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Adamo Bencivenga
Quel gioco erotico finito in tragedia
(QUANDO IL PIACERE
PREDOMINA SUL BUONSENSO)
Cominciò con la luna
sul posto e finì con un fiume di inchiostro.
É una storia da dimenticare É una storia da
non raccontare É una storia un po' complicata
É una storia sbagliata.
(Photo Mariya Maracheva)
È una storia sporca, una
storia sbagliata, difficile da raccontare,
cominciata dieci anni prima con la luna nel pozzo,
un velo romantico, un incontro fatidico di un uomo e
una donna, colleghi ed entrambi sposati. L’intesa
arriva quasi subito, si accorgono di avere le stesse
affinità, le stesse pulsioni e quel velo romantico
si trasforma in complicità e passione estrema e
finalmente dopo tanto peregrinare si sentono se
stessi. Niente a che vedere con il sesso noioso
fatto in casa con i propri partner, niente a che
vedere con i tanti incontri promiscui finiti prima
di cominciare. Loro si vogliono bene, si
attraggono come due calamite impazzite. Lui ama
quella donna, l’ama così tanto che desidera emularla
e lentamente si libera di ogni scoria mentale, di
ogni inibizione.
Lei è incuriosita da
quell’uomo, mai nella sua vita aveva incontrato
un’anima simile, un’anima così gemella, ne è così
attratta che non può fare a meno di guidarlo e
assecondarlo, del resto a lei piace apparire,
esibire le proprie grazie e la propria carnalità, e
grazie a lui si immerge nel profondo buco nero della
trasgressione esibendo nella lussuria i propri 52
anni. Scopre il gusto di sedurre, stregare,
affascinare, scandalizzare e le piace essere oscena,
sconcia e alle volte volgare per il piacere di
quell’uomo quasi sessantenne. Si sentono unici e si
giurano amore eterno perché sarebbe davvero
difficile, nella loro reciprocità, incontrare un
altro essere simile a loro.
Il paese non è
tanto grande, vivono in provincia, ma il loro amore
è troppo forte, l’attrazione magnetica sconvolgente
e allora, nonostante siano già legati ed entrambi
abbiano un coniuge a casa, si fanno vedere in giro
frequentando ristoranti e locali. Dapprima con altri
colleghi e incuranti delle voci si comportano come
due innamorati, finché prendono il coraggio per mano
ed iniziano ad uscire da soli la sera. Vanno nei
ristoranti esclusivi della zona, lei vestita da
femme fatale, tacco a spillo, tubino attillato,
trucco e calza velata, giocano al gioco antico della
seduzione, lui ne è così attratto che la spinge
verso l’assoluto, l’essenza del puro godimento, il
rapimento mentale e lei ci sta, gioca con lui e con
gli altri, entrambi adorano quegli sguardi
penetranti di uomini soli, a volte in coppia. E
allora lei si alza, cammina per le sale di quei
ristoranti, è bella meravigliosa, dal suo corpetto
spuntano pizzi e merletti, dal suo spacco laterale
del vestito il gancetto di un reggicalze, il bordo
merlettato di un’autoreggente.
Ecco la vedi?
Sta camminando ed ammicca, si sente la regina della
notte, ora si ferma poi riprende il suo passo sopra
quel red carpet erotico, va in bagno. Il suo amante
la guarda, la spinge a fare di più, ad andare oltre,
in quell'altrove dove ogni coscienza si sporca e fa
i conti col proprio istinto animalesco. Ora
guarda lui, lo vedi? Rimane seduto e non si alza,
spera che qualcuno ammaliato dal quel fascino la
desideri così tanto da compromettersi, che si alzi e
poi la segua. Meglio se è in compagnia, se al suo
tavolo c’è la sua compagna ignara di tutto. Insomma
come farebbe lui con un'altra donna, ma non con lei.
Lei ora è sua, quindi di tutti! Ed è proprio in quel
momento che succede, certo che succede, dentro
quella toilette di periferia, forse sporca,
maleodorante, lungo i sapori dell’amore. Perché lei
apre le gambe a comando e lui si immedesima in lei e
gode sentendola godere.
