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I DIARI LICENZIOSI DI
VIOLETTE BERTIN
"La seconda mia prima volta"

 

Photo © Gallery Remy Perthuisot


 
Dopo quella volta René non si fece più sentire. Ogni volta che ripensavo a lui e a quella mia prima volta avvertivo una fitta nella pancia e mi ripetevo: “Violette, lo sapevi no?” Ma nonostante questo la sera mi abbandonavo sul mio lettino e cercavo di ricordarmi nei dettagli ogni momento di quella serata. Come in un film alle volte rallentavo altre andavo indietro altre invece fermavo l’immagine per ritrovare gli odori e i sapori di quell’immenso piacere.

Oh sì, avrei voluto ancora rivederlo, anche se ormai erano passate diverse settimane, fatte di giorni interminabili in attesa di un suo messaggio, ma i patti erano stati chiari e sapevo benissimo che tutto quello che era successo tra noi era distante mille miglia da qualcosa simile all’amore.
Non volevo confessarlo a me stessa, ma in realtà qualcosa in me era cambiato ed ora sentivo l’amore in maniera diversa più simile al piacere, insomma avevo bisogno di lui, o meglio avevo voglia di rivederlo e rivivere le sensazioni di quella sera in terrazza e poi sul suo letto. Ogni tanto mi collegavo sul suo profilo social e guardavo ad una ad una le sue foto, ormai le conoscevo a memoria.

Alla fine, dopo circa due mesi, fui io a prendere l’iniziativa. Gli scrissi “Tutto bene?” Credevo fosse il solito messaggio dentro una bottiglia che si sarebbe perso nel mare aperto, invece lui stranamente mi rispose dopo qualche minuto: “Stasera sei libera?” Un tonfo al cuore! Invece di rispondergli, il primo pensiero fu: “Oddio che mi metto?” Sapevo cosa gli sarebbe piaciuto, per cui adagiai sul mio letto tutte le gonne corte a mia disposizione, alla fine scelsi la stessa di quella sera compresa la camicetta bianca trasparente. Poi feci altrettanto con le scarpe, beh sì era d’obbligo il tacco alto!

Solo a quel punto gli risposi che ero “stralibera” e lui di rimando mi scrisse di vederci al “Casanova” il locale proprio di fronte il portone del mio palazzo. Subito dopo aggiunse: “Se hai un reggicalze indossalo, ne vado pazzo!” Trasalii. In effetti io non possedevo un reggicalze, allora andai nella stanza di mia madre e rovistai nei suoi cassetti. Alla fine ne trovai uno bianco di pizzo con una fascia molto alta. Lo provai e stranamente mi stava alla perfezione. Pensai che fosse un capriccio di gioventù di mia madre visto che anche le calze di colore neutro erano della mia misura.

Alle dieci in punto uscii da casa, attraversando la strada sentii il segnale di un messaggio in arrivo, ma non lo lessi, ero troppo concentrata sulla mia serata, ma entrando nel locale, con mia sorpresa, vidi che non era solo. Seduto al tavolo stava conversando amabilmente con una donna bionda. Appena mi vide sì alzò immediatamente e mi fece sedere vicino a lui. “Ti presento Clothilde.” Mi disse leggermente imbarazzato. Poi mi chiese se avessi letto il suo messaggio che mi aveva mandato qualche minuto prima. Presi il telefono e lo lessi mentre i due ordinarono altre due birre.
“Sono con la troia, spero non ti dispiaccia.” Ah già, la trentacinquenne che la volta scorsa “non gliel’aveva data”. Mi diedi della scema per non aver letto prima il messaggio, ma ora ero lì ed ordinai anche io una buona birra rossa.

Riposi il telefono nella borsa e guardai la tipa, stava raccontando la trama di un film horror visto la sera prima in tv, in effetti aveva le labbra rifatte e delle tette esagerate che debordavano visibilmente dalla scollatura della camicetta e che lei metteva in maniera smodata in grande mostra con un reggiseno di due taglie inferiori. Era davvero provocante e la prima cosa che mi chiesi fu che diavolo ci potesse trovare il bel René in una sedicenne quasi piatta e senza alcuna esperienza in fatto di sesso. Lei aveva il doppio dei miei anni e di certo aveva trovato in René quel capriccio che suo marito non riusciva più a soddisfare.

