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IL RACCONTO E' ADATTO AD UN PUBBLICO ADULTO
 

 

I DIARI LICENZIOSI DI
VIOLETTE BERTIN
L’impresario e la ballerina


 

Photo © Jean-Baptiste Fort



 
PERSONAGGI:
Roger Villamber, l’impresario
Philomène Villamber, sua moglie
Clement Reinaur, lo sceneggiatore
Stephanie, la domestica


Al primo piano di fronte all’appartamento della signora Gabrielle Laurent abitavano i signori Villamber. Il signor Roger, che faceva l’impresario teatrale, era un uomo piuttosto taciturno. Calvo e piuttosto appesantito era sposato con la giovanissima Philomène, la sua ballerina di prima fila, dal corpo minuto e il viso dolcissimo.
Lei anche se timida era più socievole ed ultimamente si era più volte raccomandata sia con me che con mia madre di consegnare direttamente nelle sue mani qualsiasi corrispondenza, per cui quando il postino mi consegnò la busta di colore rosa indirizzata alla signora Villamber, come da istruzioni, salii immediatamente le scale e bussai all’interno 3.

Mi aprì Stephanie, la loro domestica.
Dissi a Stephanie il motivo per il quale ero lì.
“Mi spiace Violette, ma ora la signora è impegnata, se vuoi puoi lasciarla a me.”
“Beh veramente dovrei consegnarla direttamente alla signora Philomène…”
Stephanie mi sorrise maliziosamente: “Niente paura Violette, la signora è molto previdente ed ha già avvertito suo marito dell’arrivo di un manoscritto. Comunque se vuoi, puoi attenderla…”
A quel punto Stephanie mi fece cenno di seguirla facendomi accomodare nello piccolo studio in fondo al corridoio. Dopo qualche minuto di attesa sopraggiunse però il signor Villamber. Vedendolo chiesi di sua moglie, ma lui con fare busco mi strappò letteralmente la busta dalle mani, l’aprì e voltandomi le spalle iniziò a leggere ad alta voce la lettera dimenticandosi della mia presenza.


*****


“Mia cara, mi hai detto che se non avessi resistito avrei potuto scriverti ed io l’ho fatto, ma so quanto sia rischioso per te. Certo avrei voluto telefonarti, sentire la tua bella voce, ma ho il timore che risponda tuo marito. Sì lo so avrei mille pretesti per farlo, ma ho paura di tradirmi tanto che mi tremerebbe la voce e di sicuro non riuscirei a mettere due parole sensate in fila.
Non sono un vigliacco, voglio solo proteggerti! Lui è il mio impresario ed io il suo sceneggiatore preferito, tu sua moglie e soprattutto la sua ballerina di prima fila.
Dio mi perdoni se lui dovesse aprire per sbaglio questa lettera e leggere quanto ti desidero. È passato quasi un mese da quella volta, ma il tempo non cancella il sapore dei tuoi baci. Sono ancora qui, bagnati e caldi, in ogni parte del mio corpo. Vorrei che non svanissero mai e per questo ora sento il bisogno di scriverti e dirti quanto vorrei che ora tu fossi qui accanto a me. Non resisto sai, ti voglio e basta.
Siamo stati insieme, abbiamo fatto l’amore incuranti di ciò che sarebbe potuto accadere. Tu mi hai offerto il tuo seno ed io non ci ho visto più. Abbiamo fatto l’amore lì, dietro le quinte del teatro, in quell'altro buio e polveroso, tra un quadro e l’altro del tuo meraviglioso balletto, mentre tuo marito era nel suo studio. Solo un muro ci divideva, ti rendi conto? Ora mi chiedo quanto fosse sottile quella parete e più la immagino sottile e più mi eccita l’idea che ti sei data a me rischiando.

Le tue gambe erano sui miei fianchi ed io ti sbattevo con tutta la mia forza contro quel muro. Oh sì mia piccola ti ho scopata, più ci penso e più non ci credo e per questo mi aggrappo al ricordo di quelle meravigliose sensazioni, di quei tuoi baci, si quelle tue parole come se fosse adesso. Mi dicevi di non fermarmi, di pregavi di andare oltre, oltre la fisicità del mio piacere, di scavarti l’anima e tutto il resto finché quell’esplosione fragorosa ci ha travolti entrambi.