Poi l’altro esce,
torna al tavolo dalla sua compagna e lei rimane lì
ad ammirarsi dentro quello specchio. Si sente bella,
si sente schiava e libera, affascinata da quella
libertà di essere schiava, ha scoperto che con quel
corpo può avere tutto, ma soprattutto il potere
sugli uomini e in particolare sul suo amante con il
quale ha stabilito un legame forte, una complicità
assoluta, tanto che per stare tranquilli comprano
una casa insieme, una mansarda a due livelli al
terzo piano di un quartiere residenziale. La
ristrutturano, l’arredano e piano piano riempiono
quell’alcova di attrezzi erotici e vestiti e
parrucche e lingerie, tutto funzionale ai loro
giochi. Con la complicità della sua amante, pian
piano lui svela il suo vero volto, il suo vero
piacere che non è solo quello di vederla sedurre gli
altri, ma anche quello di emularla e allora inizia a
truccarsi da lei, a parlare come lei, a fumare come
lei, a vestirsi come lei, ovvero da femme fatale con
unghie laccate, parrucche dello stesso colore dei
capelli di lei, trucco evidente, rossetto,
calzamaglia a rete, tacchi vertiginosi e reggicalze.
Quegli incontri rispettano un cliché ormai
consumato, la pratica è sempre la stessa. Si
incontrano durante la pausa pranzo. Lui le manda un
sms per avvertirla e lei invece di andare a pranzo
con le colleghe prende la macchina e di corsa arriva
nell’alcova. Lui è in pensione, non lavora ed è già
lì ad aspettarla, ovviamente in assoluto segreto, di
nascosto da moglie e figli. Spesso, sempre, lei lo
trova già truccato, vestito completamente da una di
quelle. Sì insomma una puttana, una prostituta da
strada con parrucca bionda, minigonna, guepiere in
lattice, stivali alti fino a metà coscia,
giarrettiere e calze rigorosamente con la cucitura
dietro che fa vintage, fa retrò, fa donna persa,
avida di bellezza. Entrambi adorano quella figura
che a poco a poco diventa il loro emblema, perché
lui si riconosce in lei e lei in lui. è un gioco di
specchi, uno scambio di genere e testa. La donna
lo guarda ammirata e alle volte gli confessa che
prima o poi farà quel passo, ovviamente aiutata da
lui e dalla sua voglia sfrenata. Il suo desiderio è
vestirsi esattamente nel modo come ora è vestito il
suo amante e battere il marciapiede di qualche
stradina buia e fuori mano. Lui sa che avverrà
perché il desiderio di uno dei due è preda di
eccitazione dell’altro, sarà inevitabile come
inevitabile è stato finora fare l’amore con altri
uomini davanti al suo amante. E succede certo che
succede, lui in macchina a fumare, lei sul
marciapiede a battere, comunque a chiedere,
rigorosamente a pagamento perché è quello il bello,
vendere il proprio corpo, affittare una parte di
piacere.
Ma ora sono lì in quella mansarda,
lei vestita da ufficio e lui da troia. Hanno appena
un’ora di tempo, poi lei dovrà tornare in ufficio.
Si baciano, lui la tocca tra le gambe, lei è
bagnata, vorrebbe essere penetrata da
quell’uomo/donna, la eccita, ma sa che non sarà così
perché quella pausa di pranzo è solo preparatoria
per il sesso che avverrà nel pomeriggio. Perché
l'attesa è essa stessa eccitazione, è un susseguirsi
di situazioni mentali che portano lentamente
all’esplosione e mai sprecherebbero il loro ardore
in pochi minuti. A lui piace che la donna rimanga
intatta, esattamente così e che torni in ufficio con
il desiderio tra le gambe, seguita da quell’alone
segreto e complice che solo loro conoscono. Magari
lungo quel tragitto incontrerà qualcuno e aprirà le
gambe oscena e vogliosa per poi raccontargli ogni
minimo dettaglio. In fin dei conti è una pratica già
sperimentata e consumata per cui lui sa che l’attesa
avrà i suoi effetti. E allora lui prepara due drink,
due coppe alcoliche, quello è il segnale, l’indizio,
un inizio che per il momento non ha fine.
