Adamo mi parli del brano “Un giorno credi”?
È una canzone del 1973 cantata da Edoardo Bennato e composta
dallo stesso Bennato per la parte musicale e per il testo da
Patrizio Trampetti, musicista e componente del gruppo Nuova
Compagnia di Canto Popolare. La canzone fu pubblicata nel primo
album del cantautore napoletano “Non farti cadere le braccia” e
riproposta nel successivo “I buoni e i cattivi” del 1974.
Bennato era agli esordi della sua fantastica
carriera…
Dopo l'esordio con alcuni 45 giri
pubblicati dalla Numero Uno, Edoardo Bennato passò alla Ricordi
dove registrò un album come menestrello di strada con chitarra
acustica, armonica e tamburello. Sulla copertina dell'album una
scatola di minerva con un ultimo fiammifero da bruciare.
Ci sono state altre versioni?
Nel 1996
Bennato registrò una nuova versione in chiave classica,
accompagnato dal Solis String Quartet, includendola nell'album
Quartetto d'archi. Il brano è stato poi remixato nel 2001 dal
deejay Gigi D'Agostino, con la collaborazione dello stesso
Bennato. È stata inoltre pubblicata da Trampetti nel suo album
Un giorno credi del 2005.
È considerato uno dei
brani più apprezzati del Edoardo Bennato.
Con questo
brano nacque la stella di Edoardo Bennato. Fu in assoluto il
primo grande successo. Dopo un inizio quasi sinfonico, con una
sezione di archi arrangiati da Roberto De Simone, la canzone si
arricchisce via via di coloriture ritmiche sfociando poi in un
finale rock.
Di cosa parla?
Il testo
è un invito ad affrontare la vita con coraggio, al di là delle
inevitabili delusioni e delle contrarietà. Infatti esprime gli
alti e i bassi che contraddistinguono inevitabilmente la vita
quotidiana di ogni essere umano. Il messaggio è ovviamente di
non mollare mai ed a rialzare sempre la testa soprattutto nei
momenti di sconforto accettando gli stessi come parte del
proprio cammino di vita. Insomma guardare sempre al futuro senza
mai rimpiangere il passato e facendo esperienza degli errori
commessi.
Insomma fu un vero successo!
Diciamo una vera perla… Una canzone di un intensità
disarmante che ha accompagnato negli anni l'adolescenza di molti
giovani del tempo con il suo significato primordiale che da un
grande male può venire un grande bene. Da un veleno una
medicina.