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I DIARI LICENZIOSI DI
VIOLETTE BERTIN
Quel sapore di fragola acerba
 




 Photo Alexander Kharlamov




 
Lo vedo ogni mattina scendere le scale col suo impermeabile grigio panna e la barba incolta con l’aria tenebrosa da scrittore di racconti erotici che ha passato la notte insonne. Mi chiedo chissà cosa avrà scritto stanotte? In quali fondali di piacere si è abissato per riemergere all’alba. Chissà se nelle sue storie c’è posto anche per una ragazza appena ventenne che fa la portiera?

Lui si avvicina ed io gli sorrido. Alle volte mi saluta altre invece mi chiede soltanto se sia arrivata la posta. Io fingo di controllare, ma so già la risposta. Il più delle volte non c’è nulla, altre qualche bolletta, ma mi alzo ugualmente e guardo nelle cassette, solo per trattenerlo qualche secondo in più sperando che i suoi occhi azzurro mare si posino avidamente sulle mie forme. Alle volte credo che davvero mi guardi altre invece mi dà la sensazione di essergli totalmente trasparente. Un piccolo cenno di saluto ed è già voltato di spalle e vicino all’ascensore agita nervosamente le chiavi nell’attesa che arrivi sua moglie.

Allora lo fisso, lo scruto, guardo le sue rughe affascinanti, le sue mani esperte d’amante maturo, e spero che almeno questa volta mi abbia notata almeno gli occhi se non proprio la mia bocca, almeno il seno se non il mio sedere. Certo io ho solo venti anni e lui più del doppio, certo io sono di Ruen e lui un autentico parigino, certo io sono figlia di una portiera separata e lui ha una bellissima moglie che da giovane ha fatto la mannequin. Alta, magra dalle grandi labbra rosse e una cascata di capelli biondo cenere che lascia un persistente strascico di profumo alla violetta. Elegante nei modi e nei vestiti mi chiedo se quel corpo sexy sia il vero protagonista dei suoi racconti e quanto la mia seconda scarsa possa mai competere con quella quarta abbondante.

Ecco è proprio in quel momento, quando indugio su quel profilo da amante navigato, che succede dentro me qualcosa di incredibile. Come in un miracolo che puntualmente si avvera, di colpo arrossisco, sento le mie guance in fiamme, la mia anima calda e non riesco più a trattenermi. Ecco sì mi basta fissarlo, pensare che sia lui l’autore di quei racconti, che le mie fantasie prendono liberamente il volo. Allora immagino storie piccanti dentro oscuri scantinati, antri d’ascensori o cortili in disuso, come se lui fosse la musa dei miei pensieri più molesti e nel contempo l’unico uomo a questo mondo capace di appagare i miei desideri.

Ed è proprio in quell’attimo che le mie mani tremanti si insinuano autonome tra le mie gambe. Seduta nella portineria e semi coperta dalla parete lui può solo vedere il mio viso, ma sono certa che se vedesse altro smetterebbe di agitare le chiavi ed aspetterebbe sua moglie occupando quell’attesa nel modo migliore. Perché a me basterebbe poco, forse solo un attimo della sua fervida fantasia notturna o il dubbio di quanto una ventenne possa essere utile a materializzare d’incanto le sue storie peccaminose e trasformare in carne calda la sua fredda tastiera.

Sarà la barba, sarà quell’aria da eterno tenebroso, sarà quell’impermeabile sgualcito, sarà che io sono la figlia della portiera e lui uno scrittore famoso, sarà quell’attrazione improvvisa che mi scalda impetuosa fino a bruciare ogni centimetro della mia pelle, sarà questo od altro, ma io davvero non riesco a resistere. Allora infilo le dita nel merletto delle mie mutandine, prima uno, poi due, poi tutta la mano e mi tocco per bene facendo attenzione a non dare sospetti e sperando che sua moglie come al solito sia in estremo ritardo. In quel momento penso a quanto sarebbe eccitante se involontariamente si accorgesse di quello che sto facendo e mi sgridasse come una bimba sorpresa col dito nel vaso della marmellata, ma poi senza dire altro mi portasse di peso nel sottoscala o nel vano dell’ascensore se ha timore che sua moglie ci veda.

Allora immagino cosa potrebbe succedere perché io sono una bimba curiosa e lui uno scrittore sposato che ama la trasgressione. Allora sì che mi lascerebbe in piedi addosso la muro scrostato e si inginocchierebbe davanti a me per contemplare questo corpo giovane e immacolato, ma colpevolmente insolente. Lo so rimarrebbe qualche secondo ad ammirarmi e poi, sollevandomi la gonna, scosterebbe le mie mutandine bianche e assaggerebbe le mie grazie. Forse fingerei di essere sorpresa, forse gli direi di gustarmi come un gelato a tre gusti, ma sicuramente lo lascerei fare chiedendomi quanto gli possa piacere questo mio nettare abbondante e quanto questo sapore misto a miele di fragola acerba e quanto sia poi diverso da quello di sua moglie più maturo.

Ecco ora lo sento, come se il gioco si facesse reale, perché sento le sue mani che stringono esperte i miei fianchi, il mio sedere, sento la sua lingua piena di passione che si muove sincrona al mio ventre accogliente. Mi ordina di non fermarmi, mi sussurra di abbandonarmi perché le mie voglie, ancora più abbondanti, possano inondare la sua bocca, saziare il suo desiderio di succo di donna acerba. Lui mi invita ad allargare le gambe, a non avere il minimo pudore, di essere quella me stessa che nessuno conosce. E allora spingo con più forza la sua testa fra le mie cosce, la sua bocca contro le mie labbra e lui mi sussurra che mai ha visto colare un nettare così abbondante, mai ha sentito un sapore così aspro di fragola acerba. Sento il vapore caldo del suo fiato, sento il suo ardore bollente che insistentemente cerca l’ultima goccia più saporita, quella che oggi gli consentirà di scrivere un capitolo intero o forse solo una pagina, ma ricca e intensa e soprattutto bagnata dal ricordo del mio piacere.

Lo imploro di non fermarsi, di spremermi ancora l’anima tutta, di prendermi se ne ha bisogno ancora ovunque la sua fantasia prolunghi all’infinito questo piacere, nella speranza che sua moglie tardi ancora cinque minuti, quattro, tre, due, un minuto, trenta secondi, cinque…
“Violette, ma sei ancora lì?” La voce di mia madre è una lama tagliante. “Dai fai in fretta, finisci la colazione, devi andare in portineria, il postino sarà già arrivato…”
Apro gli occhi e mi rendo conto di essere ancora in pigiama, seduta al tavolo in cucina. “Oh sì mamma, finisco subito e vado.” Allora chiudo di nuovo gli occhi e assaporo lentamente la mia colazione di fragole, quelle di aprile, le più acerbe.


FINE



 


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