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I DIARI LICENZIOSI DI
VIOLETTE BERTIN
Il mio primo giorno di lavoro
Voglio lavorare, ho quasi 24 anni, cavolo, mi devo decidere, del resto non sono male, alta, il viso regolare e qualche lavoretto dove serve bella presenza sarebbe l’ideale. Mi metto a cercare su internet, ragazza immagine, hostess per congressi, fiere ed eventi, promoter.


 

Photo © Hellen Photo



12 gennaio 2015 Lunedi
Tra quattro giorni ho l’esame di Ermeneutica ed ancora non ho aperto il libro. Ma che è l’ermeneutica? Leggo la quarta di copertina: “Conoscenza della teoria filosofica dell’interpretazione con riferimento all’esegesi dei testi religiosi e alla successiva evoluzione come modalità teorica peculiare del pensiero filosofico…” Dio mio, o mi metto a studiare subito oppure rinuncio definitivamente all’Università con buona pace dei miei.
Ok apro il libro, ma poi ci ripenso: “Mettiamo nell’ipotesi migliore, ma remota, che passi l’esame, poi che succede?” Mi mancano ancora troppi esami ed io non ce la faccio più, voglio ora, subito, la mia indipendenza, voglio andare via da casa ed averne una mia, piccola, ma graziosa.

Voglio lavorare, ho quasi ventiquattro anni, cavolo, mi devo decidere, del resto non sono male, alta, il viso regolare e qualche lavoretto dove serve bella presenza sarebbe l’ideale. Mi metto a cercare su internet, ragazza immagine, hostess per congressi, fiere ed eventi, promoter, cameriera creativa per locali notturni, ma la paga è misera, meno di trenta euro al giorno. Cerco ancora finché clicco su: “Sei giovane, bella? Alla prima esperienza? Vuoi guadagnare seimila euro al mese?” E chi mai darebbe seimila euro ad una ragazza inesperta? Entro nel sito. In primo piano c’è la foto di una bella signora sui cinquant’anni. Madame Vanille. Leggo. Ah ecco, me lo immaginavo. Si parla di appuntamenti e massima disponibilità per uomini di affari, riservatezza, cultura e bella presenza. La prima cosa che mi chiedo è dove potrò mai andare con la mia seconda scarsa? Comunque prendo l’indirizzo, non è distante da dove abito.

13 gennaio 2015 Martedì
Immagino cosa debba fare con questi clienti facoltosi. Ovviamente sul sito non è scritto, ma oltre alla hostess occorrerà essere disponibile in quel senso. Comunque a me piace il sesso, ma finora ho scelto io con chi andare. Ora dovrei andarci per lavoro e la discriminante sono i soldi, è una questione morale, mi dico, perché se vai gratis non sei considerata una puttana. La parola mi frulla in testa per tutta la giornata. “Chissà come sarà sentirsi una puttana? Chissà se camminando per strada qualcuno possa intuire che faccio la puttana… E a mia madre cosa dico?” Del resto René non mi ha trattato in modo tanto diverso. E poi con l’amico di mio padre, nonostante avesse quarant’anni più di me, non mi sono fatta scrupoli, ma il punto è che ho sempre desiderato essere chiamata signora e puttana mi pesa proprio.

14 gennaio 2015 Mercoledì
Oggi per l’ennesima volta ho bisticciato con mia madre, non ce la faccio più! Lei vuole che studi, ma poi mi dà mille incombenze ogni giorno. Sbatto la porta, rimango chiusa per due ore nella mia stanza. Ho deciso vado! Mi vesto, mi trucco. Scelgo una gonna di pelle corta, calza color carne, tacco alto. Sopra una sobria camicetta senza reggiseno, tanto il soprabito copre tutto. Rue Palatine è vicino Place Saint-Sulpice, decido di andare a piedi. Sento il rumore dei miei tacchi, chissà se stamattina la mia andatura sarà diversa, chissà se si capisce che non sono ancora una puttana, ma sto andando a provare… Mi convinco che seimila euro al mese sarebbero grosso modo l’equivalente della mia libertà. Seimila sono tanti, ma la mia libertà non vale un centesimo di meno! Il palazzo è discreto e molto signorile. Mi fermo davanti al portone, leggo targhe di notai, avvocati e commercialisti. Faccio un giro dello stabile per pensarci ancora. Poi torno, ma alla fine vado via.

15 gennaio 2015 Giovedì
Sono di nuovo qui, sotto il portone, sono vestita come ieri, questa volta non mi fermo. Ho deciso di mandare giù il rospo. Mi dico: “Violette, ma che vuoi che sia? Un maschio vale un altro!” L’appartamento è al terzo piano, interno 8. Prendo l’ascensore, premo il campanello proprio sopra una scritta quasi gotica: Madame Vanille.
Mi avvolge un’atmosfera di tranquillità ordinata, la signora che mi accoglie è ben vestita, sento il suo profumo intenso di vaniglia. La guardo bene è la stessa signora della foto. Con un caratteristico accento del sud chiede il mio nome, ma non mi fa altre domande, mi dice semplicemente di seguirla. Ci accomodiamo in un elegante salotto stile Settecento con i mobili di legno chiaro intarsiato di fiori, un grande tappeto al centro del pavimento e degli arazzi alle pareti. Il posto è davvero di grande lusso, la signora altrettanto è molto aggraziata, le sue mani sono perfette, lo chignon curatissimo. Ha una profonda scollatura, mi fa invidia! Non parla, sussurra! Mi dice di togliere il soprabito. Mi guarda.

