Adamo ma chi è Gigliola Guerinoni?
È soprannominata La
mantide di Cairo Montenotte, condannata a 26 anni di carcere per
l’omicidio del compagno Cesare Brin. Insieme a lei furono condannati il
suo ex e altri tre uomini tra cui un vicequestore, ricompensato per la
complicità con “una indimenticabile notte d’amore”!
Perché
è soprannominata la mantide?
Perché da quanto risulta agli
atti e dalle cronache dei giornali sembra che sia stata una mangiatrice di
uomini. Bionda, gambe perfette, seno abbondante e occhi azzurri magnetici,
pochi uomini riuscivano a resistere alla sua bellezza e alla sua
sensualità. Quando camminava per le strade del paese tutti si giravano a
guardarla e lei di contro oltre alla femminilità sapeva essere anche molto
persuasiva. Insomma tutte caratteristiche che le sono valse il soprannome
di Mantide di Cairo Montenotte, proprio come l’insetto che uccide il
partner dopo l’accoppiamento.
La sua storia?
Gigliola nasce il 23 febbraio 1945 a Cairo Montenotte, 14 mila anime
nell'entroterra della provincia di Savona. Suo padre è un maresciallo dei
carabinieri e le dà il nome di Maria, ma ben presto lei lo cambia con il
più sensuale Gigliola. Studia da infermiera e appena maggiorenne si sposa
con un ragazzo del suo paese Andrea Barillari, un metronotte. Lui le dà
due figli, ma anche una vita troppo noiosa per cui dopo qualche anno lei
si stanca.
E cosa fa?
In realtà i bene
informati sanno che Gigliola tradisce il marito con il primario
dell’ospedale dove lavora, ma qualcosa evidentemente non funziona, per cui
dopo aver lasciato marito e posto di lavoro si fa assumere come operaia in
una fabbrica. Qui incontra uno dei tanti uomini della sua vita, il capo
del personale Ettore Geri di 27 anni più grande di lei. Lui perde la testa
e per lei abbandona la famiglia. Insieme hanno una figlia e quando
l’anziano compagno va in pensione, con i soldi della liquidazione aiuta
Gigliola ad aprire una galleria d’arte nel centro del paese.
Tutto bene allora per Gigliola…
Lui è innamorato folle
di lei, ma evidentemente quel sentimento non è reciproco perché lei si
stanca anche dell’anziano compagno. Lui per il timore di essere lasciato
accetta un menage a trois. Il prescelto da Gigliola è Giuseppe Gustini,
pittore di provincia, sposato e padre di due figli. L'uomo che ha
conosciuto Gigliola ad una mostra se ne innamora pazzamente, la corteggia
e sette mesi dopo lascia la famiglia e si trasferisce nella casa della
gallerista. Diventa inizialmente l'amante di Gigliola, la quale però
finisce per sposarlo il 22 settembre 1979, ma nel 1986, dopo aver venduto
tutti i suoi averi per lei, anche l’appartamento dove abita la sua ex
moglie, muore all'improvviso per coma diabetico a 52 anni. Anni dopo, lei
verrà processata con l'accusa di avergli provocato la morte con dei pasti
pieni di zuccheri, ma sarà assolta «perché il fatto non sussiste».
Chi consola la bella e affascinante vedova?
All'indomani del funerale, si presenta in galleria l'uomo più ricco del
paese, Cesare Brin, proprietario di un'antica farmacia, gran giocatore
d'azzardo consigliere comunale, possidente ed ex presidente della società
calcistica Cairese.
Anche questa volta la trama non cambia
immagino.
Assolutamente no! Anche in questo caso l’uomo di
turno abbandona moglie e figli, diventa amante della donna e il suo unico
desiderio è quello di sposare la bella vedova. Nel frattempo Brin si
avventura in alcune operazioni finanziarie azzardate che lo conducono alla
rovina, ma il suo destino è ancora più tragico, infatti scompare il 12
agosto del 1987 e il suo cadavere viene ritrovato in una discarica. La
scatola cranica fracassata da colpi di martello, il corpo bruciato, è
irriconoscibile. Solo il portachiavi dell'Ordine dei farmacisti permette
di risalire alla sua identità. Verrà poi accertato che la causa iniziale
della morte sono state violente martellate.
A quel punto
cosa succede?
Gli inquirenti non ci mettono molto tempo a
risalire alla sua amante. Gigliola viene arrestata dieci giorni dopo.
Durante le indagini, nella sua casa vengono trovate tracce di sangue.
Nell'interrogatorio lei si difende raccontando di aver visto Brin venire
picchiato e sequestrato da due trafficanti di droga in affari con lui,
scappati a bordo di una Fiat Croma. Terrorizzata, non avrebbe sporto
denuncia per paura di ritorsioni. Ma in realtà pare che in quella tragica
notte i due amanti avessero litigato perché lui, ormai distrutto
sentimentalmente e finanziariamente, avrebbe manifestato l’intenzione di
lasciarla per tornare dalla sua ex moglie.
Relativamente al
movente qual è stata la sua difesa?
Gigliola e il suo avvocato
Alfredo Biondi sostengono che l’accusata non aveva un motivo di soldi
perché Cesare Brin era ormai sul lastrico e non sussistevano nemmeno
ragioni passionali poiché tutt'al più era lui a dover essere geloso.
Gli inquirenti le credono?
No. Viene condannata a
26 anni anche se non c’è una prova definitiva, ma solo una serie di indizi
tra i quali quello di tinteggiare la camera da letto della sua abitazione
proprio la mattina dopo la scomparsa dell’amante e di aver cercato di
concludere a nome dell’uomo la vendita di una casa a lui intestata.
Cosa dice la sentenza? Ha fatto tutto da sola?
No,
ad aiutarla è stato il suo ex, Ettore Geri, condannato a 15 anni per
complicità. Cosa ancora più incredibile, altri tre uomini, tutti in
qualche modo legati a Gigliola, vengono condannati per averla aiutata a
far sparire il cadavere. Sono l'imbianchino che ha assoldato in quei
giorni, un amico della vittima e perfino un funzionario di polizia, il
vicequestore Raffaello Sacco, ricompensato con una indimenticabile notte
d'amore. La pena viene confermata in appello e in Cassazione.
Durante il processo c’è anche un colpo di scena vero?
È lei stessa a riservare il vero colpo di scena, quando nel bel mezzo
dell’udienza si alza e ricusa il giudice istruttore accusandolo di essere
stato suo amante e che adesso la perseguita per gelosia. L'accusa le varrà
un'altra condanna, a sette mesi per diffamazione.
Ma lei
si proclama ancora innocente vero?
Ripeto Gigliola viene
condannata sulla base di indizi, ma senza alcuna prova schiacciante e lei
si è sempre dichiarata innocente. Viene rinchiusa nelle carceri prima di
Imperia ed Opera, poi della Giudecca. Qui nel 1994 si sposa per la terza
volta con un amico di lunga data che per anni, ogni mercoledì, era andato
a trovarla in carcere. Anche stavolta qualcosa non ha funzionato: quattro
anni dopo si separano. Infine viene trasferita a Rebibbia, dove negli
ultimi tempi è stata detenuta in regime di semilibertà in base alla legge
Gozzini e lavora come stiratrice nel convento romano delle Serve di Maria,
a due passi da piazza Navona. Finisce di scontare la pena nel 2014. Chi
l’ha incontrata afferma che, nonostante l’età avanzata, il suo leggendario
fascino e i magnetici occhi azzurri, che avevano fatto perdere la testa a
tanti uomini, siano rimasti gli stessi di sempre.