Ricordo ancora quel bacio infinito dopo l’amore. Dio mio com’eri bella, come solo una donna dopo l’amore può esserlo. Ecco sì, in quel momento ho perso un’occasione, avrei dovuto dirtelo lì quanto ti amassi, mentre ti baciavo, mentre mi dicevi di saziarti di baci, ma non te l'ho detto, ho aspettato. Sai, credevo che quel ti amo fosse troppo importante per te e pensavo che ti dispiacesse. Lo so che sei troppo legata a lui e magari l'amore che provo per te lo consideri una minaccia alla tua serenità. Siete una coppia inseparabile, invidiata da tutti. In quel momento mi chiedevo cosa cavolo c’entrassi tra di voi e soprattutto per quale motivo ti fossi concessa a me…

Poi tuo marito ha vanificato tutto, abbiamo sentito un rumore, dei passi, sì era lui, ti sei ricomposta in fretta, siamo usciti sul corridoio, lui ci ha visti insieme e tu da perfetta attrice navigata ti sei inventata di essere caduta scendendo le scale e che io ti avevo soccorsa. In quel momento ti ho sentita vicina, non scherzo, ho avvertito un futuro tra noi, seppure clandestino, perché quella bugia ci ha reso complici e per la prima volta amanti.

Tesoro tu sei giovane e bella, sei una ballerina famosa ed io solo un piccolo coreografo di provincia che si diverte anche a scrivere libretti. Tu hai ballato Coppelia sulle note di Léo Delibes, hai ballato Cenerentola sulle meravigliose musiche di Sergej Prokofiev e soprattutto hai volteggiato su Giselle con le musiche di Adolphe Adam. Io non valgo te, valgo meno delle tue labbra meravigliose, dei tuoi mazzi di rose in camerino. Ci hai pensato vero? Ci hai pensato che ho più del doppio dei tuoi anni? Io sì, ci pensavo quando ti insegnavo durante le prove quei quattro passi banali, io sì, quando come un fulmine a ciel sereno mi hai mostrato il tuo seno e mi hai ordinato di baciarlo, io sì, mentre ti allargavo le cosce e mi sono perso nel mare della tua purezza. La tua fica era fresca e stretta come uno stecco di ciliegio fiorito a marzo. Mi hai detto semplicemente "entra" come se fosse un atto dovuto, come se ti dovessi scopare per forza, più che passione mi è sembrato un atto di cortesia, come quando sulla soglia di casa si invita qualcuno a prendere un thè!

Non c’era malizia nella tua voce, solo lo spirito infinito di sentirti carne, di essere mia, anche quando, mentre accarezzavo quella infinita purezza, mi hai di nuovo sollecitato ad entrare. Oh sì io ero lì incredulo, ho esitato, sballottato dall’onda di piacere perché mai avrei sperato di trovarmi davanti a tanta femminilità. Non so se fosse una parte di una balletto che non conoscono, ma il tuo gesto è stato eloquente ed io non potevo sottrarmi. Era semplicemente la mia meta dopo mesi e mesi di desiderio, il posto in cui avrei sempre desiderato viaggiare, un’isola incontaminata in mezzo all’oceano. Lo so che non è così, lo so che ti sto idealizzando consapevole che esistono tanti tipi di verginità e tu amore mio lo sei. Tu hai una verginità raffinata, artistica, tu fai l’amore danzando e nessun uomo potrà mai ingabbiare il tuo spirito, violare la tua limpidezza. Tu sei la puttana illibata, sei la vergine e l’acquasantiera, sacro e profano, musa per eccellenza dove schiere di scrittori darebbero l’anima per possederti e scriverci fiumi di parole.

Tu sei magica, la mia penna sta scivolando leggera ora sul foglio, le mie parole prendono consistenza, forma e bellezza, pensando a te. Ti rendi conto? Tu ed io insieme e non un uomo e una donna qualunque, due arti che si sono incontrate, “Il lago dei cigni” e “Lo schiaccianoci”. Dimmi che sei mia perché io pretenderò tutto da te anche l’impossibile, e l’impossibile è stato quel momento magico prima dell’amore, genuflettermi al tuo cospetto, adorare la tua Ninfa, annusare il tuo lago, leccare il tuo nettare, quel miele che sgorgava abbondante solo per me. È stato infinitamente incantevole inumidirmi le labbra del tuo piacere e poi dissetarmi di te quando al culmine del piacere ho sentito le tue mani che spingevano la mia testa contro di te. Sì, mai dimenticherò quel momento, mi hai detto di chiamarti puttana, non perché stavi tradendo tuo marito, ma perché lo tradivi tra una scena e l’altra, tra un passo e l’altro di danza, perché eri già pronta e senza mutandine, sapendo che il tempo sarebbe stato poco, niente, ma tu avevi una gran voglia di sentirti femmina, di farti sbattere contro quel muro.

