le porterà nulla di buono, ma è un modo
per rivendicare la propria libertà, la sua indipendenza da quell’orco,
oppure per altro che ancora non sappiamo e forse anche a lei non è del
tutto chiaro.
Comunque la notte stessa scappa di casa, torna nella
casa della perdizione, forse vuole essere compatita e farsi vedere in
quelle condizioni, ma allo stesso tempo accetta di fare l’amore fino
all’alba, prima uno, poi l’altro, poi contemporaneamente, poi ancora Willy
fino allo stremo. Ovvio li ha entrambi in pugno, è lei la regina, la
manipolatrice, la femme fatale. Nonostante quella sera abbia subito quella
violenza inaudita da parte del marito vuole la loro totale obbedienza e i
due non mancano di chiederle insistentemente chi l’abbia ridotta in quel
modo, ma sono domande retoriche, tutti sanno la risposta e non c’è bisogno
di dire esattamente che quei lividi che hanno il solo colore del dolore
necessitano di una vendetta immeditata e allo i due amanti della donna
giurano che quel marito infedele e balordo ha bisogno di una lezione
esemplare.
IL PUNTO DI SVOLTA
Ne parlano con lei? Ecco
questo è il punto, questa la svolta della nostra storia maledetta. I due
conoscono dove abita Ludovica e le abitudini del marito, sanno che è
malato di cuore, sanno dell’ucraina e di quel violento episodio quando il
marito dell’ucraina lo ha ridotto in fin di vita, ma sanno anche che nella
rimessa di quella casa possono trovare dei tubi metallici, sanno dove è
posto l’interruttore che spegne da fuori le luci esterne, che la casa di
notte è isolata e mai nessuno potrà sentire eventuali rumori e grida. E
ora sanno anche che quella bestia ha fatto l’amore con la sorella e che,
particolare davvero strano, Paola è astemia.
Tutti elementi che
gioco forza porteranno alla condanna della donna, anche se a noi ci piace
pensare che la donna abbia fatto l’amore per piacere e senza altre
finalità e che quei particolari non siano stati detti per complicità.
Ovvero che lei non sappia nulla e che i due balordi, spinti dall’odio,
abbiano agito all’insaputa della donna. Ma il dubbio resta: lei è la
mandante o solo la vittima ignara? Questo non lo sapremo mai, ma sappiamo
che il giorno dopo, la notte successiva, Ludovica decide di rimanere in
casa, nonostante sappia del tradimento di sua sorella con il marito,
nonostante la sera precedente lui l’abbia picchiata in quel modo.
Giuseppe sembra calmo, cenano tutti e tre insieme. Ludovica e sua sorella
si accomodano sul divano, guardano la tv e stranamente Ludovica le offre
un amaro. Paola è sbigottita, del resto la sorella sa che è astemia, dice
che le basta un sorso per crollare nel sonno più profondo, ma poi, forse
perché si sente in colpa nei confronti della sorella, accetta di bere.
Dopo dieci minuti si alza e barcollante va a dormire, Ludovica
l’accompagna e dormono nella stessa stanza, ma non in camera da letto,
bensì nella stanza degli ospiti che ha le finestre sull’orto, quindi
dall’altra parte del giardino.
L’AGGUATO
L’uomo come al
solito rimane in sala da pranzo, beve qualche bicchiere di amaro e
continua a vedere la tv. Verso mezzanotte sente dei rumori in giardino,
sente i cani abbaiare e allora esce. Il giardino è stranamente al buio, ha
con se una torcia elettrica accesa, pensa a un guasto elettrico delle luci
esterne. Fa qualche passo, va verso la rimessa, ma all’improvviso qualcuno
appostato nel buio gli sferra un colpo violento in faccia con un tubo
metallico. È un colpo duro, di taglio, sente il sangue uscire, lui
barcolla, ma si appoggia al muro e non cade, anzi le sue grandi mani
afferrano l’uomo per la gola.
