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Adamo Bencivenga
L'appuntamento
Come in un film di Truffaut, da attrice
consumata, fa due passi lungo il muro sui
suoi tacchi troppo alti, fa due passi verso
il mare, respirando quell'odore, magra ed
elegante, è alta quanto basta, per sentirsi
una modella, per sentirsi solo bella, con un
tocco di mistero sotto gli occhiali neri
neri, con un tocco poi d’intrigo sotto il
vestito trasparente
Photo Cem Edisboylu
Una macchina si ferma in uno spiazzo sulla strada, lungo la scogliera a
picco sopra il mare, e scende una donna con un foulard giallo arancio e
leggera poi cammina col suo cappello rosso antico. Il suo vestito di garza
e grazia gioca con il vento che per un attimo le scopre le gambe
abbronzate, il bianco del suo seno baciato da quel sole, e lei che si
ricopre con un vezzo di malizia, e lei che poi rimane a contemplare
l’orizzonte.
Sono le undici e venti quasi venticinque, di un
mattino fresco di Marzo appena nato, di un giorno come un altro, puntuale
come sempre, c’è una brezza leggerissima che le spettina i capelli, e il
profumo di salsedine le patina le braccia. Come in un film di Truffaut, da
attrice consumata, fa due passi lungo il muro sui suoi tacchi troppo alti,
fa due passi verso il mare, respirando quell'odore, magra ed elegante, è
alta quanto basta, per sentirsi una modella, per sentirsi solo bella, con
un tocco di mistero sotto gli occhiali neri neri, con un tocco poi
d’intrigo sotto il vestito trasparente.
Il suo sguardo non si
perde, ma fissa un punto esatto, quella villa fatiscente a picco sopra il
mare, quelle finestre sempre chiuse, logore di sale, sciupate da quel
tempo come fosse pelle, come fosse un castello di anime e fantasmi, come
fosse una di quelle case chiuse per mestiere. Un brivido la prende mentre la guarda incantata,
le croste lungo i muri, gli infissi decadenti, ma si ferma per un istante
e il cuore arriva in gola, perché dietro i vetri scuri c’è un uomo che la
guarda, un uomo che è tornato a casa dopo tanto. Per un attimo si ferma,
precaria su quei tacchi, e non crede ai suoi occhi ed abbozza un sorriso,
vorrebbe ma non può, trattenere quella gioia, vorrebbe ma non può
lasciarsi trasportare.
L’addio è come il ritorno c’è sempre un
vuoto da colmare, distanze e lunghezze da gremire o accorciare. Lui scosta
la tendina e la vede che sorride. Aveva la certezza che sarebbe poi
passata. "Passerò tutti i giorni, alle undici e venti, tanto so che prima
o poi ti vedrò alla finestra." Questo aveva detto in un francese rimediato
mentre lo baciava avidamente sulla bocca, mentre lui toccava quell'umore
tra le cosce, nettare copioso solo per il suo tatto.
"Tu sai che non andrò mai
via, seppure adesso sto partendo e quando mi vedrai, non sarò io che son
tornato, ma sarai tu a vedermi, e se m´ami come m'ami neppure un giorno
sarò partito." Questo le aveva risposto mentre la baciava, questo lei
aveva sentito in preda ad un orgasmo.
Ogni volta lei si ferma immobile sul portone. Ogni volta chiude gli
occhi ed aspetta qualche cenno. L'orecchio teso e fisso a captare un
rumore, il cigolio di una porta che si apre e poi si chiude, o quello di
passi in fretta, veloci dalle scale. Ma ogni volta riporta a casa solo il
suo silenzio, di un'assenza che invisibile la punge e la trafigge, come
aghi sulla pelle, come buchi nel suo cuore. Ma oggi invece è diverso,
qualcosa è cambiato, e lei adesso sa che deve fare, perché una tenda che
si muove è un cenno convenuto, significa che può entrare e salire quelle
scale, e rifarsi poi il trucco perché lui è solo e l’aspetta.
Lui
la sente che sta salendo, sente il fiato che s’ingrossa, sente i suoi
tacchi passo dopo passo, come fosse il suo cuore affannato e senza
intoppi, oppure il desiderio che bagna quell’attesa. Tra poco gli dirà che
le è mancato, gli dirà che nessun uomo ha colmato quel silenzio, anche se
è successo proprio in quella casa, forse per l’attesa, forse per la
voglia, qualcosa di molto strano che non sa e non può spiegare. Ma lui sentirà
soltanto i suoi respiri, senza dirgli che lo ama perché adesso più non
serve. Ed lui risponderà che non è mai mancato oppure non le dirà… non
dirà proprio niente.
Ma lei vorrebbe sentirsi dire che lui non si è
mai mosso da questa casa, da i suoi ieri e i suoi domani, da quei giorni
sempre uguali, quando la mattina lei raccoglieva i suoi capelli, quando
ogni sera li spaiava a ciocche larghe. Perché lei sa che hanno fatto poi
l´amore, dentro un'altra stanza che non era in faccia al mare, cullata da
un uomo che non aveva i suoi occhi, ma diceva le stesse cose come adesso
che la vuole. Lei sa che l’ha vissuto perché non si sono mai lasciati,
anche se nella sua bocca restava ogni volta il gusto amaro dell’attesa.
Lui la sente che lo vuole, sente il gusto vivo dell’astinenza, e
adesso che l’abbraccia non servono le parole, perché adesso che lei lo sta
baciando e non ha senso recitare, nulla è reale, nulla un fondamento, se non
il loro fingere, quel film in bianco e nero che crede veramente che esista
una storia. Un uomo che va via e crede di restare, una donna che l’aspetta
ogni giorno a quest’ora, e quella volta sulle scale credendo fosse lui, per
fare poi l’amore, per sentirsi ancora amanti, per convincersi dopo anni
che stanno ancora insieme.
Lei poggia la borsa in terra, sfila in
fretta il suo vestito, si toglie poi le scarpe, il nastro tra i capelli,
gli dice che ha poco tempo, suo marito e i suoi tre figli, il cane che
l’aspetta dentro l’auto in sosta. Lui vede nei suoi occhi la voglia che
l’assale, i suoi seni come mele, il suo sedere così reale e poi quei baci
lunghi e senza fiato, quelle parole interrotte per meglio far l’amore.
Distesa su quel letto ora è lei che lo reclama, e non serve più la
storia, quel film in bianco e nero, quella macchina che si ferma, lungo la
scogliera a picco sopra il mare, una donna in un foulard che guarda verso
l’alto, un uomo e una tenda, una villa fatiscente. Un vestito di garza e
niente che gioca con il vento, e per un attimo le scopre le gambe
abbronzate, e lei che si ricopre con un vezzo di malizia, e lei che poi
rimane a contemplare l’orizzonte.
Perché fuori c’è ancora il mare e
dentro un grande letto, e sopra due corpi nudi che si saziano e si danno,
e si sfamano di baci e brividi di pelle, e in fretta si consumano come se
non ci fosse tempo, per poi restare come sempre, a guardare il soffitto, a
dirsi ti amo tanto, a dirsi vita mia, per poi inventare un’altra storia,
identica a questa vissuta, per essere di nuovo amanti, per un altro
appuntamento.
FINE
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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