A
quel punto con i bicchieri in mano salgono i gradini
della scala a chiocciola. Entrambi sono in tacchi a
spillo e lo scricchiolio del legno è familiare ed
eccitante, come se fosse un’overture, un Bolero che
sale gradino per gradino nel piacere che li avvolge.
Lei lo guarda da dietro, guarda quella figura da
marciapiede e si eccita, giura che un giorno o
l’altro anche lui sceglierà una stradina buia ed
aspetterà il suo primo cliente, e come ha fatto lei,
incasserà i suoi primi soldi per merito della sua
bocca.
Nella stanza in penombra ci sono
catene, corde, collari di cuoio, bavagli,
mascherine, manette, lucchetti, mollette, un letto,
un tavolo, una sedia e un palo. Insomma
l’armamentario giusto per le loro pratiche segrete.
Continuano a baciarsi poi lui si siede, lei guarda
l’orologio e gli mette fretta. Lui accetta
l’apprensione e la premura di lei, in fin dei conti
fa parte del gioco e quel gioco riesce quando lui si
sente nelle sue mani, si sente noia ed impedimento
perché anche il tempo è costrizione, obbligo ed
oppressione. Il copione a quel punto prevede che la
donna leghi l’amante all’altezza del collo con il
collare di cuoio ben stretto al palo, poi con
estrema cura stringa mani e piedi girando più volte
la pesante catena attorno al corpo. Lo fa con
scrupolo e dedizione, ma anche con una forte
eccitazione che ora evidente cola tra le sue gambe.
Poi prende i lucchetti e ferma gli anelli tenendo le
chiavi distanti quel tanto e quel poco che l’uomo
non possa prenderle e quindi liberarsi da solo.
Lui è in estasi, lei ora si fa dura, sta al
gioco, lo chiama troia, cagna e femminuccia, poi si
allontana e si siede sulla poltrona, spalanca le sue
cosce, lui non può accarezzarla e lei si tocca,
sente un forte fremito, ma sa che deve fare presto,
tra meno di un quarto d’ora deve essere in ufficio.
Allora inizia ad accavallare le gambe, le schiude,
le serra, quel vedo e non vedo eccita l’uomo e a un
segnale preciso lei si avvicina a lui e in ginocchio
le procura quello che loro chiamano antipasto,
insomma deve solo eccitarlo, prendere il sapore di
lui e poi fermarsi al momento giusto, non prima e
non dopo, quell’attimo che solo lei conosce. Del
resto nessuno dei due tollererebbe l’oltre, non è
previsto e non è concesso. Nessuno dei due deve
raggiungere l’orgasmo!
Tutto come previsto e
a quel punto il copione prevede che lei si alzi,
ormai è tardi, avvicini le chiavi dei lucchetti in
modo che per qualche strana circostanza l’uomo debba
liberarsi. Poi lei scende le scale di legno, prende
la borsa, indossa il soprabito ed esce. Ma questa
volta è diverso, qualcosa non va per il verso
giusto, perché lui in preda a una forte eccitazione,
quando lei è ancora in ginocchio, le ordina di non
avvicinare le chiavi. Nella sua mente il gioco si fa
duro e comunque sono entrambi coscienti che
l’erotismo è eccitante nella misura in cui ogni
volta si superi di poco il limite del gioco. E
questa volta quel limite prevede che lui durante
l’assenza di lei rimanga immobile e legato,
allungando così l’attesa, la costrizione e il
piacere. E non possa in alcun modo liberarsi.
Succeda quel che succeda! Sa che lei non potrà
tornare prima di due ore, e per questo vuole restare
nella totale sottomissione di lei, nella dipendenza
della sua routine che prevede l’ufficio, l’andare a
prendere suo figlio a scuola per poi riaccompagnarlo
a casa, salutare il marito, per poi riuscire e fare
la spesa. Ecco tutto ciò gli dà un piacere estremo,
lo rende totalmente schiavo, come a lei quel potere
la eccita, la rende padrona del bene e del male,
unica a decidere sulla vita di un uomo in totale e
completa subordinazione.
