Adamo, mi parli di "Letto 26" di Stefano
Rosso.
Altro titolo sbagliato per una
canzone di successo, infatti tutti ricordano questo
brano come: “Via della Scala.”
Quando
la scrisse?
Nel 1976 e fu il suo primo
45 giri pubblicato dalla RCA. Le registrazioni
furono effettuate negli Studi RCA di Via Tiburtina,
e gli arrangiamenti di entrambi i brani sono curati
da Piero Pintucci.
Come era arrivato
alla RCA?
Fu Claudio Baglioni a
presentarlo. Dopo aver ascoltato qualche brano, il
produttore Antonio Coggio gli propose un contratto
per tre album. Purtroppo però il 45 giri, nonostante
varie apparizioni televisive e promozioni in radio
non entrò in classifica. Solo successivamente con il
successo del cantautore la canzone diventerà una
delle sue più note e spesso veniva eseguita come bis
in coda ai suoi concerti.
Come nasce
il brano?
Letto 26, trae spunto da una
sua degenza in ospedale per una tonsillitectomia e
racconta la sua vita e la sua infanzia a Trastevere,
in via della Scala, dove abitava all'epoca. Il
titolo viene per l'appunto dal numero del letto
assegnato a Rosso durante la degenza, letto sul
quale, raccontava Stefano, di solito mettevano le
persone decedute in attesa di essere portate
all'obitorio!
Quindi un brano
autobiografico?
Nel pezzo il cantautore
racconta la propria vita: la brillantina, la scuola,
i ragazzi del bar, la mariujana, il Chianti e la
famosa Biancaneve che è un po' invecchiata e le mele
non le mangia più. Molto probabilmente quel
personaggio è tratto da uno dei fumetti porno-soft
che giravano al tempo. Nelle strofe finali invece
Rosso fa un bilancio della propria vita
sentimentale: “Ho conosciuto tante donne, cattive,
oneste, senza età, a tutte ho dato un po' qualcosa
con tanta generosità, a lei, mia madre, i
dispiaceri, mentre a mia moglie dei bambini, al
primo amore i sentimenti, i baci e l'acne
giovanile.”
Poi tutto passa…
Eh già tutto passa, Biancaneve, le
delusioni d’amore, il giradischi, gli amici del bar,
la giovinezza, il senso di appartenenza, le donne,
la vita di un quartiere: ma Via della Scala è sempre
là, restano le strade di una città che ne ha viste
di tutti i colori, restano i luoghi, che conservano
nella pietra il suono delle nostre esistenze.
Musicalmente?
Il pezzo è
suonato in un grandioso stile fingerpicking e a
riguardo Stefano spesso diceva che, dopo tanti anni
dalla scrittura della canzone, non aveva ancora
sentito nessuno suonarla nel modo corretto.
La canzone ebbe anche un seguito, vero?
Nel suo secondo album "E allora senti cosa
fo'" Stefano incise "Letto 26 (seconda parte). Il
pezzo ha la stessa melodia di "Letto 26" ma un testo
diverso, come diverso è l'arrangiamento. Il testo
più melodico, descrive una passeggiata notturna per
le vie della città, e camminando il pensiero va
verso la donna amata.
Chi era Stefano
Rosso?
In realtà si chiamava Stefano
Rossi ed era nato a Roma nel 1948. Le sue origini
sono molto popolari e dopo aver conseguito la
licenza media, inizia a lavorare come garzone di un
fornaio. Impara a suonare la chitarra da un suo
amico. Il suo stile è piuttosto semplice, una voce
caratterizzata dal tono colloquiale, con testi
ironici, dissacranti e spesso autobiografici e
musiche che conciliano la canzone popolare romanesca
con il country e il folk americano, spesso con
arpeggi in finger picking molto elaborati e mai
banali. Agli inizi della sua carriera si esibisce in
duo con suo fratello maggiore Ugo, il successo vero
e proprio arriva con “Una storia disonesta”, in cui,
in un racconto ironico e divertente
post-sessantottino, fa capolino, forse per la prima
volta nella canzone italiana, lo spinello: «Che
bello, due amici una chitarra e uno spinello...» La
canzone vince nel 1977 il telegatto di Sorrisi e
Canzoni. Alcuni mesi dopo pubblicò l’LP “...e allora
senti cosa fò”, in cui, oltre alla canzone omonima,
vengono inserite canzoni come Odio chi e Bologna '77
dedicata a Giorgiana Masi, la ragazza uccisa il 12
maggio 1977 durante una manifestazione del Partito
Radicale a Roma.