Beh sì lui mi aveva avvertito della sua presenza per cui non potevo avercela con lui, anzi velatamente si scusò con me dicendo che si erano incontrati lì per caso e questo mi fece piacere. Lei poi disse che suo marito le aveva concesso stranamente la serata libera prendendosi cura dei loro due figli. Fu un colpo al cuore, ovvio che quella serata non l’avremmo passata io e lui da soli! Pensai a come svincolarmi, ma nel contempo ero felice di rivederlo per cui mi affidai al caso e soprattutto alle sue intenzioni. Affabilmente parlava di un suo amico pittore iper surrealista ed io guardando le sue labbra sentivo ancora vivo il sapore della sua lingua nella mia bocca, di quel bacio infinito lungo quanto il mio orgasmo.

Beh sì non potevo sperare che mi baciasse lì davanti a lei, ma impazzii quando improvvisamente sentii la sua mano tra le mie cosce. Non me lo aspettavo davvero! Per l’imbarazzo presi il bicchiere di birra in mano, ma nel contempo allargai leggermente le cosce per consentirgli un tragitto più agevole. Dio che bello! Era stato l’uomo della mia prima volta ed ora ancora mi cercava. Quindi non era stato solo il gusto di scoparsi una vergine, come avevo pensato in quei due mesi, ma evidentemente mi desiderava davvero e poi averlo fatto lì in presenza della sua amica mi faceva sentire più grande e in grado di competere con chiunque.

Sbarrai per un attimo gli occhi cercando lo sguardo di lei che, pensai, non poteva assolutamente non vedere il braccio di René. Comunque sentii quella mano salire lungo le stringhe del reggicalze fino al mio piacere. Sperai di essere già bagnata per comunicargli tacitamente tutta la mia voglia, ma lui mi scostò appena le labbra e poi si ritrasse. Forse mi ero semplicemente illusa, pensai, perché dopo i primi attimi di stupore la sentii fredda, come una specie di controllo di polizia, per il solo gusto di verificare se portassi le mutande che ovviamente non portavo e per constatare se avessi indossato quello che mi aveva chiesto.

Cercai di seguire di nuovo la loro conversazione, lei non mi degnava di uno sguardo, era troppo concentrata ad apparire bella e sensuale per quel maschio che consideravo solo mio. Invece René dopo quel controllo lo vidi più rilassato e stranamente più giocoso con la sua amica. Vedevo in loro una specie di complice soddisfazione come se avessero in qualche modo ottenuto il premio desiderato. Lui le strizzò gli occhi in un segno d’intesa, lei a quel punto mi guardò sorridendomi. “Ero io il premio?”

Dopo alcuni minuti René si alzò e mi disse: “Ti va di andare da me? I miei sono al mare, mio fratello Francois da un amico ed io ho la fortuna di avere la casa tutta libera...” René lo aveva chiesto solo a me, ma stranamente l’invito era rivolto ad entrambe, Allora suardai lei, ma non disse nulla, come se sapesse già, a quel punto ebbi la conferma ai miei dubbi. “Che ci facevo io in mezzo a loro?” Mi chiesi ingenuamente.

Andammo a piedi fino a casa di Renè, purtroppo dovetti constatare come Clothilde, oltre ad avere i tacchi più alti dei miei, camminasse in modo pratico e disinvolto mentre io avevo un’andatura precaria più simile ad una papera zoppa che ad una ragazza che volesse fare colpo. Lei indossava una gonna di pelle stretta non più alta di venti centimetri. Le sue gambe abbronzate erano dritte e snelle aggraziate da un paio di parigine leggerissime e trasparenti. Beh sì certo stasera sarebbe stata davvero un’impresa ardua, dalle tette ai tacchi, dalle labbra all’esperienza, nulla mi faceva competere con quella donna.

Seduta sopra il divano in quella terrazza ebbi subito la conferma, i due iniziarono a baciarsi, lui le slacciò la camicetta, lei disinvolta mostrò il suo bel seno senza reggiseno. René stappò una bottiglia di Krug, versò lo champagne nei calici e brindammo a non so cosa. Clothilde rivolgendosi a René disse: “Hai ottimi gusti, la tua amica è molto carina, sai?” Poi mi venne vicino e quando adagiò delicatamente le sue labbra sulle mie, sentii il suo corpo caldo, morbido ed eccitato di donna matura a differenza del mio ancora teso, spaventato e rigidamente freddo.
Mi sussurrò: “Dai amore non temere nulla!” Sollevò la mia gonna e disse: “Sai che questo reggicalze lo hai messo per me? Adoro le ragazzine maliziose.”

