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I DIARI LICENZIOSI DI
VIOLETTE BERTIN

L’uomo venuto dalla pioggia
Entra dai, inventa una scusa a mia madre, riponi l’ombrello all’ingresso ed apri la porta, anche a mani vuote, anche senza un mazzo di rose gialle. Mi troverai nuda, bella, essenza di carne vergine ”






Photo  © Vera Papas







 


Ti amo René, il mio bel René, ti scrivo e consumo la mia pelle e il mio diario, ma le parole sono quasi esaurite… Ormai non ti vedo da più di due mesi. Che fine hai fatto? Sei tornato dalla California? Scrivo sulla mia pelle parole umide, ma non ho mai detto che ti voglio scopare ancora con tanta brutale mancanza di tatto! Non ho mai detto che voglio fare l’amore con te perché sarebbe altrettanto volgare. Mi piace, è vero pensarlo, farmi guardare quando sono nuda, immaginarmi che chiami il mio nome in una notte d’inverno quando fuori c’è pioggia e nel letto mi cerchi per scaldarmi la pelle ed asciugarmi le ossa.

Come vedi non sei solo parole! Ricordo la tua faccia bella, i tuoi occhi che ora son certa mi vorrebbero ancora guardare, due mani che ora mi staranno cercando. Cosa sarei se non mi desiderassi, cosa sarebbe la mia fica se non fosse attaccata alle cosce, al ventre e a tutto il corpo? Con quello che c’è dentro e fuori. La voglia di femmina come strascico da sposa, che è anima e stoffa, che è alito denso che cambia d’odore quando prona o supina m’abbandono ai tuoi istinti.

E così ugualmente quando nuda nel tuo letto facevamo l’amore e tu mi parlavi di Clothilde, la tua amante da sempre, dei dettagli più duri che sanno di carne, delle sue perversioni, delle sue gambe accoglienti che fascia di nero e passione e le labbra, quelle labbra di velluto che non hanno bisogno di altro rossetto. So di essere solo il suo contrario, lei formosa ed io magra, lei con le tette giganti ed io solo una prima, ma ricordo sai quando baciavi il mio seno di fronte a lei, quando in preda al desiderio ti urlavo di farmi tua.

Del resto cosa sarei senza i desideri? Cosa sarei senza il mio sesso voglioso? Un essere muto, un eunuco privo di vita! No, tu non sei solo parole, io non sono solo parole, ed insieme non siamo solo il fruscio di foglie che al vento fanno l’amore. Come vedi sono una donna fatta ora, forma concreta che ha bisogno di maschio, di te, con questa voglia che sotto mi prende e mi fa sperare di continuare ad essere fottuta dentro la testa ed oltre, nel punto preciso dove ora vezzosa accavallo le gambe.

Mi vieni vicino e ti lascio guidare, non è difficile aprirmi le gambe, respirare il mio odore umido che t’impregna le dita appiccicose d’amore. M’esplori e mi fai godere, non dirmi che non sanno di carne, che sono solo parole! Non dirmi che nel mentre mi leggi non avresti voglia di prendermi tutta. Sì lo so non potrà più accadere, ma mi emoziono pensando che un giorno qualunque tu possa ancora catturare il mio istinto, addomesticare l’anima tutta che trattengo nel mezzo.

Dai vieni qui, raggiungimi, sei ancora in tempo con il mio bel vestito bianco da sposa adagiato sul letto. Ma tu sai che non sono vergine, ma anche lui lo sa, perché mi ha presa contro un tramonto sulla spiaggia, mi ha spogliata nuda e mentre dormivo è entrato dentro di me. Poi la sera stessa mi ha chiesto di sposarlo ed io ho riso tanto, ma poi ho accettato per il solo motivo di vedere gli occhi increduli di mia madre e mio padre, per vedere lo sguardo attonito delle mie amiche. Già mi sposo un vecchio di sessant’anni che mi ha violentata sulla spiaggia, anche se poi era solo un sogno ed io non ho goduto ed a lui per poco non gli scoppiava il cuore! Anche se il giorno dopo, mentre eravamo sul treno per Parigi, gli ho chiesto di fare l’amore, di andare insieme nella toilette, ma lui mi ha risposto che ero una ragazzina e che non conosco i tempi dell’amore e il piacere dell’attesa!

Non mi chiedere il vero motivo perché sai bene che saresti tu ed io non posso più stare da sola. E sai bene che ho imparato da te a dire bugie. Da grande imparerò a recitare e farò l’attrice o come dici tu che il mio destino è fare la troia, il concetto è diverso, ma il fine è lo stesso. Forse non è vero, forse non mi sposo, ma cosa importa? Forse invece è vero, mi sposo, perché anche Clothilde è sposata e tu sei attratto dalle mogli insoddisfatte, ecco perché gli ho detto di sì!
Ma ora vorrei solo che tu venissi da me e mi baciassi dove sento forte la voglia e poi mi baciassi con le labbra che sanno di nettare e miele, odoroso di me. Ti piace vero? È un gelato caldo a due gusti.
Non mi sento di dirti che da domani potrei rassegnarmi e pensarti solo dentro queste righe del mio diario, ne ho la certezza perché il dubbio che mai possa vederti s’annida nel desiderio che alimenta il mio orgasmo, ogni notte, stasera, come ora che giuro d’averti visto aggirarti fuori dal mio portone.

Entra dai, inventa una scusa a mia madre, riponi l’ombrello all’ingresso ed apri la porta senza bussare, anche a mani vuote, anche senza un mazzo di rose gialle. Mi troverai nuda, bella, essenza di carne vergine perché penso che una donna rimanga sempre pura per il suo primo uomo, le sensazioni non si cancellano! Se vuoi non avvicinarti, ma guardami mentre mi accarezzo, così come sto facendo ora. Te lo prometto, se vieni non mi sposo, tanto cosa potrei avere da due mani insecchite che fanno fatica anche a stringermi il seno? Indosso comunque il vestito, la calza bianca e la giarrettiera così avrai un motivo in più per prendermi, perché so che ti eccita farti una donna prima di andare all’altare e fartela in macchina con l’autista che guida mentre lo sposo e i parenti aspettano in chiesa. Ti piace l’idea? Saprò ripagarti sai, la mia bocca non aspetta altro, vuole rendersi utile.

Dai ti prego vieni, chissà se ora sei solo e fuori piove davvero, saresti l’uomo venuto dalla pioggia. Lo ricordi il film di René Clément? Ed io sarei Mellie, la giovane sposa in quel pomeriggio di pioggia, quando in quel negozio d'abbigliamento mi provo un vestito e ti vedo che mi stai spiando dalla vetrina. Sono nuda in quel camerino e tu entri mi baci, mi leghi le mani dietro la schiena e mi violenti costringendomi a guardarmi mentre lo fai.

Mi abbandono, mi lascio andare, ora le mie dita sono frenetiche e chirurgiche, sto venendo Renè pensando a quella scena, sperando però che fuori non piova, perché se piovesse tu avresti una scusa ed io sarei una sposa fortunata…

Chiudo il diario in tempo, prima di sentire la voce di mia madre da dietro la porta: “Violette, è pronto, vieni a tavola…”







FINE



 


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