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I DIARI LICENZIOSI DI
VIOLETTE BERTIN
"La mia prima volta"
In un pomeriggio afoso d’estate avevo deciso. Erano i tempi di quando i miei si stavano separando. Avevo su per giù sedici anni. Andai a stare per un periodo con mio padre nella casa al mare vicino Mont Saint Michel..


 

Photo © Gallery Yuri Brut





 
In un pomeriggio afoso d’estate avevo deciso.
Erano i tempi di quando i miei si stavano separando. Avevo su per giù sedici anni. Andai a stare per un periodo con mio padre nella casa al mare vicino Mont Saint Michel. In realtà non era una casa vera e propria, ma una baracca di pescatori ed a me piaceva stare lì a contatto con il mare e con la natura tutta. La mattina al risveglio mi lavavo tuffandomi in acqua, a pranzo mangiavamo pesce fresco pescato da mio padre, insomma era davvero un paradiso!
Dopo due giorni venne a trovarci un vecchio amico di mio padre. Lui era un tipo molto taciturno e asociale, ma quando rimanemmo soli per un pomeriggio intero si rivelò per quello che era e pensò bene, mentre eravamo nello spogliatoio dello stabilimento balneare e mi stavo fonando i capelli, di toccarmi il seno e poi di baciarmi. Ovviamente rifiutai sdegnata le sue avance ruvide, anzi lo cacciai dal bagno in malo modo.
La sera non dissi nulla a mio padre. Per sbollire l’agitazione feci da sola una passeggiata lungo la spiaggia e rincasai tardi. Passai una notte agitata, però poi, ripensando a quello che era successo iniziai a toccarmi dentro il letto e raggiunsi il piacere dandomi nel contempo della cretina per non aver assecondato quelle avance. Certo quel tizio non era nulla di che e soprattutto, se avessi accettato, non ci sarebbe stato amore, ma ormai mi sentivo pronta ed era davvero stupido da parte mia attendere il principe azzurro!

Dopo una settimana tornai in treno a Parigi, ma quel pensiero rimase incollato nella mia mente. Non avevo ancora fatto l’amore e mi ripetevo di aver perso l’occasione della mia vita convinta che non mi sarebbe mai più capitata. E allora mi dicevo “Violette, niente più illusioni, niente più sogni romantici, ma solo concretezza!” Del resto ero una ragazza ribelle e con tanta voglia in corpo di sfidare il mondo e quelle stupide convenzioni piccolo borghesi.

A quel tempo frequentavo Francois un compagno di scuola, tra l’altro aveva tendenze dichiaratamente gay per cui la nostra amicizia era serena e senza pensieri o secondi fini. Una sera andai nel suo bell’attico con vista Torre Eiffel, così per ascoltare musica e mentre eravamo comodamente seduti in terrazza arrivò suo fratello René.
Senza salutarmi si mise seduto di fronte a me, si riempì fino all’orlo un bicchiere di cognac e iniziò a raccontare la sua serata imprecando contro una tipa che lo aveva mandato in bianco: “Quella troia stasera non me l’ha data!” Disse guardando suo fratello.
Tra me e me dedussi che a differenza del fratello aveva di sicuro altri gusti sessuali. Imbarazzata sorrisi rumorosamente e solo a quel punto si accorse di me. Mi chiese come mi chiamassi e ovviamente, secondo il suo stile, iniziò a parlare di sé e delle sue tante medaglie conquistate nei vari tornei di tennis. Si definiva avvocato anche se era al secondo anno di Giurisprudenza.

Mentre parlava lo osservai. Era un tipo di aspetto gradevole, anzi decisamente bello e ben vestito, la sua abbronzatura risaltava magicamente sulla camicia bianca, aveva le dita lunghe e uno sguardo molto intenso, ma era molto borioso, sicuro di sé e a differenza del fratello ostentava tutta la ricchezza della sua famiglia. Notai il suo Rolex al polso e il portachiavi con il logo della Maserati appoggiato in bella vista sul tavolino di vimini.
“Sei molto carina, ma dove ti ha scovata mio fratello?” Disse alzandosi e sedendosi accanto a me sul divanetto color smeraldo.
Iniziammo a giocare con i cuscini finché Francois, infastidito dall’atteggiamento del fratello, si alzò e andò a dormire. Rimanemmo soli. René a quel punto mise un po’ di musica soft e stappò una bottiglia di Beaujolais riempiendo gentilmente anche il mio bicchiere. Notai il suo cambiamento, da tipo scostante era diventato di colpo cortese ed affabile, ovvio che nella sua testa si stavano materializzando pensieri che mi avrebbero coinvolta in prima persona.

Notò la mia scollatura e mi disse: “Hai un bel seno, piccolo, ma sensuale, scommetto che sa di fresco!” Vista la calura notturna lo considerai un complimento pensando a come l’amico di mio padre avesse saltato a piè pari questo corteggiamento arrivando subito al sodo e toccando le mie tette ripetutamente.
Risposi: “Immagino che la tizia avesse un seno generoso…”
“Parli della troia? Beh sì e le piace metterlo in mostra, del resto penso che anche a te piace ostentare le tue parti migliori...” Rispose fissandomi negli occhi. Eh sì ci stava decisamente provando.