Sentii il sapore amaro del complotto. Lui era in disparte e lei ora cercava avidamente la mia bocca, i miei seni e le mie cosce. Ero il loro giocattolo ed io stavo vivendo così insolitamente la mia seconda prima volta con una donna che non celava assolutamente il suo interesse per me. A quel punto si inginocchiò davanti a me e, trascurando René, mi fece sentire indispensabile e necessaria al suo desiderio. Sentivo il suo calore avvolgermi, cullarmi, quasi materno e rassicurante. Mi disse: “Sei meravigliosa, me lo aveva detto René ed io mi fido ciecamente di lui.” Il suo respiro ritmava costantemente la mia eccitazione, la sua lingua era di seta ed io mi inebriavo di emozioni fortissime.

Ero piacevolmente sorpresa dalla mia reazione, guardavo René e mi sentivo grande ai suoi occhi, Lei era attratta dalla donna, da me in quel momento, dal mio piacere che iniziava a colare, e ora capivo le sue resistenze nei confronti di René. Lui le aveva fatto un bel regalo, e questo regalo ero io, una femmina giovane in carne ed ossa, quasi una primizia. Ormai senza più timori e senza più temere un mio rifiuto mi baciava accompagnando la sua bocca a sussurri estasiati.

In quel momento avrei voluto bere qualcosa di forte per entrare prepotentemente nell’oblio di qualcosa di osceno e affascinante che mai avrei potuto raccontare alla mia amica Caroline. Quel piacere era tutto mio e quella complicità nostra, mia, di Clothilde e del bel Renè che nel frattempo si era avvicinato. “Accarezzale i seni, la farai impazzire!” Ecco le stava dando delle istruzioni su come toccarmi. Lui mi aveva già provata, assaggiata, conosceva il mio sapore, la mia infinita voglia di concedermi. Sentivo la melodia dei suoi capelli sulle mie cosce, le sue parole di bordello, crude come fruste, decise, imperiose, ma anche dolci, eccitanti e soprattutto convincenti. Oh sì, pensai, se quello era piacere non poteva essere peccato! E in quella melodia si fece spazio il mio primo orgasmo.

Urlai, mi divincolai da quel piacere intenso, mentre a tratti vedevo le loro figure sfumate come attraverso una bolla, sentivo le loro voci ovattate, le luci di Parigi scontornate come riflessi. Fu a quel punto che lei si rialzò dopo aver succhiato tutto il mio nettare per lasciar posto al maschio. Lo fece da esperta di sesso di donna, lo fece al momento giusto quasi come si rendesse conto di aver esaurito il suo compito, ma io la pregai di non andare, nella mia follia in quel momento immaginavo di far l’amore con entrambi. Lei mi tenne la mano, poi mi accarezzò i seni, mi baciò in bocca e si mise di lato per lasciare spazio a Renè.

Mi sentivo come una malata sopra un tavolo chirurgico e intorno a me solo medici che stavano curando il mio desiderio patologico, ma non feci in tempo a realizzare perché improvvisa sentii una forza portentosa che mi divaricò le gambe. Oh sì era lui, colui al quale mai avrei chiesto di amarmi, ma di svelarmi ogni incognita del sesso. Muto e deciso si tuffò nel mio mare inabissandosi nei fondali del mio piacere, conosceva già tutto di me, ma questa volta andò oltre ogni mio e suo limite. Sentivo la voce di Clothilde incitarlo, sentivo il suo vigore arrivare nelle parti più periferiche del mio corpo, finché li vidi baciarsi, scambiarsi amore eterno mentre io lì, felice di assecondarli, ero contenta di essere il loro strumento di trasgressione. Mi stavano violando il corpo, ma soprattutto la mente, cosciente che da quel giorno nulla sarebbe stato più uguale. Lui mi stava amando a modo suo, ma allo stesso tempo baciava la voglia di lei che a sua volta baciava la mia bocca e fu in quel momento, in quel triangolo perfetto che li sentii entrambi urlare mentre io, in totale sintonia, m’abbandonai allo smisurato piacere della mia prima seconda volta.


FINE







TUTTI I RACCONTI DI VIOLETTE BERTIN



Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.

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