“Violette lei è molto graziosa. Ha bellissime gambe. Se ha suonato a questa porta saprà che lavoro dovrà fare, vero?”
Sono in imbarazzo. “Lo immagino…” Dico soltanto.
“In due parole la sua missione è quella di soddisfare il cliente con l’obbiettivo di metterlo a proprio agio non facendogli mai rimpiangere il prezzo che ha pagato. Se sarà capace guadagnerà molto bene, anche di più dei seimila euro dell’annuncio, lavorando poche ore al giorno, ma voglio essere molto chiara con lei, come avrà letto alle volte è un vero e proprio lavoro di hostess, ossia cene, locali, weekend, ma il più delle volte, per non dire quasi sempre, quella soddisfazione riguarda esclusivamente il sesso. Se la sente?”
Ah ecco, senza giri di parole mi sta dicendo che devo fare la puttana. Le dico che non ho esperienze al riguardo.
Lei sorride: “I nostri clienti sono molto raffinati e di classe, ovvio sono esigenti, ma non si sognerebbero mai di andare con donne di mestiere, preferiscono donne che arrotondano il loro stipendio, mogli insoddisfatte e giovani inesperte, quindi in questo caso non avere esperienza è una dote e non un difetto!”
Mi guarda.
“Secondo me lei è una ragazza di cultura superiore, posso chiederle il motivo per il quale ha suonato a questa porta?”
“Studio filosofia all’università, ma ho bisogno di soldi e voglio rendermi indipendente…”
“Beh credo che questo sia un buon motivo, vuole provare? Può venire qui senza impegno. Alle mie ragazze raccomando discrezione e puntualità poi per il resto si inizia a lavorare dopo pranzo e la sera non ci sono orari.”
Non rispondo, sto solo pensando quale scusa dovrò inventare a mia madre. Lei riprende.
“Se vuole pensarci nessun problema, vedo che ha modi educati e mi farebbe piacere se entrasse a far parte della nostra famiglia. Sappia che le sue future colleghe sono studentesse parigine, qui non ci sono straniere, e tutte di buona famiglia. Due di loro sono sposate, ovviamente con la benedizione dei propri mariti. Posso conoscere i suoi dubbi?”
Mi viene spontaneo: “Non è facile decidere di fare la puttana!”
“Oh mia cara, la prego, non dica quella parola, le puttane sono quelle che passeggiano lungo i viali di periferia o che battono fuori dai locali degli Champs Elysees. Lei sarà orgogliosamente una hostess o se vuole un’accompagnatrice. Non si preoccupi, garantisco io per la riservatezza, nessuno mai saprà i dettagli del suo lavoro. Qui si fattura tutto e lei sarà una delle nostre ragazze immagine.”
“Sì, ma poi?”
“Ovvio, questo è un lavoro temporaneo, deciderà lei quando iniziare e quando smettere. È giovane per cui avrà tanto tempo per dimenticare questo periodo, ma lo farà con un bel gruzzolo in banca che le garantirà futuro e sicurezza.”
Poggia delicatamente la sua mano sulla mia spalla: “Suvvia, non sia preoccupata, in fin dei conti dovrà fare l’attività più naturale di questo mondo!”
La sua voce è calda, rassicurante e soprattutto convincente.
“Mi ha convinta, allora accetto, quando devo cominciare?”
“Ora vada a casa tranquilla, ci pensi su, la notte le porterà consiglio. Se deciderà di provare venga domani alle tre. Non si preoccupi per l’abbigliamento, pensiamo a tutto noi e scegliamo i vestiti e la lingerie in rapporto ai gusti dei clienti.”

16 gennaio 2015 Venerdì
Alle tre in punto suono il campanello. Madame Vanille mi accoglie con un sorriso a trentadue denti: “Ben arrivata!”
Mi dice di seguirla. Lungo il corridoio mi sussurra: “Da oggi in poi lei sarà la nostra Camille, si dimentichi il suo nome!”
Entriamo in una stanza con un grande letto matrimoniale ed una toletta sfarzosa da star di Hollywood. Mi spoglia completamente, poi mi fa sedere, mi trucca pesantemente abbondando di rosso le labbra e di nero gli occhi: “Lei non immagina quanto gli uomini adorino il contrasto!”
Mi adagia delicatamente sulle spalle una vestaglia rosa trasparente: “La indossi altrimenti prende freddo, le assicuro che si sentirà una regina.”
Poi completa la mia trasformazione facendomi indossare un reggicalze viola, un paio di calze nere con la cucitura dietro, un coordinato lilla e un paio di pantofole dello stesso colore della vestaglia.
Si allontana, mi guarda attraverso lo specchio: “È magnifica Camille, lo farà impazzire! Ora però si distenda sul letto ed assuma una posa tipo Madame Pompadour.”
Sono emozionata, mi tremano le gambe, ma non tanto perché tra poco farò sesso, ma perché lo farò a pagamento, quindi la mia prima marchetta!
Lei se ne accorge e mi porge una rivista. “Tra poco arriva il cliente, è un primario di una clinica molto famosa, ma lei non ci pensi. So come ci si sente la prima volta, ma lei legga e cerchi di distrarsi…” Mi sorride ed esce.