Quindi lei questa
volta non avvicina le chiavi dei lucchetti, le
lascia esattamente dove sono in modo che lui non
possa prenderle. Ora lei scende le scale. Lui sente
quello scricchiolio della scala, quel rumore dei
tacchi a spillo piano piano allontanarsi. È in
estasi e deciso a rimanere lì per oltre due ore in
balia del potere e delle incombenze futili di quella
donna. Anzi, mentre lui è seduto lì in attesa,
vorrebbe che lei facesse l’amore con un altro, le
dice che questa volta non deve affidarsi al caso,
deve assolutamente fare l’amore, magari con un
collega oppure con suo marito inconsapevole di tutto
in modo da rendere ancora più pesante la sua
costrizione. Lei ci pensa, sorride, sa che non ha
tempo, ma non dice di no. Capisce che quell’attesa
sarebbe ancora più trasgressiva.
Lei non ha
ancora chiuso la porta di casa e lui già pensa a
quando lei tornerà, lo slegherà e faranno l’amore
perché per entrambi il sesso canonico, la
penetrazione è solo l’atto finale, lo sfogo di un
bisogno distante anni luce dall’erotismo.
Lei
scende le scale esterne della palazzina, sta
pensando a quella proposta più indecente della loro
indecenza, incontra due signori che stanno
rientrando, come al solito è cortese, gentile,
affabile. Nessuno mai crederebbe che in quel preciso
momento quella bella signora è parte di un gioco
erotico e perverso. Nel palazzo conoscono quella
coppia, credono che siano sposati, anche se entrambi
lo sono davvero, ma con persone diverse.
Ora
lei è in strada, è una calda e afosa giornata di
luglio inoltrato, lei prende la macchina e corre
come corre l’anno 2016, accende la radio ed ascolta
in sequenza: Alvaro Soler che invoca la sua Sofia,
Fabio Rovazzi che vuole comandare e Laura Pausini
che grida al mondo di essere Innamorata. Torna al
lavoro, si siede alla sua scrivania, è eccitata,
pensa al suo uomo in quella posizione, costretto
semplicemente ad attendere lei, così vestito da
donna di malaffare, come ora vorrebbe essere lei,
vorrebbe andare in bagno, togliersi gli slip e
toccarsi, ma sa che deve aspettare perché la
costrizione di lui è l’eccitazione più forte che una
donna possa avere. Allora si concentra nel lavoro,
difficile, ma alla fine ci riesce e alle cinque in
punto è già fuori di nuovo, corre da suo figlio, lo
porta a casa, bacia suo marito. L’uomo è
distratto, forse per l’ora insolita, non ha nessuna
intenzione di fare l’amore con sua moglie, ma lei è
decisa, non vuole in alcun modo deludere il suo
amante, sa che non deve chiedere, che tutto deve
essere spontaneo, allora va in bagno e si toglie lo
slip, poi torna e si siede accanto a lui sul divano.
Pensa al suo amante in quelle condizioni, sa che
quella subordinazione passa anche per quello che ora
deve assolutamente fare e allora accavalla le gambe,
la gonna sale, arriva fino al punto del non ritorno,
è senza mutandine, suo marito se ne accorge, lei è
irresistibile e lui cede, la tocca, si rende conto
che è bagnata. Lei lo invita, ma gli dice anche di
fare presto, forse si tradisce, il suo atteggiamento
è deciso, è quasi un ordine quando l’uomo obbedisce.
Lei sa che non deve godere, e allora quando lui è
dentro di lei, stringe i pugni, pensa ad altro, si
irrigidisce e alla fine non gode. Il marito
estasiato da quella complicità è incredulo e
inconsapevolmente compie il suo dovere, poi si
rilassa sul divano e lei come una molla si alza, gli
dice che deve assolutamente andare al supermercato,
del resto non ha altra scusa.
Dieci minuti
dopo, alle 17,55, è già nell’alcova, apre la porta,
non sente nulla, pensa che lui si sia addormentato
nell’attesa. È contenta, felice, il suo uomo è
riuscito a stare legato tutto questo tempo per lei!