Ti prego mentre leggi alzati la gonna, con tutta quella grazia che è parte della tua essenza, sì esattamente come hai fatto con me, senza timore di essere giudicata, anzi con la consapevolezza di essere solo uno strumento d’amore. Alzati la gonna e toccati tra le cosce, amore mio, fammi provare ora la stessa sensazione al cospetto di una donna che non porta le mutandine, perché le sono d’impaccio, perché desidera essere sempre fedele, non ad un maschio, ma unicamente al suo desiderio di sentirsi libera come quando da perfetta ballerina volteggi su quelle mani protese maschili che mai ti incateneranno, ma potranno solo ammorbidire il tuo volo.

Ecco ora fallo, come hai fatto con me. Ora mentre mi leggi fallo. Fallo senza guardarti intorno. Di cosa hai timore? Che qualcuno ti guardi? Non nasconderti, sconfiggi l’ipocrisia, offri quel tuo tesoro, anzi mettiti a nudo e offri il tuo desiderio, la sola vera anima che dà l’essenza al tuo essere. Piccola troia borghese! Piccolo essere di carne e sensi. Perché nulla ti fermerà quando sarai solo mia, nulla ci fermerà tra i deliri dell’amore, perché vorrò scoparti ovunque, nella toilette di un bistrot o sotto i ponti oscuri della Senna mentre i barboni ci guardano e fanno il tifo perché tu goda, ecco apri le gambe e godi da l’unico buco che ti rende divina.

Sono più grande di te, ma non vecchio come tuo marito, del resto lui è il tuo impresario e pretende la pappa pronta. Ma a te non basta, tu vuoi sentire i fremiti tra le cosce, quelli che lui non può più darti. Non preoccuparti, conosco la mia missione perché so cosa pretendi da me. Me lo hai detto. Scopami sempre così ed io lo farò perché sarò il tuo maschio e so che per non deluderti dovrò scoparti sempre e intensamente come quella volta. Sai penso che non esisterebbero donne come te se non ci fossero uomini virili. Ed io lo sono stato vero?
Che pensavi mentre ti scopavo? Dimmelo, lo voglio sapere… Non mi stupirei se mi dicessi che pensavi ad un altro, anzi a due uomini contemporaneamente, uno dei due potrei essere io, ma di sicuro non ci sarebbe posto per tuo marito. Ci sarà modo e tempo, sono pronto a soddisfare ogni tua voglia anche lontano da me per sentirti più vicina. Scrivimi e raccontami i tuoi desideri più segreti, quei sogni che non hai mai svelato ma che ora vorresti che si realizzassero insieme a me.
Domani se vuoi mi troverai al Cafè Dumas in Rue de la Croix. Al primo piano c’è una pensioncina che fa per noi. Ho già prenotato la stanza. Ti aspetto. Sarà, ne sono sicuro, la più bella coreografia sulla quale tu abbia mai danzato ed io abbia mai scritto!”


*****

Rimasi letteralmente sconcertata, in quel momento avrei desiderato con tutta me stessa essere altrove, ma l’impresario cacciò un urlo di gioia. Prese il telefono e chiamò immediatamente Clement Reinaur, il suo coreografo preferito e l’autore di quel testo, congratulandosi a più riprese con lui. “Sei geniale amico mio, da domani penseremo già all’allestimento, voglio andare in scena il prima possibile!” In effetti quello che Roger Villamber considerava un manoscritto era certamente una buona idea per lavorare sul prossimo balletto. Entusiasta riattaccò dando appuntamento al coreografo per la mattina successiva.

Poi però, guardando la graziosa Philomène che nel frattempo, incuriosita da quelle parole, era entrata nello studio, chissà perché si chiese quanto ci fosse di creativo e quanto di vero in quella lettera.


FINE





 


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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
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