Madame le sue
origini?
Sono nata a Venezia ed educata
in famiglia a coltivare le arti della musica, della
letteratura, pittura e lingue straniere oltre
ovviamente il ricamo che era l’attività maggiormente
praticata dalle mie coetanee benestanti. Mio padre
era funzionario della Repubblica della Serenissima
presso l’ufficio del Podestà di Venezia e mia madre
Alba faceva la merlettaia.
Quindi con
la pittura si scostò dallo stereotipo femminile del
tempo?
Beh di certo non ero la damina
settecentesca dedita ad attività frivole. Sulle orme
di mia madre iniziai la mia esperienza artistica con
il merletto, disegnando modelli per ricami, poi però
quando scoprii la pittura decisi di dedicarmi
completamente alla sublime arte del ritratto.
All’età di 14 anni frequentò la bottega
di Giuseppe Diamantini…
Era un pittore
marchigiano di formazione bolognese, ma una figura
molto importante per la mia formazione fu quella di
Antonio Balestra, pittore e incisore romano che si
era trasferito a Venezia nel 1690.
Si sposò?
Per amore dell’arte non mi
sposai mai e verso il 1700, iniziai a dipingere ed a
vendere ai turisti scatoline in avorio destinate al
tabacco da fiuto, usanza molto in voga anche fra le
signore del tempo. Certo essendo donna non fu facile
per me, nel campo dell’arte il secolo era dominato
da soli artisti uomini. Pensi che fui la prima
pittrice ad essere ammessa nelle accademie d’arte,
all’epoca riservate agli uomini. Nel 1705 fui
ammessa all’Accademia di San Luca a Roma presentando
la mia miniatura “La fanciulla con colomba”.
Qual era la sua caratteristica?
La mia peculiarità era quella di saper scrutare il
volto di chi mi stesse di fronte, leggerlo in tutti
i suoi particolari, capirlo e riuscire a trasporre
con la pittura ciò che vedevo. Con mia sorella
Giovanna approfondii lo studio della pittura,
specialmente nelle miniature e nei ritratti eseguiti
a pastello, una tecnica difficile e ormai
abbandonata. Insomma andai contro corrente rispetto
agli insegnamenti accademici e fui la prima ad
utilizzare l’avorio come base per le miniature,
dando all’opera una particolare e raffinata
lucentezza.
Divenne famosa…
Creai una sorta di circolo a cui appartenevano
personaggi illustri del tempo ed ottenni
riconoscimenti in tutta Europa, al punto che persino
il re di Francia Luigi XV mi commissionò alcune
tele, oltre a principi e principesse di tutta
Europa. Viaggiai molto, accolta dalle corti di tutta
l'Europa, dipingevo miniature e facevo ritratti per
le famiglie reali, ottenendo riconoscimenti ovunque.
Di solito facevo una copia del ritratto e questa
abitudine mi portò ad avere una collezione
incredibile di ritratti dei volti più noti del
secolo.
Ci racconti di Parigi…
Nel 1716 conobbi il famoso critico ed esperto d’arte
Pierre Croizat e quando mio padre venne a mancare
lui mi invitò a trascorrere del tempo a Parigi ed io
decisi di portare nella capitale francese tutta la
mia famiglia, le tre sorelle, un cognato e mia
madre. A Parigi venni accolta calorosamente dai
circoli artisti e intellettuali, in particolar modo
da Antoine Watteau. Insieme sviluppammo l’arte del
Rococò francese, ma poi nel 1721 tornai in Italia
per realizzare alcuni ritratti presso la Corte di
Modena.
Sono molto famosi anche i
suoi autoritratti…
Fu una serie molto
lunga, iniziai nel 1709 quando mi ritrassi mentre
dipingevo mia sorella Giovanna per finire nel 1746
in cui rappresentai il mio stato d’animo con il
volto invecchiato e triste per via della mia
incombente cecità (avevo subito da poco tempo una
difficile operazione alla cornea con esiti purtroppo
negativi).
Negli ultimi 10 ulteriori
complicazioni aggravarono il suo stato fino a farla
diventare completamente cieca e quello stato la
portò alla pazzia dovuta anche alla perdita della
sorella Giovanna a cui era legata da un profondo
affetto. Morì, a Venezia, il 15 aprile 1757 poco più
che ottantenne lasciando con i suoi ritratti leggeri
e vaporosi la testimonianza degli ultimi bagliori
della grande stagione veneziana. È una dei
protagonisti del romanzo “Le leggi del tempo” di
Andrea Perego pubblicato nel 2016.