Dopo circa venti minuti sento la sua voce in corridoio: “Venga dottore, le ho riservato Camille, il nostro nuovo acquisto. È una studentessa alle prime armi, come piace a lei!” Dopo qualche secondo apre la porta e spunta dalla penombra del corridoio un uomo di circa 55 anni: il mio primo cliente! Fisicamente non è male: “Mi poteva capitare di peggio come prima volta.” Penso.
Lui avvicinandosi al letto mi dice: “Camille sei davvero carina.”
Sorrido senza parlare e abbassando lo sguardo, del resto Madame Vanille mi aveva raccomandato di parlare poco. Rimane in piedi accanto al letto, lentamente si toglie i vestiti adagiandoli con cura sulla poltrona. Poi completamente nudo si distende accanto a me.
Mi bacia ed io rispondo aprendo leggermente le mie labbra alla sua lingua vogliosa, intanto mi tocca e mi slaccia la vestaglia.
“Oh sì, sei un incanto!” Madame conosce i miei gusti e lei sa che una donna senza reggicalze non mi eccita.”

A giudicare dal suo sesso già eretto mi convinco di essere adatta a lui. Mi scruta ogni centimetro di pelle e sospira, sembra davvero eccitato dalla mia età. Cerco di invogliarlo accarezzandomi le cosce. Quel gesto lo fa impazzire, non resiste, mi dice che vuole subito un antipasto. Mi bacia le gambe, poi la sua lingua sale fino al mio piacere, lo bacia, lo succhia. Mi dice: “Sei un dolcetto squisito.” A quel punto mi allarga le cosce e con fare deciso si adagia su di me e mi prende. Sento il suo grosso sesso scivolare tra le mie pareti. Incredibilmente mi eccito, lui se ne accorge che non sto fingendo. “Che bello una puttana che gode!” Sussurra affondando tutto il suo sesso. “Allora vieni dai!” Il suo ritmo è incessante. Non so che fare, se resistere o abbandonarmi alla sua passione. Lui continua con il suo ritmo incessante. Le mie ginocchia sono sul suo petto. Mi faccio più capiente. Lui entra ed esce a piacimento. “Sei meravigliosa, Camille, ti piace vero l’antipasto?” Ed io di rimando urlo: “Ci sono.” E vengo subito dopo.

Lui non sta nella pelle, mi bacia in bocca: “Non mi era mai capitata una puttana che si fa baciare in bocca.” È eccitatissimo e con un salto atletico si mette seduto sul bordo del letto e mi dice: “Vieni dai, inginocchiati sul pavimento e prendilo in bocca. Obbedisco. “Brava così, fammi sentire la tua bocca inesperta.” Trattengo il respiro, chiudo gli occhi e lo prendo, cerco di saltare il ritmo per rendere la cosa più vera: “Dai piccola lecca il gelato.” Esito, lo annuso, poi riprendo impacciata. Lo sento che non resiste fino a quando con voce più decisa mi dice: “Ora mettici l’anima in quella bocca! Muovi il sedere…” Allora faccio a modo mio, lo prendo avidamente fino alla radice. Sono sorpresa, non avrei mai creduto che la mia bocca potesse contenerlo interamente! Il ritmo ora è quello giusto, mano e labbra sono sincrone.

Ora lo sento gemere, il suo respiro diventa un rantolo, sempre più forte, si irrigidisce, immagino che stia venendo e invece no, me lo toglie dalla bocca, poi mi prende di peso, mi scaraventa sul letto e inizia a scoparmi con durezza. Mi dice che sono la sua bambina, quella mai nata, che sono un fiore mai colto, sembra quasi stia piangendo, poi ha un sussulto di piacere. Mi ordina di non assecondarlo e di rimanere immobile come se fosse la mia prima volta. “Non dire nulla alla mamma, lei non deve sapere.” Annuisco, lui intanto mi scopa come uno stantuffo. “Giura che non dirai nulla alla mamma?” Ancora qualche secondo ed esplode dentro di me con un urlo animalesco e liberatorio. Mi rilasso, penso che in fin dei conti è stato piacevole e non affatto difficile, lui mi accarezza i capelli e mi ripete che sono meravigliosa, che vorrà rivedermi al più presto. Si riveste di fretta, poi esce chiudendo la porta.
Rimango sola, mi guardo allo specchio, mi avvolge una sensazione piacevole e inevitabilmente penso: “Ora sono davvero una puttana!”



FINE



TUTTI I RACCONTI DI VIOLETTE BERTIN



Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.

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