E lei nel frattempo lo ha reso ancora più schiavo e
cornuto. Si sente una regina, la sensazione di
potere le gonfia i seni. Allora prepara due cocktail
alcolici, mezzo rhum e mezza coca cola, come al
solito, come previsto, intanto si cambia, via i
vestiti ordinari, si fa bella come una puttana, per
lui, per lei. Sa cosa deve indossare, gonna
cortissima di pelle nera, autoreggente a rete col
bordo di pizzo rosso, reggiseno di latex nero e
quegli stivali che al solo guardarli fanno venire le
vertigini. Poi va in bagno si tocca non può
resistere, vuole essere calda per lui, insomma la
prepara all’evento, poi si trucca, abbonda,
secchiate di rossetto, il trucco dark cerchia i suoi
occhi, ora è pronta, esce dal bagno e sale le scale.
Beh sì lo avevamo detto all’inizio questa è
una storia sporca, una storia sbagliata, lei ora è
in mansarda, lo vede, crede che dorma, il capo
reclinato a sinistra, gli fa tenerezza, gli va
vicino, lo chiama, gli poggia il suo piacere sulle
labbra, ben bene la strofina così che al risveglio
lui non potrà fare a meno di baciala, di sentire i
suoi umori ora abbondanti, ma l’uomo non risponde.
Lei crede che stia giocando, allora lo tocca, lo
sposta, preme e strofina di nuovo il suo sesso
bagnato sulla faccia dell’uomo, ma sente un respiro
strano, grosso, come un rantolo. Immediatamente gli
toglie il collare di cuoio, prende la famosa chiave
e lo libera dalle catene. Si preoccupa cerca di
scuoterlo, di rianimarlo, ma lui non risponde. Non
sa che fare, scende, prende un bicchiere d’acqua,
risale, apre la finestra della mansarda rimasta
chiusa fino ad allora. Fa caldo in quel sotto tetto,
un caldo torrido di luglio inoltrato. Lui è sempre
nella stessa posizione non si è mosso, lei lo chiama
di nuovo: “Ora svegliati dai! Non mi va più di
giocare” Niente e allora in preda al panico urla:
“Tesoro no, cazzo, non farmi questo!” Disperata gli
pratica una respirazione a bocca a bocca poi alla
buona un massaggio cardiaco. Lui respira sempre più
a fatica, lentamente, quasi si sta spegnendo. Deve
assolutamente chiamare i soccorsi. Si sente in
colpa, se non avesse ritardato quei dieci minuti
passati a fare l’amore col marito… A quel punto gli
viene in mente la sua vita, pensa allo scandalo,
alla tragedia, a cosa succederà dopo, flash, suo
marito, la moglie di lui, i figli, i colleghi,
l’amante vestito in quel modo, lei anche, ma non c’è
tempo. Contro la morte non ci possono essere scuse,
pretesti e ripensamenti. Si rende conto che è
questione di secondi, allora chiama il 118.
“Accorrete, c’è un uomo in fin di vita, vi prego
fate presto.” La voce è piuttosto agitata e
dall’altra parte le chiedono l’indirizzo, lei in
quel momento ha un vuoto, gli indica più o meno il
posto, gli descrive la palazzina, i due pini ai lati
del cancello nero.
È davvero una tragedia,
l’uomo non dà quasi più segni di vita, lei scende,
si mette seduta sul divano, aspetta, conta i minuti
e ne passano circa 15 quando sente la sirena, si
affaccia e indica all’infermiere il portone. Apre la
porta, i soccorritori salgono le scale di legno, si
avvicinano all’uomo vestito da donna, ma non sono
sorpresi, loro sono medici e devono salvare le vite
e non fanno distinzione di genere, di maschio,
femmina o qualcosa di imprecisato. Ora sono tutti e
tre attorno all’uomo, parlano, ma alla fine uno di
loro in ginocchio alza lo sguardo, guarda la donna e
dice: “Signora purtroppo non c’è nulla da fare, suo
marito è morto!”
Già marito, è proprio in
quel momento che inizia la tragedia, questa volta la
morte non è la fine del giallo, della storia, ma
esattamente l’inizio! Intanto, accertato il decesso,
uno dei soccorritori chiama i Carabinieri e il
medico legale che dovrà accertare le cause. Per ora
sanno che l’uomo non respira più per cui è morto per
arresto cardiaco, ma le cause di quell’arresto
potrebbe essere svariate, il troppo caldo oppure la
stretta troppo forte al collo che ha bloccato le vie
respiratorie, oppure quel gioco finito male oppure
la distrazione della donna.
