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Adamo Bencivenga
La Missione
Dialogo tra
colleghi amanti
Ero allibito per il
mio coraggio e altrettanto per la facilità
con la quale ci eravamo dichiarati. Avevo
tutta la sua intimità nella mia mano…
Photo Georgy
Chernyadyev
Andrea: Buongiorno Silvia come sta?
Silvia:
Oh ma che sorpresa, io bene e tu?
Andrea: Bene grazie,
c’è il sole a Milano?
Silvia: Un pallidissimo sole e a
Roma? Andrea: È una bellissima giornata oggi.
Silvia: Mi manca un po’ Roma sai? L’atmosfera calda, la
simpatia di voi romani…
Andrea: Potrebbe sempre fare
un viaggetto, non so una missione di lavoro come quella volta a Verona.
Silvia: Eh già, dovrei staccare un po’ la spina. Sai che
il prossimo anno vado in pensione?
Andrea: Di già, ma
lei è così giovane…
Silvia: Scusa, ma ancora mi dai
del lei? Andrea: Lei è sempre il mio direttore!
Silvia: Nonostante tutto?
Andrea: Mi
sembra incredibile sono già passati più di dieci anni da quella volta
insieme a Verona, ma io la ricordo come se fosse oggi.
Silvia:
È stata una missione di lavoro magnifica e un po’ particolare, non credi?
Andrea: Molto particolare… Ricordo piazza delle Erbe,
piazza dei Signori e quel piccolo hotel dove alloggiavamo, credo si
chiamasse Giulietta e Romeo con vista sull’Arena. Ci rimanemmo solo tre
giorni. Al tempo ero solo un neo assunto e la nostra azienda aveva pensato
bene di mandarmi in missione con lei.
Silvia: Ricordo
con piacere la tua timidezza, eri quasi intimorito… una specie di
cucciolo, ma non so se la causa fosse la differenza di età oppure il
grado. Andrea: Beh sì, io ero giovane, inesperto nel
lavoro, mentre lei era una donna in carriera piena di fascino e nello
splendore dei suoi cinquant’anni. Ricordo sul lavoro come assorbivo i suoi
insegnamenti… Ricordo con piacere ogni momento di quelle giornate.
Silvia: Allora ricordi anche l’ultima sera quando ti ho
invitato a cena?
Andrea: Beh io non avrei mai osato
farlo! Per me fu un onore!
Silvia: Ma quale onore?
Era l’ultima sera e dovevamo festeggiare.
Andrea:
Facemmo una lunga passeggiata, ricordo che ci fermammo ad ascoltare un
gruppo di ragazzi, forse cileni, seduti sul selciato a ridosso della
fontana, con le loro chitarrine curiose e i flauti di Pan. Era una serata
piacevole e ci mettemmo ad ascoltare quei suoni strani. Poi ricordo quel
minuscolo ristorante, ma intimo. Ero affascinato da lei, bella, bionda
come il grano e gli occhi color di mare, aveva due labbra rosse buone per
parlare, meravigliose per farci l’amore, ma questo ovviamente lo pensai
senza dirglielo.
Silvia: Acqua passata mio caro, ora
sono solo un’attempata signora.
Andrea: Per me lei è
ancora seduta a quel tavolo, una specie di ritratto di Dorian Gray.
Silvia: Ricordi quando ti chiesi quale fosse stata la
nostra missione, ma forse per l’intimità di quel posto pensasti che non mi
riferissi al lavoro rispondendo confusamente che conoscerci fosse stato
già un buon traguardo…
Andrea: Oddio che gaffe non me
lo ricordi la prego, lei in realtà mi stava semplicemente chiedendo del
lavoro… Silvia: Ancora rido… rimasi comunque
piacevolmente sorpresa… Diciamo che la domanda era comunque ambigua e per
non scoprire le carte rimasi sul vago.
Andrea: Sì sì,
ricordo che farfugliai qualcosa riguardo al destino che ci aveva fatto
incontrare… Silvia: Molto audace, non me lo sarei mai
aspettata da te, ma ci stava in quell’atmosfera di quel locale.
Andrea: Forse mi avrà preso per pazzo, ma per me era la
prima volta che vivevo una situazione simile con una donna molto più
grande di me. Ovvio qualche pensiero lo avevo fatto!
Silvia:
Ammetterai però che non ti misi in imbarazzo, anzi sempre parlando di
missione accennai a quella meravigliosa poesia di Itaca, immaginando quel
viaggiatore che fa incetta di mercanzie per rendere più piacevole il
viaggio. Andrea: Ricordo sì che cercai a modo mio di
dedurre che nonostante Itaca fosse lontana, non ci impediva di arricchire
le nostre anime nel percorso.
Silvia: Ovviamente io
non intendevo quello, era una pura e semplice citazione…
Andrea: Già, evidentemente quella sera ero partito per la
tangente… Silvia: Che piacere risentirti Andrea, posso
sapere perché mi hai chiamata?
