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I DIARI
LICENZIOSI DI VIOLETTE BERTIN
Mia madre
15 febbraio 2015 Domenica Violette: “Sì
mamma, è vero, faccio la puttana. Ma tu come fai a
saperlo?” Mia madre: “Me lo ha detto tuo padre.”
Violette: “E lui come lo sa?” Mia madre: “Oh tesoro
lui le riconosce a chilometri di distanza quelle che
fanno la vita, sarà l’odore, non so, ma ha il fiuto
esperto. Dopo di me ha avuto solo puttane.”
Violette: “Ma cosa ti ha detto?” Mia madre: “Nulla,
lo sai che è di poche parole. Mi ha chiamato al telefono
e mi ha detto: “Tua figlia fa la puttana.” Più semplice
di così! Poi ha riattaccato.” Violette: “Oddio che
vergogna!” Mia madre: “Ci sono tanti modi nella vita
per vergognarsi, questo è uno!”
Siamo sedute in
cucina, tutte e due con la sigaretta accesa, poi mamma
si alza e accende il fuoco sotto la moca. Violette:
“Ti ha detto che devo smettere?” Mia madre: “Quando
mai, lui non ha mai preso una decisione in vita sua,
tranne quella di separarsi da me.” Violette: “E tu
che ne pensi?” Mia madre: “Non so… guadagni bene?”
Violette: “È solo un mese che lavoro, volevo mettere da
parte un po’ di euro per poi comprarmi una casetta tutta
per me.” Mia madre: “Allora troppo la dovrai far
lavorare quella cosa che tieni lì in mezzo alle gambe…
Ma non stai bene qui con me?” Violette: “Ho voglia di
stare da sola mamma. Farmi una vita indipendente… poi
sposarmi, fare dei figli.”
Ride mentre versa il
caffè nelle tazzine del servizio buono. Mia madre:
“Non ti illudere Violette, fare la vita non è come fare
la cassiera in un supermercato. Lo sai che una puttana
rimarrà sempre una puttana vero?” Violette: “Che
significa?” Mia madre: “Tesoro, se lo fai per
piacere, sarà dura smettere. Al contrario di una drogata
qui ci si fanno anche dei bei soldini…” Violette:
“Quindi secondo te che dovrei fare?” Mia madre: “Non
farti sfruttare… Quel gioiello che hai tra le gambe vale
più di un diamante. Quella signora, come si chiama…
Madame Vanille, sicuramente ha i suoi vantaggi a farti
lavorare per lei.” Violette: “Allora sai pure dove
lavoro…” Mia madre: “Tutto il mondo è un paese
Violette.” Violette: “Trattiene il cinquanta per
cento dell’incasso, dice che ha tante spese e che due
tre marchette al giorno per ciascuna ragazza non le
bastano nemmeno per pagare l’affitto.”
Mamma
scuote la testa, poi mi stringe la mano e cerca il mio
sguardo. Mia madre: “Ascolta tesoro, fai una cosa,
esci da quella casa e dici a tuo padre che hai smesso,
fai passare un po’ di tempo e poi ti metti in proprio.
In questo modo salvi capre e cavoli.”
Sono
sorpresa dalla reazione di mia madre. Violette:
“Credevo mi tirassi qualcosa addosso, urlassi… e invece
mi stai dando consigli… Perché mi parli così?” Mia
madre: “Perché io l’ho data gratis per trent’anni e
guarda come mi ritrovo… a fare la portinaia, lavare le
scale e trattare con rispetto e devozione gente che non
lo meriterebbe.” Violette: “Sai, credevo che mi
dicessi che comunque il tuo è un lavoro dignitoso e che
puoi guardare negli occhi le persone e che bisogna
vivere in onestà…” Mia madre: “Non ti devastare il
cervello tesoro, quelle sono tutte balle, la morale
serve ai poveri nella misura in cui i ricchi se ne
strafregano! L’importante è che tu ti senta a posto con
te stessa, del giudizio degli altri non ci fai nulla.”
Violette: “Mamma sei meravigliosa…”
Il fumo ha
invaso la stanza, lei si alza e apre la finestra che dà
sul cortile interno. Mia madre: “Ti piace fare la
puttana?” Violette: “Mentalmente sì, mi sento una
regina e mi piace che gli uomini desiderino il mio corpo
al punto di pagarmi…” Mia madre: “Tu piccola mia non
sarai mai una schiava come tua madre…” Violette:
“Quindi tu pensi che una puttana non sia una schiava? Ma
non è una contraddizione?” Mia madre: “Balle. Ciò che
rende indipendente una donna sono i soldi. Del resto noi
donne abbiamo sempre dato il nostro corpo rimanendo
schiave, la discriminante in questo caso sono solo i
soldi e guarda caso sono quelli che ti rendono
indipendente.” Violette: “Questa storia della
discriminante era già nel mio cervello prima di
iniziare.” Mia madre: “Come ti sei sentita la prima
volta?” Violette: “Ero insicura, credevo di non
essere capace, avevo paura che tu lo scoprissi, ma poi,
come mi ha detto Madame Vanille, è stato più semplice
che bere un bicchiere d’acqua.” Mia madre: “Immagino
che ti abbia accolto col tappeto rosso…” Violette:
“Ci sa fare con le ragazze, quando mi ha visto in dubbio
mi ha detto: “Mia cara questo è l’unico lavoro dove
l’inesperienza è una qualità.” Allora mi sono buttata.
