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Adamo Bencivenga
La signora del treno
Sembrava
una donna venuta da un altro secolo e più
precisamente una femme fatale uscita da
qualche film americano degli anni trenta, ma
incredibilmente, pensò Marek, era identica
al suo sogno erotico che di notte invadeva
il suo sonno leggero.…
Photo Bernard
Delhalle
Quel
giorno Marek si svegliò alle sette in punto, come al
solito, guardò fuori la finestra, la giornata non
prometteva niente di buono. Andò in bagno, accese la
radio sulle ultime notizie e gli bastò guardarsi di
sfuggita allo specchio per capire che quel giorno non
sarebbe stato diverso dagli altri. Si fece la barba,
fissò attentamente sul suo viso le rughe più profonde,
stava davvero invecchiando. Pensare che era passato
solo un anno da quando sua moglie era andata via di casa
eppure a giudicare dalla sua faccia sembrava trascorso
più di un secolo.
Mise l’abito scuro per
assecondare il suo stato d’animo anche se dentro di sé
nutriva un presentimento di qualcosa di nuovo, un labile
segnale di cambiamento, insomma qualcosa che sarebbe
potuto succedere senza che lui ne fosse l’artefice.
Sapeva che il destino andava comunque aiutato, ma era
sempre stato un tipo cauto, razionale e per questo
motivo nulla avrebbe potuto turbare il suo rigore.
Viveva di consuetudine e linearità, la sua area di
conforto era la sua abitudine atavica che neanche quella
separazione e soprattutto le cause avevano in qualche
modo scalfito.
Ricordava come se fosse accaduto
in quel momento il giorno in cui sua moglie, presa da
una sincerità rabbiosa e inconsueta, le spiattellò in
faccia tutto il suo rancore, accusandolo di non aver mai
avuto un minimo di entusiasmo, di averle fatto vivere
una vita piatta e monotona e ciliegina sulla torta,
rinfacciandogli il fatto di non essere stato capace di
darle un figlio. Poi se ne andò sbattendo la porta, ma
non prima di avergli confessato che da due anni aveva
un’altra relazione con un uomo molto più giovane di lui.
Marek non disse nulla e non ne fu sorpreso anche se
aveva sempre pensato che la distrazione di sua moglie
fosse dovuta ad una sua innata frigidità.
Si
guardò di nuovo allo specchio pensando che la sua faccia
non era dissimile a quelle dei colleghi che si vantavano
di avere mogli affascinanti e fedeli, poi schiacciò quei
pensieri scomodi e si spruzzò una dose doppia di profumo
alla lavanda. Certo quel presentimento che fosse una
giornata diversa dalle altre era un vago segnale,
qualcosa in lui si stava risvegliando, ma sapeva anche
che solo l’intraprendenza e il desiderio di cambiamento
avrebbero potuto salvarlo. Sì proprio il desiderio!
Aveva letto da qualche parte che sarebbe bastato
concentrarsi, serrare forte le palpebre almeno per tre
minuti fino a sentire dolore, e il sogno per incanto si
sarebbe materializzato.
Scosse la testa e
sorrise: “Alle volte si leggono tante scemenze!” Pensò.
Uscì di casa, cadeva una fitta pioggerellina tipica di
quel periodo ed aprì l’ombrello. Mentre si incamminava a
piedi verso la stazione scosse la testa pensando che
quella pioggia fosse l’unica novità che gli avrebbe
riservato quella giornata! Avrebbe preso il treno
per Zamość alle 7,55 e come al solito sarebbe arrivato
puntuale alle 8,42 nel suo adorato ufficio nell’Istituto
di Statistiche e Scienze Matematiche. Prima di salire si
fermò in edicola poi prese posto sul secondo vagone,
quello di sempre, ed aprì il suo giornale…
*****
Tutto previsto, tutto come al solito,
ma il treno non era arrivato nemmeno a metà percorso
quando un’affascinante signora in tailleur scuro con
veletta e cappello si accomodò di fronte a lui
salutandolo gentilmente. Lui contraccambiò il saluto
estasiato da quella visione. Lei prese dalla sua
elegante borsa in pelle una rivista di moda e iniziò a
leggere. Sembrava una donna venuta da un altro secolo e
più precisamente una femme fatale uscita da qualche film
noir americano degli anni trenta, e incredibilmente,
pensò Marek, era identica al suo sogno erotico che di
notte invadeva il suo sonno leggero. Il suo rossetto dai
toni scuri, la gonna del tailleur leggermente sopra il
ginocchio, il piccolo e vezzoso spacco laterale, la sua
calza velata nera, la camicetta bianca avorio di seta
trasparente, insomma nulla era fuori posto! Marek pensò
un attimo al destino, alla sua pigrizia e a come
quell’affascinante creatura fosse davvero la sintesi del
suo desiderio nascosto. Ecco sì proprio il desiderio,
quello a cui aveva pensato prima di uscire.