Andrea: Nulla di
particolare. Questa mattina, insolitamente mi sono alzato presto e mentre
facevo una passeggiata per le stradine del quartiere, l’ho pensata, mi
creda dopo dieci anni ho pensato ancora a quella sera, al Caso che ci
aveva messi di fronte, alla nostra azienda che aveva deciso di mandarci
insieme a Verona.
Silvia: Credevo mi avessi chiamata
per lavoro, se le cose invece stanno così, ti confesso che mi fa
immensamente piacere sentirti e che in qualche modo ancora ti ricordi di
me. Andrea: In realtà la penso spesso…
Silvia: Allora ce ne hai messo di tempo prima di chiamarmi…
Andrea: Beh lei era stata chiara, no?
Silvia:
Niente strascichi, lo so. Del resto eravamo tutti e due sposati.
Andrea: Sa cosa penso di solito? Ecco immagino se le cose
fossero potute andare in maniera diversa e dove una situazione diversa ci
avrebbe potuto portare…
Silvia: Non ci ha portato
distanti, solo una meravigliosa parentesi, ma forse era quello che
volevamo… Andrea: In quel momento ero solo affascinato
da lei, il suo modo di vedere le cose, molto diverso dal mio, il domandare
direttamente, come se avesse già una meta, come se già conoscesse la
risposta, come se già la vita l’avesse messa di fronte a simili percorsi,
ma altro non so perché non sapevo nulla di lei.
Silvia:
Beh tesoro forse ero solo più grande di te…
Andrea:
Ecco oggi pensavo al nostro incontro, forse davvero doveva accadere…
Silvia: Pensi che la mia missione sia stata quella di
assecondarti? Di rendere magica e indimenticabile quella serata dopo
un’ordinaria giornata di lavoro?
Andrea: Non lo so,
forse no, diciamo che è accaduto perché doveva accadere, gli elementi
erano tutti al loro posto e lei era bellissima. La cena a lume di candela
era stata la premessa e quella passeggiata a piedi di ritorno verso
l’hotel non finiva mai…
Silvia: Lo ricordi vero?
Andrea: Fantasticavo, immaginando che mi avrebbe invitato
nella sua stanza, ma soprattutto non dimenticherò mai quando entrati
nell’hotel anziché l’ascensore abbiamo preferito salire a piedi…
Silvia: Per quella scala piccola e angusta.
Andrea: E chi se la scorda! Lei saliva davanti a me, era così
sensuale! È stato un attimo, poi senza pensare l’ho stretta per i fianchi,
lo so è stato un azzardo, un grumo di sangue più denso, un barlume
d’incoscienza, poteva finire anche con cinque dita sulla mia faccia, ma in
quel momento le sue movenze, il suo tacco alto, le sue forme, i suoi anni,
la sua calza nera con la cucitura dietro erano per me un richiamo di mille
sirene. Silvia: Vabbè dai ci sta, non ti sei lasciato
scappare l’occasione… ma hai mai pensato chi dei due in quel momento
avesse più desiderio che accadesse?
Andrea: Ero ancora
troppo ingenuo per pensarlo, mi sentivo un giocatore suonato davanti alla
pallina della roulette ed avevo puntato tutti i miei averi sul nero,
ovviamente il mio colore preferito. Ho semplicemente pensato o la va o la
spacca e l’ho afferrata, stretta a me.
Silvia:
Riconosco che sei stato tempestivo, era il momento adatto.
Andrea: Con il cuore in gola l’ho baciata, ero emozionatissimo,
ma anche curioso di rendermi conto quanta femmina nascondesse quel
vestito. Feci scivolare la mano sotto la gonna e mi sorpresi nel sentirla
completamente nuda.
Silvia: Oh sì ho ancora in mente
la tua faccia stupita…
Andrea: Ricordo le sue parole:
“Una donna senza mutande è una donna già presa.”
Silvia:
Non so come mi venne quella frase, ma riconosco che ha avuto il giusto
effetto! Andrea: Altro che! Solo in quel momento mi
sono reso conto che il mio non era un azzardo, ma stavo semplicemente
ubbidendo ai suoi segnali.
Silvia: Tesoro, tu non te
ne eri accorto, ma in quel ristorante era successo qualcosa di strano.
Mentre parlavamo mi sono sentita così attratta da te che involontariamente
mi sono sciolta. Insomma avevo già fatto l’amore con te. Tu eri ignaro di
tutto, pensavi alla tua gaffe, eri diventato tutto rosso, ma in realtà
mentre parlavamo della missione, forse per il vino, forse perché era
l’ultima serata insieme, ero andata incredibilmente in estasi.
Andrea: Forse per lei era già sufficiente così e magari
non si sarebbe mai aspettata quella mia reazione su quelle scale.