Ora ho una decina di clienti che chiedono esclusivamente
di me. E qualcuno lo vedo anche fuori all’insaputa di
lei.” Mia madre: “Ecco, vedi? Puoi metterti in
proprio, tenere per te tutto il guadagno e se vuoi stare
a posto con la tua coscienza considera ognuno di loro un
tuo amante.” Violette: “Mamma ma che dici? Dieci
amanti?” Mia madre: “Due sì e dieci no? Spiegami qual
è il limite? Il numero consentito per non sentirti una
puttana? Ci hai pensato?” Violette: “Mamma sei
davvero stupenda!” Mia madre: “Fingiti innamorata,
non parlare mai degli altri, ognuno di loro fallo
sentire esclusivo e importante… in questo modo potrai
anche alzare il prezzo… e soprattutto ricevere tanti bei
regali. E ultimo ma non ultimo, sarai sempre una signora
rispettata.” Violette: “Non ci posso credere, non
credevo davvero di avere la tua approvazione…” Mia
madre: “Tesoro ho il doppio dei tuoi anni, vuoi che non
abbia imparato niente? Violette: “Ero ancora in
fasce quando papà se ne è andato…”
Un velo di
tristezza scende sul suo viso. Mia madre: “Ed io ho
dovuto ricominciare daccapo e tramite un signore sono
riuscita ad ottenere questo posto da portinaia.”
Violette: “E chi era quel signore?” Mia madre: “Era
un avvocato. L’ho conosciuto quando ancora non ero
separata da tuo padre. Era ed è tuttora il proprietario
dell’interno 5, quello sfitto. Il vecchio portinaio era
morto per cui mi ha offerto questo posto, ovviamente ha
voluto in cambio qualcosa e sinceramente io di soldi non
ne avevo…” Violette: “Ci sei andata a letto? Ti è
dispiaciuto farlo?” Mia madre: “Ero giovane e bella,
sinceramente lo rifarei anche domattina, ma ormai
nessuno più mi farebbe quel tipo di proposte.”
Violette: “Non è vero, sei ancora una bella donna…
Senti, quindi la storia è continuata anche dopo che ci
siamo trasferiti qui…” Mia madre: “E certo! Ogni
qualvolta che al signore prudevano le parti basse… Ero
sempre disponibile per lui. È andata avanti per qualche
anno… Salivo su la sera alla chiusura dello studio.”
Violette: “E papà?” Mia madre: “Tuo padre preparava
la cena ed io con la scusa di fare le pulizie facevo ben
altro… Del resto era un bell’uomo e non mi dispiacevano
affatto le sue attenzioni.” Violette: “E papà non se
ne è mai accorto?” Mia madre: “Credo di sì, del resto
di certo non salivo su con il grembiule… L’avvocato era
affascinante, ma anche molto vizioso. Mi voleva sempre
curata e disponibile.” Violette: “Quindi tu e papà vi
siete lasciati per questo motivo?” Mia madre: “No,
no, lui già al tempo cercava il caldo umido tra le cosce
delle signorine come te e raramente desinava a questo
desco.”
La guardo, mi accorgo che la sto vedendo
con occhi diversi. Di sicuro ha un bel seno e un viso
ancora giovane e accattivante. Violette: “Mamma, ti
piaceva l’avvocato?” Mia madre: “L’astinenza fa
questo ed altro, ma credo che tu non abbia questi
problemi.” Violette: “Era sposato?” Mia madre: “Al
tempo no, credo fosse fidanzato. Poi quando mi sono
separata da tuo padre ed ero libera di volare come una
farfalla stranamente non mi ha più voluta. Quando chiesi
spiegazioni mi disse che il suo grande piacere era stato
quello di farsi una donna sposata. Per cui non ebbe più
stimoli.” Violette: “Ti è dispiaciuto?” Mia madre:
“Tesoro, noi siamo di origini umili e non mi sono mai
illusa, sapevo benissimo che veniva con me solo per
sesso. Finito quello non è rimasto nulla.” Violette:
“Posso chiederti se hai avuto altri uomini dopo? Mia
madre: “No, non chiedermelo…” Violette: “Perché?”
Mia madre: “Posso dirti che non sono stata con le mani
in mano e questo mestiere ti dà tante occasioni di
rimanere da sola con gli uomini i quali inevitabilmente
si sentono in dovere di allungare le mani.” Violette:
“Quindi gente del palazzo?” Mia madre: “Anche.”
Violette: “Anche di recente?” Mia madre: “Anche. Ho
avuto il mio piacere, ma non ho mai realizzato che quel
piacere potesse essere pagato profumatamente. Tu invece
non ci hai messo molto tempo a capirlo!”
Penso,
poi la butto lì. Violette: “E quindi se ti dicessi
che qualche fortunato inquilino si è fatto sia la madre
che la figlia come reagiresti?” Mia madre: “Tesoro ti
ripeto non sono nata ieri e non mi sorprenderebbe se
quel fortunato scrivesse racconti erotici…” Violette:
“Dio mamma cosa mi dici!”
Si alza, ora non guarda
più negli occhi, sta pensando di essere andata oltre.
Mia madre: “Beh per oggi credo sia sufficiente,
smettiamola qui, tutte e due ci siamo confidate cose che
non sono propriamente argomenti tra madre e figlia.”
Violette: “Hai ragione, scusa, ora però devo andare.
Madame Vanille non tollera neanche un minuto di
ritardo.” Mia madre: “Vai tesoro, ma pensa a quello
che ti ho detto.” Violette: “Ti prometto che ci
penserò, ciao mamma.” Mia madre: “Ciao Violette, abbi
cura di te.”
FINE
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TUTTI I RACCONTI DI
VIOLETTE BERTIN
Il racconto è frutto di fantasia. Ogni riferimento a
persone e fatti realmente accaduti è puramente casuale.
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