Sopraggiungono i
carabinieri e non possono non notare tutto
quell’armamentario di ferro e cuoio, insomma non ci
vuole tanto per capire che quell’uomo è morto dopo
una pratica sadomaso. La donna viene portata in
caserma e interrogata dal sostituto procuratore.
Dichiara di essere una ex collega e l’amante
dell’uomo da oltre dieci anni e visto che sono
entrambi sposati di avere con lui una relazione
clandestina. Poi racconta l’accaduto non trascurando
alcun dettaglio. «Era un gioco che facevamo spesso»
dice più volte come per giustificarsi. “A lui
piaceva così, essere legato e rimanere in attesa.”
Dice anche che quel copione prevedeva che la donna,
rispettando la volontà dell’amante, alla fine del
lavoro tornasse nella mansarda e dopo averlo slegato
facessero l’amore. Ovviamente non tralascia il
particolare delle chiavi dei lucchetti che per
espressa volontà dell’uomo questa volta non erano a
portata di mano della vittima.
La donna è
scossa non si dà pace per l’accaduto e dice che quel
gioco era frutto di una fissazione dell’uomo ovvero
quello di vestirsi da donna, lasciarsi legare e poi
di restare così per molte ore raggiungendo
successivamente il piacere. Il sostituto procuratore
è giovane e paziente, comprende la situazione
delicatissima della donna, ma alla fine
dell’interrogatorio non può far altro che iscrivere
la donna sul registro degli indagati per omicidio
preterintenzionale. L’ipotesi è formulata sulla base
di quel dettaglio della distanza delle chiavi,
ovvero che la donna avrebbe dovuto sapere, che
lasciando l’uomo in quello stato, con una catena
chiusa con un lucchetto e in quella posizione, per
tre lunghe ore, in una giornata piuttosto calda e
dopo che l’uomo aveva bevuto solo un drink alcolico,
avrebbe potuto cagionargli delle lesioni gravi se
non la morte in quanto impossibilitato a liberarsi
da solo in quello stato. Sì certo pochi stupidi
centimetri, ma il fatto è ritenuto gravissimo
nonostante la volontà della vittima.
Questa
è la fine di una storia sbagliata, di un gioco
erotico di una coppia viziosa di amanti che hanno
anteposto il piacere estremo al buonsenso. Ovvio lui
ci ha rimesso la vita, ma a lei non è andata meglio.
Il giorno dopo le cronache dei giornali locali
strabordano di dettagli piccanti e foto dei
protagonisti ad uso e consumo della morbosità di
quella provincia assetata di particolari scabrosi.
Le vite delle famiglie dei protagonisti vengono
travolte da una tempesta senza fine distruggendo sia
quella della donna peccaminosa che quella della
vittima.
Dopo alcuni mesi si è svolto il
processo, durante il quale la Corte d’Assise ha
provveduto a condannare la donna a un anno
derubricando il preterintenzionale in omicidio
colposo e concedendole tutte le attenuanti del caso.
É una storia sbagliata É una
storia da carabinieri É una storia per
parrucchieri É una storia un po’ sputtanata o è
una storia sbagliata, Storia diversa per gente
normale Storia comune per gente speciale.
Cos'altro vi serve da queste vite Ora che il
cielo al centro le ha colpite, Ora che il cielo
ai bordi le ha scolpite.
FINE
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IL PRESENTE RACCONTO E’ LIBERAMENTE ISPIRATO AD UNA
STORIA VERA, PER RISPETTO DEI
PROTAGONISTI ABBIAMO OMESSO NOMI, LUOGHI E DETTAGLI
CHE AVREBBERO PERMESSO IL RICONOSCIMENTO.
FONTI
I versi in corsivo sono tratti dal brano Una storia
sbagliata di Fabrizio De Andrè
© All rights
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TUTTI I
RACCONTI DI ADAMO BENCIVENGA
© Adamo Bencivenga - Tutti i diritti riservati
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