Iniziai a entrare in quell’ordine di idee quando le sue belle dita lunghe scostarono i lembi della mia camicetta. Lo fece in modo naturale come se stesse scartando un cioccolatino. Beh certo sì la prima volta, semmai ci fosse stata, l’avevo sempre immaginata diversa e fin dai tempi della prima adolescenza mi ero sempre chiesta come si sarebbe dichiarato il maschio di turno e quanti versi poetici avrebbe declamato per arrivare fino al profondo del mio cuore. Ma il principe azzurro quello vero non si era fatto vivo. Neanche per un saluto veloce o che ne so io con un bacio di fretta alla fermata dell’autobus sotto la pioggia o contro un meraviglioso tramonto rosso a Mont Saint Michel.

Nulla di tutto questo, René si era solo lamentato che la troia “non gliel’avesse data” per cui in quel momento il caso avevo voluto che come ricasco ci fossi io e senza perdere tempo ora stava semplicemente giocando col mio capezzolo non prima di aver sbottonato per intero tutti i bottoni della mia camicetta.
Sopra quel divanetto color smerando ero praticamente col seno di fuori, ma non ci pensai più di tanto convincendomi che quello fosse l’unico modo per approcciare una donna prima di portarsela a letto. Semplicemente mi chiesi cosa lui ci trovasse a massaggiare un seno così piccolo e cosa io potessi offrire per non farlo desistere.

Il mio seno reagì quasi subito e lui soddisfatto per la mia disponibilità mi mise una mano sulla spalla e mi strinse a sé. A quel punto cercò la mia bocca ed io non ebbi problemi a socchiuderla alla sua lingua già vogliosa.
Mi disse: “Vuoi altro vino tesoro?”
In realtà a me il vino rosso non piaceva affatto, ma avevo il desiderio di apparire grande ai suoi occhi, per cui annuii senza rispondere.
Mi guardò di nuovo: “Con quel corpo longilineo e quella bocca sensuale penso che tu faccia girare la testa a tanti tuoi coetanei…”
Poi mentre mi versava il vino del calice le venne un dubbio e mi sussurrò: “Hai mai fatto l’amore?”
Mio malgrado, ma pensando a come sarebbe finita la serata feci no con la testa.
Allora lui si sentì in dovere di chiedermi: “Vorresti farlo stasera?”
La domanda era quasi lecita, ma la risposta fu così difficile che lasciai a lui la scelta: “Tu vuoi?”
Lui fece una faccia sorpresa.
Aggiunsi: “Immagino che quella tipa non fosse vergine.”
“Non capisco.” Rispose.
“Beh scopare con una vergine credo sia impegnativo e magari tu stasera avresti desiderato un altro tipo di rapporto magari più facile.”
Era vero.
“Beh dai, quella troia ha 37 anni ed io sinceramente preferisco le donne esperte. Però dai, semplifichiamo la cosa, tu mi piaci… per cui…”
Non mi lasciò rispondere perché nel frattempo si era sbottonato i pantaloni e senza chiedere cosa ne pensassi, mi spinse delicatamente la testa verso il suo piacere. Beh sì, davvero stava semplificando le cose per cui non mi rimase altro da fare che aprire la bocca e sentire il sapore del suo piacere decisamente maschio.
Iniziai a baciarlo.
“Beh sarai anche vergine, ma con la bocca ci sai fare…”
Liberai le mie labbra e stringendo quel fascio rigido di muscoli, sussurrai: “Davvero ti faccio questo effetto?”
“La risposta è nella tua mano. Quindi possiamo anche soprassedere e andare nella mia stanza…” Disse cercando ancora le mie labbra.
“Aspetta!” Lo fermai.
“Cosa dobbiamo aspettare, ti piaccio no?”

Beh sì mi piaceva, ma il concetto era troppo banale e allora mi spinsi oltre: “Voglio un uomo che mi sappia apprezzare e dare valore alla mia prima volta.”
“Ma io non sono il tuo fidanzato!”
“Mi piacerebbe che tu fingessi di esserlo… almeno per questa sera.”
“Dimmi solo che ti piaccio, poi il resto viene da sé”
“Non è questo il punto, non dipende da te, avrei agito comunque allo stesso modo.”
“Mi stai dicendo che stasera avevi deciso a tutti i costi di perdere la tua verginità?”
“Voglio illudermi che tu sia il principe azzurro, dare un senso a quello che sto facendo, poi domani farò i conti con la mia delusione.”

A quel punto presi la sua testa e la guidai tra le mie gambe. E mentre lui baciava avidamente il mio piacere gli raccontai l’episodio dell’amico di mio padre e quanto avrei voluto perdere la mia verginità se lui si fosse comportato come un principe azzurro.”
A quel punto mi chiese: “E cosa fa un principe azzurro in questa occasione?”
“Quello che stai facendo tu ora ed esattamente quello che hai intenzione di fare tra qualche minuto, ovvero portarmi nella tua stanza, togliermi la gonna, stringermi, baciarmi, farmi volare, prendermi per i fianchi, leccarmi il collo, strizzarmi i seni, distendermi sul tuo letto, allargarmi le cosce, prepararmi con la lingua, scoparmi, perché no chiamarmi anche troia, visto che ti piace, ma soprattutto non dimenticarti di chiedermi il numero di telefono, dirmi che sono bella, che le mie tette non sono un ricasco e ripetermi fino alla noia che mi ami…”
Non se lo fece ripetere due volte.


FINE





TUTTI I RACCONTI DI VIOLETTE BERTIN



Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
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