Adamo mi parli del brano “Carlo Martello” di
Fabrizio de Andrè?
Il brano è inserito
nel Vol. 1°, ossia il primo album d'inediti
registrato dal cantautore per la Bluebell Records
nel maggio 1967. La registrazione della canzone fu
effettuata da Boneschi a casa di Vittorio
Paltrinieri, con la partecipazione al corno di
Michelangelo Mojoli. Il brano, l’ultimo del lato B,
è scritto in un linguaggio sarcasticamente aulico e
sottolineato da una musica solenne.
Il testo non venne riportato sull’album vero?
Fu giudicato troppo osceno. Sul vinile si
legge infatti: “É stato omesso il testo di Carlo
Martello per mancata autorizzazione dell'editore.”
Una scelta indubbiamente avveduta, dato che Carlo
Martello venne denunciata all'autorità giudiziaria
per il linguaggio osceno.
Fu scritto
in collaborazione con Paolo Villaggio, vero?
De Andrè fece la musica e Villaggio il
testo. Il brano prende spunto dall’antico genere
popolare francese diffuso all'epoca dei trovatori.
In una atmosfera medievale e cristiana fatta di
crociate, onore e "cavalleria", narra le vicende di
Carlo Martello, re dei Franchi, che, tornando dalle
gloriose gesta belliche contro i Mori, cerca
sollievo dopo mesi di astinenza sessuale. In
dettaglio racconta l'incontro del Re con una giovane
donzella popolana che cede alle richieste del
Sovrano prima di rivelarsi una prostituta e di
chiedere il conto, per giunta salato, al sorpreso
Martello.
Come nacque il brano?
Era una giornata di pioggia del novembre
del 1962, i due, in attesa entrambi del parto delle
rispettive signore, che poi partorirono lo stesso
giorno erano a casa di Villaggio in via Bovio. Per
passare il tempo Fabrizio prese la chitarra e intonò
una specie di melodia da corno inglese, a quel punto
Villaggio scrisse le parole ispirandosi appunto a
Carlo Martello. Ma invece di decantare le sue gesta
al ritorno della battaglia e quindi di avere
pensieri alti e di grande levatura morale lo
immaginò bramante di desiderio sessuale dopo una
lunga e forzata astinenza dovuta alla guerra. Alla
fine venne fuori una specie di parodia con la
conseguente presa in giro del povero Carlo Martello.
La canzone passò inosservata…
Venne pubblicata insieme al brano "Il
fannullone", ma Fabrizio ancora non aveva inciso "La
canzone di Marinella" e non era quindi famoso.
Qualcuno però notò questa strana filastrocca che
sbeffeggiava il potente Re dei Franchi. Fu un
pretore che si prese la briga di querelare gli
autori per testo immorale e soprattutto per il
verso: «È mai possibile, o porco di un cane, che le
avventure in codesto reame debban risolversi tutte
con grandi puttane». C’è da dire che già in
precedenza gli autori si erano autocensurati e così
l’originale "frustando il cavallo come un mulo,
quella gran faccia da culo" divenne: "frustando il
cavallo come un ciuco, tra glicine e il sambuco".
Cosa fa Carlo per soddisfare i suoi
istinti sessuali?
Il buon Carlo non
trova di meglio da fare che comportarsi da perfetto
maschio cialtrone con una fanciulla popolana di
facili costumi, incontrata mentre nuotava in un
ruscello, per soddisfare i suoi appetiti sessuali,
che gli provocano più dolore delle ferite fisiche
riportate in battaglia:
«Ma più che del corpo le
ferite
da Carlo son sentite
le bramosie
d'amor»
E la popolana cosa gli
risponde?
La fanciulla inizialmente è
restìa a soddisfare gli appetiti sessuali di Carlo e
in un improbabile accento dialettale bolognese
risponde "De' cavaliere non v'accostate, già d'altri
è gaudio quel che cercate, ad altra più facile fonte
la sete calmate."
Poi però la
donzella cede al suo re…
Dopo aver
consumato c’è il colpo di scena perché la donna si
rivela quello che è, ovvero una prostituta: "Beh
proprio perché voi siete il sire, fan cinquemila
lire, è un prezzo di favor" Solo a quel punto Carlo
si rende conto di essere andato con una puttana e
reagisce dicendo: "E' mai possibile o porco di un
cane, che le avventure in codesto reame, debban
risolversi tutte con grandi puttane.” Poi da vero
cialtrone aggiunge: “Anche sul prezzo see'è poi da
ridire, ben mi ricordo che pria di partire, v'eran
tariffe inferiori alle tremila lire…" Così dicendo
si comporta da gran cialtrone sale in sella e scappa
col suo cavallo.