La
donna sfogliava le pagine della sua rivista con estremo
interesse e per un attimo Marek si illuse di essere lui
l’oggetto di quelle attenzioni, ma era un tipo troppo
razionale e matematico per credere alle favole per cui
scuotendo la testa riprese la sua lettura. L’affabile
signora intanto non perse tempo. Rivelò quasi subito le
sue intenzioni lanciando chiari segni della sua presenza
pur non guardando in viso il suo compagno di viaggio.
Posò la rivista e con lo sguardo incollato allo
specchietto del trucco si rimodellò le labbra già
perfette, poi accavallò le gambe così lentamente che
lasciò alla vista dell’uomo i suoi dettagli più intimi
esattamente dove, finita la calza, iniziava la
morbidezza delle sue cosce color madreperla fino a
mostrare nei particolari la sua lingerie di seta color
rosa antico.
Marek a quel punto smise di leggere
e ripose accuratamente il suo giornale chiedendosi
perché mai il suo lato onirico stesse avendo ragione
sulla sua razionalità. Sfacciatamente fissò la donna
cercando di capire quanto ci fosse di vero e soprattutto
di decifrare i suoi reali propositi. All’apparenza
sembrava una donna piena di sé, tuttavia pensò,
quell’atteggiamento tradiva la sua indole, sembrava come
se si stesse sforzando nascondendo evidentemente altro.
La sua razionalità, osservando il dondolio del tacco
alto dell’elegante scarpa nera, cercò di sommare e
sottrarre gli elementi a sua disposizione e un grande
“perché?” s’impossessò della sua mente, ma la devastante
invasione di quella sensualità fatta donna lo fece
desistere subito dopo.
La misteriosa entità
continuava caparbiamente ad usurpare il suo spazio e
occupare ogni pensiero della sua mente. Accavallando
l’altra gamba lei mostrò di nuovo il suo paradiso e
l’uomo apprezzando più del dovuto quel piccolo spicchio
scuro si turbò al punto che per la prima volta in vita
sua deviò il suo percorso e decise di agire. Prese il
suo telefono e mandò un messaggio in ufficio scrivendo
che per uno sciopero improvviso sulla linea avrebbe
ritardato, poi senza pensarci due volte, attuò l’unico
piano a sua disposizione.
Pur convinto che il
destino si stesse prendendo gioco di lui, si rese conto
di non aver altro modo per sfidarlo e ahimè
smascherarlo, per cui vergognandosi di se stesso strinse
gli occhi per circa tre minuti desiderando ardentemente
che quella donna, come nel suo sogno ricorrente, lo
seguisse. Poi si alzò, la salutò gentilmente, percorse
il corridoio e scese alla prima fermata disponibile.
*****
Qui a sud la temperatura era
ancora più rigida e minacciava neve. Marek lesse il nome
della stazione: Krasnystaw, poi lentamente percorse il
marciapiede per qualche decina di metri e quando si
voltò non vide anima viva dietro di lui. Constatò
amaramente che dell’affascinante signora non vi era
traccia alcuna per cui, dandosi del ridicolo, decise,
nell’attesa del treno successivo, di andare al bar della
piccola stazione e gustarsi in santa pace una buona
colazione calda.
Seduto al piccolo tavolino si
chiese dove fosse finita la sua razionalità, dove la sua
età matura, e cercando di dimenticare l’accaduto ordinò
una bollente tazza di latte e caffè e un croissant.
Ora comodamente a suo agio aprì il suo giornale e rise
ancora di se stesso. Ovvio che a nessuno mai, neanche al
suo amico e vicino di casa Jan avrebbe confessato quella
circostanza grottesca. Ma in fondo non era deluso, anzi
quella variazione alla sua linearità e il conseguente
fallimento di quella prova fortificava le sue
convinzioni e tutta la sua vita passata negli studi e
nel rigore della matematica.