Silvia: Eri così giovane… se fossi solo stato un po’ più
esperto di donne avresti capito prima i miei segnali. Ora te lo posso dire
cosa ho pensato mentre eravamo seduti a quel tavolo: “Ecco ora si alza, mi
prende per mano e andiamo furtivamente nella toilette.”
Andrea:
E invece non avevo capito niente…
Silvia: Già.
Andrea: Infatti su quelle scale ero letteralmente
sorpreso per la sua disponibilità, incredulo di stringere tra le mie
braccia una donna nuova, molto più grande di me, un nuovo profumo,
dolciastro e ricco di seduzione. Non riuscivo davvero a crederci. Ero
allibito per il mio coraggio e in quel momento desideravo solo passare la
notte insieme a lei in una delle due stanze.
Silvia:
Ci rimanesti molto male quando ti ho detto di non cercare la chiave della
stanza. Andrea: Non capivo, credevo che fosse finita
lì, ma poi mi sono risollevato quando lei mi ha preso per mano.
Silvia: Di solito nel sottoscala di un albergo ci sono le
cucine e in effetti aprendo quella porta ci siamo ritrovati in quella
stanza piena di scatoloni.
Andrea: Ero ancora troppo
giovane e mi chiedevo perché mai preferire un posto così angusto ad un
letto matrimoniale.
Silvia: Era una mia fantasia o
forse la coda di quel desiderio al ristorante. La giusta occasione per
realizzarla… Andrea: L’ho capito subito dopo quando ho
visto il suo vestito scivolare sul pavimento.
Silvia:
Ricordi cosa ti ho detto?
Andrea: E come faccio a
dimenticarlo? “Tu sei un illuso, cosa mai credi di trovare tra le cosce di
una signora matura?”
Silvia: Era un modo per sentirmi
ancora più tua. Un invito insolito, ma un invito.
Andrea:
E poi quel bacio, mamma mia, è durato un’infinità.
Silvia:
Beh c’è stato anche altro no?
Andrea: Era tutto così
irreale che davvero ho pensato che fosse tutto un sogno.
Silvia: A quel punto sono stata io ad osare. Ti ho detto:
“Prendimi qui, dentro questa cucina, godiamoci questo presente, perché tra
qualche minuto sarà già futuro e quello non ci appartiene.”
Andrea: Mi ha detto anche: “Vieni nel mio Paradiso, ti prego
goditi la coda di questo lungo strascico di orgasmo.”
Silvia:
E tu non te lo sei fatto dire due volte.
Andrea: Solo
allora ho capito cosa lei intendesse e quale fosse veramente la nostra
missione, ovvero fare l’amore in quel modo, anzi fare sesso buono senza
spazio e tempo, cause e ragioni come in un sogno, come fosse un qualcosa
di imponderabile, senza per questo coinvolgere i nostri mondi, i nostri
ruoli per poi tornare tranquillamente nelle nostre stanze separate.
Silvia: Così è stato.
Andrea: Non
dimenticherò mai quel bacio, il più lungo in assoluto di tutta la mia
vita! Le nostre bocche sono rimaste unite per tutto il tempo che abbiamo
fatto l’amore. Davvero ho succhiato la sua anima e lei tutta la mia
passione, finché un urlo muto e simultaneo ci ha dato il segnale della
fine della missione.
Silvia: Oh sì un attimo dopo io
ero di nuovo il tuo direttore e tu l’impiegato, ricordo che non ci
salutammo. Andrea: Come nei sogni più veri è
letteralmente svanita. Solo qualche secondo dopo ho sentito il rumore dei
suoi tacchi risalire le scale.
Silvia: Sono rientrata
nella stanza ed ho chiamato mio marito, gli ho detto che era andato tutto
bene e che avevo cenato con un collega in un meraviglioso ristorantino
vicino Piazza delle Erbe, che in quel momento avevo una gran voglia di
dormire e riattaccando gli ho detto “Buonanotte Amore!”
Andrea:
Qualche secondo dopo sono rientrato anche io nella stanza, ho chiamato mia
moglie, le ho detto che era andato tutto bene, che avevo cenato con una
collega in un meraviglioso ristorantino vicino Piazza delle Erbe, che in
quel momento avevo una gran voglia di dormire e poi riattaccando le ho
detto: “Buonanotte Amore!”
Silvia: Così doveva andare
e così è andata!
Andrea: Quindi non è stato un sogno?
Silvia: Tesoro confermo ogni cosa, è successo davvero,
anche se, essendo stata una storia senza un inizio e una fine, come nei
sogni, possiamo benissimo pensare che non sia accaduta.
Andrea:
Allora grazie per avermela fatta vivere…
Silvia:
Grazie a te che ti sei ricordato di quel sogno dopo dieci anni. Di solito
svaniscono con le prime luci dell’alba.
FINE
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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