Giuseppe è un tipo robusto e ha la
meglio su quell’uomo di media statura vestito di nero. Affonda la stretta,
sta per strozzarlo, ma in quel momento spunta dal buio un altro uomo che
lo coglie di sorpresa infilandogli una busta di plastica in testa e
urlando al suo complice di resistere perché a breve l’uomo esaurirà
l’ossigeno e visto che è malato di cuore avrà solo pochi secondi di vita.
E in effetti la stretta alla gola si affievolisce e quel cuore non
resiste. Giuseppe stordito stramazza a terra, ma la punizione prevista non
è solo lo stordimento. I due, assetati di vendetta, iniziano a sferrargli
ripetutamente sprangate sul viso e per tutto il corpo. Il bersaglio ora è
immobile per cui quei colpi vanno tutti a segno.
Giuseppe urla, si
contorce, ma la casa è isolata nessuno lo sente, neanche Paola che dorme
profondamente nella stanza dall’altra parte della casa, solo Ludovica
sente dei rumori in giardino, allora scende le scale, ma non si precipita,
forse non deve vedere quegli uomini in faccia perché li conosce. Sta di
fatto che quando apre la porta di casa non vede nessuno tranne il corpo di
suo marito morente. Chiama il 118 dicendo che c’è un uomo morente in una
pozza di sangue e che è stato aggredito per vendetta da una banda di
ucraini. Lei è sicura che sia stato il marito di Irina insieme a dei suoi
complici, ci metterebbe la mano sul fuoco. Oppure lo dice per sviare le
indagini, perché sa benissimo che se fossero coinvolti i suoi amici anche
lei ne sarebbe irrimediabilmente compromessa.
LE INDAGINI
Alla stazione dei Carabinieri Ludovica racconta la sua storia e la sua
versione, dice che il marito ha subito delle minacce e delle aggressioni
da un ucraino, anzi per avvalorare quella tesi, tira immediatamente fuori
dalla borsa quelle ricevute che attestano in maniera inconfutabile i
bonifici fatti da Giuseppe su un conto corrente di una banca ucraina con
destinatario l’amante del marito. Ma il maresciallo che la interroga si
chiede come mai la donna abbia quelle ricevute in borsa. “Excusatio non
petita, accusatio manifesta!” Dopo alcune ore vengono portati in caserma i
suoi due amanti, i due balordi. Uno ha una mano ferita, l’altro dei segni
evidenti all’altezza della gola.
Per gli inquirenti è un gioco da
ragazzi, Willy per salvare la donna è il primo a parlare, confessa di
essere stato lui in compagnia del suo amico l’autore di quel pestaggio
finito in tragedia, e che la donna non sapeva nulla. Invece sarà Christian
ad accusare Ludovica di essere la mandante, ma non dell’uccisione bensì
solo per il pestaggio: “Covava rancore per il marito, per le troppe
vessazioni subite negli anni e voleva fargliela pagare dandogli una
lezione.”
La donna però si dichiara innocente, dice di non aver
mai saputo nulla di quella spedizione punitiva, dice di non aver mai
saputo che sia Willy che Christian fossero due incalliti delinquenti,
finiti più volte dietro le sbarre per rapine, violenze, favoreggiamento
alla prostituzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Purtroppo durante
il processo i giudici non la credono. Si chiedono come sia possibile che
una bella donna, così gentile, raffinata abbia accettato la corte di quei
due balordi, l’unica spiegazione è che sapesse benissimo chi fossero e
cosa facessero per mantenersi da vivere e che abbia agito per uno scopo
ben preciso. Infatti sono convinti che lei sia la mandate e che abbia
agito cinicamente sin dal primo incontro con Willy e di aver accettato di
fare sesso con entrambi per renderli succubi con lo scopo preciso di avere
in cambio la loro totale obbedienza fino al punto di eseguire quell’atroce
delitto.
LA SENTENZA
I giudici sono convinti che i due
balordi siano stati manipolati dalla femme fatale e quindi, pur essendo
gli esecutori materiali del delitto, vengono condannati alle pena di anni
quindici ciascuno senza però le attenuanti del caso, mentre per la donna
non c’è scampo, i giudici convinti della sua colpevolezza non possono che
emettere un unico verdetto: FINE PENA MAI.
FINE
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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