Distratto dai suoi
pensieri, non fece caso al cameriere quando poggiò sul
tavolo la tazza fumante, il croissant e il piattino di
metallo con lo scontrino. Posò di nuovo il giornale e
guardò assorto oltre la vetrata. Alcuni passanti si
erano riparati sotto la pensilina dell’entrata della
stazione, stava iniziando a nevicare. Pensò di chiamare
di nuovo l’ufficio e prendersi una giornata intera di
ferie. Si sarebbe fermato fino a pranzo in quello strano
posto chiamato Krasnystaw, magari a mangiare in qualche
osteria nei paraggi, ma non conosceva nulla di quella
località e non sapeva se fuori da quel bar ci fosse
stato un paese, delle case, della gente accogliente o
solo una sterminata campagna desolata.
*****
Passò ancora qualche minuto poi finalmente si
decise. Tirò fuori il telefono dalla tasca e quando
stava per digitare il numero del suo ufficio si
materializzò lei, la signora del treno. “Posso
sedermi?” Disse lei disinvolta. Marek ebbe un momento
piuttosto lungo di imbarazzo. La guardò senza realizzare
e senza spiccicare parola. Poi scostò in maniera goffa
la sedia ed estremamente impacciato disse balbettando:
“Oh sì, mi scusi, ero soprappensiero, si accomodi, la
prego.” “Sorpreso?” Provocò lei, conoscendo
chiaramente la risposta. “Veramente stavo pensando a
quanto non fossi capace a materializzare i desideri…
forse sono solo un po’ arrugginito.” “Beh non mi
sembra, come vede sono qui in carne ed ossa.” Disse lei
togliendosi la pelliccia. “Oh sì, ora sì, ma non
l’avevo vista scendere dal treno per cui stavo pensando
che nulla si improvvisa e che occorre essere molto
esperti nonché avere tecnica e conoscenza per far sì che
un sogno si avveri.” “Oh quante parole per un
desiderio! Lo sa vero che alle volte basta un soffio in
una lampada? E comunque tecnica ed esperienza valgono
nella realtà non certo nei sogni.” “Lei è un sogno?
Dice che dovrei destarmi in qualche modo?” “Da come
mi guardava sul treno credo di rappresentare il suo
sogno e tuttavia non troppo irrealizzabile visto che
sono qui.”
L’uomo era smarrito: “Davvero basta
desiderare per avere?” “Certo che lo credo! Mentre
eravamo in treno l’ho vista strizzare gli occhi per tre
minuti…” “Me ne vergogno…” “Non dica così, non le
è sufficiente questa prova?” Marek non sapeva cosa
rispondere per cui chiese: “Prende qualcosa?” “Oh no
grazie, la mattina non prendo mai nulla, sa la dieta…”
“Ma lei è meravigliosa…” “Non mi lusinghi la prego.
Forse lo sono per lei che mi vede dentro un sogno.”
“Lei pensa che la stia solo immaginando?” “Io sono
quello che lei vuole che io sia.”
La donna si
rivolse al cameriere e chiese un posacenere. Poi disse:
“Prima mi domandavo perché mai fosse sceso proprio in
questa stazione…” “Una o l’altra non cambia… dovevo
solo verificare l’effetto dei miei poteri…”
“Soddisfatto ora?” “Se devo dire la verità sono
sbalordito e sconcertato, forse dovrei fare delle
operazioni matematica piuttosto complesse a mente per
constatare il mio grado di lucidità…” “Non occorre
signore, lei è più che sveglio e semmai stesse sognando
lo sta facendo ad occhi aperti.”
La donna a quel
punto accavallò di nuovo le gambe replicando come in una
recita le stesse movenze del treno. “I suoi occhi mi
dicono che lei non è insensibile al fascino femminile.”
“Lei è una vera seduttrice ed io continuo ad essere
sorpreso perché donne come lei si incontrano solo nei
sogni.” “Beh sì. In effetti non mi ha chiesto da dove
prevengo e perché mai sia qui, insomma ha accettato la
mia presenza come nei sogni…” “Eh già… una
circostanza onirica senza spazi e limiti temporali.”
“Caro signor Marek io sono qui per dimostrarle quanto la
realtà possa essere imprevedibile e alle volte uno più
uno non fa sempre due.” “Come fa a sapere il mio
nome?” “Non si faccia domande siamo nel sogno.”
