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IL MESTIERE ANTICO
Dongguan CINA
L’ultimo rifugio delle concubine
Fino a ieri era chiamata la città-fabbrica, oggi è stata ribattezzata la città del vizio ed è la città del sesso più grande del mondo



 
 
FOTO FABRIZIO ROMAGNOLI

 
Nel 1949 Mao chiuse i bordelli e mise la prostituzione fuori legge considerandola reato, ma sessant’anni dopo Dongguan è diventata la città del sesso più grande del mondo. Stiamo parlando di un comprensorio di 50 milioni di persone, otto nella sola Dongguan che giace tra i canali nel delta del fiume delle Perle, nella regione meridionale del Guangdong, confinando con le città di Canton, Shenzhen e Huizhou.

Nel 2009 con il calo degli ordini per le manifatture, dovuto alla crisi economica globale, la città si è trasformata in un grande bordello ed ora da queste parti operano più di 300 mila prostitute, un numero enorme che di fatto ha sostituito il lavoro in fabbrica. L’equazione è presto fatta. Le operaie licenziate hanno optato per l’attività più antica del mondo. Infatti il 90% prima di diventare “concubine” lavoravano nelle catene di montaggio. Finite nei bordelli camuffati da sauna ora guadagnano trenta volte di più lavorando il 50% in meno. Una giovane di bell’aspetto, se brava e dedita al lavoro, può guadagnare anche 50 euro a prestazione portandosi a casa fino a seimila euro al mese.

Qui la prostituzione è un modello fortemente organizzato e il settore impiega stabilmente 800 mila addetti. Da quella prestazione tutti ci guadagnano dalla ragazza che trattiene la metà dell’incasso agli altri che partecipano all’attività e trattengono il resto, ovvero il gestore dell’hotel o della casa passando per il funzionario corrotto e i magnaccia qui chiamati manager che di solito sono ex guardie di sicurezza degli hotel, direttori di albergo, manager di saune, padroni di locali e karaoke. Dicevamo un modello organizzato su cui investire. Infatti le ragazze sono sottoposte a corsi di addestramento professionale dove si impara a recitare, cantare suonare, intrattenere l’ospite, fare lo spogliarello e soprattutto fingere. Addirittura sembra che ci sia una specie di certificazione con l’indice ISO che serve a garantire la qualità del prodotto. Le qualità richieste alle ragazze sono nell’ordine: pulizia, salute, attrezzatura, età, riservatezza nonché il titolo di studio e ovviamente l’aspetto estetico.

Per questo motivo Dongguan è considerata l’ultimo rifugio delle concubine e i clienti sono centinaia di manager in viaggio con il classico requisito di base: una vita lontano da casa e qualche soldo in tasca. Qui l’attività inizia già nelle prime ore del mattino. Più di 25 mila locali tra saune, centri-massaggio, bar, karaoke, bagni e discoteche alzano le serrande. Ufficialmente non ci sono bordelli ma ultimamente sono spuntati come funghii un centinaio di alberghi di lusso, per uomini particolarmente generosi che amano le ragazze d’alto bordo.

Le autorità cercano di arginare il fenomeno ma le cifre del business sono enormi. Si calcola che il 10% dei lavoratori di Dongguan frequentino ormai abitualmente le prostitute, per un giro d’affari di 70 milioni di euro a settimana. Chiudere significherebbe bruciare il 30% del Pil e produrre quasi un milione di disoccupati. Senza contare che tutta l’opinione pubblica è schierata a favore del sesso a pagamento.

Nella città del peccato incontriamo ShanShu nell’hall del nostro albergo. ShanShu è una bella e socievole ragazza venticinquenne, ex operaia: “Lavorare in fabbrica è terribile, io lavoravo in un’azienda di componenti per computer e devo ringraziare la crisi economica che mi ha spinta a fare questa scelta. Il mio lavoro mi piace e tutto sommato è una vacanza!” Ed in effetti la sua vacanza consiste nell’alzarsi dopo mezzogiorno, mangiare in un ristorante della zona e fare shopping, quindi non fare nulla tutto il giorno. “Alloggio in un appartamento da 1000 yuan al mese a dieci minuti dal centro. Qui non ho amiche perché il mio lavoro è considerato sporco. Agli occhi della maggioranza delle persone, quello che faccio è sinonimo di corruzione, di crimine e di malattia.” Quando le chiedo dove sia il posto dove lavora sorride e diventa più evasiva ma dice: “Lavoro in un hotel. Di solito prendo servizio alle tre del pomeriggio e attendo il cliente in sala d’attesa. Siamo cinque ragazze, sfiliamo davanti al cliente in biancheria intima finché una di noi non viene scelta. Di solito sono prestazione di un’ora, due al massimo, ma ci sono clienti che si fermano con noi per tutta la notte. Dopo la prestazione di solito scendo in sala d’attesa e ricomincio oppure se è tardi torno a casa appesantita da un bel gruzzolo di yuan.” Quando le chiedo se ha subito vessazioni o è stata arrestata mi risponde. “Noi ragazze siamo addestrate a misure anti-raid. I nostri boss ci insegnano a sparire con i nostri vestiti nel giro di 30 secondi attraverso dei passaggi ritenuti sicuri.”
Mentre parla guarda freneticamente il telefono. Ad un certo punto si alza e sorridendomi mi dice che deve andare. “Scusami ma il boss chiama.” La saluto, ma lei è già fuori dall’hotel dall’altra parte del marciapiede.




FINE
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