“Non riesco a capire…” “Lei non deve capire, del
resto non troverebbe ragione che una donna si vesta come
lei l’abbia sempre desiderata, che si sieda proprio di
fronte a lei nel treno e poi scenda alla sua fermata e
la segua fino a qui…” “Già non c’è ragione…” “Lei
ama i film degli anni trenta vero?” “Le storie mi
annoiano, ma adoro quelle donne sensuali, veri esemplari
oggi in estinzione.” “E scommetto che adora la
veletta, la cucitura sottile che sale lungo le loro
calze di seta, vero feticcio per uomini come lei…”
Così dicendo si alzò e fece due passi verso il bancone,
poi tornando trionfante disse: “Ho vinto la scommessa
vero?” Marek, soggiogato da quella bomba erotica, non
parlò.
La donna a quel punto alzò leggermente la
veletta, prese il suo bocchino lungo nero dalla borsa e
si accese una sigaretta. Poi lo avvicinò alla bocca
mostrando tutta la voluttà delle sue labbra rosse.
“Le piace il mio rossetto, vero?” “Non poteva
scegliere colore più appropriato, né un tono di meno né
uno di più. Sapeva anche questo immagino…” “Conosco i
suoi gusti e non l’avrei delusa.” “Posso sapere il
suo nome?” La donna ci pensò un attimo, sbuffò il
fumo denso in alto e, portandosi una mano sul fianco,
mostrò tutta la forma armonica del suo seno abbondante.
Poi rispose: “Mi chiami “La signora del treno”, ovvero
colei che ha sempre immaginato incontrare su quel vagone
senza mai darle un nome.”
Entrambi rimasero per
alcuni secondi in silenzio, poi la donna con un gesto
teatrale, spense la sigaretta e fece scendere di nuovo
la veletta sul suo bellissimo viso. “Mi desidera
vero?” “Veramente...” “Si lasci andare la prego,
non sia ancora così diffidente… Scommetto che se non
fossi stata di suo gradimento non sarebbe stato così
guardingo…” “L’incredulità alimenta la diffidenza.”
“La prego, lasci stare le sue deduzioni razionali, si
liberi per favore…” “La desidero molto e credo di non
aver mai desiderato un’altra donna così intensamente…”
“Bravo ora ci siamo. Lo sapevo che prima o poi si
sarebbe convinto. Del resto non ha nulla da perdere e i
sogni sono gratis…” “La desidero davvero…” “Ora sì
che è consapevole che i desideri si possono anche
esaudire e che non servono regole matematiche perché ciò
accada.”
La donna a quel punto si fece più
intraprendente, sollevò leggermente la gonna fino al
bordo più scuro della sua calza. “Vorrebbe
accarezzare le mie cosce vero? Sentirne la morbidezza,
il velluto e magari constatare se quello spicchio nero,
intravisto sul treno, sia fatto di stoffa o altro… La
prego si esponga…” “Mi chiedo da dove sia uscita…”
“Dal suo desiderio…” “Come Venere in una conchiglia?”
“Come la Signora del treno nel suo sogno.” “Sono così
evidente?” “Oh sì, tanto che leggendo nel suo sguardo
intuisco che lei impazzisce per una donna in reggicalze
e senza mutandine.” “Lei sa tutto di me.” “Secondo
il suo immaginario erotico la donna che non porta le
mutandine è una donna accessibile e disponibile…”
“Lei mi fa impazzire…” “Non impazzisca la prego, ma
si ricordi che non serve la tecnica per soffiare nella
lampada, ma solo crederci…” “Oh sì ci credo…”
“Scommetto che ora ha un solo desiderio…” “Lo dica!”
“Vuole fare l’amore con me?” “Credo sia ovvia la mia
risposta.” “Nulla è ovvio quando si vive di
desideri.”
A quel punto la donna si alzò e disse:
“Andiamo?” Marek non se lo fece ripetere due volte.
La donna sorrise e gli sussurrò all’orecchio: “C’è una
pensioncina poco fuori la stazione che fa al caso
nostro…” Poi infilò la mano sotto il braccio
dell’uomo e insieme uscirono dal locale.
Il
cameriere si avvicinò al tavolo guardando attraverso la
vetrata la coppia che si stava allontanando lentamente.
Rimase affascinato. Era davvero una visione romantica,
pensò quando, sparecchiando il tavolo, si accorse che
sul piattino di metallo accanto allo scontrino non
c’erano i soldi della consumazione. Scosse la testa e
sorrise: “Già i sogni non si pagano!”
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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